Nel pomeriggio di mercoledì 26 giugno, ci ha sorpreso la notizia che verso le 14:30, sei blindati militari erano entrati nella storica Plaza Murillo, nella città di La Paz, dove si trovano i tre principali edifici governativi: il Palacio Quemado (antico edificio del Governo), sullo sfondo il nuovo edificio, di 21 piani, chiamato Casa del Pueblo, dove operano l’Esecutivo, la Presidenza e i Ministeri, e infine la sede dell’Assemblea Plurinazionale di Bolivia (Potere Legislativo).
Su uno dei blindati, il Generale Juan José Zúñiga, Comandante in Capo dell’Esercito, ha sfondato il portone ed è entrato nel Palacio Quemado.
Visto l’andamento degli eventi in piazza, il presidente Luis Arce Catacora ha telefonato a Evo Morales per avvertirlo di ciò che stava accadendo: “L’ho avvisato che qui si stava svolgendo un colpo di Stato in modo che potesse prendere le sue precauzioni, perché era chiaro che venivano per me, ma era altrettanto chiaro che poi sarebbero andati per Evo Morales”.
Successivamente è uscito nel portico. Circondato dal suo gabinetto, con il bastone di comando in mano, ha affrontato il Gen. Zúñiga e, in qualità di Capitano Generale delle Forze Armate, gli ha ordinato di ritirare le truppe presenti in piazza; a cui Zúñiga ha risposto: “non lo farò”.
Poi Zúñiga ha dichiarato ai media presenti di volere un nuovo ordine che “ristrutturasse la democrazia” e liberasse i prigionieri politici, esemplificandoli nella persona di Jeanine Áñez (ex presidente del Senato e dichiarata presidente nel 2019) e Luis Fernando Camacho (governatore di Santa Cruz), promotori del colpo di stato del 2019 contro Evo Morales.
Il Presidente Arce ha immediatamente disposto la destituzione dei comandanti delle forze armate, esercito, marina ed aviazione e ha tenuto una conferenza stampa con il vicepresidente David Choquehuanca, in cui ha nominato i loro sostituti, facendoli giurare immediatamente.
Il Generale Zúñiga, non avendo il supporto, che si aspettava, della marina, aeronautica e delle truppe dell’esercito della località di Viacha ha abbandonato la Plaza Murillo – insieme alle truppe che lo accompagnavano -. Fin qui una breve sintesi dei fatti.
Se entriamo in un’analisi dettagliata, vedremo che ci sono diversi fattori che hanno favorito questa situazione. Sarebbe ingenuo pensare che in casi come questo giochino solo fattori di ordine interno. Al contrario, ci sono fattori economici esterni, tutt’altro che trascurabili, da tenere in considerazione.
Dal 2006, quando Evo Morales ha assunto la presidenza, la Bolivia ha praticato una politica sovrana in materia economica. In particolare, con la nazionalizzazione degli idrocarburi amministrati da Yacimientos Petrolíferos Fiscales de Bolivia (YPFB).
Lo stesso ha fatto per il litio. La Bolivia ha le maggiori riserve di litio al mondo, gestite dall’azienda statale Yacimientos de Litio de Bolivia (YLB).
Nel 2021 ha concesso, tramite una trasparente gara internazionale, i permessi per la costruzione di impianti di lavorazione del litio a imprese cinesi e una russa, contro gli interessi delle multinazionali come Toyota, Allkem, Livent o Jemse, che lo sfruttano in Argentina.
Non è superfluo sottolineare che Lucho Arce è stato il costruttore della politica economica di questo processo di cambo in Bolivia. È stato il Ministro dell’Economia di Evo durante tutti i suoi periodi di governo (2006-2019) e poi come Presidente, a partire da novembre 2020.
Per quanto riguarda i fattori interni, abbiamo già fatto riferimento, in altre occasioni, alla divisione esistente all’interno del partito di governo, il Movimiento al Socialismo (MAS), conseguenza della grave disputa tra Evo Morales (presidente del MAS) e Luis Arce, Presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia.
Abbiamo evidenziato la responsabilità di Evo, che ha perso l’opportunità di utilizzare il suo peso politico per rafforzare il MAS e trasformarlo in una forza politica d’azione permanente, al di là delle istanze elettorali, e così consolidare il processo di cambio nel paese. Al contrario, è diventato, di fatto, un oppositore del governo con l’intento di oscurare la figura di Lucho Arce e assicurarsi di essere il candidato alla presidenza, per il MAS, nel 2025.
Se ricordiamo il ruolo svolto dalle forze armate nel 2019 in occasione del colpo di Stato di Jeanine Áñez e aggiungiamo la debolezza politica dei partiti di opposizione come, ad esempio, Comunidad Ciudadana dell’ex presidente Carlos Mesa, la risultante non può che essere un sistema democratico indebolito sia a livello istituzionale che politico-partitico.
