Una pericolosa guerra si combatte sul piano simbolico, nel campo delle idee, della politica e della psicologia.
I parte
La Casa de las Américas è un luogo di riferimento per l’arte e la cultura cubana e latino-americana. Il suo lavoro in difesa dell’idiosincrasia della nostra regione la converte in un’icona di emancipazione e lotta. È stato proprio in una delle sue sale che abbiamo parlato con il suo presidente, il noto intellettuale Abel Prieto Jiménez, sulla colonizzazione culturale, reti sociali, neofascismo e i metodi per affrontare, da Cuba, questi gravissimi fenomeni che minacciano la nostra nazionalità, valori e radici.
– Lei ha affermato che la colonizzazione culturale a Cuba deve essere affrontata con molta intelligenza e coerenza tra le organizzazioni e gli organismi. Quali passi sono stati fatti in tal senso? Sono sufficienti, stanno avendo effetto?
– Uno dei drammi è che oggi questa colonizzazione si accanisce sui bambini, adolescenti e giovani, i quali, inoltre, diventano dipendenti dai cellulari. Questo è un problema globale e fa scattare l’allarme riguardo ai regressi intellettuali. Stiamo assistendo ad un’incapacità di apprendere in tutto il mondo, a causa della dipendenza dal cellulare e della dipendenza che creano le reti sociali.
«Un ragazzo di 15 anni può stare dalla mattina alla sera interagendo con il cellulare. Molti anche rimangono svegli fino a tarda notte giocando con il cellulare o scambiando messaggi tramite quel dispositivo. Questo fenomeno è classificato come una sorta di droga che genera autismo. Esiste un nuovo tipo di autismo generato dalla dipendenza dalla rete e dai cellulari.
«Per illustrarlo meglio: esiste un indice chiamato comprensione della lettura, che misura la capacità di un adolescente di spiegare ciò che ha letto. Cioè, non basta leggere, devi decifrare ciò che hai letto, capire il messaggio che l’autore voleva trasmettere. Ci sono ricerche che dimostrano che questa comprensione della lettura si è ridotta drasticamente in tutto il mondo. Gli adolescenti non sanno spiegare ciò che hanno appena letto.
«Non sono analfabeti, ma manca loro qualcosa di molto importante, che è la capacità di comprendere ciò che leggono. Sanno decifrare quelle lettere, quei segni, ma non comprendono l’essenziale di ciò che stanno leggendo. E questo è un dramma, è una preoccupazione che proviene dalla sinistra, dalla destra e da gente conservatrici.
«Esiste una psicologa nordamericana, molto cattolica, che crede che si debba reintrodurre l’insegnamento cristiano nelle scuole perché nel sistema educativo è evidente la perdita di valori. Perché un’altra faccia di questa crisi intellettuale è anche una crisi di valori. È quella caratteristica di chiudersi in sé stessi, quella sorta di incapacità di avvicinarsi al prossimo, come dicono i cristiani. Ricordiamo che Cristo diceva “ama il prossimo tuo come te stesso”; cioè, ci ha insegnato l’amore per il prossimo, e noi, al di là della religione, lo promuoviamo anche attraverso l’idea della solidarietà; Fidel diceva: “medici e non bombe è ciò di cui l’umanità ha bisogno”.
«Su questo tema c’è un aspetto legato alla compassione per la gente che si trova in situazioni difficili, dare loro solidarietà. E oggi l’individualismo, il narcisismo creato dalle reti sociali, il fenomeno di contemplare costantemente se stessi, ha a che fare con l’etica ed i valori su cui si basano i comportamenti.
«Così come la psicologa nordamericana, ci sono altri due psichiatri che hanno studiato, in Gran Bretagna e negli USA, l’indice di depressione grave negli adolescenti e i tentativi di suicidio. Hanno scoperto che, nel 2012, l’anno del boom delle reti sociali in quei due paesi, molte ragazze, tra i 15 e i 18 anni, hanno tentato il suicidio o sono cadute in una depressione gravissima perché sulle reti sociali apparivano i modelli di bellezza, le donne famose, le attrici… e all’improvviso se la ragazza non rientrava in quei prototipi, cadeva in una crisi. Perché in quella fase della vita è molto importante l’accettazione, e le reti ti sottopongono permanentemente a un giudizio.
