Lula, Brasile e BRICS: anatomia di un tradimento

Quantum Bird

Abbiamo ripetutamente segnalato il nostro crescente disagio per la direzione che hanno preso le politiche estere e interne del Brasile sotto il terzo governo Lula.

Una collezione rappresentativa delle nostre lamentele si può trovare nell’articolo “Quindi è questo il prezzo della libertà di Lula?” e negli articoli lì citati.

Come recentemente indicato, si tratta di una fuga continua verso un futuro sempre più inverosimile, in un gioco di aspettative alimentate da un istoriale di successi (i primi due mandati) e da promesse che vengono costantemente rinnovate, ma che non si concretizzano mai quando se ne presenta l’occasione. In sintesi, una frustrazione di dimensioni continentali.

La notizia che il presidente Lula non sarebbe andato al vertice dei BRICS a Kazan, in Russia, a causa di un incidente domestico (secondo la versione più diffusa una caduta sotto la doccia) è apparsa agli osservatori più attenti come un cattivo presagio.

In effetti, la presenza di Celso Amorim, consigliere speciale del presidente per la politica estera, nei media locali, a informare sull’incidente e rassicurare sulle buone condizioni di salute di Lula, non ha mai potuto essere associata a qualcosa di positivo. Il diplomatico è stato sempre meno discreto riguardo alla sua “preferenza” per il G20 rispetto ai BRICS come piattaforma di relazioni multilaterali.

Il cattivo presagio è stato confermato il 24 ottobre con la notizia del veto del governo brasiliano all’adesione del Venezuela e del Nicaragua ai BRICS. Amorim lo ha spiegato così: “Forse non è ancora possibile arrivare a una conclusione. Non mi interessa se il Venezuela entra o no, non stiamo facendo un giudizio morale o politico sul Paese in sé. Nei BRICS ci sono Paesi che praticano certi tipi di regime e altri diversi. La questione è se hanno la capacità, per il loro peso politico e le loro relazioni, di contribuire a un mondo più pacifico”.

Come?

 

Alcune domande sono valide. Relazioni con chi? Come contribuirebbe esattamente il Brasile a un mondo più pacifico quando i dirigenti del Paese danneggiano e ritardano indefinitamente la risoluzione di una crisi derivata da un tentativo di golpe e cambio di regime, che ben avrebbe potuto sfociare in una guerra civile nel paese vicino?

O quando, nonostante tutte le denunce, continua a negoziare vari beni con Israele, sostenendo indirettamente il genocidio a Gaza?

Dottrina Monroe, neri di casa e neri di campo

 

In effetti, la vergognosa posizione della dirigenza brasiliana, che ha investito pesantemente il suo capitale politico nei BRICS per sostenere l’adesione dell’Argentina al gruppo e rifiuta di consentire l’adesione del Venezuela e del Nicaragua, è solo apparentemente contraddittoria. Come per tutto ciò che riguarda i BRICS, la chiave è il concetto di sovranità.

Così, dalla destituzione di Dilma Rousseff, le successive amministrazioni si sono sforzate di consolidare e approfondire l’architettura di austerità, dipendenza economica e sovranità ridotta, risultante dalla svendita di risorse e infrastrutture strategiche a causa della resa della dirigenza di sinistra (flagrantemente inetta) agli attacchi ibridi degli USA (via Operazione Autolavaggio e altre azioni) nella prima metà del decennio scorso.

In definitiva, nel 2024, non mancano prove che la dirigenza brasiliana sia disposta a adattarsi alla Dottrina Monroe 2.0, promossa rumorosamente dalla generale Laura J. Richardson, capo del Comando Sud delle Forze Armate USA.

In questo contesto, il Brasile si sta riposizionando per essere il capitano della regione (o il nero di casa, come direbbe Malcom X) agendo, da un lato, come rappresentante morbido delle politiche interventiste di Washington in Sud America e, dall’altro, come valvola di contenimento per evitare che i BRICS si espandano nella regione.

