La verità sui rimpatri dei venezuelani dagli USA

misionverdad.com 

Questo lunedì, 17 ottobre, si è verificato un evento epocale in relazione al divieto di voli dagli USA al Venezuela. Il Dipartimento dei trasporti USA (DOT), su richiesta del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale (DHS), ha emesso un’eccezione di emergenza. Questa decisione permetterà alle compagnie aeree USA di effettuare voli specifici per rimpatriare i cittadini venezuelani che si trovino in situazione irregolare in quel paese.

Questa eccezione si basa sul recente Accordo Migratorio tra Venezuela e gli USA, che mira a semplificare un “rimpatrio ordinato, sicuro e legale dei cittadini venezuelani dagli USA”, secondo il comunicato emesso dal Ministero degli Esteri del paese caraibico, lo scorso 5 ottobre.

Le compagnie aeree venezuelane, come Conviasa, non sono state autorizzate a partecipare all’operazione. I voli saranno operati esclusivamente da istituzioni USA e saranno finanziati dal governo USA.

Washington interpreta questo processo come una deportazione di quei cittadini venezuelani che sono entrati illegalmente nel paese e a cui è stata respinta la permanenza. Riguarda coloro che non beneficiano delle misure di permanenza temporanea recentemente emanate.

Da parte sua, il Governo del presidente Nicolás Maduro considera questa decisione come un rimpatrio, poiché implica l’accoglienza di connazionali espulsi dagli USA. Ciò s’inquadra nel Piano Vuelta a la Patria, un’iniziativa del governo venezuelano che istituisce un ponte aereo e terrestre per il ritorno volontario dei migranti che non dispongono dei mezzi propri per tornare.

Dalla sua creazione, nell’agosto 2018, ha consentito l’accoglienza di oltre 30mila venezuelani provenienti da 25 paesi, su circa 180 voli e 1 trasferimento marittimo.

Esistono precedenti di operazioni attuate nell’ambito del Piano Vuelta a la Patria per fornire assistenza ai cittadini venezuelani in situazione migratoria irregolare in altri paesi. A metà aprile si è tenuta una giornata speciale con l’obiettivo di agevolare il ritorno di quasi un centinaio di persone bloccate al confine tra Perù e Cile in una situazione umanitaria critica, dopo la militarizzazione di tale zona.

CONTINUANO LE SANZIONI CONTRO IL SETTORE AERONAUTICO

 

È fondamentale sottolineare che la decisione presa dal governo USA non implica la revoca delle sanzioni imposte sui servizi aerei con il Venezuela.

A partire dal 15 maggio 2019, il DOT ha sospeso a tempo indeterminato tutti i voli passeggeri e merci tra i due paesi, decisione presa sulla base di un rapporto pubblicato dalla Federal Aviation Administration, che raccomandava agli aerei USA di volare ad altitudini di 26000 piedi o più quando attraversano lo spazio aereo venezuelano a causa di presunte minacce da terra.

Il Segretario ad interim per la Sicurezza Nazionale ha sostenuto questa misura, sostenendo che la sicurezza e l’interesse pubblico esigevano l’immediata sospensione dei voli tra i due paesi. Di conseguenza, tutte le licenze di trasporto aereo tra gli USA e il Venezuela furono revocate.

La restrizione non ha avuto un impatto solo sui collegamenti diretti tra gli USA e il Venezuela operati da compagnie aeree di dette nazioni, ma si è applicata anche agli itinerari di collegamento tramite scali, nonché ai servizi offerti da compagnie aeree di altri paesi, il che implica che nessun vettore può fornire o vendere qualsiasi tipo di servizio tra i due paesi, persino se in forma indiretta.

Il DOT ha inoltre avvertito le compagnie aeree e i loro agenti che non devono prendere decisioni per facilitare il trasporto interlinea che eviti il divieto.