«Un adolescente pubblica una foto e vuole vedere quanti Mi Piace ottiene, quanta gente la condivide. E se i commenti sono sprezzanti, umilianti, diventa incline alla depressione e persino arriva al suicidio. Uno dei dati che emerge dallo studio di questi psichiatri è che sullo stesso internet le persone trovano i metodi per suicidarsi. Questo è terribile.
«Ci sono stati casi recenti in Brasile, Spagna, Messico e USA di adolescenti ai quali i genitori hanno tolto il cellulare come punizione, e li hanno uccisi per avergli tolto quella droga che consideravano essenziale per la vita.
«Non credo che a Cuba abbiamo avuto un caso del genere, ma abbiamo adolescenti dipendenti dal cellulare, e sono sicuro che, se studiassimo la comprensione della lettura, troveremmo dei regresso. È impossibile vivere nel mondo virtuale con quella passione irrazionale, così dipendente da ciò che decine e centinaia di persone nel mondo pensano di te. Bisogna tener presente che queste comunità digitali sono molto numerose e sono composte da persone che vivono nei luoghi più reconditi, ma tutte sono in tempo reale, esprimendo opinioni. E lo fanno come si fa sulle reti sociali, non in modo analitico e ragionato. Esprimono opinioni con rabbia, collera, a volte con odio. Questo ha a che fare con le tendenze che abbiamo menzionato e con il fascismo.
– È preoccupante osservare l’ascesa del neofascismo nel mondo, inclusa la nostra regione geografica. Qual è la sua opinione sul tema? Come affrontare queste manifestazioni?
– Queste tendenze fasciste hanno sfruttato le reti sociali per formare gruppi di odio, razzisti. Molti adolescenti si avvicinano alla politica con espressioni razziste contro i neri, contro gli arabi, con espressioni misogine, estremiste…
«In molte reti c’è il fenomeno dei simboli nazisti, immagini di Mussolini, di Hitler. È un lavaggio d’immagine delle figure del fascismo sulle piattaforme digitali. In Europa si nota, nelle elezioni per il Parlamento Europeo, come l’estrema destra stia guadagnando uno spazio veramente inquietante.
– Purtroppo, anche questa ascesa dell’estrema destra avviene in modo aperto. I discorsi politici non cercano neppure di attenuare questi fenomeni, altamente razzisti e discriminatori.
– È così, lo fanno senza alcun pudore. Ramonet diceva che Donald Trump ha aiutato le persone a superare il complesso di essere seguaci di questi partiti estremisti. Prima, le persone si vergognavano un po’ a dire di essere sostenitori di un gruppo neonazista. Oggi la gente ne è quasi orgogliosa. Sono manifestazioni molto gravi di una crisi senza limiti in termini culturali, etici e politici. La politica si è convertita in uno spettacolo. Sicuramente hai visto il deplorevole dibattito presidenziale negli USA, è l’Impero nella sua decadenza. Oggi è più importante la teatralità di un candidato che le sue idee, che il suo programma, che le promesse elettorali che fa. La sua gestualità, la sua teatralità, il suo dominio della scena sono fattori di grande peso.
«Ricorda che Lula ha vinto queste ultime elezioni con un margine molto ristretto contro un Bolsonaro che aveva già dimostrato che il suo programma era davvero inattuabile per la grande popolazione povera del Brasile. Tuttavia, molti poveri hanno votato per Bolsonaro, molti meticci e neri delle favelas si sono improvvisamente ritrovati guidati. In questa situazione hanno anche influito i componenti dei gruppi evangelici che sostengono il fascismo in modo molto appassionato, e che hanno aiutato molto Bolsonaro.
«Ti dico che è un momento complesso. È provato che esiste una connessione tra il colonialismo culturale e le tendenze fasciste.
«Per non pensare che sia qualcosa di remoto, c’è stata una provincia a Cuba dove, durante un Halloween, una festa tipica della colonizzazione culturale, dei giovani si sono travestiti da membri del Ku Klux Klan. E in un altro Halloween, in un’istituzione musicale, è stato organizzato un concorso e ha vinto un giovane travestito da ufficiale nazista. Cioè, dobbiamo parlare di queste cose con i nostri studenti, dobbiamo provocare un’analisi.
