Dichiarazione Presidente USA su ambasciate

-IL PRESIDENTE: Buongiorno a tutti. Per favore, prendete posto.

Più di 54 anni fa, nel mezzo della guerra fredda, gli Stati Uniti chiusero la loro ambasciata a L’Avana. Oggi, posso annunciare che gli Stati Uniti hanno concordato ristabilire formalmente le loro relazioni diplomatiche con la Repubblica di Cuba, e tornare ad aprire ambasciate nei nostri rispettivi paesi. Si tratta di un passo storico nei nostri sforzi per normalizzare le relazioni con il governo e il popolo cubano ed iniziare un nuovo capitolo con i nostri vicini delle Americhe.
Quando gli Stati Uniti chiusero la nostra ambasciata nel 1961, credo che nessuno pensò che sarebbe passato più di mezzo secolo prima che si tornassero ad aprirle. Dopo tutto, le nostre nazioni sono separate da solo 90 miglia, e ci sono legami molto stretti di famiglie ed amici tra i nostri popoli. Ma ci sono state differenze, di significato profondo e reali, tra i nostri governi e, talvolta, ci lasciamo prendere da un certo modo di fare le cose.

Per gli Stati Uniti ciò significò aggrapparsi ad una politica che non funzionava. Invece di sostenere la democrazia e le opportunità per il popolo cubano, con il passare del tempo, i nostri sforzi per isolare Cuba, nonostante le buone intenzioni, hanno avuto l’effetto opposto -cementare lo status quo e isolare gli Stati Uniti dai nostri vicini in questo emisfero. Il progresso che abbiamo raggiunto oggi è un’ulteriore prova che non dobbiamo essere prigionieri del passato. Quando qualcosa non funziona possiamo cambiarlo e lo cambieremo.

Lo scorso dicembre, ho annunciato che gli Stati Uniti e Cuba avevano deciso di prendere misure per normalizzare i nostri rapporti. Come parte di questo sforzo, il Presidente Raul Castro ed io abbiamo chiesto ai nostri team di negoziare il ristabilimento delle ambasciate. Da allora, il nostro Dipartimento di Stato ha lavorato duramente con i suoi omologhi a Cuba per raggiungere tale obiettivo. E successivamente, questa estate, il Segretario Kerry si recherà a L’Avana per issare, ufficialmente e con orgoglio, la bandiera statunitense sull’ambasciata, di nuovo.

Questo atto non è meramente simbolico. Con questo cambio, possiamo aumentare significativamente il nostro contatto con il popolo cubano. Avremo più personale presso la nostra ambasciata e nostri diplomatici potranno partecipare più estesamente per tutta l’isola. Ciò comprenderà il governo cubano, la società civile e i cittadini cubani che cercano una vita migliore.

Per quanto riguarda le questioni di interesse comune, come la lotta al terrorismo, la risposta ai disastri e lo sviluppo troveremo nuove forme di cooperare con Cuba. E ho chiarito che continueremo anche ad avere divergenze molto serie. Che includono il perdurante sostegno degli Stati Uniti ai valori universali, come la libertà di espressione e di associazione e l’accesso alle informazioni. E non esiteremo a protestare quando vediamo che si agisce in maniera contraddittoria rispetto a questi valori.

Tuttavia, credo fermamente che il modo migliore che gli Stati Uniti hanno per sostenere i nostri valori è attraverso l’impegno. Così abbiamo preso provvedimenti per consentire più viaggi, contatti interpersonali e legami commerciali tra Stati Uniti e Cuba. E continueremo a farlo in futuro.

Da dicembre abbiamo già visto molto entusiasmo verso questo nuovo approccio. Leader delle Americhe hanno dimostrato il loro sostegno per il cambiamento nella nostra politica; l’abbiamo sentito ieri, quando  l’ha espresso la Presidente Dilma Rousseff. Le inchieste d’opinione pubblica in entrambi i paesi mostrano molto sostegno per questo impegno. Un cubano ha detto, “sono stato preparato per questo per tutta la mia vita”. Ed un altro ha detto, “è come una bevuta di ossigeno”. Una maestra cubana ha detto semplicemente: “siamo vicini di casa. Ora possiamo essere amici”.

Qui negli USA, abbiamo visto lo stesso entusiasmo. Ci sono statunitensi che vogliono recarsi a Cuba e aziende che vogliono investire a Cuba.

Università statunitensi che vogliono collaborare con Cuba. Soprattutto, ci sono statunitensi che vogliono conoscere i loro vicini del sud. E mediante questo impegno, possiamo anche aiutare il popolo cubano a migliorare la propria vita. Un cubano americano aveva la speranza di “riunire le famiglie e aprire le vie di comunicazione”. Un altro ha detto semplicemente: “non si può tenere sequestrato il futuro di Cuba per ciò che è accaduto in passato”.

E di questo si tratta: una scelta tra il futuro ed il passato.

