Il Venezuela sta affrontando uno scenario internazionale di aggressione economica e commerciale con precedenti noti e altri ancora da conoscere. L’amministrazione di Donald Trump ha emesso nuove misure per fare pressione sul settore petrolifero venezuelano, aggiungendole alle sanzioni che da più di un lustro stavano già colpendo l’economia.
Lo scorso 24 marzo Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone dazi del 25% al commercio con paesi che acquistano petrolio dal Venezuela. Questa disposizione è entrata in vigore il 2 aprile.
Secondo le autorità USA, senza basi né prove, il governo del presidente Nicolás Maduro aiuterebbe ad entrare negli USA membri del gruppo criminale Tren de Aragua — riconosciuto da Washington come organizzazione terroristica — nel quadro di una strategia di criminalizzazione sia dello Stato che della cittadinanza venezuelana, il che è stato strumentalizzato a fini persecutori e giudiziari contro i migranti sul suolo di quel paese.
Su questa base, il segretario di Stato, Marco Rubio, vecchio nemico del Venezuela e sostenitore della “massima pressione”, determinerà — a sua discrezione — l’imposizione di dazi in coordinamento con i segretari del Tesoro, Commercio, Sicurezza Nazionale e con il Rappresentante Commerciale USA.
Lo stesso giorno, l’Ufficio per il Controllo dei Beni Stranieri (OFAC) del Dipartimento del Tesoro ha prorogato la Licenza Generale 41B, che permette alla Chevron di produrre ed esportare petrolio venezuelano fino al 27 maggio 2025.
In precedenza, il 4 marzo, la Casa Bianca aveva revocato ufficialmente la Licenza Generale 41, in vigore dal novembre 2022 — era Biden.
Sembra che, in relazione al Venezuela, per il momento Trump abbia distribuito caramelle per tutti: Rubio ottiene influenza tariffaria sulle esportazioni venezuelane e Chevron può continuare le sue operazioni sul territorio nazionale in modo provvisorio, in un esercizio di equilibrismo tra la “massima pressione” e la diplomazia à la Grenell.
A sua volta, la licenza prorogata indica che Washington non ha ancora preso una decisione definitiva di sospendere le importazioni di petrolio venezuelano; la possibilità che la licenza possa estendersi oltre il 27 maggio è sul tavolo.
Sebbene gli USA abbiano revocato lo strumento che permetteva a Trinidad e Tobago di sviluppare i progetti di gas nei campi Dragón e Cocuina-Manakin, il governo trinidadiano spera in modifiche del Segretario di Stato sulla questione per poter proseguire con gli investimenti e il lavoro stabilito nella cintura caraibica del gas.
Produzione ed esportazione sulla bilancia
Per analizzare le conseguenze di queste decisioni, Misión Verdad ha consultato tre esperti sul tema: Werther Sandoval, professore universitario e analista energetico; e anche i docenti David Paravisini e Manuel Páez Moreno, dirigente politico e lavoratore di Petróleos de Venezuela (PDVSA), membri dell’Huracán Bolivariano — collettivo di lavoratori dell’industria degli idrocarburi — che hanno risposto con una sola voce.
Per Sandoval, l’applicazione dell’ordine esecutivo del 24 marzo significherebbe che paesi terzi “esiteranno e, in alcuni casi, si rifiuteranno di acquistare petrolio venezuelano. Ciò avrà un impatto sulla produzione”, ovvero una caduta imminente della produzione.
Tuttavia, controcorrente rispetto a quanto affermano altri analisti di stampo oppositore, ritiene che le esportazioni “non si estingueranno mai del tutto”.
Ci sono prospettive affinché continui il flusso di cassa dalle esportazioni petrolifere perché “PDVSA ha sufficiente capacità tecnica, scientifica e tecnologica per mantenere e aumentare la produzione”, sostengono Paravisini e Páez, “e in mancanza di questi capitali, con ogni probabilità l’investimento privato venezuelano si unirà alla ripresa dell’industria petrolifera, dato che è trasversale per la ripresa economica del paese”.
Loro stimano che “il petrolio è la principale fonte energetica del pianeta e lo sarà per i prossimi cento anni; ciò genera un’altissima domanda, e per questo tutta l’offerta presente sul mercato sarà sempre assorbita in un modo o nell’altro da clienti che ne hanno bisogno”.
