Cina, Perù e la “sicurezza nazionale” degli USA

Carlos Fazio

Nel quadro dei riassetti geopolitici mondiali, l’ordine, del 4 febbraio, del Presidente USA, Joe Biden, di abbattere un pallone cinese di spionaggio o sorveglianza –definito da Pechino di natura civile e per finalità investigative principalmente meteorologiche− , potrebbe iniziare una nuova fase della guerra diffusa o senza restrizioni di Washington contro il colosso asiatico, con ripercussioni emisferiche. Secondo il capo del Pentagono Lloyd Austin, il volo dell’aerostato rispondeva a un tentativo da parte della Cina di monitorare strutture strategiche sulla terraferma degli USA, in particolare la base aerea di Malmstrom nel Montana, che ospita uno dei tre campi di silos di  missili nucleari intercontinentale Minuteman III.

In un momento in cui le dispute di potere tra le grandi potenze non sono lontane dal portare a un olocausto generale in cui nessuno vince perché tutti perdono, gli USA hanno definito Cina e Russia le principali minacce alla propria sicurezza nazionale.

Da qui che nella loro guerra nascosta contro entrambe le potenze, gli USA dispieghino un intenso lavoro di intelligence, pianificazione strategica, diplomazia di guerra, intervento segreto e creazione di condizioni per mantenere la loro superiorità militare in declino, contro due avversari che hanno capacità economiche, forze militari e tecnologiche comparabili, e con presenza e forza di attrazione sia regionale che globale, comprese l’America Latina ed i Caraibi.

In questo quadro di competizione intercapitalista −che include l’appropriazione di territori geostrategici con importanti ricchezze naturali e la disputa di rotte marittime di collegamento per il commercio mondiale− vanno collocate le dichiarazioni del capo del Comando Sud del Pentagono, il generale Laura Richardson, davanti a membri del think tank Atlantic Council, il 19 gennaio. Richardson ha ribadito che le terre rare, il litio di Argentina, Bolivia e Cile (+Perù), gli idrocarburi di Guyana e Venezuela (anche rame e oro di quest’ultimo paese), la regione amazzonica e l’acqua dolce del Sud America sono essenziali per la sicurezza nazionale USA. Ha affermato che Washington doveva iniziare la sua partita, alludendo alla disputa geopolitica con Cina e Russia. Nel 2021, il capo dello Stato Maggiore Congiunto USA, Mark Milley, aveva dichiarato senza mezzi termini che l’emisfero occidentale appartiene a noi e a nessun altro, e siamo qui per proteggerlo da ogni minaccia.

È in questo contesto, che con il Messico e le sue risorse avvinte dal trattato economico-commerciale-energetico con Canada e USA (il T-MEC con i suoi megaprogetti estrattivisti); dopo la momentanea perdita delle sue due enclavi subregionali ultraconservatrici (Brasile e Colombia), e i falliti tentativi di golpe di Luis Fernando Camacho contro il presidente Luis Arce (Bolivia) e di Jair Bolsonaro contro Lula da Silva (Brasile), assumono rilievo il colpo di Stato civico militare, dello scorso 7 dicembre, in Perù e il recente giro del cancelliere tedesco Olaf Scholz, in qualità di emissario del Pentagono e della NATO per Cile, Argentina e Brasile.

Supportato dal Segretario di Stato Antony Blinken e dal suo braccio operativo a Lima, l’Ambasciatrice Lisa Kenna [ex agente della CIA ed ex consigliera politico del Pentagono], e con la copertura legittimante del terrorismo mediatico locale e internazionale per lavare il golpe militare-giuridico-parlamentare, la missione della dittatrice Dina Boluarte (laureata all’Accademia per Giovani Dirigenti Globali del  Foro Económico Mondiale di Klaus Schwab), del primo ministro Alberto Otárola e del presidente del Congresso, generale in pensione José Williams (accusato di genocidio), è allineare il Paese nella “guerra delle  commodities” (materie prime) contro la Cina.