Infine, vogliamo sottolineare la dignitosa difesa della democrazia adottata dal popolo boliviano, che è sceso in piazza Murillo sfidando i golpisti per sostenere il governo legittimamente eletto. In particolare, segnaliamo le dichiarazioni in questo senso delle organizzazioni sociali e, in particolare, della Central Obrera Boliviana (COB), che ha immediatamente dichiarato uno sciopero generale a tempo indeterminato.
Lo stesso vale per le dichiarazioni di tutti i governi dei paesi fratelli del continente.
Le prospettive
Al di là del finale positivo, con il fallimento di questo tentativo golpista, che apprezziamo altamente, non possiamo affermare che le prospettive future siano molto promettenti.
Dopo essere stato arrestato, il Gen. Zúñiga, nel tentativo di alleggerire la propria responsabilità in vista del processo e della severa condanna che dovrà affrontare, ha dichiarato che l’idea dell’incursione con blindati e truppe in Plaza Murillo era partita dal presidente Arce.
L’obiettivo della proposta era aumentare la sua popolarità, diminuita dal malcontento di settori della popolazione per l’alto prezzo dei carburanti, in particolare del gasolio (ricordiamo che la Bolivia è passata dall’essere esportatore a importatore di carburanti) e la mancanza di dollari nel mercato finanziario.
La gravità risiede nel fatto che questa falsità di un “auto-golpe” è stata subito accettata sia da settori dell’opposizione di destra che dallo stesso Evo Morales e dai parlamentari e dirigenti del MAS che lo seguono.
Di conseguenza, la divisione della sinistra e lo scontro tra i suoi due principali dirigenti, invece di diminuire, si accentuano.
A nostro giudizio, l’unica via d’uscita per rafforzare la democrazia e prevenire un altro tentativo – di qualsiasi tipo – della destra vicina all’imperialismo, passa per rafforzare e portare a un livello superiore l’alleanza con i settori sociali e sindacali organizzati.
Questo consolidamento passerà inevitabilmente attraverso un salto di qualità: trasformare queste organizzazioni in veri e propri soggetti sociali protagonisti del cambio e non meri beneficiari delle politiche promosse da questo governo.
Carlos Flanagan – Uruguayano, ex ambasciatore dell’Uruguay in Bolivia
Intento golpista en Bolivia: crónica de una muerte anunciada
Carlos Flanagan
En la tarde del miércoles 26 de junio, nos sorprendía la noticia de que sobre las 14:30 horas, seis tanquetas militares habían entrado a la histórica plaza Murillo, en la ciudad de La Paz, en donde se encuentran los tres principales edificios gubernamentales: el Palacio Quemado (antiguo edificio de Gobierno), a sus fondos el nuevo edificio, de 21 pisos, denominado Casa del Pueblo en donde funciona el Ejecutivo, Presidencia y los Ministerios y por último la sede de la Asamblea Plurinacional de Bolivia (Poder Legislativo).
En una de las tanquetas, el General Juan José Zúñiga, Comandante en Jefe del Ejército embistió el portón e ingresó al Palacio Quemado.
Viendo el cariz que tomaban los hechos en la plaza, el presidente Luis Arce Catacora, llamó por teléfono a Evo Morales, para alertarle sobre lo que estaba ocurriendo: “Le prevení que estaba aquí dándose un golpe de Estado para que él tome sus recaudos porque estaba claro que venían por mí, pero a mí también me quedaba claro que después iban a ir por Evo Morales”
Posteriormente salió al portal. Rodeado por su gabinete, bastón de mando en mano, encaró al Gral. Zúñiga y en su condición de Capitán General de las Fuerzas Armadas, le ordenó que retirara los efectivos presentes en la plaza; a lo que Zúñiga respondió “no lo haré”.
Luego Zúñiga, declaró a los medios de prensa habitualmente presentes que quería un nuevo orden que “restructurara la democracia” que liberaría a los presos políticos, ejemplificándolos en las personas de Jeanine Áñez (expresidenta del Senado y declarada presidenta en 2019) y Luis Fernando Camacho (gobernador de Santa Cruz), promotores del golpe de estado en 2019 contra Evo Morales.
El Presidente Arce, de inmediato dispone la destitución de los comandantes de las fuerzas armadas, ejército, armada y aviación y brinda una conferencia de prensa junto al vicepresidente David Choquehuanca en la cual designa a sus sustitutos, tomándoles juramento de inmediato.
