Il petrolio ha dato la vittoria al Venezuela nel suo braccio di ferro con la Spagna

Madrid abbassa i toni, Repsol rilancia la posta

 Misión Verdad

Nonostante le tensioni diplomatiche e i tentativi di ingerenza politica da parte di Madrid, i legami energetici tra Venezuela e Spagna sono rimasti saldi.

Nel marzo 2025, il paese iberico ha aumentato dell’8% le sue importazioni di greggio, raggiungendo i 5,31 milioni di tonnellate, secondo i dati della Corporación de Reservas Estratégicas de Productos Petrolíferos (Cores). Di questo totale, 296000 tonnellate (5,6%) provenivano dal Venezuela, un flusso che contraddice la retorica di pressione diplomatica da parte di Madrid a partire dalla decisione di concedere asilo a Edmundo González Urrutia, e rivela un’interdipendenza impossibile da ignorare.

Questo assume un peso simbolico e geopolitico particolare se messo in prospettiva con i messaggi emessi dall’Assemblea Nazionale venezuelana alla fine del 2024. In quel momento, il presidente del Parlamento, Jorge Rodríguez, aveva esortato a rompere le relazioni diplomatiche, consolari e commerciali con la Spagna, definendo inaccettabile la sua ingerenza dopo il riconoscimento da parte del Congresso spagnolo di Edmundo González Urrutia come “presidente eletto” del Venezuela. “La pazienza ha un limite”, dichiarò Rodríguez allora, invocando la sovranità nazionale e denunciando il sostegno dell’istituzione iberica all’agenda di cambio di regime.

In quei giorni, il presidente Pedro Sánchez, pur senza riconoscere formalmente González Urrutia come presunto “presidente eletto”, si incontrò con lui al Palazzo de La Moncloa. Durante l’incontro, affermò che il suo governo avrebbe lavorato “a favore della democrazia, del dialogo e dei diritti fondamentali del popolo fratello venezuelano”.

La manovra del Parlamento spagnolo cercava di forzare il governo a concretare una rottura formale — che avrebbe comportato la frattura del legame energetico —, rappresentando un sostegno per il settore estremista dell’opposizione. Ciò non è avvenuto. I dati dimostrano che il Venezuela ha rafforzato la propria posizione nel settore energetico, mentre il governo Sánchez, in un contesto di minore offerta da altri mercati — i suoi principali fornitori, Brasile, Messico e USA, hanno ridotto le consegne rispetto a marzo 2024 —, ha abbassato il profilo delle sue dichiarazioni e attenuato la pressione su Caracas.

Rottura come difesa: l’Assemblea Nazionale applica il principio di reciprocità

Lo scontro si è intensificato a partire da settembre 2024, con l’arrivo di Edmundo González a Madrid. Pochi giorni dopo, il 10 settembre, il Congresso spagnolo ha discusso e approvato una Proposta non di Legge promossa dal Partito Popolare (PP), che sollecitava l’Esecutivo a riconoscere González e a promuovere sanzioni contro il governo venezuelano. Il documento, di carattere simbolico ma politicamente rilevante, è stato approvato con 177 voti a favore, 164 contrari e un’astensione.

Questo gesto si è aggiunto all’asilo politico concesso dalla Spagna all’ex candidato della Piattaforma Unitaria. Tuttavia, il governo spagnolo non ha mai formalizzato tale riconoscimento in ambito esecutivo, allineandosi alla posizione dell’Unione Europea: criticare il processo elettorale venezuelano, senza sostenere un nuovo esperimento di “governo parallelo”, dopo il fallimento dell’esperienza Guaidó.

La tensione si è ulteriormente aggravata nello stesso mese, quando il Venezuela ha denunciato lo smantellamento di un piano terroristico che coinvolgeva sei stranieri, tra cui due cittadini spagnoli legati al Centro Nacional de Inteligencia (CNI) spagnolo, accusati di reclutare mercenari per compiere omicidi mirati contro alti funzionari dello Stato venezuelano.

Di fronte a uno scenario segnato da dichiarazioni politiche ostili e fatti che compromettono la sicurezza nazionale, l’Assemblea Nazionale venezuelana ha deciso di alzare il tono istituzionale e ha proposto formalmente la rottura delle relazioni bilaterali come meccanismo di protezione sovrana, misura che però non si è concretizzata poiché Madrid ha colto il messaggio, valutando gli effetti energetici negativi derivanti da una rottura diplomatica.