Citando un esempio, menzionano l’Africa come potenziale mercato per il greggio venezuelano, “un continente con una grande crescita nel consumo energetico, al quale l’Europa ha saccheggiato il territorio, rubato le ricchezze e impedito lo sviluppo, ma che oggi, con il sostegno della Cina, ha spezzato quelle catene e si avvia verso la propria indipendenza politica, economica e sociale”.
Sandoval aggiunge che “possiamo collocare i nostri greggi in altri mercati, anche in spazi nuovi o tradizionali, questo ha anch’esso le sue vie, esercizi di commercializzazione, quelli che chiamano le navi fantasma, la flotta oscura”, meccanismo che è sempre esistito “con prodotti tanto importanti e vitali come il petrolio, che ovviamente tutto il mondo desidera, in quanto è il sangue che muove l’economia del mondo”.
Ma per farlo, deve esserci una continuità produttiva che potrebbe essere compensata da PDVSA con progetti propri. “Sì — espone anche il columnist di Últimas Noticias —, può compensare in parte con progetti propri, diciamo, come una strategia politica azzeccata per rafforzare il mercato interno, la capacità d’acquisto interna delle nostre aziende e la loro partecipazione”.
In questo scenario, le sfide dell’industria nazionale degli idrocarburi sono molteplici: Paravisini e Páez osservano che “la sfida dev’essere aumentare la nostra capacità di raffinazione e produrre carburanti e derivati che soddisfino il mercato globale”, mentre Sandoval sottolinea: “Abbiamo problemi di manutenzione, di importazione di attrezzature, di garantire la manutenzione e gli investimenti adeguati per mantenere l’industria a un livello di affidabilità tale da permettere un’operatività molto più fluida, e questo incide sui costi di produzione”.
Paravisini e Páez approfondiscono in questo senso: “A seconda della destinazione, varierà la struttura dei costi; ci sarà sempre un impatto, perché si tratterà di sconti che avranno conseguenze sui nostri introiti finali”, e indicano che “la visione dev’essere aumentare la produzione, il processo di raffinazione e colmare quel deficit” della rendita dovuta a sanzioni e dazi USA.
Come raggiungere tale obiettivo? Sandoval considera che “ci sono paesi alleati con cui il Venezuela può dare una certa viabilità all’industria petrolifera venezuelana. Con l’Iran, con paesi come l’Algeria, che stanno offrendo sostegno e hanno saputo risolvere, perché abbiamo già un’esperienza iniziale di sospensione totale delle esportazioni petrolifere venezuelane, e siamo riusciti a ottenere quel rinforzo”.
Mentre Paravisini e Páez ritengono che, dato che “oggi lo scenario energetico è incentrato sulla maggiore riserva petrolifera del mondo”, allora i paesi che compongono il mondo multipolare e policentrico “non possono permettere che l’imperialismo coloniale USA e i suoi burattini in Venezuela prendano il controllo di quella riserva, perché andrebbero immediatamente contro l’OPEC e la stabilità del mercato petrolifero”.
Opportunità all’orizzonte
L’esperienza venezuelana ha dimostrato che, nonostante la Casa Bianca cerchi di subordinare il settore petrolifero del paese agli interessi USA, tentando così di rendere il Venezuela dipendente esclusivamente dal mercato USA, le associazioni internazionali con potenze emergenti e l’applicazione di politiche pubbliche coordinate con il settore privato possono aprire una finestra di possibilità per consolidare la ripresa.
Sandoval afferma che con la Legge Anti-blocco si è reso possibile un certo tipo di gestione e di incontro con settori privati nazionali o di altri paesi, con l’obiettivo di incrementare le capacità produttive dell’industria degli idrocarburi.
E, in questo contesto, secondo Paravisini e Páez “la capacità scientifica e tecnologica della nostra industria petrolifera è tra le più elevate; nel mercato nazionale esiste sufficiente inventario di pezzi, parti e ricambi che permettono, nel breve termine, di mantenere la produzione e, nel medio termine, di aumentarla”.