«Tu chiedevi, ora, come affrontare questo tipo di manifestazioni. Poiché credo che sia molto importante che i nostri educatori, i dirigenti studenteschi, convochino a un’analisi congiunta, che si abbia una valutazione collettiva del fenomeno. Non si tratta di presentarti a un adolescente e dirgli: questo videogioco ha un’immagine della Guerra Mondiale che è affine all’imperialismo yankee e non puoi giocarlo. Oppure: non dovresti guardare questo film, questa serie, questo cartone animato o questo reality show perché ti danneggiano, ti indeboliscono dal punto di vista delle tue idee, dell’ideologia e dei valori che difendiamo. Appena lo fai, l’ossessione di consumare quei prodotti sarà incontrollabile. Non puoi entrare in un’aula con una lista di cosa da vedere e cosa no. Bisogna invitare alla riflessione, e quell’aula deve convertirsi in un laboratorio di pensiero collettivo e cercare, insieme, di generare una visione critica dei prodotti dell’industria culturale egemonica e delle stesse reti sociali.
«Dobbiamo essere presenti nelle reti sociali, senza dubbio, e non possiamo, in nessun momento, nemmeno pensare di vietare che i nostri giovani siano lì. Ma, allo stesso tempo, dobbiamo fare il possibile affinché siano presenti nelle reti sociali in modo più responsabile, che non diffondano una fake news, che non si uniscano a una campagna, che non si lascino condurre da una parte all’altra, cosa che accade in molti luoghi, perché si tratta di una manipolazione dell’informazione e delle emozioni.
«Tutto questo è accompagnato da una guerra di simboli, un fenomeno globale. È una globo-colonizzazione, come la definisce Frei Betto, e insieme a questo ci sono due aspetti che affrontiamo come paese: l’idea che la restaurazione capitalista possa essere la soluzione ai problemi economici che affrontiamo, e l’emigrazione, che tra le sue cause può includere la percezione che non ci sia futuro a Cuba».
Note alla prima parte:[i] Ignacio Ramonet: professore e giornalista spagnolo residente in Francia, dove ha diretto la rivista Le Monde Diplomatique.[ii] Donald Trump: ex presidente USA (2016-2020) e attuale candidato alla presidenza USA.[iii] Dibattito presidenziale tra Donald Trump e l’ex candidato alla rielezione alla presidenza degli Stati Uniti nel giugno 2024.[iv] Elezioni presidenziali in Brasile tenutesi nell’ottobre del 2022, in cui si sono presentati Luiz Inácio Lula da Silva ha sconfitto il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro.[v] Halloween è una festa anglosassone celebrata la notte del 31 ottobre.[vi] Il Ku Klux Klan è un gruppo terroristico suprematista americano di estrema destra.[vii] Carlos Alberto Libânio Christo. Conosciuto come Frei Betto. Frate domenicano, noto a livello internazionale come teologo della liberazione. Autore di 60 libri di vari generi letterari – romanzi, saggi, gialli, memorie, libri per bambini e ragazzi e libri su temi religiosi.
II parte
Con tutto questo fenomeno del nuovo fascismo, delle reti sociali che aiutano questa tendenza estremista e sinistra, forse abbiamo cominciato a vedere a Cuba, credo, per la prima volta, soprattutto nelle reti, che alcuni emigranti e altri che vivono qui parlano con qualcosa che è molto simile all’odio.
In modo appassionato, come solo chi ha dedicato molto del suo tempo allo studio del fenomeno in questione può fare, il presidente di Casas de las Américas Abel Prieto Jiménez ha discusso anche della guerra simbolica e delle sfide da affrontare per mantenere la nostra identità in mezzo alla creazione di riflessi condizionati e all’incitamento all’odio.
– Come dobbiamo affrontare questi problemi?