Repsol si aggrappa alle sue operazioni in Venezuela

Le importazioni spagnole di greggio venezuelano hanno registrato una crescita senza precedenti nel 2024. A dicembre si è registrato un incremento del 116,1% rispetto all’anno precedente, superando i tre milioni di tonnellate, pari al 4,7% del totale di greggio importato dalla Spagna, secondo i dati di Cores. In questo modo, il paese iberico si consolida come terzo maggiore acquirente di petrolio venezuelano, dopo Cina e India.

Questa crescita non è casuale. Da quando l’Europa ha deciso di ridurre i consumi da uno dei suoi principali fornitori, la Russia, paesi come la Spagna sono stati costretti a diversificare rapidamente le fonti energetiche. In questo contesto, il Venezuela si è affermato come attore influente per la sicurezza energetica europea.

In una pubblicazione precedente si era evidenziato come la compagnia energetica spagnola Repsol, in collaborazione con l’italiana ENI, abbia consolidato la propria operatività in Venezuela attraverso lo strategico Campo Perla, considerato il maggior giacimento di gas naturale dell’America Latina. Questo progetto, gestito dalla joint venture Cardón IV, ha raggiunto una produzione iniziale di 150 milioni di piedi cubici, ponendosi come risorsa chiave per l’approvvigionamento energetico europeo. Tuttavia, il suo sviluppo era stato bloccato dalle sanzioni USA.

Le condizioni sono cambiate nel 2023, quando Repsol ha ottenuto un’autorizzazione dal Dipartimento del Tesoro per esportare gas naturale liquefatto (GNL) da Campo Perla. Questo progresso si è consolidato nell’aprile 2024 con il rinnovo della Licenza Generale 44A da parte dell’OFAC, che ha consentito l’espansione delle operazioni tramite la joint venture Petroquiriquire. Tale ampliamento include lo sviluppo dei giacimenti di Tomoporo e La Ceiba, che aggiungono 20000 barili giornalieri di greggio alla produzione.

Nel marzo di quest’anno è sorto un nuovo ostacolo: il presidente Donald Trump ha imposto un dazio del 25% a tutti i paesi che acquistano petrolio venezuelano, misura che colpisce direttamente società come Repsol, che mantengono accordi vigenti con PDVSA. I media spagnoli hanno definito questa decisione una “aggressione economica aperta” contro gli alleati europei, già alle prese con uno scenario complesso a causa delle sanzioni contro la Russia.

La ministra portavoce del governo spagnolo, Pilar Alegría, ha diffuso la risposta dell’esecutivo di Sánchez alla misura di Trump: “Se questi dazi colpiscono direttamente i settori produttivi del nostro paese e i prodotti spagnoli ed europei, come è già avvenuto nel caso dell’acciaio e dell’alluminio, l’Europa e la Spagna risponderanno in modo fermo per difendere i propri prodotti e produttori spagnoli”.

Di recente, l’amministratore delegato di Repsol, Josu Jon Imaz, ha espresso fiducia nel mantenimento della produzione: “Abbiamo un dialogo diretto e aperto con le autorità USA e lavoriamo con loro con l’obiettivo di mantenere i nostri attivi e le operazioni in Venezuela anche in futuro. Quindi stiamo parlando, c’è un canale aperto e preferisco continuare a lavorare su questa relazione franca e diretta con il governo USA”.

La svolta spagnola di fronte a condizioni sfavorevoli

La volontà della Spagna di aggiungersi alla pressione internazionale contro il governo di Nicolás Maduro ha finito per mostrare una ricomposizione più rapida del previsto. Invece di prolungare lo scontro, Madrid ha scelto di ridurre le tensioni, spostando le figure del settore estremista dell’opposizione fuori dal centro del dibattito e concentrando i propri sforzi nel salvaguardare il legame energetico con Caracas.

La questione di González Urrutia è progressivamente scomparsa dal dibattito pubblico spagnolo, mentre aumentavano le importazioni di greggio venezuelano. Repsol, dal canto suo, continua a consolidare la propria posizione nel settore degli idrocarburi venezuelani, anche in un contesto regolatorio complesso segnato dall’inasprimento delle sanzioni illegittime e dall’introduzione di barriere tariffarie.

