Due giorni prima di dover consegnare la presidenza, Jair Messias Bolsonaro è volato negli USA sull’aereo presidenziale della Repubblica Federativa del Brasile. L’ex presidente se n’è andato ma la sua impronta è rimasta impressa nelle profondità del Paese più esteso del bacino amazzonico, perché è sempre stato lì. Sei o sette anni fa nessuno avrebbe parlato del bolsonarismo come fenomeno, tuttavia oggi questo capita ed è opportuno rivedere cosa lo ha creato e sostiene.
L’OUTSIDER CHE NON È UN OUTSIDER
La culla di Bolsonaro, e della sua ascesa politica, è nella dittatura (definita dai settori conservatori come “democratica”) che irruppe in Brasile nel 1964. Questo regime ebbe origine da un golpe orchestrato contro Joao Goulart e a cui partecipò il governo USA, secondo i documenti del Senato brasiliano. Anche la grande imprenditorialità nazionale e internazionale, le Forze Armate, gran parte dei media, la Chiesa cattolica e il grosso dei principali partiti politici.
L’ex capitano fu passato alla riserva dell’esercito nel 1988 dopo aver difeso la collocazione di bombe nella principale strada brasiliana durante una campagna salariale, tuttavia, seguì la traiettoria lineare del partito Alianza Renovadora Nacional (ARENA), creato nel 1965 con l’intenzione di sostenere il governo militare appena insediato.
Successivamente sostenne le varianti dell’arenismo: fu eletto deputato federale per il Partito Democratico Cristiano (PDC) nel 1990, per poi passare attraverso il Partito Progressista Riformatore (1993-1995), il Partito Progressista Brasiliano (1995-2003), il Partito Laburista Brasiliano (2003-2005), il Partito del Fronte Liberale (2005), torna ad integrare alcuni partiti dove aveva precedentemente militato fino ad arrivare al Partito Cristiano Cristiano (2016-2017), e da luglio 2017 aderisce al Partito Ecologico Nazionale (PEN) e poi il Partito Social Liberale (2018-2019), sempre come deputato federale, per sette mandati consecutivi (1991-2019). Aggiungendo i due anni da consigliere (1989-1991).
Sono 30 anni di vita parlamentare e 15 nell’Esercito (1973-1988), tanto che, nonostante la sua retorica anti-sistema incorporata dai bolsonaristi, è un sottoprodotto della società brasiliana e della sua classe politica. Ecco perché il bolsonarismo è inteso come una derivazione della traiettoria polarizzata che modella l’evoluzione storica del paese sudamericano.
L’accattivante di Bolsonaro è particolarmente forte tra i militari e cristiani conservatori, questo spiega gli oltre 51 milioni di voti al primo turno delle ultime elezioni generali e gli oltre 58 milioni al ballottaggio. Ha forgiato un forte movimento di destra, che combina conservatorismo e nazionalismo brasiliani con politiche di guerra culturale in stile USA e battaglie condotte sulle reti sociali, alcune delle quali espresse nelle strade.
La sua presidenza, recentemente completata, si è basata su una piattaforma di incitamento all’odio anticomunista e ha scatenato un’ondata di sostegno pubblico al fascismo, che era rimasto latente dalla fine della dittatura che ebbe cinque presidenti de facto. Come membro del Congresso, nel 2004, Bolsonaro ha scritto una serie di lettere a siti web neonazisti, dicendo cose come “voi siete la ragione per cui sono in politica”.
I legami di Bolsonaro con l’ex stratega della Casa Bianca di Donald Trump, Steve Bannon, sono stati stretti fin dopo la fine del mandato presidenziale. Ha provato a diffondere brogli elettorali basati su notizie false, sullo stile di quanto realizzato dopo la sconfitta di Trump nel 2020. Analisti affermano che questi abbia avuto un ruolo chiave nell’accendere le teorie della cospirazione prima degli attacchi di domenica 8 gennaio alla sede dei tre poteri dello Stato brasiliano.
UN BLOCCO DI POTERE: IL CENTRĀO
Il Centrão, o Grande Centro, è un gruppo di partiti politici che è giunto ad essere composto da 220 dei 513 legislatori federali (deputati) durante l’amministrazione Bolsonaro e le cui origini risalgono anche alla dittatura militare. Alla fine degli anni ’80, i parlamentari si unirono per sostenere i deboli presidenti eletti democraticamente. Da allora, quel conglomerato si è radicato nella politica brasiliana offrendo sostegno ai governi di sinistra o di destra, in cambio di incarichi politici di alto livello e risorse per sostenere la sua macchina elettorale nelle circoscrizioni nazionali.
Hanno invariabilmente sostenuto la permanenza al potere di Bolsonaro, respingendo più di 100 richieste di destituzione e promuovendo ingenti pacchetti di spesa governativa attraverso il Congresso. In un’occasione, l’ex presidente ha detto: “Abbiamo la presenza di spicco del presidente della [Cámara de Diputados], il mio amico di lunga data, Arthur Lira. È il titolare dell’agenda della Camera. Se non fosse stato per Arthur Lira, non saremmo arrivati a questo punto”.