“Penso che dobbiamo incoraggiare questo tipo di discussione, questo tipo di dibattito intelligente, non con la retorica, non con gli slogan, non con i luoghi comuni, ma fornendo argomenti. Esiste un libro di Elena Villar, corrispondente di Russia Today dagli USA, intitolato Esclavos Unidos, el reverso del sueño americano, pubblicato dalla casa editrice cubana Ciencias Sociales. Offre una visione davvero sconvolgente delle gravissime contraddizioni della società statunitense, che non ha mai risolto le sacche di miseria, la dipendenza dalle droghe, i cosiddetti oppiacei, interi quartieri di persone che sono veri e propri zombie.
“Penso anche che sia importante che i dibattiti siano guidati da leader studenteschi, insegnanti o studenti. L’ideale è che siano i giovani a guidare questi scambi. L’ideale sarebbe che fossero i giovani a guidare questi scambi. Perché una delle manovre dei nostri nemici è quella di sfruttare l’inevitabile divario generazionale che esiste a Cuba e nel mondo, oggi rafforzato da tutte le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Oggi è molto facile per un bambino maneggiare un telefono cellulare e le sue applicazioni. È, come si dice, un nativo digitale.
“Questo tipo di divario generazionale – e noi facciamo del nostro meglio per mantenere una comunicazione permanente tra le generazioni – il nemico vuole trasformarlo in un divario incolmabile. Vogliono che la parola Rivoluzione non abbia alcun significato per i giovani cubani, vogliono che Fidel sia svuotato del suo contenuto etico, del suo contenuto intellettuale, di tutta la sua enorme e ricchissima eredità, l’eredità di Martí. Vogliono che sia, semplicemente, in una vetrina o in un museo su uno scaffale remoto.
“E qui sta un’altra delle sfide che dobbiamo affrontare oggi, con i nostri educatori e con tutte le organizzazioni politiche e studentesche: come possiamo fare in modo che l’ideologia di Fidel, di Martí, della generazione che ha preso d’assalto la Moncada, l’ideologia delle generazioni successive che ci hanno portato fin qui non sia vista con sospetto? Perché i nemici seminano costantemente dubbi e sospetti.
“L’odio non è qualcosa di cui i cubani si sono mai nutriti e stanno riuscendo a creare zone di odio. La partita di pallone della Squadra Asere [i] a Miami, vorrei dimenticare l’odio che ho visto in quella partita. Per i nostri nemici era intollerabile che avessimo fatto una squadra con giocatori che vivevano a Cuba e altri che vivevano altrove, soprattutto negli USA. Questo atteggiamento ecumenico, aperto, di costruzione di un fronte di cubani – Fernando Ortiz lo chiamerebbe così, cubani – era intollerabile. E la reazione a questo è stata un odio tremendo che hanno creato e fomentato attraverso le reti.
“È una questione che non ha nulla a che vedere con la tradizione cubana. Dopo la fine della guerra con la Spagna, durata più di 30 anni, Cuba non ha generato odio contro gli spagnoli. Anzi, migliaia di spagnoli sono venuti a stabilirsi a Cuba dopo il 1902. Ci furono grandi ondate di canari e galiziani. Il padre di Fidel, che era stato un soldato al servizio degli spagnoli, tornò in seguito a vivere su quest’isola. E qui non c’è mai stato un gesto di offesa nei confronti di un immigrato spagnolo.
“Già prima, quando Martí si preparava alla guerra del ’95 [ii], diceva: questa è la guerra senza odio. Se imparassi a odiare, diceva José Martí, mi odierei per questo.
E questo è lo stesso insegnamento di Fidel, che era orgoglioso del fatto che a Cuba non avessimo mai bruciato una bandiera americana o preso a sassate l’ambasciata USA, che non avessimo mai accolto con insulti i giovani che venivano nella brigata Venceremos. Cioè, la distinzione tra popolo e governo ci è stata insegnata da Fidel e questo popolo l’ha imparata e l’ha come principio.
“Ma ora con tutto questo fenomeno del nuovo fascismo, delle reti sociali che aiutano questa tendenza estremista e sinistra, forse abbiamo cominciato a vedere a Cuba, credo, per la prima volta, soprattutto nelle reti, che alcuni emigranti e altri che vivono qui parlano con qualcosa che è molto simile all’odio. È la verità, è triste, dolorosa, amara, ma è così.
