Ciò che gli yankee non possono perdonare

Arthur González

Il 19 aprile 1961, gli USA subirono una grande sconfitta sulle sabbie di Playa Girón, in seguito alla loro invasione di Cuba per la Baia dei Porci, con una brigata mercenaria organizzata dalla CIA e composta da circa 1500 uomini ben armati.

I cubani si preparavano già da un anno in vista della minaccia di un’invasione proveniente dagli USA, poiché la CIA, su ordine diretto del presidente Dwight Eisenhower, addestrava la brigata mercenaria in campi situati in Florida e in altri paesi dell’America Centrale. Inoltre, fin dal 1959, gli atti di terrorismo erano costanti, eseguiti da cubani che trovarono rifugio sicuro negli USA e ricevevano finanziamenti dalla CIA.

Il 17 marzo 1960, Eisenhower aveva approvato il primo piano di Azioni Coperte contro Cuba, da attuarsi a cura della CIA, con il seguente obiettivo: “Provocare la sostituzione del regime di Castro con uno che risponda meglio ai veri interessi del popolo cubano e sia più accettabile per gli USA”.

Tra i compiti previsti, espone: “Sono già in corso i preparativi per creare una forza paramilitare adeguata, al di fuori di Cuba, così come i meccanismi per il necessario supporto logistico alle operazioni militari coperte sull’Isola. In primo luogo, e dopo un’accurata selezione, sarà reclutato un gruppo di capi che verranno addestrati come istruttori militari. In una seconda fase, un numero di quadri paramilitari riceverà addestramento in luoghi sicuri fuori dagli USA, al fine di essere pronti per un immediato dispiegamento a Cuba, con l’obiettivo di organizzare, addestrare e dirigere forze di resistenza reclutate sul posto, prima e dopo l’eventuale creazione di uno o più centri attivi di resistenza”.

Come parte di quel piano, l’invasione mercenaria era prevista per il 17 aprile 1961. Per questo, nei giorni precedenti, i principali aeroporti cubani furono bombardati da aerei provenienti dagli USA, camuffati con le insegne delle forze aeree cubane, con l’obiettivo di impedire a Cuba di difendersi durante l’invasione.

Nel bombardamento dell’aeroporto dell’allora campo militare di Columbia, a L’Avana, ci furono diversi feriti e un morto. Durante il suo funerale, il 16 aprile – poche ore prima dello sbarco mercenario – Fidel Castro Ruz avvertiva il popolo su ciò che ormai era imminente.

Nelle sue parole spiegava con chiarezza cristallina: “…Gli USA non possono perdonare al nostro popolo la sua dignità, il suo onore, il suo coraggio. Perché ciò che non possono perdonarci gli imperialisti è di essere qui; ciò che non possono perdonarci è la dignità, la fermezza, il valore, la coerenza ideologica, lo spirito di sacrificio e lo spirito rivoluzionario del popolo di Cuba”. “Questo è ciò che non possono perdonarci: che siamo qui, sotto il loro naso, e che abbiamo fatto una Rivoluzione socialista proprio sotto il naso degli USA!”

L’invasione ebbe luogo all’alba del 17 aprile, con l’appoggio della marina e dell’aviazione USA, ma il popolo cubano la sconfisse in sole 67 ore, facendo svanire i piani degli yankee di conquistare una testa di ponte e riconoscere immediatamente un governo fantoccio che avrebbe restituito a Washington e alla mafia italo-americana il potere politico ed economico che detenevano sull’Isola fin dal 1898.

Questa è la ragione dell’odio verso la Rivoluzione cubana: perché, nonostante migliaia di azioni terroristiche, la guerra economica, commerciale e finanziaria, le pressioni diplomatiche per isolare Cuba dall’America Latina, la guerra biologica che ha causato tante morti e dolore ai cubani, i danni alla flora e alla fauna, le campagne mediatiche per cercare di distorcere la storia, e l’impegno costante, durato 67 anni, per minare il sostegno interno alla Rivoluzione attraverso il disincanto e lo scoraggiamento, basato sull’ insoddisfazione e difficoltà economiche – con il loro vecchio sogno di vedere le strade piene di oppositori – non ci sono mai riusciti.