Come avviene nel caso di altre misure coercitive unilaterali contro il Venezuela, ciò ha portato a un’eccessiva osservanza delle sanzioni. La legislazione USA non vieta alle persone di viaggiare tra i due paesi, tuttavia, i vettori e i loro agenti corrono rischi significativi nel continuare a soddisfare queste esigenze di viaggio. Il DOT ha segnalato, informalmente, la propria disposizione a intraprendere azioni coercitive contro i vettori che, incluso, vendono o offrano servizi di collegamento tra USA e Venezuela, o colleghino, consapevolmente, passeggeri che viaggino tra i due paesi.

CRISI MIGRATORIA CHE MINACCIA I PIANI DI RIELEZIONE DI BIDEN

Molti fattori si combinano al momento di individuare le ragioni della crisi migratoria che gli USA si trovano ad affrontare e, in quasi tutti, il governo è coinvolto. La politica estera degli USA ha prodotto instabilità politica ed economica nella regione dell’America Latina, portando ad un aumento del numero di persone che cercano rifugio negli USA.

L’amministrazione di Joe Biden non ha fatto altro che acutizzare questo flagello. Secondo il New York Post, un numero record di migranti non detenuti e controllati dall’Immigration and Customs Enforcement (ICE) sono stati nascosti nei documenti che dettagliano il programma Release and Reporting Management (RRM).

La cifra è stimata a 5,7 milioni, 2,4 milioni in più rispetto a prima che Biden arrivasse alla presidenza.

Un recente sondaggio di Fox News mostra che la maggioranza degli statunitensi non è soddisfatta della politica migratoria. Pensano che dovrebbe essere più severa nella sicurezza del confine con il Messico.

“7 votanti su 10 pensano che l’attuale livello di sicurezza della frontiera non sia abbastanza rigido, compresa una pluralità di democratici (48%) e la maggioranza dei repubblicani (91%) e indipendenti (82%).”

Il 48% degli intervistati condivide l’opinione di considerare la situazione al confine meridionale un’emergenza, rispetto al 27% che lo considerava nel febbraio 2019. La preoccupazione è aumentata in modo significativo tra i votanti neri (+27), gli indipendenti (+26), i democratici (+24) e gli ispanici (+23).

Questa caotica realtà è motivo di controversia con i repubblicani, che hanno saputo sfruttarla a proprio vantaggio per condurre una campagna politica contro i democratici.

Ad esempio, il governatore del Texas Greg Abbott ha annunciato, il 10 ottobre, che più di 50000 migranti sono stati trasportati in autobus nelle principali città USA, tra cui Washington, D.C., New York e Chicago, una pratica diventata comune tra gli stati di confine.

Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali, nonostante tutte le critiche mosse alla politica migratoria di Trump, l’amministrazione Biden ora sta prendendo sempre più dagli altri le sue decisioni e, addirittura, le ha inasprite. Si è ordinata la costruzione del muro al confine con il Messico per fermare il flusso di migranti illegali, per citare un esempio. Inoltre, le autorità federali hanno deciso di negare l’accesso ai richiedenti asilo che non ne abbiano fatto richiesta in altri Paesi in viaggio verso gli USA; verranno inoltre ampliati il ​​programma di deportazione e le sue fonti di finanziamento.

In questo contesto, la decisione di deportare i venezuelani entrati illegalmente nel Paese può essere interpretata come un altro tentativo dell’amministrazione Biden di migliorare la propria immagine tra i votanti USA, in cui mette in risalto la parola “deportazione” per generare un maggiore impatto comunicativo.

Invece di ottenere il suo obiettivo, l’azione del governo di Washington ha avuto l’effetto opposto. Espellendo i venezuelani e collaborando con il governo del presidente Maduro, gli USA hanno ulteriormente danneggiato la propria immagine presso l’opinione pubblica perché rivelano, quando non mette in discussione, tutta la propaganda che ha promossa su una presunta crisi migratoria in Venezuela, la cui obiettivo è sempre stato, ed è oggi chiaramente visibile, screditare il paese latinoamericano al fine di giustificare le sanzioni imposte.

Ancora una volta, si evidenzia come il governo USA utilizzi i migranti per i propri interessi politici.