– È quella creazione di riflessi condizionati di cui parlava tanto Fidel.
È bene che lei citi il tema dei riflessi condizionati. È stato affrontato da Fidel nel suo discorso del 17 novembre 2005 all’Università dell’Avana. Proprio in quel discorso ci ha avvertito che noi stessi potremmo distruggere la Rivoluzione. L’imperialismo potrebbe non essere in grado di farlo, ma noi potremmo. In quel discorso ha parlato anche del meccanismo di manipolazione dell’informazione, della comunicazione, con l’aggiunta della pubblicità commerciale, e ha riflettuto: l’imperialismo dice che Cuba è cattiva, che il socialismo è cattivo, e lì vanno i poveri della terra, quelli che non hanno lavoro, quelli che non hanno istruzione, quelli che non hanno sanità pubblica, e ripetono: Cuba è cattiva, il socialismo è cattivo”.
“Perché qui Fidel stava prevedendo qualcosa che lo preoccupava molto: i poveri di destra, che potremmo chiamare i poveri di ultradestra. Quanti poveri hanno votato per Bolsonaro? Quanti poveri hanno votato per questi fascisti che ora stanno guadagnando sempre più terreno in Europa?
“Milei [iii] vinse con l’appoggio di centinaia di migliaia di argentini sotto i 30 anni. Molti analisti argentini affermano che è stato veramente traumatico che un Paese con una cultura politica come l’Argentina e con un’esperienza storica molto dolorosa, dove 30000 persone sono state assassinate – cioè un’intera generazione è stata massacrata da quella dittatura militare fascista – abbia improvvisamente votato per sostenere una mostruosità come Milei. Ora gli analisti dicono che la gente ha notato di più il tono di Milei, la sua ferocia quando parlava della casta politica, il suo stile di rottura, uno stile un po’ messianico, uno stile urlante, uno stile teatrale. Secondo questi analisti, la gente ha prestato più attenzione a questi aspetti formali ed emotivi del discorso che alle idee che stava promuovendo e al programma che aveva annunciato di voler attuare. Si tratta di qualcosa di molto grave che ha a che fare con i riflessi condizionati.
– È una grande sfida mantenere i nostri valori, la nostra idiosincrasia, la nostra unità di fronte ai continui attacchi emotivi e ideologici che ci vengono rivolti attraverso le reti sociali. Come possiamo fare in modo che le nuove generazioni di cubani sappiano discernere tra manipolazione e verità?
È una sfida. Tuttavia, abbiamo condizioni migliori di qualsiasi altro Paese per affrontare il fenomeno della globalizzazione. Non c’è nessun bambino senza scuola. Ogni bambino cubano ha una scuola e degli insegnanti. I mass media sono di proprietà dello Stato rivoluzionario. Abbiamo maestri d’arte e istituzioni culturali che non sono e non saranno private. Questo significa che dobbiamo agire in modo coerente, le forze rivoluzionarie della cultura devono essere articolate per portare un messaggio che, ripeto, non può essere imposto, deve essere un messaggio che invita all’analisi, al pensiero, all’emancipazione”.
Quando Fidel dice emancipiamoci da soli e con i nostri sforzi, è come dire decolonizziamoci, dobbiamo decolonizzarci da soli e con i nostri sforzi”.
“Molto importante in questa battaglia è il ruolo della famiglia, cellula fondamentale della società. A volte, a casa, per far sì che il bambino lasci la madre che cucina, lavora, da sola, le viene dato un cellulare e tutto ciò che ne consegue. Ora in Spagna è stato presentato un disegno di legge in cui il governo intende richiedere alle aziende che producono dispositivi di accesso a Internet di avere un’applicazione di controllo parentale. L’obiettivo è che i genitori siano in grado di sapere se un bambino sta visitando un sito pedofilo o di droga. Che i genitori possano monitorare, usiamo questa parola, ciò che il bambino vede sulle reti e su Internet.