Ma, secondo loro stessi, la risolutezza della classe lavoratrice è stata un elemento chiave negli ultimi anni di gestione petrolifera: “Gli esercizi di unità, organizzazione e formazione della classe operaia hanno dato risultati inaspettati, hanno abbattuto barriere, sostituito importazioni e risparmiato valuta estera”.
Per i tre analisti, il Piano per l’Indipendenza Petrolifera Assoluta e il Decreto d’Emergenza Economica renderebbero attuabile la strategia già avviata dallo Stato per sostenere l’industria energetica del Venezuela. Ma anche gli strumenti con cui il Governo Bolivariano cerca di accelerare la diversificazione dell’economia e attrarre investimenti stranieri aggiuntivi rappresentano anche opportunità aperte.
È vero che le nuove misure restrittive di Trump rappresentano una pressione senza precedenti sul paese e sui suoi soci commerciali, “ma va anche considerata una nuova realtà — dichiara Sandoval —: la politica di guerra economica degli USA farà sì che i paesi colpiti, la grande maggioranza degli Stati del mondo, che oggi affrontano costi maggiori per l’invio dei propri prodotti negli USA e che quindi non riusciranno a collocarli facilmente sul mercato nordamericano, si guarderanno l’un l’altro, e questo significa geopoliticamente un mondo molto più pluripolare”.
Il professore e columnist osserva che, a causa degli alti costi derivanti dal collocamento di prodotti stranieri negli USA dovuti ai dazi, quei beni potrebbero arrivare ai mercati venezuelani e, allo stesso modo, i prodotti fabbricati in Venezuela potrebbero essere acquistati in altri paesi colpiti, “diversificando il portafoglio dei prodotti da acquisire e, oltre a ciò, a prezzi non tanto crudelmente alti quanto quelli attuali o di tempi passati”.
“Potremmo prevedere che il Venezuela sarà colpito: avrà minori entrate, cercherà alleanze con paesi amici, cercherà una flotta oscura e vie alternative per collocare il proprio prodotto, probabilmente a un prezzo inferiore, ma avrà anche l’opportunità di rafforzare molto di più, con muscoli propri, la sua industria petrolifera, così come uno sviluppo diversificato che già possiamo osservare”.
Come aveva proposto Putin in risposta alle sanzioni occidentali contro la Russia: gli analisti concludono che le sfide non sono un problema bensì opportunità per il Venezuela.
Sanciones y aranceles contra Venezuela: los desafíos son oportunidades
Ernesto Cazal
Venezuela está enfrentando un escenario internacional de agresión económica y comercial con precedentes conocidos y otros por conocer. La administración de Donald Trump emitió nuevas medidas para presionar el sector petrolero venezolano, aunadas a las sanciones que ya venían golpeando la economía desde hacía más de un lustro.
El pasado 24 de marzo Trump firmó una orden ejecutiva que impone aranceles de 25% al comercio con países que compren petróleo a Venezuela. Esta disposición entró en vigor el 2 de abril.
Según las autoridades estadounidenses, sin bases ni pruebas, el gobierno del presidente Nicolás Maduro ayuda a entrar en Estados Unidos a miembros del grupo criminal Tren de Aragua, reconocido por Washington como organización terrorista, en el marco de una estrategia de criminalización tanto del Estado como del gentilicio venezolano, lo cual ha sido instrumentalizado con fines persecutorios y judiciales contra migrantes en suelos de ese país.
Con esta base, el secretario de Estado, Marco Rubio, viejo enemigo de Venezuela y valedor de la “máxima presión”, determinará —a discreción— la imposición de aranceles en coordinación con los secretarios del Tesoro, Comercio, Seguridad Nacional y el Representante Comercial de Estados Unidos.
Ese mismo día la Oficina de Control de Activos Extranjeros (OFAC) del Departamento del Tesoro prorrogó la Licencia General 41B, que permite a Chevron producir y exportar petróleo venezolano hasta el 27 de mayo de 2025.
Anteriormente, el 4 de marzo, la Casa Blanca revocó oficialmente la Licencia General 41, vigente desde noviembre de 2022 —era Biden—.