LA VERDAD SOBRE LA REPATRIACIÓN DE VENEZOLANOS DESDE EE.UU.

Este lunes 17 de octubre tuvo lugar un hecho trascendental con relación a la prohibición de vuelos desde Estados Unidos hacia Venezuela. El Departamento de Transporte de Estados Unidos (DOT), a raíz de la solicitud del Departamento de Seguridad Nacional (DHS), emitió una excepción de emergencia. Esta determinación posibilitará que las aerolíneas estadounidenses efectúen vuelos específicos con el fin de repatriar a los ciudadanos venezolanos que se encuentran en situación irregular en dicho país.

Esta excepción se sustenta en el reciente Acuerdo Migratorio entre Venezuela y EE.UU., el cual busca simplificar una “repatriación ordenada, segura y legal de ciudadanos venezolanos desde EE.UU.”, según el comunicado emitido por la cancillería del país caribeño el pasado 5 de octubre.

Las aerolíneas venezolanas, como Conviasa, no fueron autorizadas a participar en el operativo. Los vuelos serán operados únicamente por instituciones estadounidenses y serán financiados por el Gobierno de Estados Unidos.

Washington interpreta este proceso como una deportación de aquellos ciudadanos venezolanos que ingresaron ilegalmente al país y han sido rechazados para su permanencia. Abarca a quienes no son beneficiarios de las medidas de permanencia temporal dictadas recientemente.

Por su parte, el Gobierno del presidente Nicolás Maduro considera esta decisión como una repatriación, dado que implica la recepción de connacionales que están siendo expulsados de Estados Unidos. Esto se enmarca en el Plan Vuelta a la Patria, iniciativa del gobierno venezolano que establece un puente aéreo y terrestre para el retorno voluntario de los migrantes que carecen de medios propios para el regreso.

Desde su creación, en agosto de 2018, ha permitido la recepcion de más de 30 mil venezolanos procedentes de 25 países, en alrededor de 180 vuelos y 1 traslado marítimo.

Existen precedentes de operativos desplegados bajo el Plan Vuelta a la Patria para brindar asistencia a ciudadanos venezolanos en situación migratoria irregular en otros países. A mediados de abril, se llevó a cabo una jornada especial con el objetivo de facilitar el regreso de casi cien personas que se encontraban varadas en la frontera entre Perú y Chile en una situación humanitaria crítica, tras la militarización de dicha zona.

CONTINÚAN LAS SANCIONES CONTRA EL SECTOR AERONÁUTICO

Es fundamental destacar que la decisión tomada por el gobierno de Estados Unidos no implica el levantamiento de las sanciones impuestas a los servicios aéreos con Venezuela.

A partir del 15 de mayo de 2019, el DOT suspendieron de manera indefinida todos los vuelos de pasajeros y carga entre ambos países, decisión tomada con base en un informe emitido por la Administración Federal de Aviación, que recomendaba a las aeronaves estadounidenses volar a altitudes de 26 000 pies o más al cruzar el espacio aéreo venezolano debido a supuestas amenazas desde tierra.

El secretario de Seguridad Nacional en funciones respaldó esta medida, argumentando que la seguridad y el interés público exigían la suspensión inmediata de los vuelos entre ambos países. Como consecuencia, todas las licencias de transporte aéreo entre Estados Unidos y Venezuela fueron revocadas.

La restricción no solo tuvo un impacto en los enlaces directos entre Estados Unidos y Venezuela operados por las aerolíneas de dichas naciones, sino que también se aplicó a los itinerarios de conexión a través de escalas, así como a los servicios ofrecidos por aerolíneas de otros países, lo cual implica que ningún transportista puede brindar o vender cualquier tipo de servicio entre ambos países, incluso si es de forma indirecta.

El DOT también advirtió a las aerolíneas y sus agentes que no deben tomar decisiones para facilitar el transporte interlínea que evite la prohibición.