In cambio, Lira e il Centrão sono diventati immensamente potenti e si sono appropriati di grandi quantità di fondi pubblici per il loro uso discrezionale in quello che è noto come il “bilancio segreto”.
Interpretando il suo ruolo di outsider, nella campagna elettorale del 2018, Bolsonaro si è scagliato contro il modo di procedere del detto blocco, ma quando sono emerse accuse di corruzione contro di lui e la sua famiglia, ha rapidamente stretto un’alleanza con loro ed è riuscito a salvare il suo governo. In cambio del loro appoggio, la quasi egemonica entità politica ha preteso posti di governo cruciali, in particolare quello di capo di gabinetto presidenziale che Ciro Nogueira è andato ad occupare. Questo politico era un sostenitore delle amministrazioni di sinistra consecutive prima di unirsi nell’amministrazione Bolsonaro.
Dopo la destituzione di Dilma Rousseff, questo blocco si è immolato tra divisioni e discredito dei suoi dirigenti fino a riuscire a riorganizzarsi attorno alle figure del deputato federale ed ex presidente della Camera Rodrigo Maia (DEM-RJ), Aguinaldo Ribeiro (PP-PB) e Lira (PP-AL).
I parlamentari, che avevano sempre ricevuto soldi dal governo per progetti di lavori pubblici presentati in tempo elettorale, avevano budget limitati, ma durante l’amministrazione Bolsonaro i numeri sono triplicati ed i beneficiari sono stati avvolti nel mistero. Organismi di controllo della trasparenza suggeriscono che un quarto del budget discrezionale del Brasile di 143 miliardi di reales (28 miliardi di $) è controllato dal Congresso. Solo lo scorso giugno il governo ha sborsato 6,6 miliardi di reais nel quadro del budget segreto. Il risultato sono stati scandalosi casi di dirottamento di denaro, come l’acquisto di trattori per un valore superiore del 250% rispetto al prezzo di mercato o che in un comune di 40000 abitanti siano state eseguite più di 540000 estrazioni dentarie in un anno.
UN FENOMENO ELETTORALE
Parte del suo stile polarizzante è costituito dal suo linguaggio rozzo, misogino e i commenti “politicamente scorretti” che denotano una sorta di proto-fascismo; questo indigna in Europa o negli USA, ma non influisce molto in Brasile, in particolare tra alcuni settori a basso reddito.
Oltre alle chiese evangeliche in rapida crescita, l’esercito e la polizia, agli agricoltori e alle imprese, anche una nuova generazione di musicisti e influencer di YouTube, socialmente conservatori, ha aiutato Bolsonaro nella sua ricerca per mantenere, con successo, un messaggio anti-sistema. Persino mentre era in carica, criticando istituzioni come il Supremo Tribunale Federale o i principali media che ha accusato di essere prevenuti nei suoi confronti e favorendo un “semplice uomo dei media”, ovvero Lula. Va notato che questi stessi media hanno distrutto l’immagine dell’ex presidente ed ex sindacalista, dell’attuale presidente brasiliano prima e durante la sua prigionia.
La classe lavoratrice qualificata e la classe medio-bassa, che si è espansa sotto Lula, hanno costituito il vantaggio elettorale di Bolsonaro. Sono circa 100 milioni i brasiliani che l’Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica (IBGE) definisce la più grande classe sociale, in termini generali. È così che, il 2 ottobre scorso, i candidati che hanno sostenuto Bolsonaro hanno ottenuto grandi successi nelle elezioni per il Congresso e i governatorati, ciò che ha coinciso con il primo turno delle elezioni presidenziali.
Nelle competizioni per il Congresso, il Partito Liberale (PL) di Bolsonaro è stato il grande vincitore. Sono balzati da 7 a 13 seggi negli 81 membri del Senato, dove saranno il partito più numeroso, e da 76 a 99 seggi nella Camera Bassa di 513 membri. La frammentazione del sistema dei partiti in Brasile è nota: sono 23 i partiti rappresentati nell’attuale legislatura, il che rappresenta un successo significativo per il bolsonarismo, che ha conquistato anche i potenti governatorati dei tre stati più popolosi del Brasile. Questi rappresentano il 40% della popolazione del paese: San Paolo, Minas Gerais e Rio de Janeiro.
DALLA LIBERAZIONE ALLA PROSPERITÀ
Bolsonaro, che è stato aiutato da una performance economica migliore del previsto all’indomani della pandemia globale, è riuscito con le sue politiche neoliberali a far crescere il PIL del Brasile del 2,8% nel 2021, secondo il FMI, non molto indietro rispetto alla Cina. Gli investimenti stranieri diretti sono saliti a 74 miliardi di $, nell’anno fino a settembre, dai 50 miliardi di $ dell’anno precedente, secondo la banca centrale brasiliana. Il tasso di inflazione complessivo ha raggiunto il picco di oltre il 12% ad aprile, ma è sceso al 7,2% a settembre, con molti dirigenti aziendali hanno mantenuto un forte sostegno a suo favore.