Pareciera que, con relación a Venezuela, momentáneamente Trump ha repartido caramelos para todos: Rubio obtiene influencia arancelaria sobre las exportaciones venezolanas y Chevron puede continuar sus operaciones en el territorio nacional de manera provisional, en un ejercicio de equilibrismo entre la “máxima presión” y la diplomacia à la Grenell.
A su vez, la licencia extendida apunta que Washington no ha tomado una decisión definitiva de suspender las importaciones de petróleo venezolano; la posibilidad de que la licencia pueda extenderse después del 27 de mayo está sobre la mesa.
Si bien Estados Unidos revocó el instrumento para que Trinidad y Tobago desarrollara los proyectos gasíferos en los campos Dragón y Cocuina-Manakin, el gobierno trinitense espera que haya enmiendas del Secretario de Estado en el asunto para continuar con las inversiones y el trabajo establecido en el cinturón caribeño de gas.
Producción y exportación sobre la balanza
Para analizar las consecuencias de estas decisiones, Misión Verdad consultó a tres expertos en el tema: Werther Sandoval, profesor universitario y analista energético; y al también catedrático David Paravisini y Manuel Páez Moreno, dirigente político y trabajador de Petróleos de Venezuela (PDVSA), integrantes de Huracán Bolivariano —colectivo de trabajadores de la industria de los hidrocarburos—, quienes respondieron bajo una sola voz.
Para Sandoval, la aplicación de la orden ejecutiva del 24 de marzo significaría que terceros países “van a tener renuencia y, en algunos casos, se van a negar a comprar el petróleo venezolano. Eso va a tener incidencia sobre la producción”, una inminente caída en la producción.
Sin embargo, a contrapelo de lo que afirman otros analistas de tinte opositor, considera que las exportaciones “nunca se van a ahogar por completo”.
Hay perspectivas de que continúe el flujo de caja por exportaciones petroleras porque “PDVSA tiene la suficiente capacidad técnica, científica y tecnológica para mantener y crecer en la producción”, alegan Paravisini y Páez, “y que a falta de estos capitales seguramente la inversión privada venezolana se sumará a la recuperación de la industria petrolera, ya que es transversal para la recuperación económica del país”.
Ellos estiman que “el petróleo es la principal fuente energética del planeta y así lo será por los próximos cien años; eso genera una altísima demanda, por ello toda la oferta que está en el mercado siempre será ocupada de una u otra manera por clientes que lo necesitan”.
Por ejemplo, citan a África como un potencial mercado para el crudo venezolano, “un continente con un gran crecimiento en el consumo energético al cual Europa ha expoliado su territorio, robado sus riquezas y evitado su desarrollo, pero hoy con el apoyo de China ha soltado esas amarras y va rumbo a su independencia política, económica y social”.
Sandoval añade que “nosotros podamos colocar nuestros crudos en otros mercados, incluso espacios que son nuevos o tradicionales, eso también tiene sus vías, tiene ejercicios de comercialización, lo que llaman los buques fantasmas, la flota oscura”, mecanismo que siempre ha existido “con productos tan importantes y vitales como el petróleo, que por supuesto todo el mundo lo apetece en función de que es la sangre que mueve la economía del mundo”.
Pero, para ello, debe haber una continuidad productiva que pudiera ser compensada por PDVSA con proyectos propios. “Sí —expone el también columnista de Últimas Noticias—, puede compensar en algo sobre los proyectos propios, digámoslo, como una estrategia política acertada a propósito de fortalecer el mercado interno, la capacidad adquisitiva interna de nuestras propias empresas y su participación”.
En dicho escenario, los desafíos de la industria nacional de hidrocarburos son variados: Paravisini y Páez observan que “el reto debe ser aumentar nuestra capacidad de refinación y sacar combustible y derivados que suplan el mercado global”, mientras que Sandoval apunta que: “Tenemos problemas de mantenimiento, de importación de equipos, de brindar el mantenimiento y las inversiones adecuadas para mantener la industria con un grado de confiabilidad que le permita tener una operación mucho más fluida, y eso tiene incidencia sobre los costos de producción”.
Paravisini y Páez ahondan en este sentido: “Dependiendo del destino, variará la estructura de costos; siempre impactará porque serán descuentos que traerán consecuencias en nuestros ingresos finales”, y señalan que “la visión debe ser aumentar producción, proceso de refinación y cubrir ese déficit” de la renta provista por las sanciones y los aranceles estadounidenses.