Como ocurre con otras medidas coercitivas unilaterales contra Venezuela, esta ha llevado a un sobrecumplimiento de las sanciones. La legislación estadounidense no prohíbe a los individuos viajar entre ambos países, sin embargo, los transportistas y sus agentes se enfrentan a un riesgo importante al seguir satisfaciendo estas necesidades de viaje. El DOT ha señalado de manera informal su disposición a tomar acciones coercitivas contra los transportistas que, incluso, vendan u ofrezcan servicios de conexión entre EE.UU. y Venezuela, o conecten a sabiendas a pasajeros que viajen entre los dos países.

CRISIS MIGRATORIA QUE AMENAZA LOS PLANES DE REELECCIÓN DE BIDEN

Muchos factores se combinan al momento de encontrar las razones de la crisis de migrantes que Estados Unidos enfrenta, y en casi todos ellos está involucrado el gobierno. La política exterior estadounidense ha producido inestabilidad política y económica en la región de Latinoamérica, lo que ha llevado a un aumento en el número de personas que buscan refugio en Estados Unidos.

La administración de Joe Biden no ha hecho más que agudizar este flagelo. Según el New York Post, una cifra récord de migrantes no detenidos y controlados por la Agencia de Inmigración y Control de Aduanas (ICE, por sus siglas en inglés) se ocultó en los documentos que detallan el programa de Gestión de Liberaciones e Informes (RRM, por sus siglas en inglés).

La cifra se estima en 5,7 millones, 2,4 millones más que antes de que Biden llegara a la presidencia.

Una encuesta hecha recientemente por Fox News muestra que la mayoría de los estadounidenses no está contenta con la política migratoria. Piensan que debería ser más estricta en la seguridad de la frontera con México.

“Siete de cada 10 votantes piensan que el nivel actual de seguridad en la frontera no es lo suficientemente estricto, incluida una pluralidad de demócratas (48%) y la mayoría de los republicanos (91%) e independientes (82%)”.

48% de los encuestados comparte la opinión de considerar la situación en la frontera sur como una emergencia, en comparación con el 27% que lo hizo en febrero de 2019. La preocupación ha aumentado significativamente entre los votantes negros (+27), los independientes (+26), los demócratas (+24) y los hispanos (+23).

La caótica realidad es motivo de disputa con los republicanos, quienes han sabido utilizarla a su favor para hacer campaña política contra los demócratas.

Por ejemplo, el gobernador de Texas, Greg Abbott, anunció el 10 de octubre que más de 50 mil migrantes fueron trasladados en autobús a las principales ciudades de Estados Unidos, incluidas Washington, D.C., Nueva York y Chicago, una práctica que se ha vuelto común entre los estados fronterizos.

A medida en que se acercan las elecciones presidenciales, a pesar de todas las críticas arroajadas a la política migratoria de Trump, la administración Biden ahora está tomando cada vez más prestadas sus decisiones e, incluso, las ha endurecido. Se ha ordenado la construcción del muro en la frontera con México para frenar el flujo de migrantes ilegales, por citar un ejemplo. Además, las autoridades federales han decidido negar el acceso a los solicitantes de asilo que no lo hayan solicitado en otros países en su camino hacia Estados Unidos; también se ampliará el programa de deportación y sus fuentes de financiamiento.

En este contexto, la decisión de deportar a los venezolanos que han ingresado ilegalmente al país puede interpretarse como otro intento de la administración Biden de mejorar su imagen ante los votantes estadounidenses, en la que resalta la palabra “deportación” para generar más impacto comunicacional.

En lugar de lograr su objetivo, la acción del gobierno de Washington ha tenido un efecto contrario. Al expulsar a los venezolanos y colaborar con el gobierno del presidente Maduro, Estados Unidos ha dañado aun más su imagen ante la opinión pública porque revela, cuando no pone en tela de juicio, toda la propaganda que promovió sobre una supuesta crisis migratoria en Venezuela, cuyo objetivo siempre fue, y ahora se deja ver sin ambages, desacreditar el país latinoamericano con vistas a justificar las sanciones impuestas.

Una vez más, se evidencia cómo el gobierno estadounidense utiliza a los migrantes para sus intereses políticos.

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