Dal 2011 la Cina è il principale socio commerciale del Perù, con investimenti per 30 miliardi di dollari. Secondo esportatore mondiale di rame e con pregiati giacimenti di uranio, gas e litio, nel 2019 il Perù ha aderito alla Belt and Road Initiative del presidente Xi Jinping, che prevede la costruzione del megaporto di Chancay (di importanza geopolitica per la Cina, poiché mira a convertirsi nel più importante asse commerciale tra Sud America e Asia), collegato all’asse multimodale Amazonas (un corridoio bioceanico che collegherà l’Atlantico brasiliano con il Pacifico peruviano attraverso una rete ferroviaria con diramazioni in Bolivia e Argentina), con il Brasile come socio chiave dell’iniziativa.

Il rovesciamento e l’incarcerazione di Pedro Castillo mira a fermare questi megaprogetti, ostacolare l’aggiornamento dell’accordo di libero commercio tra Perù e Cina e avvantaggiare le grandi società USA (come Cerro Verde e Southern Copper Corporation) nel rinnovo dei contratti legali, nelle concessioni mineraria che scadono quest’anno e nuovi contratti che insieme mettono in gioco 80 miliardi di dollari (per il saccheggio delle risorse naturali senza pagare le tasse per i prossimi 40 anni, compresa l’espropriazione delle terre dei contadini delle comunità). Da qui la militarizzazione, lo stato di emergenza con sospensione delle garanzie e la violenta repressione di classe e razzista della dittatura di Boluarte contro la rivolta di massa, dal basso, a Lima e in tutto il Perù.

Un altro obiettivo imperiale è convertire il Perù in un punto di ancoraggio  geografico  militare da dove organizzare un più ampio intervento in Sudamerica a fini balcanizzativi. Per questo, il Comando Sud addestra e indottrina, da anni, centinaia di ufficiali dell’intelligence, della Polizia Nazionale, della Marina e dell’Esercito peruviano, e dispone di una dozzina di basi militari (tra cui quelle di Palmapampa, Mazamari, Pucallpa, Lima, Callao e Ayacucho) a cui arrivano regolarmente collegamenti del Pentagono, delle forze per le operazioni speciali e della DEA. Allo stesso modo, gli USA vogliono che il Perù si unisca alla politica di guerra della NATO e doni armi russe (missili, carri armati, aerei, elicotteri) delle sue forze armate all’Ucraina, obiettivo del fallito giro del peone tedesco Scholz per Cile, Argentina e Brasile, a cui si è opposto anche il presidente colombiano Gustavo Petro, sotto pressione del generale Richardson.

(La Jornada)


China, Perú y la «seguridad nacional» de EU

Por Carlos Fazio

En el marco de los reacomodos geopolíticos mundiales, la orden del presidente de Estados Unidos, Joe Biden, el 4 de febrero, de derribar un globo chino de espionaje o vigilancia –definido de naturaleza civil y con fines de investigación, principalmente meteorológicos por Pekín−, podría iniciar una nueva fase de la guerra difusa o sin restricciones de Washington contra el coloso asiático, con repercusiones hemisféricas. Según el jefe del Pentágono, Lloyd Austin, el vuelo del aerostato respondía a un intento de China de monitorear instalaciones es­tratégicas en suelo continental de EU, en particular, la base aérea Malmstrom, en Montana, que alberga uno de los tres campos de silos de misiles nucleares intercontinentales Minuteman III.

En momentos en que las disputas del poder entre las grandes potencias no están lejos de conducir a un holocausto general en el que nadie gane porque todos pierden, EU ha definido a China y Rusia como las principales amenazas a su seguridad nacional. De allí que en su guerra soterrada contra ambas potencias, EU despliegue un intenso trabajo de inteligencia, planeación estratégica, diplomacia de guerra, intervención encubierta y creación de condiciones para mantener su superioridad militar en declive, frente a dos adversarios que cuentan con capacidades económicas, castrenses y tecnológicas equiparables, y con presencia y fuerza de atracción tanto regional como global, incluidas América Latina y el Caribe.

En ese marco de competencia intercapitalista −que incluye la apropiación de territorios geoestratégicos con importantes riquezas naturales y la disputa de rutas marítimas de enlace para el comercio mundial− hay que ubicar las declaraciones de la jefa del Comando Sur del Pentágono, generala Laura Richardson, ante miembros del think tank Atlantic Council, el 19 de enero. Richardson reiteró que las tierras raras, el litio de Argentina, Bolivia y Chile (+Perú), los hidrocarburos de Guyana y Venezuela (aun el cobre y el oro de este último país), la región amazónica y el agua dulce de Sudamérica son imprescindibles para la seguridad nacional de EU. Aseveró que Washington tenía que empezar su juego, en alusión a la disputa geopolítica con China y Rusia. En 2021, el jefe del Estado Mayor Conjunto de EU, Mark Milley, había señalado sin ambages que el hemisferio occidental nos pertenece y a nadie más, y estamos para protegerlo de cualquier amenaza.