Gli statunitensi e i cubani, allo stesso modo, sono pronti ad andare avanti. Penso che sia arrivato il momento che il Congresso faccia lo stesso. Ho chiesto al Congresso di adottare misure per togliere l’embargo che impedisce agli statunitensi di fare affari con Cuba. Abbiamo visto che membri di entrambi i partiti hanno iniziato questo lavoro. Alla fine, perché andava ad opporsi, Washington, alla volontà del suo popolo?

Sì, ci sono quelli che vogliono far tornare indietro l’orologio ed intensificare una politica di isolamento. Ma è giunto il momento che ci rendiamo conto che questo approccio non funziona. Da 50 anni non funziona. Chiude le porte degli Stati Uniti al futuro di Cuba e solo peggiora la vita del popolo cubano.

Allora vorrei chiedere al Congresso di ascoltare il popolo cubano. Che ascolti il popolo statunitense. Che ascolti le parole di un orgoglioso cubano-americano, Carlos Gutierrez, che ha recentemente parlato contro la politica del passato, dicendo: “Mi chiedo se i cubani che devono mettersi in fila, per ore sotto il sole ardente, di L’Avana per ottenere le necessità di base ritengano che questo approccio li aiuta”.

Naturalmente, nessuno si aspetta che Cuba  si trasformi dal giorno alla notte. Ma credo che l’impegno USA -attraverso la nostra ambasciata, le nostre imprese e, soprattutto, il nostro popolo- sia il modo migliore di rappresentare i nostri interessi e sostenere la democrazia e i diritti umani. Ancora una volta, gli Stati Uniti hanno dimostrato che parte della nostra leadership nel mondo si basa sulla nostra capacità di cambiare. E’ciò che ispira il mondo a raggiungere qualcosa di meglio.

Un anno fa poteva sembrare impossibile che gli Stati Uniti avessero, ancora una volta, la loro bandiera a stelle e strisce sventolando sull’ambasciata all’Avana. Questo è il cambiamento.

Nel gennaio 1961, l’anno in cui sono nato, quando il presidente Eisenhower annunciò la fine delle nostre relazioni con Cuba, disse: “spero e confido che in un futuro non troppo lontano, sia possibile che la storica amicizia tra di noi trovi il suo riflesso in normali relazioni di ogni genere”. Beh, c’è voluto tempo, ma penso che sia giunto il momento. E che ci aspetta un futuro migliore.

Molte grazie. E voglio ringraziare alcuni della mia squadra che hanno lavorato diligentemente perché questo accada. Sono qui. Non sempre glielo si riconosce. Siamo molto orgogliosi di loro. Buon lavoro.

EL PRESIDENTE: Buenos días a todos. Por favor, tomen asiento.

Hace más de 54 años, en medio de la guerra fría, Estados Unidos cerró su embajada en La Habana. Hoy, puedo anunciar que Estados Unidos ha acordado restablecer formalmente sus relaciones diplomáticas con la República de Cuba, y volver a abrir embajadas en nuestros respectivos países. Se trata de un paso histórico en nuestros esfuerzos por normalizar las relaciones con el gobierno y el pueblo cubano y empezar un nuevo capítulo con nuestros vecinos de las Américas.

Cuando Estados Unidos cerró nuestra embajada en 1961, creo que nadie pensó que pasaría más de medio siglo antes de que se volviera a abrir. Después de todo, nuestras naciones están separadas por tan solo 90 millas, y hay lazos muy estrechos de familias y amigos entre nuestros pueblos. Pero ha habido diferencias de significancia profunda y real entre nuestros gobiernos y a veces nos dejamos atrapar por una cierta forma de hacer las cosas.

Para Estados Unidos eso significó aferrarse a una política que no funcionaba. En lugar de apoyar la democracia y las oportunidades para el pueblo cubano, con el paso del tiempo nuestros esfuerzos por aislar a Cuba, a pesar de las buenas intenciones, tuvieron un efecto opuesto — cimentando el statu quo y aislando a Estados Unidos de nuestros vecinos en este hemisferio. El progreso que logramos hoy es una prueba más de que no tenemos que ser prisioneros del pasado. Cuando algo no funciona podemos cambiarlo y lo cambiaremos.

El diciembre pasado, anuncié que Estados Unidos y Cuba habían decidido tomar medidas para normalizar nuestra relación. Como par­te de ese esfuerzo, el Presidente Raúl Castro y yo pedimos a nuestros equipos que negociaran el restablecimiento de las embajadas. Desde entonces, nuestro Depar­ta­mento de Estado ha trabajado ar­duamente con sus homólogos en Cuba para alcanzar ese objetivo. Y posteriormente este verano, el Se­cretario Kerry viajará a La Habana para izar formalmente y con orgullo la bandera estadounidense sobre la embajada una vez más.