Tra gli altri beneficiari economici ci sono le chiese evangeliche, il cui impatto sociale ed economico è elevato in Brasile a causa del loro finanziamento da parte dei fedeli attraverso decime e altri contributi. Dopo il declino della Chiesa cattolica, in particolare di molte espressioni della cosiddetta “teologia della liberazione”, è cresciuto il conservatorismo in campo religioso e questo è stato raccolto dai settori carismatici cattolici e dalle chiese evangeliche.
In Brasile la popolazione evangelica sfiorava i 50 milioni (25%) nel 2018, ma il mondo evangelico non è omogeneo, né religioso né morale politicamente. Da qui il sincretismo sia dell’ex presidente nei suoi interventi sia di coloro che lo seguono.
La sua elezione ha attirato prima il voto evangelico e, successivamente, il sostegno di grandi chiese come la Universal del Reino de Dios. In precedenza, un vescovo di quella chiesa aveva assunto l’ufficio di sindaco di Rio de Janeiro.
Alle manifestazioni, i suoi alleati hanno insistito nel presentarlo con il suo nome completo, Jair Messias Bolsonaro; il suo secondo nome significa “Messia”, l’unto o salvatore. Nonostante fosse cresciuto come cattolico, è stato ribattezzato nel fiume Giordano da Everaldo Pereira, pastore della chiesa evangelica dell’Assemblea di Dio e presidente del Partito Social Cristiano (PSC), a cui Bolsonaro aveva appena aderito; questo lo ha identificato con entrambe le comunità.
Il 28 ottobre 2018, dopo la sua vittoria elettorale, parte del suo discorso è stata una preghiera evangelica guidata dal pastore Magno Malta e Bolsonaro ha posto il suo mandato sotto la supervisione di Dio, ricordando lo slogan della sua campagna: “Il Brasile sopra ogni altra cosa. Dio sopra tutti”.
La transizione religiosa del Brasile è veloce e particolare per una nazione delle sue dimensioni. Nel 1970 il 92% dei brasiliani si dichiarava cattolico, mentre nel 2010 la percentuale scendeva al 64,6%. Anche quando si apprezza una maggiore diversità religiosa, ne hanno beneficiato i protestanti tradizionali, il cui peso non è variato molto tra la popolazione e, soprattutto, i seguaci delle chiese pentecostali e neopentecostali. Nel 2010 hanno raggiunto il 22,2% della popolazione, secondo il censimento IBGE.
La giornalista Lamia Oualalou sottolinea come negli stati in cui gli evangelici hanno acquisito maggior presenza negli ultimi decenni (Rondônia, Roraima, Acre e Rio de Janeiro) l’ex capitano dell’esercito abbia ottenuto “una vittoria spettacolare”.
Ciò che differenzia i neopentecostali dal pentecostalismo classico e da altre chiese evangeliche è la “teologia della prosperità”. Molte chiese evangeliche in Brasile avevano aderito alla teologia della liberazione di matrice cattolica e all’opzione per i poveri; recentemente è sorta una nuova teologia di segno opposto, non cattolica.
Questa teologia, arrivata dagli USA in America Latina negli anni ’60, insegna che il godimento dei beni materiali e dei piaceri della vita è una cosa buona perché è collaborare all’opera di Dio che ci vuole felici ora, in questo mondo. Ciò si ottiene attraverso il sacrificio finanziario (decime e offerte) a Dio, attraverso la mediazione della Chiesa; e ciò rende i suoi fedeli meritevoli delle benedizioni divine. Non si parla di giustizia sociale o di liberazione di fronte all’oppressione sociale.
IL BRACCIO PESANTE DELL’AGROINDUSTRIA
Ha anche ricevuto un vitale sostegno finanziario e ideologico da potenti interessi economici legati all’agrobusiness. Questo settore ha rappresentato 33 dei 50 maggiori donatori della campagna di Bolsonaro. Quindi i suoi attacchi agli ambientalisti e la strenua difesa del diritto del Brasile a sviluppare terre nella selva amazzonica sono popolari tra i brasiliani che si risentono che gli stranieri dicano loro come dirigere il proprio paese.
In quanto settore altamente industrializzato, in Brasile, l’agroindustria è responsabile di oltre un quarto del PIL e del 48,3% delle esportazioni totali nella prima metà del 2022. Copre ampiamente la geografia del paese, in particolare una parte a nord di San Paolo, una fascia significativa di stati meridionali, due potenti stati centro-occidentali, Mato Grosso e Mato Grosso do Sul, e Roraima a nord.
Gran parte dell’aumento delle entrate in Brasile durante la presidenza Bolsonaro è andato a queste regioni, poiché l’agricoltura ha beneficiato di una valuta nazionale svalutata e di alti prezzi internazionali delle materie prime, posizionando il Brasile come il “granaio del mondo”.