Il principale tratto distintivo di questa politica consiste nel non consentire l’ingresso di Paesi sovrani che rivaleggiano apertamente con gli USA e mantengono relazioni dirette con Russia, Cina e Iran senza la mediazione brasiliana.

Per questo motivo, nella miope visione delle élite compradore brasiliane, non c’è alcun problema nel sostenere l’Argentina, che si è posizionata come socio junior e ha canalizzato le sue richieste attraverso la diplomazia brasiliana fin dall’inizio.

Venezuela, Nicaragua e Cuba sono Paesi genuinamente sovrani, con relazioni bilaterali indipendenti con altri membri dei BRICS e fuori dalla sfera di influenza di Washington nella regione. Ancora una volta, basta osservare il congelamento o il continuo deterioramento delle relazioni bilaterali con questi Paesi.

Investimento a catena

 

Le elezioni federali del 2022 hanno trasformato il Brasile in un autentico membro del club delle democrazie liberali occidentali. L’architettura politica basata su una vasta alleanza di centro-destra che si confronta alle elezioni con una di estrema destra (a immagine e somiglianza dell’Egemone e dell’Unione Europea) ha reso obsoleto il voto popolare.

La polarizzazione è passata dalla lotta di classe ai disaccordi sulla morale e le abitudini individuali.

Le ONG multinazionali hanno assunto la rappresentanza popolare in forum collegiali. Il nemico esterno, storicamente identificato come gli USA, è scomparso dal discorso della classe politica e di ampi settori popolari, legati alle chiese evangeliche; si è trasformato nel nemico interno.

Le democrazie liberali possono funzionare solo facendo un uso intensivo degli investimenti politici, culturali e cognitivi. Colpi di stato contro governi eletti democraticamente per difendere la democrazia. Censura massiva per proteggere la libertà di espressione. Imposizione di norme socioculturali per difendere la diversità. Liberalizzazione economica, che porta alla concentrazione della ricchezza, per promuovere la prosperità. Riduzione dello Stato, dei programmi sociali e privatizzazione delle infrastrutture pubbliche per migliorare i servizi, ecc.

Nel 2024, tutti questi elementi sono presenti nella politica estera e interna brasiliana.

Per quanto riguarda i BRICS, il principale passo indietro che si sta verificando in questo momento è il veto all’adesione di Venezuela e Nicaragua, che nega completamente lo scopo dell’organizzazione come promotrice della multipolarità e piattaforma per l’esercizio della sovranità.

In fondo, poco importa la retorica superficiale e ottusa di Lula, Celso Amorim e Mauro Vieira, perché il fatto è che a due Paesi latinoamericani sovrani, che osano sfidare l’imperialismo dell’Occidente collettivo nella regione e perseguono il miglioramento delle condizioni dei loro popoli, sia stato impedio di entrare nel principale strumento di cambio in tale direzione.

Utilizzare il potere di veto nei BRICS come strumento per attuare indirettamente le politiche imperialiste dell’Occidente collettivo in America Latina costituisce un atto di sabotaggio economico e geopolitico, che inesorabilmente qualificherà la diplomazia brasiliana come un Cavallo di Troia all’interno dell’organizzazione.

Inoltre, mette in discussione il meccanismo decisionale basato sul consenso tra i membri, vigente nei BRICS, e solleva allarmi sulla candidatura di Paesi come la Turchia che, come membro NATO, sarebbe automaticamente in grado di giocare lo stesso gioco in Asia Centrale.

Perché è un tradimento?

 

La risposta è diretta e semplice. Lula non è stato eletto con la premessa di portare a termine la definitiva conversione del Paese in una democrazia liberale, né di consolidare il Brasile come luogotenente-vassallo degli USA in America Latina.

I milioni di lavoratori che hanno votato per Lula hanno creduto sinceramente alle sue promesse di uno sforzo per recuperare la statura e l’infrastruttura strategica del Brasile e un ampio esercizio di solidarietà con i nostri soci nel continente.