Il pragmatismo prevale sulla retorica politica, comprimendo i tentativi di ingerenza sotto il peso strategico degli idrocarburi. Senza clamore, lo Stato venezuelano riafferma la propria rilevanza come fornitore affidabile per la sicurezza energetica europea e trascende gli sforzi per isolarla dallo scacchiere internazionale.


Madrid baja la voz, Repsol sube la apuesta

El petróleo le dio el triunfo a Venezuela en su pulso con España

A pesar de los pulsos diplomáticos y los intentos de injerencia política desde Madrid, los vínculos energéticos entre Venezuela y España se han sostenido.

En marzo de 2025 el país ibérico aumentó 8% sus importaciones de crudo, hasta alcanzar 5,31 millones de toneladas, según datos de la Corporación de Reservas Estratégicas de Productos Petrolíferos (Cores). De ese total, 296 mil toneladas (5,6%) provinieron de Venezuela, un flujo que contradice la retórica de presión diplomática de Madrid a partir de la decisión de otorgar asilo a Edmundo González Urrutia, y evidencia una interdependencia que no se puede ignorar. 

Esto cobra un peso simbólico y geopolítico particular si se pone en perspectiva con los mensajes emitidos desde la Asamblea Nacional venezolana a finales de 2024. En ese momento el presidente del Parlamento, Jorge Rodríguez, exhortó a romper relaciones diplomáticas, consulares y comerciales con España, calificando de inaceptable su injerencia tras el reconocimiento por parte de su Congreso a Edmundo González Urrutia como “presidente electo” de Venezuela. “La paciencia tiene un límite”, expresó Rodríguez entonces, invocando la soberanía nacional y denunciando el apoyo de la institución peninsular a la agenda de cambio de régimen.

En esos días el presidente Pedro Sánchez, sin reconocer formalmente a González Urrutia como supuesto “presidente electo”, se reunió con él en el Palacio de La Moncloa. Durante este encuentro dijo que su gobierno trabajaría “en favor de la democracia, el diálogo y los derechos fundamentales del pueblo hermano de Venezuela”.

La maniobra del Parlamento español buscaba forzar al gobierno a concretar una ruptura formal —que implicaba fracturar el lazo energético—, lo que habría representado un espaldarazo para el sector extremista de la oposición. No ocurrió. Los datos muestran que Venezuela ha reforzado su posición en el sector energético, mientras el gobierno de Sánchez, en un panorama de menor oferta de otros mercados —sus principales proveedores Brasil, México y Estados Unidos, disminuyeron sus entregas con respecto a marzo de 2024—, ha bajado el perfil de sus pronunciamientos y atenuado su presión sobre Caracas.

Ruptura como defensa: AN aplica el principio de reciprocidad

El choque se profundizó a partir de septiembre de 2024, cuando Edmundo González arribó a Madrid. Pocos días después, el 10 de septiembre, el Congreso español debatió y aprobó una Proposición no de Ley impulsada por el Partido Popular (PP), que exhortaba al Ejecutivo a reconocer a González y a promover sanciones contra el gobierno venezolano. El documento, de carácter simbólico pero políticamente significativo, fue aprobado con 177 votos a favor, 164 en contra y una abstención.

Este gesto se sumó al asilo político brindado por España al excandidato de la Plataforma Unitaria. Sin embargo, el gobierno español nunca oficializó dicho reconocimiento en el plano ejecutivo, alineándose con la posición de la Unión Europea: cuestionar el proceso electoral venezolano, sin apoyar un nuevo experimento de “gobierno paralelo”, tras el desgaste provocado por la experiencia fallida de Juan Guaidó.

La tensión se agravó más cuando, en el mismo mes, Venezuela denunció la desarticulación de un plan terrorista que involucraba a seis extranjeros, dos de ellos ciudadanos españoles vinculados con el Centro Nacional de Inteligencia (CNI) de España, acusados de reclutar mercenarios para ejecutar asesinatos selectivos contra altos funcionarios del Estado venezolano.

Frente a un escenario marcado por declaraciones políticas hostiles y hechos que comprometen la seguridad nacional, la Asamblea Nacional venezolana optó por elevar el tono institucional y propuso formalmente la ruptura de relaciones bilaterales como mecanismo de protección soberana, medida que finalmente no se materializó porque Madrid había entendido suficientemente bien el mensaje y cotejó los efectos energéticos negativos de causar el rompimiento de las relaciones diplomáticas.