L’ironia è che questo non è stato il caso per il resto del paese poiché i prezzi al consumo sono aumentati dell’8,3% nel 2021. Questo segno inflazionistico ha fatto sì, che oggi, più della metà della popolazione totale, 125,2 milioni di brasiliani, viva con una sorta di insicurezza e che 33 milioni di loro affrontano una grave insicurezza alimentare.
Oggi Bolsonaro non c’è più, ma l’egemonia dell’agroindustria continuerà poiché gode di un’ampia rappresentanza legislativa. Il potente Fronte Parlamentare Agricolo (FPA), denominato “banca rurale”, possiede il 46% della Camera dei Deputati e 4 8% del Senato. Il 70% dei deputati del FPA è stato rieletto quindi occuperanno più di 40 degli 81 seggi al Senato nel 2023.
Sia durante le amministrazioni di Michel Temer che di Bolsonaro, hanno denigrato i diritti fondiari degli indigeni per legittimare l’uso delle terre native per la produzione agricola, articolando proposte ed emendamenti su una varietà di temi normativi come i diritti dei lavoratori, le licenze ambientali, la regolarizzazione del possesso della terra e dei pesticidi.
Il bolsonarismo ha sostenuto pedine politiche come Tereza Cristina, ex presidentessa del FPA, detta anche “signora deforestazione” o “musa del veleno” o l’ex ministro dell’Ambiente di Bolsonaro, Ricardo Salles, che prima di insediarsi è stato condannato, da un tribunale di prima istanza, per “irregolarità amministrativa” mentre dirigeva un’agenzia ambientale nello stato di San Paolo. La gestione di Salles è stata correlata all’aumento della deforestazione nella selva amazzonica ed a importanti tagli nei programmi di protezione ambientale, prima che fosse costretto a dimettersi, l’anno scorso, per accuse di coinvolgimento in uno schema di traffico di legname.
E IL PARTITO MILITARE
Il 31 marzo è un giorno importante per il bolsonarismo a causa del golpe del 1964, la dittatura che ne seguì durò 21 anni e viene lodata da Bolsonaro come modello, anche quando chiuse il Congresso, tolse i diritti individuali e impose la censura e la tortura.
Durante l’impeachment contro Dilma Rousseff, Bolsonaro ha approfittato del predominante clima circense per gridare concitato: “In memoria del colonnello Carlos Alberto Brilhante Ustra, terrore di Rousseff, voto sì”. Si riferiva al torturatore della ex presidentessa durante la dittatura militare.
L’ex capitano ha ottenuto il sostegno della maggior parte dei militari consentendo loro di ricoprire incarichi nel governo centrale insieme alla loro carriera militare. E’ giunto ad avere 11000 militari all’interno del governo centrale in posizioni che, per la maggior parte, non hanno specialità da occupare. Alcuni guadagnavano fino a 18000 $ al mese tra stipendi, benefici e privilegi.
In Brasile, dove non sono stati indagati crimini come torture e omicidi perpetrati durante la dittatura, dal 1964 al 1985, la Costituzione definisce che le forze armate devono operare lontano dalla politica dei partiti, occupandosi della difesa, della sovranità al servizio del proprio popolo. Quanto descritto spiega la scelta di Walter Souza Braga Netto, generale dell’esercito di riserva, come compagno di corsa di Bolsonaro e come la sua candidatura si sia consolidata di fronte all’interfaccia politica del settore militare.
Due eventi hanno posto fine ai 25 anni di silenzio militare, il primo è stato il tweet minaccioso del generale Eduardo Villas Bôas, allora comandante in capo dell’esercito, indirizzato al Tribunale Supremo se non avesse inabilitato Lula per la presidenza. Bôas ha affermato “alla nazione che l’esercito brasiliano, come tutti i buoni cittadini, condivide il rifiuto dell’impunità e il rispetto della Costituzione, della pace sociale e della democrazia, conforme alle sue missioni costituzionali”.
La seconda è stata la massiccia presenza nel governo Bolsonaro, da lì questo settore ha abbandonato la sua presunta neutralità e si è lasciato sfuggire il sospetto che sarebbe stato l’arbitro del processo elettorale che si è concluso il 30 ottobre scorso.
Il Partito dei Lavoratori (PT) è nato durante e contro la dittatura militare, la convivenza con i governi di Lula era significativa poiché l’ex presidente ha aumentato i budget militari, dispiegato una forza internazionale di pace ad Haiti, nel 2004, e addirittura ha inaugurato, nel 2010, la prima campagna di “pacificazione” militare delle favelas a nord di Rio de Janeiro.
Il suo successore, Dilma Rousseff, ha suscitato l’ostilità dei militari nei confronti della sinistra lanciando nel 2011 una Commissione Nazionale per la Verità, incaricata di far luce sui crimini commessi dalla giunta militare tra il 1964 e il 1985. Da lì vi è stata una rottura con la sinistra rappresentata da Lula e questi ha chiesto all’esercito di tornare ad essere “il grande muto” riprendendo il ruolo che la Costituzione gli attribuiva.