Lula non è così senile da dimenticare la piattaforma per cui è stato eletto, e comprende molto bene che la sua elezione sarà, per tempo indefinito, l’ultimo esercizio di un voto popolare di fatto per scegliere un governante sulla base di un programma di recupero politico, sociale ed economico veramente progressista.

Dunque, cosa è cambiato nell’uomo tra il 2010 e il 2022?

 

Una spiegazione molto popolare suggerisce che la versione 3.0 di Lula sia un ostaggio che ha negoziato la sua uscita dal carcere e il riscatto della propria dignità personale con i suoi carnefici nativi e stranieri, in cambio dei voti necessari per sconfiggere Bolsonaro, nel 2022, e assicurare che il Fronte Ampio per la Democrazia arrivasse al potere, ristabilendo la normalità politica nel Paese attorno a un nuovo patto liberale di centro-destra.

Personalmente, credo ci sia un fondo di verità in questo. Secondo i sostenitori di questa teoria, si tratta di un politico ricattato, come dimostra, per esempio, l’iniziativa USA di indagare sull’acquisto di caccia Gripen realizzato dall’Aeronautica brasiliana nel 2014.

L’operazione ha portato a un’accusa, nell’ambito dell’Operazione Zelotes, di presunto traffico di influenze da parte di Lula e di uno dei suoi figli nell’accordo. L’inchiesta è stata archiviata nel 2022 da Ricardo Lewandowski, del Supremo Tribunale Federale e attuale ministro della Giustizia, per totale assenza di prove.

Il fatto è che Lula è stato incarcerato per questi casi e alcuni dei suoi più ardenti accusatori fanno ora parte del suo governo. Il vicepresidente è un ottimo esempio.

Contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima vista, questa spiegazione non scagiona Lula. Se fosse così, ci troveremmo sotto la guida di un uomo che ha anteposto le proprie circostanze personali al benessere, presente e futuro, del suo popolo, per cui non sarebbe all’altezza del compito di guidare il Brasile verso la multipolarità come Paese sovrano e leale ai suoi soci geopolitici.


Lula, Brasil y BRICS: anatomía de una traición

Quantum Bird

Hemos señalado repetidamente nuestro creciente malestar con la dirección que han tomado las políticas exterior e interior de Brasil bajo el tercer gobierno de Lula.

Una colección representativa de nuestras quejas pueden encontrarse en el artículo “¿Así que ese es el precio de la libertad de Lula?”, y en los artículos allí referenciados.

Como se ha indicado recientemente, se trata de una huida continua hacia un futuro cada vez más inverosímil, en un juego de expectativas alimentadas por un historial de éxitos (los dos primeros mandatos) y promesas que se renuevan constantemente, pero que nunca llegan a cumplirse cuando se presenta la oportunidad. En resumen, una frustración de dimensiones continentales.

La noticia de que el presidente Lula no asistiría a la Cumbre de los BRICS en Kazán, Rusia, debido a un accidente doméstico (la versión más difusa habla de una caída en la ducha) se presentó ante los observadores más atentos como un mal presagio.

De hecho, la presencia de Celso Amorim, asesor especial del presidente en política exterior, en los medios de comunicación locales, informando sobre el accidente y asegurando el buen estado de salud de Lula, nunca pudo asociarse a algo positivo. El diplomático ha sido cada vez menos discreto sobre su “preferencia” por el G20 frente a los BRICS como plataforma de relaciones multilaterales.

El mal augurio fue confirmado hoy 24 de octubre, con la noticia del veto del gobierno brasileño a la adhesión de Venezuela y Nicaragua a los BRICS. Amorim lo explicó así: “Quizá todavía no sea posible llegar a una conclusión. No me preocupa si Venezuela entra o no, no estamos haciendo un juicio moral ni político sobre el país en sí. En el BRICS hay países que practican determinados tipos de régimen y otros tipos diferentes. La cuestión es si tienen capacidad, por su peso político y capacidad de relación, de contribuir a un mundo más pacífico”.