Nonostante l’aggravarsi delle privazioni causate da questa guerra economica criminale, i cubani sanno cosa perderebbero se gli yankee tornassero a governare il paese. Per questo resistono, e mantengono la dignità, la fermezza, il valore, la coerenza ideologica, lo spirito di sacrificio e lo spirito rivoluzionario, perché – come disse José Martí – “Una volta assaporata la libertà, non si può più vivere senza di essa”.


LE MANOVRE USA PER DISTRUGGERE LA RIVOLUZIONE CUBANA

 

«E che i nemici della Rivoluzione non pensino che ci fermeremo; che i nemici della Rivoluzione non pensino che questo popolo si fermerà, che quelli che inviano gli aerei non pensino, che quelli che conducono gli aerei non pensino che ci metteremo in ginocchio e che abbasseremo le fronti. Ci metteremo in ginocchio una volta e una volta chineremo la fronte e sarà il giorno in cui giungeremo alla terra cubana che custodisce 20.000 cubani per dire loro: “Fratelli, la Rivoluzione è fatta, il vostro sangue non è stato sparso invano!”» (Camilo Cienfuegos)

«Non ci importa di conoscere il nome della persona che ogni quattro anni il popolo nordamericano crede di eleggere per dirigere il suo destino, perché in realtà quelle elezioni sono viziate alla base. Il popolo nordamericano ha solamente la facoltà di eleggere il proprio carceriere per quattro anni».

(Ernesto “Che” Guevara, discorso per l’inaugurazione dell’Industria nazionale produttrice di utensili domestici, 24 luglio 1964)

«Il processo di edificazione del socialismo a Cuba si svolse in condizioni difficili. Nel 1959-1965 sul suo territorio operarono 179 bande controrivoluzionarie. La Cia continuava a preparare piani per l’eliminazione fisica di Fidel Castro e degli altri esponenti dello Stato repubblicano di Cuba. Soltanto nel periodo 1960-1965 furono organizzati otto complotti, con la partecipazione della Cia, che si proponevano di uccidere Fidel Castro. Aumentò notevolmente il numero delle provocazioni contro Cuba (nel 1962-1967 superarono il numero di cinquemila) da parte della guarnigione della base marittima americana esistente sul territorio cubano: Guantanamo. Il popolo cubano lottò politicamente, economicamente, ideologicamente e militarmente, mobilitando tutte le proprie forze per respingere l’aggressione dall’esterno, per vincere il blocco imperialista e battere i nemici di classe della rivoluzione all’interno del paese. Nel corso di molti anni Cuba fu costretta a tenere sotto le armi per le esigenze della difesa più di 300 mila persone».

(Storia Universale dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, 1975)

La ricostruzione storica appena letta, negli anni ’70 poteva senz’altro essere tacciata di menzognera propaganda comunista. Oggi le fonti storiche confermano invece che quanto scritto allora corrispondeva pienamente alla realtà. Per fare piena luce sulla destabilizzazione messa in atto dagli USA, letteralmente ossessionati dal fatto di aver perso Cuba, vediamo quanto emerge dagli studi più recenti, non certo di estrazione filocomunista. Dall’opera di Tim Weiner: i primi piani partono sotto l’amministrazione Eisenhower; è l’11 dicembre 1959 quando il direttore della CIA Allen Dulles riceve il primo memorandum in cui un agente propone di prendere «in seria considerazione l’eliminazione di Fidel Castro».

Nel marzo 1960 Dulles informa il vicepresidente Nixon delle operazioni già in corso a Cuba: guerra economica, sabotaggio, propaganda politica e un piano che prevede di drogare Castro per farlo sembrare pazzo. Si propone di creare «un’opposizione cubana responsabile, presentabile e unificata» guidata da agenti reclutati.

