Propaganda e censura su entrambe le sponde dell’Atlantico

Pascual Serrano www.cubadebate.cu

Qualcosa si sta muovendo su entrambe le sponde dell’Atlantico in materia di misure governative sull’informazione.

Il capo del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale USA, Alejandro Mayorkas, ha rivelato durante un’audizione al Congresso, il 27 aprile, che il governo Joe Biden porrà in marcia il cosiddetto Disinformation Governing Board. Alla domanda di un membro del Congresso, ha dichiarato: “Abbiamo appena istituito un consiglio governativo sulla disinformazione nel Dipartimento per la Sicurezza Nazionale per combattere in modo più efficace questa minaccia, non solo per la sicurezza elettorale bensì anche per la nostra sicurezza nazionale”, ha risposto Mayorkas e ha segnalato che il nuovo consiglio si concentrerà anche nel fermare la diffusione della disinformazione nelle comunità minoritarie.

“La diffusione di disinformazione può danneggiare la sicurezza frontaliera, la sicurezza degli statunitensi durante i disastri e la fiducia pubblica nelle nostre istituzioni democratiche”, ha affermato il dipartimento in un comunicato, senza accettare una richiesta di intervista da parte dell’Associated Press.

Secondo AP, il nuovo consiglio -ed è qui la chiave della sua creazione- “anche monitorerà e si preparerà per le minacce di disinformazione russe nella misura in cui si avvicinano le elezioni di medio termine di quest’anno ed il Cremlino continuerà con un’aggressiva campagna di disinformazione riguardo la guerra in Ucraina. La Russia ha ripetutamente lanciato campagne di disinformazione rivolte al pubblico USA”. “Più recentemente -aggiunge AP- i media statali russi, gli account delle reti sociali ed i funzionari hanno utilizzato Internet per falsi appelli e foto, rapporti e video di cadaveri ed edifici bombardati in Ucraina”.

Basta osservare chi sarà la direttrice del Disinformation Governance Board. Si chiama Nina Jankowicz e, sebbene sia statunitense, viene dall’essere stata consulente del ministero degli esteri ucraino per le comunicazioni strategiche sotto gli auspici di una borsa di studio per le politiche pubbliche Fulbright-Clinton, creata dal Dipartimento di Stato. In precedenza è stata ricercatrice presso il Wilson Center e ha supervisionato i programmi di Russia e Bielorussia presso il National Democratic Institute.

Per essere la nuova responsabile della lotta alla disinformazione, Jankowicz ha già seminato una calunnia sostenendo l’idea che la controversa storia del laptop del figlio di Joe Bien, -dove appaiono informazioni e video con droga, affari loschi e prostitute-, faceva parte di una campagna di disinformazione portata avanti dalla Russia. Alla fine, gli stessi media che accusavano la Russia, alcuni di loro di tendenza democratica, hanno finito per riconoscere la veridicità del contenuto del computer.

Tra disinformazione e censura attaccano la libertà di espressione

Mentre negli USA si prepara ciò, nell’Unione Europea si sta preparando una Legge sui Servizi Digitali destinata a “regolare la disinformazione e il comportamento delle grandi piattaforme tecnologiche”, che entrerà in vigore nel 2024.

Forse la cosa più controversa è che la nuova normativa vuole anche poter richiedere alle reti sociali di eliminare direttamente i contenuti che considerano disinformanti e costringere queste reti a consentire che siano anche gli utenti a contrassegnare un contenuto come illegale, dannoso o disinformante. Cioè, che questa segnalazione sia vincolante, in modo che le piattaforme siano obbligate a eliminare questo contenuto. Ma, come hanno fatto notare alcuni esperti a Efe, ciò significherà dare licenza alle reti sociali e ai governi di censurare i contenuti se li ritengono dannosi, anche se tali contenuti non siano illegali ed hanno avvertito che si tratta di un attacco alla linea di galleggiamento della libertà di espressione in Europa.

Lo stesso accade con la possibilità contemplata dalla legge di adottare “misure speciali” in tempi di crisi (come una minaccia per la salute o la sicurezza). Ciò ha un solo nome: censura.

Poiché ancora non conosciamo alcuna bozza di questa iniziativa legale, possiamo tentare di intravedere la sua intenzione sulla base dell’esperienza dell’attività istituzionale dell’UE in termini di gestione dell’informazione. Ad esempio, fino ad ora il Parlamento Europeo cerca di contrastare le narrazioni contrarie alle sue istituzioni rilasciando informazioni positive su di esse e supportando giornalisti e ‘fact-checker’ affinché verifichino e confutino le bufale lanciate dai suoi rivali. In un ambiente in cui la realtà è sempre più messa in discussione, gli sforzi di Bruxelles si concentrano sulla promozione dei suoi valori e annullare l’interesse di potenze straniere a consolidarsi come sistema predominante. Così lo riconosce Jesús Carmona, direttore dei media del Parlamento Europeo. Ma questa non dà alcuna garanzia di veridicità né di pluralità, è semplicemente mobilitarsi per cercare di imporre la propria narrazione.