El General Zúñiga, al no contar con los apoyos de la armada, fuerza aérea y efectivos del ejército de la localidad de Viacha que esperaba, abandona – junto a los efectivos que lo acompañaban – la plaza Murillo. Hasta acá una breve reseña de los hechos.
Si entramos en el análisis detallado veremos que existen varios factores que ambientaron esta situación. Sería ingenuo pensar que en casos como éste, sólo juegan factores de orden interno. Por el contrario, hay factores económicos externos, para nada menores, que hay que tener en cuenta.
Desde el año 2006, en que Evo Morales asume la presidencia, Bolivia ha practicado una política soberana en materia económica. En particular, con la nacionalización de los hidrocarburos administrados por Yacimientos Petrolíferos Fiscales de Bolivia (YPFB).
Lo mismo hizo respecto al litio. Bolivia tiene las mayores reservas de litio del mundo que administra la empresa estatal Yacimientos de Litio de Bolivia (YLB).
En el año 2021 otorgó, mediante una transparente licitación internacional, los permisos para la construcción de plantas procesadoras de litio a firmas chinas y una rusa, a contrapelo de los intereses de las empresas transnacionales como Toyota, Allkem, Livent o Jemse que lo explotan en la Argentina.
No es ocioso remarcar que Lucho Arce, ha sido el constructor de la política económica de este proceso de cambio en Bolivia. Fue el Ministro de Economía de Evo durante todos sus períodos de gobierno (2006 al 2019) y luego como Presidente a partir de noviembre de 2020.
En cuanto a los factores internos, ya nos hemos referido en otras oportunidades a la división existente dentro del partido de gobierno; el Movimiento al Socialismo (MAS), consecuencia de la grave disputa entre Evo Morales (presidente del MAS) y Luis Arce, Presidente del Estado Plurinacional de Bolivia.
Señalábamos la responsabilidad de Evo, que desaprovechó la posibilidad de utilizar su peso político para reforzar al MAS y convertirlo en una fuerza política de acción permanente; más allá de las instancias electorales y así fortalecer el proceso de cambios en el país. Por el contrario, se convirtió, de hecho, en un opositor al gobierno con el afán de opacar la figura de Lucho Arce, y asegurarse para sí ser el candidato a la presidencia por el MAS para el 2025.
Si recordamos el papel jugado por las fuerzas armadas en el 2019 en ocasión del golpe de Estado de Jeanine Áñez y le sumamos la debilidad política de los partidos opositores como, por ejemplo, Comunidad Ciudadana, del expresidente Carlos Mesa, la resultante no puede ser otra que la de un sistema democrático debilitado tanto en lo institucional como en lo político partidario.
Finalmente, queremos resaltar la digna actitud de defensa de la democracia que adoptó el pueblo boliviano que salió a manifestarse a las calles y a la plaza Murillo desafiando a los golpistas, en apoyo al gobierno legítimamente electo. En particular señalamos los pronunciamientos en este sentido de las organizaciones sociales y en particular de la Central Obrera Boliviana (COB) que de inmediato decretó un paro general por tiempo indeterminado.
Lo mismo respecto a los pronunciamientos de todos los gobiernos de los países hermanos del continente.
Las perspectivas
Más allá del final positivo, con el fracaso de esta intentona golpista, que valoramos altamente, no podemos afirmar que las perspectivas futuras sean muy prometedoras.
Luego de ser detenido, el Gral. Zúñiga en un afán de alivianar su responsabilidad en vista del juicio y severa condena que deberá enfrentar, declaró que la idea de la incursión con las tanquetas y efectivos en plaza Murillo había partido del presidente Arce.
El objetivo de la propuesta era levantar su popularidad, menoscabada por el malestar en sectores de la población por el alto precio de los combustibles; en especial el gas oil (recordemos que Bolivia ha pasado de ser exportador a ser importador de combustibles) y la falta de dólares en la plaza financiera.
Lo grave, radica en que esta falacia de un “autogolpe” fue de inmediato dada por buena tanto por sectores de la oposición de derecha como del propio Evo Morales y los parlamentarios y dirigentes del MAS que le siguen.
Por ende, la división de la izquierda y el enfrentamiento de sus dos principales dirigentes, lejos de disminuir, se acentúan.
A nuestro juicio, la única salida para reforzar la democracia y prevenir otra intentona – sea cual sea – de la derecha afín al imperialismo, pasa por fortalecer y llevar a un plano superior la alianza con los sectores sociales y sindicales organizados.
Este afianzamiento pasará ineludiblemente por dar un salto en calidad: transformar a estas organizaciones en verdaderos sujetos sociales protagonistas del cambio y no meros beneficiarios de las políticas que impulsa este gobierno.
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Carlos Flanagan Uruguayo, exembajador de Uruguay en Bolivia
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