Es en ese contexto, que con México y sus recursos atenazados por el tratado económico-comercial-energético con Canadá y EU (el T-MEC con sus megaproyectos extractivistas); tras la momentánea pérdida de sus dos enclaves ultraconservadores subregionales (Brasil y Colombia), y fracasadas las intentonas golpistas de Luis Fernando Camacho contra el presidente Luis Arce (Bolivia) y de Jair Bolsonaro contra Lula da Silva (Brasil), cobran relieve el golpe de Estado cívico-militar del pasado 7 de diciembre en Perú y la reciente gira del canciller alemán Olaf Scholz, como emisario del Pentágono y la OTAN por Chile, Argentina y Brasil.

Aupados por el secretario de Estado Antony Blinken y su brazo operativo en Lima, la embajadora Lisa Kenna [ex agente de la CIA y ex consejera política del Pentágono], y con la cobertura legitimadora del terrorismo mediático local e internacional para lavar el golpe militar-jurídico-parlamentario, la misión de la dictadora Dina Boluarte (graduada de la Academia para Jóvenes Líderes Globales del Foro Económico Mundial de Klaus Schwab), el primer ministro Alberto Otárola y el presidente del Congreso, el general retirado José Williams (señalado de genocida), es alinear al país en la “guerra de los commodities” (materias primas) contra China.

Desde 2011 China es el mayor socio comercial de Perú, con inversiones por 30 mil millones de dólares. Segundo exportador mundial de cobre y con valiosos yacimientos de uranio, gas y litio, en 2019 Perú se incorporó a la Iniciativa de la Franja y la Ruta del presidente Xi Jinping, en cuyo marco figura la construcción del megapuerto de Chancay (de importancia geopolítica para China, ya que busca convertirse en el más importante eje comercial entre Sudamérica y Asia), conectado con el eje multimodal Amazonas (un corredor bioceánico que enlazará el Atlántico brasileño con el Pacífico peruano a través de una red de ferrocarriles con ramificaciones en Bolivia y Argentina), con Brasil como socio clave de la iniciativa.

El derrocamiento y prisión de Pedro Castillo busca frenar esos megaproyectos, obstaculizar la actualización del tratado de libre comercio entre Perú y China, y beneficiar a grandes corporaciones de EU (como Cerro Verde y Southern Copper Corporation) en la renovación de los contratos ley, las concesiones mineras que vencen este año y nuevos contratos que juntos ponen en juego 80 mil millones de dólares (para el saqueo de recursos naturales sin pagar impuestos los próximos 40 años, incluido el despojo de las tierras de los campesinos comuneros). De allí, la militarización, el estado de emergencia con suspensión de garantías y la violenta represión clasista y racista de la dictadura de Boluarte contra la revuelta de masas desde abajo en Lima y todo Perú.

Otro objetivo imperial es convertir a Perú en punto de anclaje geográfico militar desde donde organizar una intervención más extensiva en Sudamérica con fines balcanizadores. Para ello, el Comando Sur ha venido adiestrando y adoctrinando desde hace años a centenares de oficiales de inteligencia, la Policía Nacional, la Marina de Guerra y el Ejército peruanos, y cuenta con una docena de bases castrenses (entre ellas las de Palmapampa, Mazamari, Pucallpa, Lima, Callao y Ayacucho) a las que llegan con regularidad enlaces del Pentágono, fuerzas de operaciones especiales y la DEA. Asimismo, EU quiere que Perú se sume a la política de guerra de la OTAN y done armamento ruso (misiles, tanques, aviones, helicópteros) de sus fuerzas armadas a Ucrania, objetivo de la fracasada gira del peón alemán Scholz por Chile, Argentina y Brasil, al que se opuso también el presidente colombiano, Gustavo Petro, bajo presión de la generala Richardson.

(La Jornada)

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