Una stazione radio clandestina all’Avana avrebbe fomentato una rivolta mentre 60 cubani addestrati dalla CIA a Panama si sarebbero infiltrati nell’isola e, ben presto, sarebbero diventati diverse centinaia. Nel frattempo, si preparano anche i piani per uccidere Castro: si cerca di appaltare l’omicidio alla mafia (quel Tony Varona poi ricevuto da Kennedy alla Casa Bianca) e si reclutano agenti sull’isola, valutando la possibilità di agire con qualche cecchino.

Vengono paracadutati sull’isola armi ad agenti, prontamente catturati dalle forze cubane. Se Eisenhower non aveva approvato l’invasione dell’isola le cose cambiano con Kennedy, il quale concede il suo benestare a far intervenire anche forze armate statunitensi: è così che il «15 aprile otto B-26 americani bombardarono tre aeroporti militari cubani, mentre i 1511 uomini della brigata della CIA si dirigevano verso la Baia dei Porci. […] La storia di copertura approntata dalla CIA fu che ad attaccare era stato un unico pilota disertore dell’aeronautica cubana che era poi atterrato in Florida». L’invasione della Baia dei Porci viene respinta con grande successo dalle forze militari cubane.

Nel novembre 1961, nella massima segretezza, John e Bobby Kennedy creano una nuova cellula per la pianificazione dell’attività clandestina. La missione è eliminare Castro: rovesciarlo diventa «la massima priorità per il governo degli Stati Uniti», come ha avuto a dire Bobby Kennedy il 19 gennaio 1962. Durante l’amministrazione Kennedy la Casa Bianca ordina due volte alla CIA di creare una squadra di assassini. La CIA elabora nuove strategie per le azioni clandestine: «ingaggiare e mettere in campo la Chiesa cattolica e la malavita cubana nella lotta contro Castro, incrinare il regime dall’interno, sabotare l’economia, sovvertire la polizia segreta, distruggere i raccolti con una guerra biologica o chimica».

I Kennedy però sono stufi di tali piani. Desiderano un atto di sabotaggio rapido e silenzioso per deporre Castro. Viene organizzata «quella che resta a tutt’oggi la più grande operazione di intelligence mai realizzata dalla CIA in tempo di pace, con circa seicento funzionari dell’agenzia all’opera a Miami e dintorni, quasi cinquemila collaboratori a contratto e la terza maggiore flotta militare dei Caraibi». Anche il Pentagono e la Casa Bianca elaborano propri piani: «uno prevedeva di far saltare una nave americana nel porto di Guantanamo e di mettere in scena un attacco terroristico contro un aereo di linea americano per giustificare una nuova invasione».

Nel 1962 si fa un altro tentativo di assassinio assoldando il mafioso John Rosselli, a cui si consegnano pillole di veleno da mettere nel tè o nel caffè di Castro. Dopo la crisi dei missili i Kennedy continuano ad ordinare «di far saltare miniere, fabbriche, centrali elettriche e navi mercantili cubane, di distruggere il nemico nella speranza di far nascere una controrivoluzione»; 25 agenti cubani della CIA muoiono in simili operazioni.

Nell’estate 1963 la CIA affida a Rolando Cubela, l’agente meglio piazzato di cui dispone all’interno del governo cubano, il compito di eliminare Castro ad ogni costo, se necessario anche con un’esecuzione.

Il 7 settembre 1963 Fidel Castro all’Avana tiene un lungo discorso in cui afferma che «i leader degli Stati Uniti avrebbero potuto correre dei pericoli se avessero prestato il loro aiuto a qualsiasi tentativo di liquidare i leader cubani… Se stanno appoggiando complotti terroristici per eliminare dei leader cubani, loro stessi non possono considerarsi al sicuro». Il 29 ottobre 1963 un agente della CIA incontra Cubela a Parigi informandolo che avrebbe avuto a breve l’arma richiesta: una potente carabina dotata di mirino telescopico.