¿Cómo?

Algunas preguntas válidas. ¿Relaciones con quién? ¿Cómo contribuiría exactamente Brasil a un mundo más pacífico cuando los dirigentes del país perjudican y atrasan indefinidamente la resolución de una crisis derivada de un intento de golpe de Estado y cambio de régimen, que bien podría haber desembocado en una guerra civil en el país vecino?

¿O cuando, a pesar de todas las denuncias, sigue negociando diversos insumos con Israel, apoyando indirectamente el genocidio en Gaza?

Doctrina Monroe, negros de casa y negros de campo

De hecho, la vergonzosa postura de la dirigencia brasileña, que invirtió fuertemente su capital político en los BRICS para apoyar la adhesión de Argentina al grupo, y se niega a permitir la adhesión de Venezuela y Nicaragua, es solo aparentemente contradictoria. Como todo lo relacionado con los BRICS, la clave está en el concepto de soberanía.

Así, desde la destitución de Dilma Rousseff, las sucesivas administraciones se han esforzado por consolidar y profundizar la arquitectura de austeridad, dependencia económica y soberanía reducida que resultó de la liquidación de recursos e infraestructuras estratégicas debido a la capitulación de la dirigencia izquierdista (flagrantemente inepta) a los ataques híbridos de Estados Unidos (vía Operación Autolavado y otras acciones) en la primera mitad de la década pasada.

En definitiva, en 2024, no faltan pruebas de que la dirigencia brasileña está dispuesta a adaptarse a la Doctrina Monroe 2.0, promovida estrepitosamente por la generala Laura J. Richardson, jefa del Comando Sur de las Fuerzas Armadas estadounidenses.

En este contexto, Brasil se está reposicionando para ser el capitán de la región (o el negro de casa, como diría Malcom X) actuando, por un lado, como representante blando de las políticas intervencionistas de Washington en Sudamérica y, por otro, actuando como válvula de contención para evitar que los BRICS se expandan en la zona.

El principal matiz de esta política consiste en no permitir la entrada de países soberanos que rivalizan abiertamente con Estados Unidos y mantienen relaciones directas con Rusia, China e Irán sin la mediación brasileña.

Por esta razón, en la miope visión de las élites compradoras brasileñas, no hay ningún problema en apoyar a Argentina, que se ha posicionado como socio junior y ha canalizado sus demandas a través de la diplomacia brasileña desde el principio.

Venezuela, Nicaragua y Cuba son países genuinamente soberanos, con relaciones bilaterales independientes con otros miembros de los BRICS, y fuera de la esfera de influencia de Washington en la región. De nuevo, nada más hay que ver la congelación o el deterioro continuado de las relaciones bilaterales con estos países.

Inversión en cadena

Las elecciones federales de 2022 han convertido a Brasil en un auténtico miembro del club de las democracias liberales occidentales. La arquitectura política basada en una amplia alianza de centro-derecha que concurre a las elecciones contra una extrema derecha (a imagen y semejanza del Hegemón y la Unión Europea) ha dejado obsoleto el voto popular.

La polarización ha pasado de la lucha de clases a los desacuerdos sobre la moral y las costumbres individuales.

Las ONG multinacionales han asumido la representación popular en foros colegiados. El enemigo exterior, históricamente identificado como Estados Unidos, desapareció del discurso de la clase política y de amplios sectores populares, asociados a las iglesias evangélicas; se convirtieron en el enemigo interior.

Las democracias liberales solo pueden funcionar haciendo un uso intensivo de las inversiones políticas, culturales y cognitivas. Golpes contra gobiernos elegidos democráticamente para defender la democracia. Censura masiva para proteger la libertad de expresión. Imposición de normas socioculturales para defender la diversidad. Liberalización económica, que conduce a la concentración de la renta, para promover la prosperidad. Reducción del Estado, programas sociales y privatización de infraestructuras públicas para mejorar los servicios, etc.