¿Cómo lograr dicho propósito? Sandoval sopesa que “hay países aliados con los cuales Venezuela puede darle alguna viabilidad a la industria petrolera venezolana. Con Irán, con países como Argelia, que están brindando apoyo y han logrado solventar, porque ya tenemos una primera experiencia de suspensión total de las exportaciones petroleras venezolanas y logramos ese refuerzo”.
Mientras que Paravisini y Páez opinan que como “hoy el escenario energético está centrado en la mayor reserva petrolera del mundo”, entonces los países que conforman el mundo multipolar y pluricéntrico “no pueden permitir que el imperialismo colonial de Estados Unidos y sus títeres en Venezuela tomen control de esa reserva porque irían de manera inmediata en contra de la OPEP y la estabilidad del mercado petrolero”.
Oportunidades en puerta
La experiencia venezolana ha demostrado que, a pesar de que la Casa Blanca busque subordinar el sector petrolero del país a los intereses estadounidenses, con lo cual intenta que Venezuela dependa exclusivamente del mercado estadounidense, las asociaciones internacionales con poderes emergentes y la aplicación de políticas públicas coordinada con el sector privado pueden abrir una ventana de posibilidades para afianzar la recuperación.
Sandoval comprueba que con la Ley Antibloqueo se ha permitido algún tipo de gestión y encuentro con sectores privados nacionales, o de otros países, con el objetivo de incrementar las capacidades productivas de la industria hidrocarburífera.
Y, en este contexto, de acuerdo con Paravisini y Páez “la capacidad científica y tecnológica en nuestra industria petrolera está dentro de los estándares más altos; en el mercado nacional existe suficiente inventario de piezas, partes y repuestos que permiten a corto plazo mantener la producción y a mediano plazo aumentarla”.
Pero, según ellos mismos, la resolución de la clase trabajadora ha sido un componente clave durante los últimos años de gestión petrolera: “Los ejercicios de unidad, organización y formación de la clase obrera han dado resultados inesperables, han derribado barreras, sustituido importaciones y ahorrado divisas”.
Para los tres analistas el Plan de Independencia Petrolera Absoluta y el Decreto de Emergencia Económica harían viable la estrategia que ya ha puesto en marcha el Estado para apuntalar la industria energética de Venezuela. Pero los instrumentos con los que el Gobierno Bolivariano intenta acelerar la diversificación de la economía y atraer inversión extranjera adicional también significan oportunidades abiertas.
Es cierto que las nuevas medidas restrictivas de Trump representan una presión sin precedentes sobre el país y sus socios comerciales, “pero también hay que tomar en cuenta una nueva realidad —declara Sandoval—: la política de guerra económica de Estados Unidos va a hacer que los países que están afectados, la gran mayoría de los Estados del mundo, que ya tienen mayores costos del envío de sus productos a Estados Unidos y que, por lo tanto, no van a poderlos colocar con tanta facilidad en el mercado norteamericano, van a mirarse las caras los unos a los otros, y eso significa geopolíticamente un mundo mucho más pluripolar”.
El profesor y columnista repara en que debido a los altos costos que supone colocar productos extranjeros en Estados Unidos debido a los aranceles, esos bienes podrían llegar a los mercados venezolanos y, de la misma manera, los productos hechos en Venezuela pueden comprarse en otros países afectados, “diversificando la cartera de productos que va a adquirir y además de eso con precios no tan cruelmente altos como los que podrían estar en la actualidad o estuvo en tiempos pasados”.
“Podríamos avizorar que Venezuela va a ser afectada: tener menores ingresos, buscar asociaciones con países que estén aliados, buscar una flota oscura y vías alternas para colocar su producto, va a tener un precio por el producto quizás menor, pero también va a tener la oportunidad de que fortalezca mucho más, con músculo propio, su industria petrolera, así como un desarrollo diversificado que ya podemos apreciar”.
Tal como había propuesto Putin, ante las sanciones occidentales contra Rusia: los analistas concluyen que los retos no son un problema sino oportunidades para Venezuela.