Perché a Cuba non c’è violenza con armi da fuoco?

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A Cuba la maggior parte delle persone hanno visto sparatorie…alla TV. Sicuramente molti lettori…

Sicuramente molti lettori impugneranno alcuni degli argomenti di questo post, ma non potranno disconoscere una realtà innegabile: rispetto ad altre capitali dell’America Latina, l’Avana è una città sicura.
Lo sanno i suoi abitanti ed anche le centinaia di migliaia di turisti che visitano la città ogni anno. L’indice di omicidi con armi da fuoco, per esempio, è tra i più bassi del continente.
Non stiamo descrivendo un paradiso. Negli ultimi decenni -decenni segnati da una crisi economica che è diventata, in gran parte, crisi di valori- siamo stati testimoni di un aumento della criminalità.
Il cittadino medio ha difficoltà a mettere i numeri di questo fatto, poiché le autorità di solito non rivelano le statistiche ed i mezzi di comunicazione statali, abitualmente, non includono nei loro spazi informazioni su atti criminali.
Ma è chiaro: un omicidio non è una notizia di tutti i giorni a Cuba. Almeno non fa parte delle solite routine delle persone.
Io stesso vivo in un quartiere della periferia, spesso torno a casa tardi e devo percorrere un lungo cammino per zone con scarsa illuminazione. Non ho mai avuto la minima disavventura.

Quartieri e Quartieri

mafia-cubana-5-728Ovviamente, ci sono quartieri e quartieri. Altre zone sono più pericolose, le persone che vi transitano a determinate ore sono più vulnerabili. E’ qualcosa che accade, in maggiore o minore misura, in tutte le grandi città.
Ma in Havana non sono abituali le sparatorie, gli assalti a negozi o domicili a mano armata … e sono praticamente inesistenti fenomeni che colpiscono altre città della regione, come i sequestri o le azioni della crimine organizzato.
Influisce molto in questa situazione il fatto che Cuba conti su una rigorosa legislazione sul possesso di armi. Di fatto, nessun privato in questo paese è autorizzato ad acquistare o portare armi da fuoco, ad eccezione di quelle dedicate alla caccia, e anche queste ultime sono sotto stretto controllo.
Solo il personale delle forze di polizia, agenti di sicurezza e persone autorizzate dalla natura delle loro funzioni possono portare armi. Gli effettivi dell’esercito le usano solo in zone militari e in esercizi di addestramento.
Le disposizioni contro il possesso di armi bianche in luoghi pubblici sono anch’esse rigorose.
Ciò non significa, ovviamente, che si possano evitare tutti gli atti di violenza. Ma le loro conseguenze sono, di solito, meno tragiche.
Quando in discorsi e slogan si parla delle conquiste della Rivoluzione (la stessa costruzione è diventato uno slogan: “le conquiste della Rivoluzione”), si fa riferimento, in particolare, all’istruzione e alla sanità gratuita e universale … ma non si parla tanto della tranquillità pubblica.

La mafia

mafia-cubaLa rivoluzione del 1959 decapitò le organizzazioni del crimine organizzato, estirpando il male alla radice. L’Avana era uno dei centri internazionali della mafia: grandi boss trascorrevano le loro vacanze, tranquillamente, in alberghi della capitale.
Il governo rivoluzionario, in un processo graduale, ha limitato l’acquisizione di armi da fuoco fino al punto che l’unico armeria pubblica che esiste in città è ora un museo.
Alcuni sosterranno che il divieto è un attentato ai diritti dei cittadini, ma la verità è che è stato garanzia di tranquillità. Il fatto che un adolescente abbia un’arma a scuola (dolorosa realtà in altri paesi) qui non si può nemmeno concepire.
La maggior parte dei cubani hanno assistito a sparatorie solo in televisione, nei film o in addestramento militare.
Non siamo al sicuro dai furti, aggressioni più o meno violente, truffe … e questi crimini è molto probabile che abbiano molto più incidenza (almeno questa è la percezione popolare, e abbiamo già parlato della riluttanza dei media alla  loro diffusione); ma poche famiglie hanno dovuto piangere la morte di uno dei loro membri in assalti con armi da fuoco.

Yuris Nórido è giornalista  di media ufficiali come il giornale Trabajadores e il sito digitale CubaSí. E’ membro del Partito Comunista di Cuba (PCC), “perché credo che possa essere il motore di cambiamenti necessari per questo paese”.