A metà novembre Cabela giura nuovamente che avrebbe ucciso Castro. Nella stessa settimana il presidente Kennedy viene assassinato. Per anni la CIA ha mantenuto segreti perfino alle commissioni d’inchiesta i propri sospetti sulla responsabilità di Cuba, sulla quale peraltro non sono mai emerse prove. Perché tanta segretezza e riserbo? Affermare pubblicamente anche solo il sospetto che l’uccisione del Presidente del paese più potente del mondo sia stata opera di uno dei paesi più poveri del “Terzo Mondo”, avrebbe in effetti rischiato di avere effetti deflagranti in ogni parte del mondo, mostrando la fragilità del gigante imperialista. Inoltre avrebbe significato dover rendere pubblici tutti gli atti cospiratori con cui la Casa Bianca aveva avallato l’uccisione di un capo di Stato, vicenda rimasta segreta per molti decenni e tuttora molto poco nota.

William Blum aggiunge molti dettagli ed espande cronologicamente il racconto: dopo il 1959 «in numerose occasioni, aerei e navi cubani sono stati dirottati sugli Stati Uniti, ma questi non furono restituiti ai cubani, né i dirottatori puniti», anzi i beni vengono confiscati come risarcimento per i crediti vantati dalle aziende americane espropriate dal governo cubano. Dall’ottobre 1959 iniziano bombardamenti e mitragliamenti sull’isola, oltre a numerose incursioni aeree sui campi da zucchero e sugli zuccherifici di Cuba. Nel marzo del 1960 esplode una nave da carico francese che trasporta munizioni dal Belgio, facendo 75 morti e 200 feriti. Gli USA negano un coinvolgimento ma ammettono «di aver cercato di impedire la spedizione». Per tutti gli anni Sessanta vi sono innumerevoli incursioni via cielo e via mare di commando di esuli, a volte accompagnati dai loro supervisori della CIA, che infliggono danni a raffinerie di petrolio, impianti chimici, ponti ferroviari, piantagioni di canna, zuccherifici e relativi magazzini. Si infiltrano spie, sabotatori e assassini e si fa qualunque cosa per danneggiare l’economia, uccidendo membri della milizia cubana e altre persone. Non mancano episodi di pirateria, bombardamenti effettuati da navi al largo su città e porti. Queste azioni trovano il centro di riferimento e coordinamento a Miami, dove centinaia di agenti della CIA dirigono i cubani esuli in tali operazioni, potendo contare su un bilancio di oltre 50 milioni di dollari annui e un accordo con la stampa locale per mantenere segreti i lavori. L’attuazione dell’embargo commerciale e finanziario è imposto dagli USA anche con il sabotaggio dei beni destinati a Cuba dai paesi e dalle aziende che non si conformano: un fabbricante della Germania Ovest è pagato centinaia di migliaia di dollari per produrre cuscinetti a sfera fuori centro; un altro per fare la stessa cosa ad apparecchi per l’equilibratura delle ruote; la British Leyland nel 1964 vende un gran numero di autobus a Cuba nonostante le reprimende degli USA: smetterà dopo che nell’ottobre dello stesso anno un incidente misterioso porta all’affondamento sul Tamigi di un mercantile della DDR che trasportava 42 autobus. Un incidente causato da una nave giapponese… Dieci anni dopo sarebbe emerso che la collisione era stata organizzata dalla CIA con la cooperazione dei servizi segreti britannici. Non si esita inoltre ad usare armi chimiche e biologiche contro l’isola cubana, contaminando lo zucchero commercializzato da Cuba e pagando agronomi per avviare epidemie di bestiame: il virus, che avrebbe prodotto il morbo di Newcastle, uccide 8000 tacchini cubani. Nel 1971 in un’operazione simile viene diffusa la febbre suina africana che provoca la macellazione forzosa di mezzo milione di capi suini per prevenire l’ulteriore diffusione dell’epidemia. Ci sono forti prove inoltre che gli USA abbiano diffuso attraverso degli insetti infettati un’epidemia di dengue, che nel 1981 colpisce 300 mila persone, con 158 decessi, 101 dei quali fanciulli sotto i 15 anni.