En 2024, todos estos elementos están presentes en la política exterior e interior brasileña.

En cuanto a los BRICS, el principal retroceso que se está produciendo en este momento es el veto a la adhesión de Venezuela y Nicaragua, que niega por completo el propósito de la organización como promotora de la multipolaridad y plataforma para el ejercicio de la soberanía.

En el fondo, poco importa la retórica superficial y obtusa de Lula, Celso Amorim y Mauro Vieira, porque el hecho es que dos países latinoamericanos soberanos, que se atreven a enfrentar el imperialismo del Occidente colectivo en la región y persiguen la mejora de las condiciones de sus pueblos, han sido impedidos de ingresar en el principal instrumento de cambio en esa dirección.

Aprovechar el poder de veto en los BRICS como instrumento para implementar indirectamente las políticas imperialistas del Occidente colectivo en América Latina constituye un acto de sabotaje económico y geopolítico, que inexorablemente acabará calificando a la diplomacia brasileña como Caballo de Troya dentro de la organización.

Además, pone en tela de juicio el mecanismo de toma de decisiones por consenso entre los miembros, vigente en los BRICS, y levanta banderas rojas sobre la candidatura de países como Türkiye, que como miembro de la OTAN estaría automáticamente en condiciones de jugar el mismo juego en Asia Central.

¿Por qué es una traición?

La respuesta es directa y sencilla. Lula no fue elegido bajo la premisa de llevar a cabo la conversión definitiva del país en una democracia liberal, ni de consolidar a Brasil como lugarteniente-vasallo de Estados Unidos en América Latina.

Los millones de trabajadores que votaron por Lula creyeron sinceramente en sus promesas de que habría un esfuerzo por recuperar la estatura y la infraestructura estratégica de Brasil y un amplio ejercicio de solidaridad con nuestros socios en el continente.

Lula no está tan senil como para olvidar la plataforma por la que fue elegido, y entiende muy bien que su elección será por tiempo indefinido el último ejercicio de un voto popular de facto para elegir un gobernante sobre la base de un programa de recuperación política, social y económica verdaderamente progresista.

Entonces, ¿qué cambió en el hombre entre 2010 y 2022?

Una explicación muy popular sugiere que la versión 3.0 de Lula es un rehén que ha negociado su salida de prisión, y el rescate de su dignidad personal, con sus verdugos nativos y extranjeros, a cambio de los votos necesarios para derrotar a Bolsonaro en 2022 y asegurar que el Frente Amplio por la Democracia llegue al poder, restableciendo la normalidad política en el país en torno a un nuevo pacto liberal de centro-derecha.

Personalmente, creo que hay algo de verdad en esto. Según los defensores de esta teoría, se trata de un político chantajeado, como demuestra, por ejemplo, la iniciativa estadounidense de investigar la compra de cazas Gripen que realizó la Fuerza Aérea brasileña en 2014.

La operación dio lugar a una acusación, en el ámbito de la Operación Zelotes, de presunto tráfico de influencias por parte de Lula y uno de sus hijos en el acuerdo. La investigación fue cerrada en 2022 por Ricardo Lewandowski, del Supremo Tribunal Federal y actual ministro de Justicia, por falta absoluta de pruebas.

El hecho es que Lula fue encarcelado por estos casos y algunos de sus más ardientes acusadores forman parte ahora de su gobierno. El vicepresidente es un excelente ejemplo.

En contra de lo que pueda parecer a primera vista, esta explicación no exculpa a Lula. De ser así, nos encontramos bajo el liderazgo de un hombre que ha antepuesto sus circunstancias personales al bienestar presente y futuro de su pueblo, por lo que no estaría a la altura de la tarea de guiar a Brasil hacia la multipolaridad como país soberano y leal a sus socios geopolíticos.

 

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