Cuba. Fidel continua a vincere

Carlos Aznárez, Resumen latinoamericano, 25 novembre 2021

Fidel era ed è la stella più rossa della mappa dell’America Latina e dei Caraibi, quell’enorme figura che seppe fare della Rivoluzione una possibilità non lontana e allo stesso tempo riuscì a trasmettere speranza affinché altri, in ogni angolo del mondo, potessero insorgere contro le ingiustizie…

Quel gigantesco cuore sensibile in cui sono nate tutte le tristezze dei bisognosi e anche le gioie per le piccole e grandi vittorie ottenute. In Fidel e nel suo modo di generare consapevolezza, forza, coraggio e l’audacia necessaria per conquistare il potere e non servirsene, sono sintetizzati tutti i desideri di chi non si arrende mai nella lotta per un mondo diverso. Socialista, senza indugi, nelle parole e nei gesti del Comandante. In questo momento, con la situazione internazionale non sembra delle più favorevoli per i popoli e di dubbi sul futuro che attende l’umanità, vanno cercate risposte nell’eredità di questo punto di riferimento del campo rivoluzionario che fin dall’immortalità continua a dare lezioni di saggezza e umiltà.

Ricordare Fidel in questo quinto anniversario di sua assenza fisica è evocare la persona che fin da giovanissima si avviò, nei chiostri dell’università, su un intenso percorso di agitazione che lo portò alcuni anni dopo a diventare un attivo militante, onorando l’internazionalismo che poi abbracciò con passione, contro il dittatore dominicano Leónidas Trujillo. C’è anche da pensare a quel Fidel che si rese subito conto che tutte le teorie del mondo non bastano se non si esercita una prassi ardita e intelligente contro l’autoritarismo, e insieme a un pugno di coraggiosi prese d’assalto la Moncada, aprendo così la strada che non si fermò fino alla presa del potere, obiettivo essenziale se si vuole fare la rivoluzione con le lettere maiuscole. Qualche tempo dopo l’impresa che sembrava una sconfitta, si imbarcò nell’odissea del Granma con Raúl, il Che e molti altri patrioti, e quando tutto sembrò crollare, tra i cadaveri dei fratelli e le pallottole del nemico, contò i fucili e ripeté più volte, come se lo sentissero gli scagnozzi della dittatura di Batista, che con quei dieci uomini rimasti avrebbero vinto la battaglia.

In quelle montagne vittoriose della Sierra Maestra, apparve con tutta chiarezza il combattente Fidel, lo stratega militare capace di trasformare in trionfo travolgente ciò che pochi minuti prima stava per diventare una sconfitta, il fedele compagno dei compagni, severo quando serviva a che gli ordini fossero eseguiti, sapendo che qualsiasi dubbio in un combattimento così impari come quello che conducevano potevano far chiudere il progetto rivoluzionario. Ma abbiamo anche appreso in quei pochi anni di battaglia diretta contro i soldati di Batista, del Fidel che rispettava la vita dei nemici una volta catturati in combattimento, segnando così un territorio dell’umanità, che in più occasioni causò massicce diserzioni tra i reggimenti del regime e creò le basi per poche migliaia di ribelli caapci di sconfiggere un esercito regolare e ben equipaggiato di centomila soldati, che aveva carri armati, bombardieri e aiuti internazionali dagli imperi nordamericano e inglese.

Poi, quando i barbuti marciarono felici e vittoriosi verso L’Avana, in quei memorabili giorni del 1959, iniziò a svolgersi la vita di un Fidel che stupì il mondo. Rivoluzionario fino al midollo, liberò il popolo dall’oppressione e dalla cultura gringo che lo soffocava, espropriò e nazionalizzò tutto ciò che era di quattro magnati subordinati alla mafia nordamericana e attuò l’internazionalismo con lo stesso potere che sviluppò in precedenza per sconfiggere il tiranno. Accanto al Che, non esitò a intraprendere una lunga marcia per conquistare l’ormai pendente Seconda indipendenza dell’America Latina. Vinse l’apartheid sudafricano, aiutò a liberare l’Angola, abbracciò Salvador Allende e strinse i pugni con rabbia, come pochi altri, quando seppe che suo fratello Guevara fu ucciso in combattimento a Ñancahuazu, fu anche Fidel a capire che le donne cubane erano all’altezza delle lotte di un qualsiasi miliziano maschio, e vinse i pregiudizi esistenti formando il Battaglione Mariana Grajales e poi promosse con la straordinaria rivoluzionaria Vilma Espín la Federazione delle Donne Cubane, perché era convinta che la lotta delle donne significava “rivoluzione nella rivoluzione”.

Quanti ribelli nel continente sono enormemente grati per ciò che Cuba ha fatto per loro, quanti combattenti per il socialismo non avrebbero potuto compiere molteplici imprese nei loro Paesi senza la decisione solidale e impegnata di Fidel e compagni. L’elenco è lungo e con esso Cuba e la sua Rivoluzione hanno scritto pagine di dignità impossibili da dimenticare. In quegli anni e negli anni successivi, Fidel dovette moltiplicarsi affinché l’isola non sprofondasse dopo la caduta del blocco socialista, per intervenire con chiaroveggenza sulle questioni del debito estero, annunciando prima di ogni altro che era inesigibile come illegittimo. Propose anche soluzioni per la cura e difesa dell’ambiente, o affrontare iniziative gigantesche in materia di istruzione e salute per il popolo, che in seguito furono e derivarono in solidarietà col resto del mondo. Tuttavia, la madre di tutte le battaglie fu quella che Fidel combatté, abbracciando il popolo, contro il criminale blocco imperialista. Mezzo secolo di deficienze imposte, affrontate con degno coraggio e la convinzione che alle rivoluzioni, se vere, si oppongono mille ostacoli. Perché tale aggressione non possa avere successo, lo ripeteva sempre Fidel: la medicina è avere coscienza rivoluzionaria e la convinzione che si combatte una battaglia giusta, forgiando un’immensa unità dal basso e sacrificandosi fino alle lacrime.

“Dopo Dio, Fidel”, disse con emozione un grato cittadino haitiano, mentre difendeva le missioni mediche e di alfabetizzazione che il governo cubano diffuse nel mondo, arrivando dove nessuno osava. Questo è ciò che in questi giorni tutti noi siamo grati per gli insegnamenti avendo l’obbligo di ricordare quando invochiamo Fidel che non ci ha mai, ma proprio mai, deluso. Lo diciamo con la consapevolezza di sapere in che tipo di mondo viviamo, dove crimine, corruzione, trasgressione e resa sono all’ordine del giorno. Di fronte a tali flagelli, il popolo cubano, la vecchia guardia e le giovani generazioni rivoluzionarie, le “sciarpe rosse” che, col Presidente Miguel Díaz-Canel in prima linea, mettono i loro corpi e le loro idee nelle strade e nei quartieri per difendere la Rivoluzione dai nuovi attacchi.

Non c’è dubbio che Fidel continui a vincere battaglie.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
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