Il bolsonarismo non è un fenomeno recente in Brasile: è la concretizzazione di una tendenza storica e politica prodotto di una società che ha sperimentato i rantoli dell’intervento e della narrazione imperiale in America Latina. Le sue cause e i suoi effetti sono intatti, per cui Lula dovrà manovrare in mezzo a questa ondata conservatrice e alla sua capacità di generare disuguaglianza e prostrazione nella popolazione più povera.
ORIGEN Y ACTUALIDAD DEL “BOLSONARISMO”
Dos días antes de tener que entregar la presidencia, Jair Messias Bolsonaro voló a Estados Unidos en el avión presidencial de la República Federativa de Brasil. El expresidente se fue pero su huella quedó impresa hasta lo más profundo del país más extenso de la cuenca amazónica, porque siempre estuvo. Hace seis o siete años nadie habría hablado del bolsonarismo como fenómeno, sin embargo, hoy esto sucede y es oportuno revisar lo que lo creó y sostiene.
EL OUTSIDER QUE NO ES OUTSIDER
La cuna de Bolsonaro, y de su ascenso político, está en la dictadura (apellidada por sectores conservadores como “democrática”) que irrumpió en Brasil en 1964. Dicho régimen se originó en un golpe instrumentado contra Joao Goulart y en aquel participó el gobierno de Estados Unidos, de acuerdo con documentos del Senado brasileño. También el gran empresariado nacional e internacional, las Fuerzas Armadas, gran parte de los medios de comunicación, la Iglesia Católica y el grueso de los principales partidos políticos.
El excapitán fue pasado a la reserva del Ejército en 1988 luego de defender la colocación de bombas en la principal carretera brasileña durante una campaña salarial, sin embargo, siguió la trayectoria lineal del partido Alianza Renovadora Nacional (ARENA), creado en 1965 con la intención de apoyar al recién instalado gobierno militar.
Posteriormente apoyó variaciones del arenismo: fue elegido diputado federal por el Partido Demócrata Cristiano (PDC) en 1990, y luego pasó por el Partido Progresista Reformador (1993-1995), el Partido Progresista Brasileño (1995-2003), el Partido Laborista Brasileño (2003-2005), el Partido del Frente Liberal (2005), vuelve a integrar algunos partidos donde anteriormente había militado hasta llegar al Partido Social Cristiano (2016-2017), y desde julio de 2017 integró el Partido Ecológico Nacional (PEN) y luego el Partido Social Liberal (2018-2019), siempre como diputado federal, durante siete mandatos consecutivos (1991-2019). Sumando los dos años como concejal (1989-1991).
Son 30 años de vida parlamentaria y 15 en el Ejército (1973-1988), de manera que, a pesar de su retórica antisistema incorporada por los bolsonaristas, es un subproducto de la sociedad brasilera y su clase política. Es por ello que se entiende al bolsonarismo como una derivación de la trayectoria polarizada que conforma al devenir histórico del país sudamericano.
El atractivo de Bolsonaro es particularmente fuerte entre militares y cristianos conservadores, esto explica los más de 51 millones de votos en la primera vuelta de las pasadas elecciones generales y más de 58 millones en el balotaje. Ha forjado un movimiento de derecha fuerte, que combina el conservadurismo y el nacionalismo brasileños con la política de guerra cultural al estilo estadounidense y las batallas libradas en las redes sociales, algunas de las cuales se expresan en las calles.
Su recién finalizada presidencia estuvo basada en una plataforma de discurso de odio anticomunista y desató una avalancha de apoyo público al fascismo, que había estado latente desde el final de la dictadura que tuvo cinco presidentes de facto. Como congresista en 2004, Bolsonaro escribió una serie de cartas a sitios web neonazis, diciendo cosas como “ustedes son la razón por la que estoy en política”.
Los vínculos de Bolsonaro con el exestratega de la Casa Blanca de Donald Trump, Steve Bannon, han sido estrechos hasta después de finalizada la gestión presidencial. Este ha tratado de difundir un fraude electoral a partir de noticias falsas, al estilo de lo realizado después de la derrota de Trump en 2020. Analistas afirman que ello jugó un papel clave en encender las teorías de conspiración antes de los ataques del pasado domingo 8 de enero a las sedes de los tres poderes del Estado brasilero.
UN BLOQUE DE PODER: EL CENTRÃO
El Centrão, o Gran Centro, es un grupo de partidos políticos que llegó a estar conformado por 220 de los 513 legisladores federales (diputados) durante la administración Bolsonaro y cuyos orígenes también se remontan a la dictadura militar. A finales de la década de 1980, los parlamentarios se unieron para apoyar a presidentes débiles elegidos democráticamente. Desde entonces ese conglomerado se ha arraigado en la política brasileña ofreciendo apoyo a gobiernos de izquierda o derecha, a cambio de puestos políticos de alto nivel y recursos para apoyar su maquinaria electoral en las circunscripciones nacionales.
