Opera dell’azzardo, la miglior scelta e la costruzione ben pianificata dell’oligarchia e dei servizi speciali statunitensi, Jair Bolsonaro, il «Messia» dei ricchi e dei potenti, servitore senza condizioni degli interessi yankee, non poteva somigliare di più al ex mandatario statunitense Donald Trump.
Li uniscono molte cose. Trump e Bolsonaro sono difensori della tortura, promuovono le pratiche brutali e difendono la vendita indiscriminata delle armi da fuoco.
Tutti e due sono profondamente xenofobi, misogini, intolleranti, omofobi.
Nessuno dei due vuol sentir parlare del cambio climatico, sono grandi navigatori nelle reti sociali e costruttori di /fake news/, e sono stati protagonisti di campagne elettorali con discorsi estremisti.
La lista delle sottomissioni di Jair Bolsonaro a suo padre putativo è lunga.
Nel giugno del 2019 comunicò, con grande entusiasmo, che il Brasile era stato accettato dagli Stati Uniti come alleato extra – NATO, uno status speciale che permette la consegna di articoli eccedenti di difesa e la organizzazione di manovre congiunte.
Il massimo della subordinazione del gigante sudamericano a quello statunitense è stata la firma dell’Accordo delle Salvaguardie Tecnologiche, associato alla partecipazione degli USA al lancio spaziale dalla base di Alcántara, con la garanzia del maneggio della tecnologia «sensibile» degli USA.
Washington ha avuto nel Brasile un vero Cavallo di Troya. I passi avanti innegabili in molti settori, soprattutto l’economico e il sociale dei governi del PT sono stati disarticolati, «esemplarmente» dall’imitatore sudamericano.
Fedele alla sua carriera di Donald Trump da taschino, non ha fatto niente per proteggere il suo popolo dalla pandemia della Covid-19 ed ha superato abbondantemente la fanatica stupidità del suo idolo, che è costata la vita a centinaia di migliaia di brasiliani.
Per terminare al meglio la sua attuazione, le forze oscure e fanatiche che lo seguono hanno invaso l’edificio del Congresso Nazionale, il Palazzo di Planalto e il Supremo Tribunale Federale. Certo non è casuale che sia avvenuto nei primi giorni di gennaio,
Non è per caso che Bolsonaro studia ogni azione e ogni gesto de suo mentore: l’ex presidente ha posto in mezzo mare e terra per salvare la sua pelle e il suo disprezzo, nel caso del fallimento del colpo.
Il tentativo di colpo è un’azione premeditata non esente da una forte dose di disperazione da parte della destra più reazionaria brasiliana e continentale, di fronte al pericolo rappresentato per i loro interessi dal governo di Luiz Inácio Lula da Silva.
La trama che ha portato alle azioni di vandalismo contro la democrazia del 8 gennaio è cominciata molto tempo prima.
Ricorderemo i primi passi, giovedì 5 aprile del 2018. Il giudice Sergio Moro scrisse l’ordine di detenzione dell’ allora ex mandatario Lula da Silva.
Lula fu condannato sulla base di rumori, senza prove, dopo un processo giudiziario anomalo, carico di parzialità.
La sentenza giudiziaria e l’ordine di detenzione contro Lula furono una chiara proscrizione politica di un candidato popolare.
Como se non bastasse, il Capo dell’Esercito minacciò i giudici del Tribunale con un colpo di Stato classico nel caso in cui Lula restasse libero.
La detenzione di Lula costituì il secondo passo del colpo cominciato con il /impeachment/ alla ex presidente Dilma Rousseff, nel 2016.
L’impero statunitense, i suoi alleati, complici e servitori necessitano liberarsi ad ogni costo di un leader come Lula per allontanare il Brasile dal gruppo Brics, impedire l’integrazione latinoamericana, privatizzare le banche e i servizi ed evitare l’applicazione, delle politiche pubbliche che hanno beneficato milioni di brasiliani durante il governo del PT e approfondire il controllo delle immense ricchezze del paese.
Azioni come quelle di domenica 8 gennaio mostrano il pericoloso panorama della regione e la necessità dell’unità continentale di fronte al «gigante delle sette leghe», come José Martí definì gli Stati Uniti.
La destra latinoamericana non ha niente di nuovo da offrire. La sua agenda è la stessa, le sue politiche sono chiare, la sua subordinazione all’impero è maggiore, è più dipendente di 40 o 50 anni fa, ma continua ad essere intollerante, criminale e abietta.
I tre poteri dello Stato Brasiliano condannano la violenza
Il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, ha conversato domenica 8 gennaio per telefono con il mandatario brasiliano Luiz Inácio Lula Da Silva, al quale ha ribadito «tutta la nostra solidarietà per il suo Governo, di fronte ai fatti violenti», scritto nel suo account in Twitter.
Inoltre ha scritto che ratifica «la volontà di fomentare e approfondire i vincoli bilaterali a beneficio dei due popoli».
Il giorno dopo le azioni di destabilizzazione di domenica 8, con il titolo “In difesa della democrazia”, è stata pubblicata una dichiarazione congiunta dei tre poteri dello Stato brasiliano, che esprime la condanna delle azioni di violenza dopo il tentativo del colpo di Stato.
Il messaggio diffuso in Twitter dal presidente Luiz Inácio Lula da Silva, ha presentato il comunicato con la firma dei rappresentanti dei poteri Esecutivo, Legislativo e Giudiziario in Brasile.
«I difensori della democrazia e della Carta Costituzionale del 1988 condannano le azioni di terrorismo, di vandalismo, criminali e golpiste avvenute nel pomeriggio di domenica a Brasilia, indica il testo, nel quale si segnala l’unità di queste forze «per far sì che i reclami istituzionali siano presi nei termini delle leggi brasiliane».
La polizia del Distretto Federale di Brasilia e l’Esercito hanno smantellato l’accampamento dei simpatizzanti dell’ex presidente Jair Bolsonaro, davanti alla caserma generale dell’Esercito da dove sono stati sferrati gli assalti contro le sedi della Presidenza, del Congresso e del Supremo.
Lo sgombero è stato realizzato senza utilizzare la forza da parte degli agenti dell’ordine. Anche così la Polizia ha arrestato 1200 simpatizzanti dell’ex mandatario, ha informato RT in spagnolo.
Leaders mondiali hanno condannato domenica 8 e lunedì 9 il tentativo golpista.
Il Papa Francisco ha definito le azioni «antidemocratiche e vandaliche», motivate «dal carico di tensioni e forme di violenza che esacerbano i conflitti sociali».
Il segretario generale della ONU, António Guterres, ha definito il Brasile come «un grande paese democratico», e ha aggiunto che «ha fiducia che si rispetterà la volontà del popolo brasiliano e delle istituzioni del paese».
Il portavoce della Cancelleria cinese, Wang Wenbin, ha detto che Pechino «si oppone fermamente all’attacco violento contro le sedi del potere in Brasile», ed ha sottolineato che il suo paese «appoggia le misure prese dal Governo brasiliano per calmare la situazione, restaurare l’ordine sociale e preservare la stabilità nazionale».
Ugualmente Mosca, attraverso il suo portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, condanna «con la più decisa fermezza le azioni degli istigatori dei disturbi e appoggia pienamente il presidente brasiliano Lula da Silva».