Controllare la narrazione dalle istituzioni

Un altro strumento dell’UE è la denominata Media Intelligence Unite, una piattaforma che monitora fino a 6000 media per analizzare come parlano dell’UE. Le relazioni che producono sono per consumo interno e servono a consigliare la Commissione Europea (CE), rilevare la proliferazione di narrazioni contrarie e agire. “Questo monitoraggio di notizie ci consente di apportare correzioni e parlare positivamente dell’UE”, spiega Paula Fernández Hervás, capo dell’unità. “Se no stiamo lasciando via libera a coloro che menzionano solo il negativo”. Lo dice molto chiaramente, non si tratta di avere un cittadino europeo meglio informato, con più pluralità e più capacità critica, bensì di destinare le risorse pubbliche dell’UE per parlare positivamente dell’UE.

In conclusione, tutto sembra indicare che queste ultime due iniziative degli USA e dell’UE non riguardano un cittadino più e meglio informato, né la creazione di meccanismi di vigilanza della veridicità dell’informazione. Il suo unico obiettivo è cercare di affrontare narrazioni critiche di cittadini europei organizzati, di paesi stranieri o di governi europei disobbedienti. Ma la menzogna e la disinformazione possono stare in tutte le posizioni politiche, in quelle che sostengono la narrativa ufficiale dell’UE e in quelle che la criticano, nei paesi leader delle politiche europee, nelle dichiarazioni di un portavoce della Commissione Europea o del Dipartimento di Stato o in quelle di un rappresentante delle potenze concorrenti la UE e gli USA per mercati o risorse. E, naturalmente, possono trovarsi nelle reti sociali e in un media straniero, ma anche in un media mainstream e “prestigioso” occidentale, e persino nell’ufficio stampa di un funzionario del governo europeo o USA.

Se le misure legali che si stanno elaborando e i dipartimenti che si creano pensano solo alla menzogna straniera e alla critica vuol dire che tramano solo censura e propaganda.

(*) Pascual Serrano ha appena pubblicato il libro “Vietato dubitare. Le dieci settimane in cui l’Ucraina ha cambiato il mondo”. Editoriale Akal.

(Pubblicato da Mundo Obrero)


Propaganda y censura a ambos lados del Atlántico

Por: Pascual Serrano

Algo se mueve a los dos lados del Atlántico en asuntos de medidas gubernamentales sobre la información.

El jefe del Departamento de Seguridad Nacional de Estados Unidos, Alejandro Mayorkas, reveló durante una audiencia en el Congreso, el 27 de abril, que el gobierno de Joe Biden pondrá en marcha la denominada Junta de Gobierno de la Desinformación. Ante la pregunta de un congresista afirmó: “Acabamos de establecer una junta de gobierno de desinformación en el Departamento de Seguridad Nacional para combatir de manera más efectiva esta amenaza, no solo para la seguridad electoral sino también para nuestra seguridad nacional”, respondió Mayorkas, y señaló que la nueva junta también se centrará en detener la propagación de desinformación en las comunidades minoritarias.

“La difusión de desinformación puede afectar a la seguridad fronteriza, la seguridad de los estadounidenses durante los desastres y la confianza pública en nuestras instituciones democráticas”, dijo el departamento en un comunicado, sin aceptar la petición de entrevista de The Associated Press.

Según AP, la nueva junta -y aquí está la clave de su creación- “también monitoreará y se preparará para las amenazas de desinformación rusas a medida que se acercan las elecciones intermedias de este año y el Kremlin continúa con una agresiva campaña de desinformación en torno a la guerra en Ucrania. Rusia ha lanzado repetidamente campañas de desinformación dirigidas a las audiencias de EE.UU.”. “Más recientemente -añade AP-, los medios de comunicación estatales rusos, las cuentas de las redes sociales y los funcionarios han utilizado Internet para llamar falsos a fotografías, informes y vídeos de cadáveres y edificios bombardeados en Ucrania”.

Basta observar quién será la directora de la Junta de Gobernanza de Desinformación. Se llama Nina Jankowicz y, aunque es estadounidense, viene de ser asesora del Ministerio de Relaciones Exteriores de Ucrania sobre comunicaciones estratégicas bajo los auspicios de una beca de política pública Fulbright-Clinton, creada por el Departamento de Estado. Anteriormente fue becaria en el Centro Wilson y supervisó los programas de Rusia y Bielorrusia en el Instituto Nacional Demócrata.