Este acto no es meramente simbólico. Con este cambio, podremos aumentar considerablemente nues­tro contacto con el pueblo cubano. Ten­dremos más personal en nuestra embajada, y nuestros diplomáticos podrán participar de manera más extensa en toda la isla. Esto incluirá al gobierno cubano, la so­ciedad civil y los ciudadanos cubanos que buscan alcanzar una vida mejor.

Con respecto a los temas de interés común, como el antiterrorismo, la respuesta ante desastres y el de­sa­rrollo, encontraremos formas nue­vas de cooperar con Cuba. Y he dejado claro que también seguiremos teniendo diferencias muy se­rias. Que incluyen el apoyo duradero de Estados Unidos por los valores universales, como la libertad de expresión y asociación, y el acceso a la información. Y no dudaremos en protestar cuando veamos que se actúa de manera contradictoria a esos valores.

No obstante, creo con firmeza que la mejor forma que tiene Es­tados Unidos de apoyar nuestros valores es a través del compromiso. Por eso ya hemos tomado medidas para permitir más viajes, contacto interpersonal y lazos comerciales entre Estados Unidos y Cuba. Y seguiremos haciéndolo de aquí en adelante.

Desde diciembre ya hemos visto mucho entusiasmo hacia este nue­vo enfoque. Líderes a través de las Américas han demostrado su apo­yo por el cambio en nuestra política; lo escucharon ayer, cuando lo expresó la Presidenta Dilma Rou­sseff. Las encuestas de opinión pú­blica en los dos países revelan mu­cho apoyo por este compromiso. Un cubano dijo, “he estado preparado para esto toda mi vida”. Y otro dijo, “es como un trago de oxígeno”. Una maestra cubana dijo sencillamente: “somos vecinos. Aho­ra podemos ser amigos”.

Aquí en Estados Unidos, hemos visto el mismo entusiasmo. Hay estadounidenses que quieren viajar a Cuba y empresas que quieren invertir en Cuba.

Universidades de Es­tados Unidos que quieren asociarse con Cuba. Ante todo, hay estadounidenses que  quieren llegar a conocer a sus vecinos al sur. Y mediante ese compromiso, también podemos ayu­dar al pueblo cubano a mejorar sus propias vidas. Un cubano americano tenía la esperanza de “reunir a las familias y abrir las vías de comunicaciones”. Otro dijo simplemente: “no se puede mantener secuestrado el futuro de Cuba por lo que sucedió en el pasado”.

Y de esto se trata: una decisión entre el futuro y el pasado.

Los estadounidenses y los cubanos por igual están listos para avanzar. Considero que es hora de que el Congreso haga lo mismo. Le he pedido al Congreso que tome medidas para levantar el embargo que evita que los estadounidenses ha­gan negocios con Cuba. Ya hemos visto que miembros de ambos partidos han comenzado este trabajo. Al fin y al cabo, ¿por qué se iba a oponer Washington a la voluntad de su propio pueblo?

Sí, están quienes quieren dar marcha atrás al reloj y redoblar una política de aislamiento. Pero ya es más que hora de que nos demos cuenta de que este enfoque no funciona. Lleva cincuenta años sin funcionar. Cierra las puertas de Estados Unidos al futuro de Cuba y solo empeora las vidas del pueblo cubano.

Entonces me gustaría pedirle al Congreso que escuche al pueblo cubano. Que escuche al pueblo estadounidense. Que escuche las palabras de un cubano americano orgulloso, Carlos Gutiérrez, quien hace poco habló en contra de la política del pasado, diciendo: “Me pregunto si los cubanos que tienen que ponerse en fila durante horas bajo el sol ardiente de La Habana para conseguir las necesidades más básicas sienten que ese enfoque les ayuda”.

Por supuesto, nadie espera que Cuba se transforme de la noche a la mañana. Pero creo que el compromiso estadounidense —mediante nuestra embajada, nuestras empresas, y ante todo, nuestro pueblo— es la mejor manera de representar nuestros intereses y apoyar la de­mocracia y los derechos humanos. Una y otra vez, Estados Unidos ha demostrado que parte de nuestro liderazgo en el mundo se basa en nuestra capacidad de cambiar. Es lo que inspira al mundo a alcanzar algo mejor.

Hace un año tal vez habría parecido imposible que Estados Unidos tuviera una vez más su bandera y sus barras y estrellas volando sobre la embajada en La Habana. Así es el cambio.

En enero de 1961, el año en el que na­cí, cuando el Presidente Eisen­ho­wer anunció el fin de nuestras relaciones con Cuba, dijo: “espero y confío que en un futuro no muy lejano sea posible que la amistad histórica entre nosotros encuentre su reflejo en relaciones normales de todo tipo”. Bueno, ha tomado tiempo, pero considero que ha llegado la hora. Y que nos espera un futuro mejor.

Muchas gracias. Y quiero agradecer a algunos de mi equipo que trabajaron con diligencia para que esto suceda. Ellos están aquí. No siempre se les reconoce. Estamos muy orgullosos de ellos. Buen trabajo.

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