“Non so se sia utile, ma almeno dimostra che ci sono molte persone preoccupate per quello che stiamo vivendo. Sono aumentati i pedofili, i pervertiti che violentano i bambini. Tutti questi tipi di persone infami e terribili sono cresciuti con le reti e molti di loro creano profili come se fossero bambini piccoli e parlano con altri bambini cercando di ingannarli, di portarli a un appuntamento. Queste sono cose che accadono, una forma di molestia attraverso le reti.
“E noi, lo ribadisco, abbiamo la politica educativa, l’insegnante, la famiglia, la comunità, le istituzioni culturali, i maestri d’arte, che possono fare molto. È fondamentale promuovere l’abitudine alla lettura nei bambini. Che possano trascorrere il loro tempo libero in attività che diano loro quella pienezza che ha a che fare con l’esperienza culturale autentica, con la cultura autentica, con l’arte autentica, non con la spazzatura. Il consumo di spazzatura è una cosa terribile.
“Non si tratta solo dei bambini, gli esperti parlano di infantilizzazione del pubblico, cioè di persone adulte che reagiscono come bambini ai prodotti della cultura spazzatura.
“In uno scambio sul tema qualcuno ha proposto la necessità di una nuova alfabetizzazione. Può sembrare un po’ esagerato, ma sì, è necessario raggiungere un istinto anticoloniale. Perché un’altra cosa che Fidel ci ha detto è che non potevamo sperare di formare i nostri cittadini in un’urna di vetro, che dovevamo formarci all’aperto, ricevendo tutte le influenze, da qualunque parte provenissero.
“C’è l’esempio dell’Unione Sovietica, dove hanno cercato di formare i propri cittadini in un’urna di vetro e ciò che si è creato in quei cittadini è stata un’ossessione delirante di consumare tutto ciò che veniva dall’Occidente, non importa quanto cattivo o mediocre fosse . fuori. Questo desiderio di assomigliare il più possibile ai feticci del capitalismo ha contribuito al crollo dell’Unione Sovietica, ha detto Fidel, allo smantellamento delle basi di quel socialismo. E nella storia hanno perso la battaglia. Questa è proprio una questione alla quale dobbiamo dare priorità. Dobbiamo cercare di insegnare la storia ai nostri giovani, ai nostri adolescenti e bambini, con una componente emotiva. Non si tratta solo di informazioni o dati, non può essere un insegnamento meccanico della storia”.
Note alla seconda parte
[i] Team Asere era il soprannome con cui i giocatori che componevano la squadra di Cuba che partecipò al V World Baseball Classic divennero popolari sulle reti sociali e altri media.
[ii] La Guerra del ’95, Guerra Necessaria o Guerra d’Indipendenza cubana. Azione armata organizzata da José Martí per ottenere l’indipendenza definitiva di Cuba.
[iii] Javier Milei presidente della Nazione Argentina
Sembrar ideas y conciencia para desarrollar un sentimiento anticolonialista (Parte I)
Una peligrosa guerra se libra en lo simbólico, en el terreno de las ideas, la política y la sicología
Dayán González Ramírez
La Casa de las Américas es un sitio de referencia para el arte y la cultura cubana y latinoamericana. Su labor en defensa de la idiosincrasia de nuestra región la convierte en un ícono de emancipación y lucha. Fue precisamente en uno de sus salones donde conversamos con su presidente, el destacado intelectual Abel Prieto Jiménez, sobre colonización cultural, redes sociales, neofascismo y los métodos para, desde Cuba, enfrentar estos gravísimos fenómenos que amenazan nuestra nacionalidad, valores y raíces.
–Usted ha afirmado que la colonización cultural en Cuba debe enfrentarse con mucha inteligencia y coherencia entre las organizaciones y los organismos. ¿Qué pasos se han dado en este sentido? ¿Son suficientes, están siendo efectivos?
–Uno de los dramas es que hoy esta colonización se ensaña con los niños, adolescentes y jóvenes, quienes, además, crean adicción a los móviles. Eso es un problema global y hace sonar las alarmas con respecto a los retrocesos intelectuales. Estamos viendo una incapacidad para el aprendizaje en el mundo entero, por la dependencia del móvil y la adicción que crean las redes sociales.