Para ser la nueva responsable de la lucha contra la desinformación, Jankowicz ya sembró un bulo apoyando la idea de que la controvertida historia de la computadora portátil del hijo de Joe Bien, -donde aparecía información y vídeos con drogas, negocios turbios y prostitutas-, formaba parte de una campaña de desinformación llevada a cabo por Rusia. Finalmente, los propios medios que acusaban a Rusia, algunos de ellos de tendencia demócrata, terminaron reconociendo la veracidad del contenido del ordenador.

Entre la desinformación y la censura atacan a la libertad de expresión

Mientras se cuece esto en Estados Unidos, en la Unión Europea se está preparando una Ley de Servicios Digitales destinada a “regular la desinformación y el comportamiento de las grandes plataformas tecnológicas”, que entrará en vigor en 2024.

Quizá lo más polémico es que la nueva legislación también quiere poder solicitar a las redes sociales eliminar directamente el contenido que consideren desinformante, y obligar a estas redes a permitir que sean también los usuarios los que marquen un contenido como ilegal, dañino o desinformante. Es decir, que ese señalamiento sea vinculante, de modo que las plataformas estén obligadas a eliminar este contenido. Pero, como señalaron algunos expertos a Efe, esto supondrá dar licencia a redes sociales y gobiernos para censurar contenidos si los consideran dañinos, aunque esos contenidos no sean ilegales, y han advertido de que es un ataque a la línea de flotación de la libertad de expresión en Europa.

Lo mismo sucede con la posibilidad que contempla la ley de adoptar “medidas especiales” en tiempos de crisis (como una amenaza para la salud o para la seguridad). Eso solo tiene un nombre: censura.

Como no conocemos todavía ningún borrador de esa iniciativa legal, podemos intentar vislumbrar su intención en base a la experiencia de la actividad institucional de la UE en cuanto al manejo de la información. Por ejemplo, hasta ahora el Parlamento Europeo busca contrarrestar las narrativas contrarias a sus instituciones lanzando información positiva sobre ellas y apoyando a periodistas y ‘fact-checkers’ para que verifiquen y desmientan los bulos lanzados por sus rivales. En un entorno en el que la realidad es cada vez más cuestionada, los esfuerzos de Bruselas se centran en promocionar sus valores y revertir el interés de potencias extranjeras en consolidarse como sistema predominante. Así lo reconoce Jesús Carmona, director de medios del Parlamento Europeo. Pero eso no es ninguna garantía de veracidad ni de pluralidad, es simplemente movilizarse para intentar que tu relato se imponga.

Controlar el relato desde las instituciones

Otra herramienta de la UE es la denominada Media Intelligence Unite, una plataforma que monitoriza hasta 6.000 medios de comunicación para analizar cómo hablan de la UE. Los informes que realizan son de consumo interno y sirven para asesorar a la Comisión Europea (CE), detectar la proliferación de narrativas contrarias y actuar. “Ese rastreo de noticias nos permite hacer correcciones y hablar de la UE en positivo”, explica Paula Fernández Hervás, jefa de la unidad. “Si no estamos dejando vía libre a quienes solo mencionan lo negativo”. Bien claro lo está diciendo, no se trata de tener un ciudadano europeo mejor informado, con más pluralidad y más capacidad crítica, sino de destinar los recursos públicos de la UE a hablar en positivo de la UE.

En conclusión, todo parece indicar que estas dos últimas iniciativas de Estados Unidos y de la Unión Europea no están preocupadas por un ciudadano más y mejor informado, ni tampoco por crear mecanismos de vigilancia de la veracidad de la información. Su único objetivo es intentar enfrentar relatos críticos de ciudadanos europeos organizados, de países extranjeros o de gobiernos europeos díscolos. Pero la mentira y la desinformación puede estar en todas las posiciones políticas, en las que apoyan el relato oficial de la UE y en las que lo critican, en los países líderes de las políticas europeas, en las declaraciones de un portavoz de la Comisión Europea o del Departamento de Estado o en las de un representante de las potencias competidoras de la UE y EEUU por mercados o recursos. Y, por supuesto, pueden estar en las redes sociales y en un medio de comunicación extranjero, pero también en un medio mayoritario y “prestigioso” occidental, y hasta en el gabinete de prensa de un gobernante europeo o estadounidense.

Si las medidas legales que se están gestando y los departamentos que se crean solo piensan en la mentira foránea y del crítico es que solo traman censura y propaganda.

(*) Pascual Serrano acaba de publicar el libro “Prohibido dudar. Las diez semanas en que Ucrania cambió el mundo”. Editorial Akal.

(Publicado en Mundo Obrero)

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