Il Programma del Buon Vivere per il Diabetico forma parte della Missione Medica Cubana in questa nazione. Coordinato dal Ministero del Potere Popolare per la Salute (MPPS), il Ministero di Salute Pubblica (MINSAP) e il Centro d’Ingegneria Genetica e Biotecnologia di Cuba (CIGB), dal 2008 ha permesso d’assistere 274000 venezuelani, e ha salvato dal rischio d’amputazione circa 135000 pazienti.
La membro del Burò Politico del Partito e direttrice generale del CIGB, Marta Ayala, a proposito di questo progetto, ha espresso nella sua recente visita alla terra bolivariana che «è uno spazio rilevante che ha messo radici in questa popolazione, nel personale della salute –sia cubano che nazionale– e negli scienziati che lavorano lì.
È un programma che come dovere comune dobbiamo rinnovare nelle attuali circostanze. Lo dobbiamo a Chávez e a Fidel, fondatori di questa grande alleanza», ha insistito.
Inoltre ha segnalato che «questa visita avviene in uno spazio molto opportuno, dopo più di due anni dalla COVID-19, nei quali i due paesi hanno dovuto impegnare tutte le loro risorse e i loro sforzi in funzione della pandemia, durante la quale abbiamo anche collaborato, e abbiamo condiviso le esperienze nell’uso degli interferoni e le vaccinazioni».
«Siamo qui, ha precisato, per vedere quali altri progetti e prodotti possiamo utilizzare in questo nuovo momento. Il Heberprot-P, del Programma del Buon Vivere per il Diabetico, è uno di quelli che ci occupa».
La dirigente ha indicato l’interesse mutuo di continuare questo programma e valutare come si può distribuire il medicinale alla popolazione.
«Prima di cominciare ad usarlo, il tasso delle amputazioni tra i venezuelani era di circa il 10%. Oggi, dove si applica, diminuisce al disotto del 3%, ha spiegato. Questo ha un grand valore sociale, perché evitare l’amputazione in un individuo significa mantenerlo socialmente attivo, per la sua famiglia e generare meno spese al sistema di salute».
La rete di produzione del CIGB, ha detto, è in condizioni d’assumere questo impegno che senza dubbio contribuirà al benessere della popolazione venezuelana, con la quale i nostri specialisti lavorano non solo nell’assistenza ai pazienti diagnosticati con diabete, ma anche nella sua prevenzione, essendo una malattia frequente nel paese. Anche quando la cooperazione in questo aspetto è stata limitata, «le visite non hanno smesso d’essere attive», ha sottolineato.