Oltre ai piani raccontati finora innumerevoli altri sono messi in piedi dalla CIA, tra cui il progetto di sganciare una bomba su uno stadio di baseball mentre Castro fa un comizio.

Accade allora che «il bombardiere B-26 fu allontanato dalla contraerea prima che potesse raggiungere lo stadio». Per tutto il periodo di esistenza di Cuba, la CIA ha continuato a produrre notizie e articoli anticastristi da diffondere dentro e fuori dagli USA: ha sovvenzionato pubblicazioni di Miami come Avance, El Mundo, El Prensa Libre, Bohemia e El Diario de las Americas, oltre alla AIP, agenzia giornalistica radiofonica che produce programmi gratuitamente a più di 100 piccole emittenti in America Latina. Nella rete propagandistica entrano le newyorkesi Foreign Publication Inc. e la Editors Press Service.

IL RICORDO DI FIDEL CASTRO DELLA BAIA DEI PORCI

In occasione del 3° anniversario della vittoria di Playa Giròn, più nota come il fallimento dell’invasione della baia dei Porci, Fidel Castro ha ricordato così l’avvenimento:

«Questa data acquista ogni giorno e si presenta ogni giorno sempre più nella sua reale dimensione. Non significa la prima aggressione imperialista a un popolo dell’America Latina, non ha significato il primo atto della barbarie degli imperialisti yankee, non la loro prima azione selvaggia, non la loro prima azione d’occupazione; aggressioni, occupazioni, azioni selvagge e crimini ne avevano già commessi molti contro i popoli fratelli dell’America Latina. Sono davvero pochi i popoli di questo continente che non sanno quello che sono le aggressioni, la pirateria, gli attacchi da filibustieri e l’artiglio degli yankee, cominciando da Puerto Rico, paese latinoamericano che hanno trasformato in una colonia. Playa Girón significa la prima sconfitta dell’imperialismo yankee in America Latina, e, come ha detto recentemente il compagno Guevara: “La prima, ma non l’ultima”. Gli imperialisti subiranno nuove sconfitte; le subiranno nella nostra terra, se ci aggrediranno e le subiranno in altre terre, dalle mani di altri popoli che schiavizzano. Sino a questo giorno avevano agito in totale impunità; sino a questo giorno si sentivano nel diritto di disprezzare i popoli dell’America Latina; sino a questo giorno forse hanno sottovalutato i nostri popoli dell’America Latina. L’aggressione imperialista di Playa Girón ha dimostrato molte cose, ma ha dimostrato, tra le altre, che l’Organizzazione degli Stati Americani è uno strumento di dominio coloniale imperialista, uno strumento docile nelle mani del Dipartimento di Stato. Quando il nostro paese è stato criminalmente aggredito, bombardato con aerei provenienti da distinte basi centroamericane, invaso da forze mercenarie scortate – oltre che armate – dal governo degli Stati Uniti, il nostro paese ha dovuto affrontare con il suo sacrificio e con il suo sangue quell’attacco. Gli Stati Uniti, il governo di quel paese, non hanno ricevuto nemmeno una recriminazione. Pochi mesi dopo la stessa Organizzazione che non aveva detto una parola di condanna per quell’attentato criminale, espulse Cuba, il paese aggredito, il paese vittima, dal seno dell’Organizzazione degli Stati Americani. E c’insegnò che di fronte all’imperialismo questi organismi, strumenti dello stesso imperialismo, sono assolutamente inutili e non servono altri interessi che gli interessi dei nemici dei popoli. E di questo nostro paese si potrà dire: Prima cancellato dalla mappa, piuttosto che sconfitto!»

Fonti www.storiauniversale.it


 

Lo que no pueden perdonar los yanquis

Por Arthur González

El 19 de abril de 1961, Estados Unidos sufrió su gran derrota en las arenas de Playa Girón, tras su invasión a Cuba por Bahía de Cochinos con una brigada mercenaria organizada por la CIA, conformada por unos mil quinientos hombres bien armados.