«Un muchacho de 15 años puede estar desde que amanece hasta que se duerme interactuando con el móvil. Muchos también se quedan de madrugada jugando en el celular o intercambiando a través de ese dispositivo. Este fenómeno está clasificado como una especie de droga que genera autismo. Hay un nuevo tipo de autismo generado por la adicción a la red y a los móviles.
«Para ilustrarlo mejor: existe un índice llamado la comprensión lectora, que mide la capacidad de un adolescente para explicar algo que leyó. Es decir, no basta con leer, tú tienes que descifrar lo leído, entender qué mensaje quiso dar ese autor. Hay investigaciones que demuestran que esa comprensión lectora se ha reducido drásticamente en todo el orbe. Los adolescentes no saben cómo explicar lo que acaban de leer.
«No son analfabetos, pero les falta algo muy importante que es la capacidad de comprender lo que leen. Saben descifrar esas letras, esos signos, pero no entienden lo esencial de lo que están leyendo. Y eso es un drama, es una preocupación que viene de la izquierda, de la derecha y de gente conservadora.
«Existe una sicóloga norteamericana, muy católica, que cree que hay que volver a introducir la enseñanza cristiana en la escuela porque en el sistema educativo es evidente la pérdida de valores. Porque otra arista es la asociada a esta crisis intelectual, hay también una crisis de valores. Es esa característica de encerrarse en sí mismo, esa especie de incapacidad para acercarte al prójimo, según le llaman los cristianos. Recordemos que Cristo decía “ama al prójimo como a ti mismo”; es decir, nos enseñó en el amor al prójimo, y nosotros, más allá de la religión, lo fomentamos también a través de la idea de la solidaridad; Fidel decía: “médicos y no bombas es lo que necesita la humanidad”.
«Sobre este tema hay un aspecto relacionado con compadecer a la gente que está en situaciones difíciles, darle solidaridad. Y hoy el individualismo, el narcisismo que crean las redes sociales de internet, el fenómeno de contemplarte permanentemente, tiene que ver con la ética y los valores sobre los que se basan las conductas.
«Al igual que la sicóloga norteamericana, hay otros dos siquiatras que han estudiado, en Gran Bretaña y en ee. uu., el índice de depresión grave en la adolescencia y de intentos de suicidio. Descubrieron que, en 2012, el año del boom de las redes en esos dos países, muchas muchachas, entre 15 y 18 años, intentaron suicidarse o cayeron en una depresión gravísima porque en las redes aparecían los modelos de belleza, las mujeres famosas, las actrices…, y de pronto, si la muchacha no encajaba en esos prototipos caía en una crisis. Porque en esa etapa de la vida es muy importante la aceptación, y las redes permanentemente te están sometiendo a un juicio.
«Un adolescente pone una foto y quiere ver cuántos Me Gusta tiene, cuánta gente la compartió. Y si los comentarios son despectivos, humillantes, se vuelve proclive a esta depresión y hasta llega al suicidio. Un dato que arroja el estudio de estos siquiatras es que en el propio internet las personas encuentran los métodos para suicidarse. Esto es terrible.
«Hay casos recientes en Brasil, España, México y Estados Unidos de adolescentes a los que los padres los han castigado quitándoles el móvil, y los han asesinado por arrancarles esa droga que les parece esencial para la vida.
«No creo que en Cuba hayamos tenido un caso de esos, pero sí tenemos adolescentes adictos al móvil, y estoy seguro de que, si estudiamos lo de la comprensión lectora, vamos a encontrar retrocesos. Es imposible vivir en el mundo virtual con esa pasión irracional, tan dependiente de lo que opinen de ti decenas y cientos de gentes en el mundo. Hay que tener presente que estas comunidades digitales son muy numerosas y están integradas por personas que viven en los lugares más recónditos, pero todos están en tiempo real, opinando. Y haciéndolo como se opina en las redes, que no es de manera analítica y razonada. Es opinando con ira, con cólera, a veces con odio. Eso tiene que ver con las tendencias que hemos mencionado y con el fascismo.
–Es preocupante observar el ascenso del neofascismo en el mundo, incluyendo nuestra región geográfica. ¿Cuál es su opinión sobre el tema? ¿Cómo enfrentar estas manifestaciones?