¿Por qué en Cuba no hay violencia con armas de fuego?

En Cuba la mayoría de la gente ha visto tiroteos… en la televisión.

Seguramente muchos lectores impugnarán algunos de los argumentos de este post, pero no podrán desconocer una realidad incuestionable: comparada con otras capitales latinoamericanas, La Habana es una ciudad segura.
Lo saben sus habitantes y también los cientos de miles de turistas que visitan la urbe todos los años. El índice de homicidios por armas de fuego, por ejemplo, está entre los más bajos del continente.
No estamos describiendo un paraíso. En las últimas décadas —décadas marcadas por una crisis económica que ha devenido en buena medida crisis de valores— hemos sido testigos de un aumento de la criminalidad.
Al ciudadano común le cuesta ponerle cifras a esa circunstancia, pues las autoridades no suelen divulgar las estadísticas y los medios de comunicación estatales no incluyen habitualmente en sus espacios informaciones sobre actos criminales.
Pero está claro: un asesinato no es noticia de todos los días en Cuba. Al menos no forma parte de las rutinas habituales de la gente.
Yo mismo vivo en un barrio de la periferia, muchas veces llego tarde a la casa y debo caminar un largo trecho por zonas de poco alumbrado. Nunca he tenido el menor de los percances.

Barrios de barrios

Obviamente, hay barrios y barrios. Otras zonas son más peligrosas, las personas que circulan por ellas a determinadas horas son más vulnerables. Es algo que sucede, en mayor o menor medida, en todas las grandes ciudades.
Pero en La Habana no son habituales los tiroteos, los asaltos a comercios y domicilios a mano armada… Y son prácticamente inexistentes fenómenos que afectan a otras ciudades de la región, como los secuestros o las acciones del crimen organizado.
Influye mucho en esta situación el hecho de que Cuba cuente con una estricta legislación sobre la tenencia de armas. De hecho, ningún particular en este país está autorizado a adquirir o portar armas de fuego, salvo las dedicadas a la caza, e incluso estas últimas están sometidas a un fuerte control.
Solo efectivos de las fuerzas policiales, agentes de seguridad y personas autorizadas por la naturaleza de sus funciones pueden llevar armas. Los efectivos del ejército las usan solo en zonas militares y en ejercicios de entrenamiento.
Las disposiciones contra la tenencia de armas blancas en lugares públicos también son rigurosas.
No significa, obviamente, que se puedan evitar todos los actos de violencia. Pero sus consecuencias suelen ser menos trágicas.
Cuando en discursos y consignas se habla de los logros de la Revolución (la misma construcción ha devenido una consigna: “los logros de la Revolución”), se hace referencia sobre todo a la educación y la salud gratuitas y universales… pero no se habla tanto de la tranquilidad ciudadana.

La mafia

La Revolución de 1959 descabezó a las organizaciones del crimen organizado, extirpando el mal desde su raíz. La Habana era uno de los centros internacionales de la mafia: grandes capos pasaban sus vacaciones tranquilamente en los hoteles capitalinos.
El gobierno revolucionario, en proceso paulatino, fue limitando la adquisición de armas de fuego hasta el punto de que la única armería pública que subsiste en la ciudad es ahora un museo.
Algunos alegarán que la prohibición es un atentado contra los derechos de los ciudadanos, pero lo cierto es que ha sido garantía de sosiego. El hecho de que un adolescente tenga un arma en una escuela (realidad dolorosa en otros países) aquí ni siquiera puede concebirse.
La mayoría de los cubanos han sido testigos de tiroteos solo en la televisión, en el cine o en los entrenamientos militares.
No estamos a salvo de robos, agresiones más o menos violentas, estafas… y esos delitos es muy probable que tengan mucha más incidencia (al menos esa es la percepción popular, ya se habló de la reticencia de los medios para divulgarlos); pero pocas familias han tenido que lamentar la muerte de alguno de sus integrantes en asaltos con armas de fuego.


Yuris Nórido es periodista de medios oficiales como el diario Trabajadores y el sitio digital CubaSí. Es miembro del Partido Comunista de Cuba (PCC), “porque confío en que puede ser motor de cambios necesarios para este país”.

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