Los cubanos se preparaban desde un año antes ante las amenazas de ser invadidos desde Estados Unidos, pues la CIA bajo las órdenes del propio presidente Dwight Eisenhower, entrenaba a la brigada mercenaria en campamentos de Florida y en otros países centroamericanos. Además, desde el mismo año 1959 los actos de terrorismo eran constantes, ejecutados por cubanos que encontraron refugio seguro en Estados Unidos y eran financiados por la CIA.

El 17 de marzo de 1960 Eisenhower había aprobado el primer plan de Acciones Encubiertas contra Cuba para que la CIA lo ejecutara, y su objetivo era: “Provocar la sustitución del régimen de Castro por uno que responda mejor a los verdaderos intereses del pueblo cubano y sea más aceptable para Estados Unidos”. 

Entre sus tareas expone:  “Ya se realizan los preparativos para crear una fuerza paramilitar adecuada fuera de Cuba, así como los mecanismos para el necesario apoyo logístico a operaciones militares encubiertas en la Isla. Primeramente y después de una rigurosa selección, se reclutará un grupo de jefes que serán entrenados como instructores militares. En una segunda fase, un número de cuadros paramilitares recibirá entrenamiento en sitios seguros fuera de los Estados Unidos, a fin de que estén disponibles para su despliegue inmediato en Cuba, con el objetivo de organizar, entrenar y dirigir fuerzas de resistencia allí reclutadas, antes y después del establecimiento de uno o más centros activos de resistencia”. 

Como parte de ese plan estaba prevista la invasión mercenaria el 17 de abril de 1961. Por eso días antes los principales aeropuertos cubanos fueron bombardeados por aviones procedentes de Estados Unidos, pintados con insignias de las fuerzas aéreas cubanas, con el fin de eliminar la posibilidad de que Cuba pudiera defenderse durante la invasión.

En el bombardeo al aeropuerto, del hasta entonces campamento militar de Columbia en La Habana, hubo varios heridos y un muerto. Durante su entierro el 16 de abril, sólo horas antes del desembarco mercenario, Fidel Castro Ruz alertaba al pueblo de lo que ya era inminente.

En sus palabras explicó con claridad meridiana: “…Estados Unidos no le pueden perdonar a nuestro pueblo su vergüenza, su dignidad, su valor.  Porque lo que no pueden perdonarnos los imperialistas es que estemos aquí, lo que no pueden perdonarnos los imperialistas es la dignidad, la entereza, el valor, la firmeza ideológica, el espíritu de sacrificio y el espíritu revolucionario del pueblo de Cuba”. “Eso es lo que no pueden perdonarnos, que estemos ahí en sus narices ¡y que hayamos hecho una Revolución socialista en las propias narices de Estados Unidos!

La invasión se produjo al amanecer del día 17 de abril, con apoyo de la marina y aviones de Estados Unidos, pero el pueblo cubano la derrotó en solo 67 horas, evaporándose los planes yanquis de tomar una cabeza de playa y reconocer de inmediato un seudo gobierno, que devolvería a Washington y a la mafia italo-norteamericana el poder político y económico que ostentaban en la Isla desde 1898.

Esa es la razón del odio que tienen contra la Revolución cubana, porque a pesar de miles de acciones terroristas, la guerra económica, comercial y financiera, las presiones diplomáticas para aislar a Cuba de América Latina, la guerra biológica que tantas muertes y dolor ha causado a los cubanos, la afectación a la flora y la fauna, las campañas mediáticas para intentar deformar la historia, más su empeño sostenido por 67 años, para enajenar el apoyo interno a la Revolución a través del desencanto y el desaliento basado en la insatisfacción y las dificultades económicas, con su viejo sueño de ver las calles llenas de opositores, nunca lo han logrado.

A pesar del incremento de las penurias que provoca esa criminal guerra económica, los cubanos saben lo que perderían si los yanquis regresaran a gobernar el país, por eso resisten y mantienen la dignidad, la entereza, el valor, la firmeza ideológica, el espíritu de sacrificio y el espíritu revolucionario, porque como dijo José Martí: “Una vez gozada la libertad, no se puede ya vivir sin ella”.

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