Invariablemente apuntalaron la permanencia de Bolsonaro en el poder, evitando más de 100 solicitudes de destitución e impulsando grandes paquetes de gastos gubernamentales a través del Congreso. En una ocasión, el expresidente dijo: “Tenemos la presencia destacada del presidente de la [Cámara de Diputados], mi amigo de siempre, Arthur Lira. Él es el dueño de la agenda de la Cámara. Si no fuera por Arthur Lira, no habríamos llegado a este punto”.
A cambio, Lira y el Centrão se hicieron inmensamente poderosos y se apropiaron de grandes cantidades de fondos públicos para su uso discrecional en lo que se conoce como el “presupuesto secreto”.
Haciendo su papel de outsider, en la campaña electoral de 2018, Bolsonaro despotricó contra el modo de proceder de dicho bloque, pero cuando surgieron acusaciones de corrupción contra él y su familia, rápidamente forjó una alianza con ellos y logró salvar su gobierno. A cambio de su apoyo, el casi hegemónico ente político ha reclamado puestos de gobierno cruciales, en particular, el de jefe de gabinete presidencial que llegó a ocupar Ciro Nogueira. Este político fue partidario de las administraciones de izquierda consecutivas antes de unirse a la administración Bolsonaro.
Luego de destituir a Dilma Rousseff, este bloque se inmoló en medio de divisiones y desprestigio de sus líderes hasta que logró reorganizarse en torno a las figuras del diputado federal y expresidente de la Cámara Rodrigo Maia (DEM-RJ), Aguinaldo Ribeiro (PP-PB) y de Lira (PP-AL).
Los parlamentarios, que siempre habían recibido dinero del gobierno para proyectos de obras públicas que eran presentados en épocas electorales, contaban con presupuestos que tenían un tamaño limitado, pero durante la administración Bolsonaro se triplicaron las cifras y los beneficiarios han estado envueltos en el misterio. Organismos de control de la transparencia sugieren que una cuarta parte del presupuesto discrecional de Brasil, de 143 mil millones de reales (28 mil millones de dólares), está controlado por el Congreso. Solo en junio pasado, el gobierno desembolsó 6 mil 600 millones de reales en el marco del presupuesto secreto. El resultado fueron casos escandalosos de desvíos de dinero, como la compra de tractores por un valor en un 250% superior al precio del mercado o que en un municipio de 40 mil habitantes se realizaron más de 540 mil extracciones dentales en un año.
UN FENÓMENO ELECTORAL
Parte de su estilo polarizador lo constituye su lenguaje crudo, misógino y sus comentarios “políticamente incorrectos” que denotan una especie de protofascismo; esto indigna en Europa o Estados Unidos pero no afecta mucho en Brasil, particularmente entre algunos sectores de bajos ingresos.
Además de las iglesias evangélicas de rápido crecimiento, el ejército y la policía, los agricultores y las empresas, también una nueva generación de músicos e influencers socialmente conservadores de YouTube ayudaron a Bolsonaro en el empeño de mantener con éxito un mensaje contra el sistema. Incluso mientras estuvo en el cargo, criticando a instituciones como el Supremo Tribunal Federal o los principales medios de comunicación a los que acusó de estar sesgados en su contra y cultivando a un “simple hombre de los medios”, es decir, a Lula. Cabe destacar que esos mismos medios desvalijaron la imagen de expresidente y exsindicalista del actual presidente brasileño, antes y durante su encarcelamiento.
La clase trabajadora calificada y la clase media-baja, que se expandió bajo Lula, constituyeron la ventaja electoral de Bolsonaro. Se trata de unos 100 millones de brasileños que el Instituto Brasilero de Geografia y Estadística (IBGE) define como la clase social más grande, en términos generales. Fue así como el 2 de octubre pasado los candidatos que apoyaron a Bolsonaro obtuvieron grandes éxitos en las elecciones para el Congreso y las gobernaciones, lo que coincidió con la primera vuelta de la elección presidencial.
En las contiendas por el Congreso, el Partido Liberal (PL) de Bolsonaro fue el gran vencedor. Saltaron de siete a 13 escaños en el Senado de 81 miembros, donde serán el partido más grande, y de 76 a 99 escaños en la Cámara Baja de 513 miembros. La fragmentación del sistema de partidos en Brasil es notoria: se trata de 23 partidos representados en la actual legislatura, eso cuenta como un éxito significativo para el bolsonarismo, que ganó también las poderosas gobernaciones de los tres estados más poblados de Brasil. Estos representan el 40% de la población del país: São Paulo, Minas Gerais y Río de Janeiro.