–Estas tendencias fascistas se han valido de las redes para la formación de grupos de odio, racistas. Muchos adolescentes se inician en la política con expresiones racistas contra los negros, contra los árabes, con expresiones misóginas, extremistas…
«En muchas redes está el fenómeno de los símbolos nazis, las imágenes de Mussolini, de Hitler. Es un lavado de imágenes a las figuras del fascismo en las plataformas digitales. En Europa se aprecia, en las elecciones para el Parlamento Europeo, cómo la ultraderecha está ganando un espacio verdaderamente inquietante.
–Lamentablemente, también este ascenso de la ultraderecha es de una manera abierta. Los discursos políticos no tratan ni de matizar estos fenómenos, altamente racistas y discriminadores.
–Es así, lo hacen sin ningún pudor. Ramonet decía que Donald Trump ayudó a que la gente se quitara el complejo de ser seguidor de estos partidos extremistas. Antes, a las personas les daba un poco de pena decir que eran partidarias de un grupo neonazi. Hoy la gente hasta siente cierto orgullo. Son manifestaciones muy graves de una crisis sin límite en términos culturales, éticos, políticos. La política se ha convertido en un show. Seguro viste el lamentable debate presidencial en Estados Unidos, es el Imperio en su decadencia. Hoy es más importante la teatralidad de un candidato que sus ideas, que su programa, que las promesas electorales que haga. Su gestualidad, su teatralidad, su dominio de la escena son factores de gran peso.
«Recuerda que Lula ganó estas últimas elecciones por un margen muy estrecho frente a un Bolsonaro que ya había demostrado que su programa era realmente inviable para la gran población pobre de Brasil. No obstante, muchos pobres votaron por Bolsonaro, muchos mestizos y negros de la favela de pronto se vieron conducidos. En esa situación también influyeron los componentes de grupos evangélicos que apoyan al fascismo de una manera muy apasionada, y que ayudaron mucho a Bolsonaro.
«Te digo que es un momento complejo. Está probado que existe una conexión entre el colonialismo cultural y las tendencias fascistas.
«Para no pensar que es algo remoto, hubo una provincia en Cuba que en un Halloween, un espacio típico de la colonización cultural, jóvenes se disfrazaron de miembros del Ku Klux Klan. Y en otro Halloween, en una institución de la música hicieron un concurso y ganó un joven con un disfraz de oficial nazi. Es decir, tenemos que hablar de estas cosas con nuestros estudiantes, tenemos que provocar un análisis.
«Tú preguntabas ahorita cómo enfrentar este tipo de manifestaciones. Pues creo que es muy importante que nuestros educadores, los líderes estudiantiles, convoquen a un análisis conjunto, que haya una evaluación colectiva del fenómeno. No es presentarte a un adolescente y decirle: este videojuego tiene una imagen de la Guerra Mundial que es afín al imperialismo yanqui y no puedes jugarlo. O: no debes ver esta película, esta serie, este dibujo animado o este reality show porque te dañan, te debilitan desde el punto de vista de tus ideas, de la ideología y los valores que defendemos. En cuanto hagas eso, la obsesión por consumir esos productos va a ser incontrolable. No puedes llegar a un aula con una lista de qué ver y qué no. Hay que invitar a una reflexión, y esa aula debe convertirse en un taller de pensamiento colectivo y tratar, entre todos, de generar una visión crítica de los productos de la industria cultural hegemónica y de las propias redes sociales.
«Hay que estar en las redes sociales, sin duda, y no podemos, en ningún momento, ni pensar en prohibir que nuestros jóvenes estén ahí. Pero, al mismo tiempo, debemos hacer lo posible porque estén en las redes de una manera más responsable, que no repliquen una fake news, que no se sumen a una campaña, que no se dejen conducir de un lado a otro, lo cual pasa en muchos lugares, porque se trata de una manipulación de la información y de las emociones.
«Todo esto viene acompañado por una guerra de símbolos, un fenómeno global. Es una globo-colonización, como la definió Frei Betto, y junto con esto hay dos aristas que como país enfrentamos: la idea de que la restauración capitalista puede ser la solución a los problemas económicos que enfrentamos, y la emigración, que entre sus causas puede estar la percepción de que no hay futuro en Cuba».