Repsol se aferra a sus operaciones en Venezuela

Las importaciones españolas de crudo venezolano experimentaron un auge sin precedentes en 2024. En diciembre se registró un incremento de 116,1% respecto al año anterior, al alcanzar más de tres millones de toneladas, lo que representó en ese momento 4,7% del total de crudo importado por España, según datos de Cores. Se consolida de esta manera como el tercer mayor comprador de petróleo venezolano, solo detrás de China e India.

Este ascenso no es fortuito. Desde que Europa tomó la decisión de comprometer su abastecimiento al disminuir el consumo de uno de sus principales proveedores, Rusia, países como España se han visto obligados a diversificar rápidamente sus fuentes de energía. En este panorama, Venezuela se ha ido consolidando como un actor influyente para su seguridad energética.

En una publicación anterior se destacó cómo la energética española Repsol, en colaboración con la italiana Eni, ha afianzado su operatividad en Venezuela a través del estratégico Campo Perla, considerado el mayor yacimiento de gas natural de América Latina. Este proyecto, operado por la empresa mixta Cardón IV, alcanzó una producción inicial de 150 millones de pies cúbicos, cifra que lo posiciona como un activo clave para el suministro energético europeo. Sin embargo, su desarrollo se vio interrumpido por las sanciones estadounidenses.

Las condiciones cambiaron en 2023 cuando Repsol obtuvo una autorización del Departamento del Tesoro para exportar gas natural licuado (GNL) desde Campo Perla. Este avance se consolidó en abril de 2024 con la renovación de la Licencia General 44A por parte de la OFAC, lo cual permitió la expansión de operaciones mediante la empresa mixta Petroquiriquire. Dicha ampliación incluye el desarrollo de los campos Tomoporo y La Ceiba, que aportan 20 mil barriles diarios adicionales de crudo a la producción.

En marzo de este año surgió un nuevo obstáculo: el presidente Donald Trump impuso un arancel de 25% a todos los países que compren petróleo venezolano, maniobra que afecta directamente a empresas como Repsol, las cuales mantienen acuerdos vigentes con PDVSA. Medios españoles calificaron esta decisión como una “agresión económica abierta” contra los aliados europeos, quienes ya enfrentan un escenario complejo tras las sanciones a Rusia.

Por su parte, la ministra portavoz de España Pilar Alegría difundió la respuesta del gobierno de Sánchez a la medida de Trump:   “Si esos aranceles afectan directamente los sectores productivos de nuestro país y productos españoles y europeos, como ya ha sucedido en el caso del acero y el aluminio, Europa y España trasladarán una respuesta contundente de defensa de los productos y los productores españoles”.

Recientemente el consejero delegado de Repsol, Josu Jon Imaz, manifestó confianza en mantener la producción: “Tenemos un diálogo directo y abierto con las autoridades estadounidenses, y trabajamos junto a ellas con el objetivo de mantener nuestros activos y operaciones en Venezuela en el futuro. Así que estamos hablando, tenemos ese canal abierto y prefiero seguir trabajando en esa relación franca y directa con el gobierno de Estados Unidos”.

El giro español ante condiciones desfavorables

La voluntad de España de sumarse a la presión internacional contra el gobierno de Nicolás Maduro terminó revelando una recomposición más rápida de lo esperado. En lugar de prolongar el enfrentamiento, Madrid ha optado por reducir tensiones al desplazar a las figuras del sector extremista de la oposición del centro de la agenda y enfocar sus esfuerzos en salvaguardar el vínculo energético con Caracas. 

El tema de González Urrutia se fue diluyendo del debate público español, a la par de que aumentaron las importaciones de crudo venezolano. Repsol, por su parte, persiste en consolidar su posición dentro del sector de hidrocarburos venezolano, incluso en un entorno regulatorio complejo marcado por el endurecimiento de sanciones ilegales y la implementación de barreras arancelarias.

El pragmatismo se impone al discurso político, constriñendo los intentos de injerencia política bajo el peso estratégico de los hidrocarburos. Sin estridencias, el Estado venezolano reafirma su relevancia como proveedor confiable para la seguridad energética europea y trasciende los esfuerzos por aislarla del tablero internacional.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.