DE LA LIBERACIÓN A LA PROSPERIDAD
Bolsonaro, quien fue ayudado por un desempeño económico mejor de lo esperado luego de la pandemia global, logró con sus políticas neoliberales que el PIB de Brasil creciera un 2,8% en 2021, según el FMI, no muy lejos de China. La inversión extranjera directa se disparó a 74 mil millones de dólares en el año hasta septiembre desde los 50 mil millones de dólares del año anterior, según el banco central de Brasil. La tasa de inflación general alcanzó un máximo de más del 12% en abril, pero cayó al 7,2% en septiembre y muchos líderes empresariales mantuvieron un marcado apoyo a su favor.
Entre otros beneficiarios económicos están las iglesias evangélicas, cuyo impacto social y económico es alto en Brasil debido a su financiamiento por parte de los fieles mediante diezmos y otros aportes. Luego del declive de la Iglesia Católica, en particular muchas expresiones de la llamada “teología de la liberación”, el conservadurismo fue creciente en el ámbito religioso y esto fue recogido por sectores carismáticos católicos e iglesias evangélicas.
En Brasil la población evangélica se acercaba a los 50 millones (25%) en 2018, pero el mundo evangélico no es homogéneo, ni religioso, ni moral políticamente. De allí el sincretismo tanto del expresidente en sus intervenciones como de quienes le siguen.
Su elección atrajo primero el voto evangélico y, más tarde, el apoyo de grandes iglesias como la Universal del Reino de Dios. Previamente, un obispo de esa iglesia se había hecho con la Alcaldía de Río de Janeiro.
En los mítines, sus aliados insistieron en presentarlo por su nombre completo, Jair Messias Bolsonaro; su segundo nombre significa “Mesías”, el ungido o salvador. Aunque fue criado como católico, fue rebautizado en el río Jordán por Everaldo Pereira, pastor de la iglesia evangélica Asamblea de Dios y presidente del Partido Social Cristiano (PSC), al que Bolsonaro acababa de ingresar; esto lo identificó con ambas comunidades.
El 28 de octubre de 2018, luego de su victoria electoral, parte de su discurso fue una oración evangélica dirigida por el pastor Magno Malta y Bolsonaro puso su mandato bajo la supervisión de Dios, recordando su lema de campaña: “Brasil por encima de todo, Dios por encima de todos”.
La transición religiosa de Brasil es acelerada y particular para una nación de su tamaño. En 1970, 92% de los brasileños se declaraba católico, mientras que en 2010 el porcentaje bajó a 64,6%. Aun cuando se aprecia una mayor diversidad religiosa, esto ha beneficiado a los protestantes tradicionales, cuyo peso no ha variado mucho entre la población y, sobre todo, a los seguidores de las iglesias pentecostales y neopentecostales. En 2010, alcanzaron el 22,2% de la población, según el censo del IBGE.
La periodista Lamia Oualalou resalta cómo en los estados donde los evangélicos ganaron más presencia en las últimas décadas (Rondônia, Roraima, Acre y Río de Janeiro) el excapitán del Ejército obtuvo “una victoria espectacular”.
Lo que diferencia a los neopentecostales del pentecostalismo clásico y demás iglesias evangélicas es la “teología de la prosperidad”. Muchas iglesias evangélicas en Brasil se habían adherido a la teología de la liberación de matriz católica y a la opción por los pobres; recientemente surgió una nueva teología de signo opuesto, no católica.
Esta teología, llegada desde Estados Unidos a América Latina en los años 1960, enseña que el disfrute de los bienes materiales y placeres de la vida es algo bueno porque es colaborar en la obra de Dios que nos quiere felices ya en este mundo. Eso se logra a través del sacrificio financiero (diezmos y ofrendas) a Dios, por mediación de la Iglesia; y eso vuelve a sus fieles merecedor de las bendiciones divinas. No se habla de justicia social ni de liberación ante la opresión social.
EL BRAZO PESADO DE LA AGROINDUSTRIA
También ha recibido un vital apoyo financiero e ideológico de poderosos intereses económicos vinculados al agronegocio. Este sector representó 33 de los 50 mayores donantes de la campaña de Bolsonaro. De allí sus ataques a los ambientalistas y la firme defensa del derecho de Brasil a desarrollar tierras en la selva amazónica son populares entre los brasileños que se resienten de que los extranjeros les digan cómo dirigir su país.
Como el sector altamente industrializado que hay en Brasil, la agroindustria es responsable de más de una cuarta parte del PIB y el 48,3% de las exportaciones totales en la primera mitad de 2022. Cubre ampliamente la geografía del país, en particular una parte del norte de São Paulo, una franja significativa de los estados del sur, dos poderosos estados del centro-oeste, Mato Grosso y Mato Grosso do Sul, y Roraima en el norte.
Buena parte de las ganancias de ingresos en Brasil durante la presidencia de Bolsonaro fueron a estas regiones, ya que la agricultura se benefició de una moneda nacional devaluada y de los altos precios internacionales de las materias primas, posicionándose Brasil como “granero del mundo”.
Lo irónico es que no fue así para el resto del país debido a que los precios al consumidor aumentaron un 8,3 % en 2021. Esta marca inflacionaria hizo que más de la mitad de la población total, 125,2 millones de brasileros, viva hoy con algún tipo de inseguridad y que 33 millones de ellos enfrenten una severa inseguridad alimentaria.
Hoy en día Bolsonaro no está, pero la hegemonía de la agroindustria continuará debido a que disfruta de una amplia representación legislativa. El poderoso Frente Parlamentario Agrícola (FPA), llamado “banca rural” poseen el 46 % de la Cámara de Diputados y el 4 8% del Senado. El 70% de los diputados del FPA fueron reelegidos mientras ocuparán más de 40 de los 81 escaños del Senado en este 2023.
Tanto durante la administración de Michel Temer como en la de Bolsonaro denigraron los derechos territoriales indígenas para legitimar el uso de las tierras nativas para la producción agrícola, a la vez que articularon propuestas y enmiendas sobre una variedad de temas regulatorios como los derechos de los trabajadores, las licencias ambientales, la regularización de la tenencia de la tierra y los pesticidas.
El bolsonarismo ha apuntalado a fichas políticas como Tereza Cristina, expresidenta de la FPA, también llamada “Sra. Deforestación” o “musa del veneno” o al exministro de Medio Ambiente de Bolsonaro, Ricardo Salles, quien antes de ejercer el cargo fue condenado en un tribunal de primera instancia por “impropiedad administrativa” mientras dirigía una agencia ambiental del estado de São Paulo. La gestión de Salles estuvo correlacionada con un aumento en la deforestación en la selva amazónica y recortes importantes en los programas de protección ambiental, antes de verse obligado a renunciar el año pasado por acusaciones de participación en un esquema de tráfico de madera.
Y EL PARTIDO MILITAR
El 31 de marzo es un día importante para el bolsonarismo debido al golpe de Estado ejecutado en 1964, la dictadura que siguió duró 21 años y es enaltecida por Bolsonaro como modelo, aun cuando clausuraron el Congreso, quitaron derechos individuales e impusieron censuras y torturas.
Durante el impeachment contra Dilma Rousseff, Bolsonaro aprovechó el predominante clima circense para gritar exaltado: “En memoria del coronel Carlos Alberto Brilhante Ustra, el terror de Rousseff, voto sí”. Se refería al torturador de la expresidenta durante la dictadura militar.
El excapitán se ganó el apoyo de la mayoría de los militares al permitirles ejercer cargos en el gobierno central junto con su carrera militar. Llegó a haber 11 mil militares dentro del gobierno central en cargos que, en su mayor parte, no tienen especialidades que ocupar. Algunos ganaban hasta 18 mil dólares mensuales entre sueldos, beneficios y privilegios.
En Brasil, donde no se investigaron crímenes como torturas y asesinatos perpetrados durante la dictadura de 1964 a 1985, la Constitución define que las fuerzas armadas deben funcionar alejadas de la política de partidos, cuidando la defensa, la soberanía al servicio de su pueblo. Lo descrito explica la elección de Walter Souza Braga Netto, un general del ejército de reserva, como compañero de fórmula de Bolsonaro y cómo se consolidó su candidatura de cara a la interfase política del sector militar.
Dos eventos acabaron con los 25 años de silencio militar, el primero fue el tuit amenazante del general Eduardo Villas Bôas, entonces comandante en jefe del ejército, dirigido al Tribunal Supremo si no inhabilitaba electoralmente a Lula para la presidencia. Bôas afirmó “a la nación que el ejército brasileño, al igual que todos los buenos ciudadanos, comparte el rechazo a la impunidad y el respeto a la Constitución, a la paz social y a la democracia, conforme a sus misiones constitucionales”.
El segundo fue la presencia masiva en el gobierno de Bolsonaro, a partir de allí este sector abandonó su pretendida neutralidad y dejó colar la sospecha de que sería el árbitro del proceso electoral que finalizó el 30 de octubre pasado.
El Partido de los Trabajadores (PT) nació durante y en contra de la dictadura militar, la convivencia con los gobiernos de Lula fue notoria debido a que el expresidente aumentó los presupuestos militares, desplegó una fuerza internacional de paz en Haití en 2004 y hasta inauguró en 2010 la primera campaña de “pacificación” militar de las favelas en el norte de Río de Janeiro.
Su sucesora Dilma Rousseff despertó la hostilidad de los militares ante la izquierda al lanzar en 2011 una Comisión Nacional de la Verdad, encargada de arrojar luz sobre los crímenes cometidos por la junta militar entre 1964 y 1985. Desde allí hubo una ruptura con la izquierda representada por Lula y este le pidió al ejército que volviera a ser “la gran muda” retomando el papel que la Constitución le atribuía.
El bolsonarismo no es un fenómeno reciente en Brasil: es la concreción de una tendencia histórica y política producto de una sociedad que ha experimentado los estertores de la intervención y la narrativa imperial en América Latina. Sus causas y efectos están intactos, por lo que a Lula le tocará maniobrar en medio de esa ola conservadora y su capacidad de generar desigualdad y postración en la población más pobre.