Una nuova (e disperata) mossa propagandistica
Recentemente María Corina Machado, a nome dell’opposizione estremista del Venezuela, si è attribuita l’esecuzione della cosiddetta “Operazione Guacamaya”, una manovra “impeccabile” che, secondo lei, avrebbe ottenuto la “liberazione dei cinque sequestrati” nella sede dell’ambasciata argentina a Caracas.
Il 6 maggio Marco Rubio, segretario di Stato del governo USA, aveva annunciato come “salvataggio riuscito” l’uscita di queste persone dalla sede diplomatica attraverso una “precisa operazione”, che – secondo quanto dichiarato – avrebbe avuto il supporto di soci che l’hanno resa possibile, senza però chiarire se fossero coinvolte agenzie di intelligence o altri paesi.
Da allora, vari portavoce mediatici di Machado, come Emmanuel Rincón, Orlando Avendaño, Carla Angola e altri come Las Verdades de Eleazar e Casto Ocando, hanno diffuso la tesi di un’azione orchestrata dalla CIA, dal Mossad israeliano e dall’intelligence argentina, in un’operazione degna di un film di spionaggio made in Hollywood.
Tuttavia, la tesi del salvataggio si scontra con la versione di una trattativa discreta con le autorità venezuelane che avrebbe portato all’uscita dal paese degli interessati.
Ciò si basa sulle dichiarazioni di Diosdado Cabello, il quale fu il primo a confermare e dimostrare l’uscita dal paese di Corina Parisca, madre di Machado, con piena conoscenza e consenso delle autorità venezuelane.
Il ministro degli Interni, Giustizia e Pace ha mostrato immagini del momento in cui Parisca lasciava il Venezuela, lo scorso 5 maggio. L’alto funzionario ha indicato che a questa cittadina era stato concesso un permesso di imbarco con destinazione Bogotá.
Un insieme di elementi suggerisce gravi incongruenze nell’argomentazione sostenuta da Machado e Rubio in merito a questo caso.
INCONGRUENZE DA MOLTEPLICI DIREZIONI
Contraddizioni narrative:
La strategia comunicativa orchestrata da Machado ha mostrato contraddizioni evidenti nel promuovere l’uscita di Magalli Meda, Claudia Macero, Pedro Urruchurtu, Omar González e Humberto Villalobos dall’ambasciata argentina.
La prima incongruenza è della stessa Machado, che ha annunciato l’uscita dei “cinque”. Ma Cabello ha confermato che Macero non si trovava in quella sede e che era uscita da lì già da alcuni giorni.
Machado non ha nemmeno menzionato che sua madre aveva lasciato il paese proprio in quei giorni, una omissione importante e conveniente, poiché ciò suggerirebbe al pubblico l’esistenza di un accordo dietro le quinte.
Luis Gonzalo Pérez, strettissimo collaboratore nella gestione delle reti sociali, ha dichiarato dai suoi account personali che la liberazione di tali persone era frutto di “negoziazioni ad alto livello”.
Le giornaliste venezuelane Sebastiana Barráez e Nitu Pérez Ozuna, anch’esse alleate dell’opposizione estremista venezuelana, hanno diffuso la tesi della negoziazione, ma la prima ha, successivamente, cancellato il video in cui ne parlava.
Vari media internazionali, incluso ABC di Spagna, hanno riferito che “la liberazione degli oppositori è stata parte di un accordo diretto tra l’amministrazione Trump e il regime di Maduro”, secondo fonti dell’opposizione venezuelana a conoscenza del tema.
Tuttavia, il circolo dei comunicatori alleati con Machado si è ostinato a promuovere la versione della “fuga”, persino pagando tweet promozionati sulla rete sociale X.
Con il passare dei giorni, dopo la diffusione da parte di Diosdado Cabello delle immagini della partenza di Corina Parisca dall’Aeroporto di Maiquetía, diversi di questi propagandisti hanno ammesso che sì, c’è stata una negoziazione, ma esclusivamente nel caso della madre di Machado.
PER IL DIPARTIMENTO DI STATO E’ UN ‘FILM’
In una recente conferenza stampa, Tammy Bruce, portavoce del Dipartimento di Stato uUSA, ha contraddetto il segretario di Stato Marco Rubio e l’estremista María Corina Machado riguardo a una presunta operazione di estrazione di oppositori dall’ambasciata a Caracas.
Bruce ha definito le versioni diffuse come “storie da film”, facendo chiaro riferimento alle voci secondo cui ufficiali della CIA avrebbero approfittato della situazione per salvare gli oppositori, accusati di gravi reati.
La domanda iniziale è stata posta dalla giornalista Carla Angola, che ha citato le affermazioni della stampa argentina, la quale aveva riportato una manovra segreta grazie alla quale gli oppositori erano stati fatti uscire dalla sede.
Nella sua risposta Tammy Bruce ha chiarito: “Be’, a me sembra un film. Forse tra qualche anno, o forse cinque anni fa. Ovviamente non commenterò pettegolezzi, né speculazioni o storie incredibili. Ma al momento, sono solo storie”.
La funzionaria ha anche dichiarato di non conoscere – o di preferire non commentare – l’eventualità di una negoziazione dietro le quinte.
Tali dichiarazioni probabilmente hanno causato disagio all’interno del Dipartimento di Stato, poiché il giorno successivo la portavoce in lingua spagnola del dicastero, Natalia Molano, ha parlato di una “operazione riuscita” che ha permesso il “salvataggio” degli interessati.
IL CONTESTO E L’USO AMBIGUO DELLE PAROLE
In più occasioni Diosdado Cabello ha insistito sul fatto che “non può fornire certi dettagli” sulle negoziazioni che hanno portato a questo fatto.
Fa chiaramente riferimento a decisioni e azioni completamente discrezionali da parte del governo venezuelano, nel contesto di difficili conversazioni segrete con il governo USA.
Finora il governo USA, né alcuna agenzia di sicurezza che potrebbe rivendicare il “salvataggio”, ha emesso dichiarazioni o rivelato dettagli logistici o operativi concreti sull’ipotetica operazione.
A livello puramente ufficiale, dagli USA esiste solo un tweet di Marco Rubio dal suo account personale su X.
Va anche ricordato che i funzionari USA tendono a usare i termini “salvataggio” e “operazioni di liberazione” di “ostaggi” anche in caso di scambi o negoziazioni con un governo per la liberazione di cittadini USA o di altra nazionalità.
Finora altri portavoce del chavismo, come il presidente Nicolás Maduro Moros, si sono distinti per il loro silenzio. Gli eventi sono emersi durante il suo viaggio in Russia, dove si trovava su invito del presidente Vladimir Putin, e dove ha avuto incontri con i governi russo e cinese. Chiaramente, la questione non era tra le sue priorità principali.
Una nueva (y desesperada) jugada propagandística
Desmontando la “Operación Guacamaya”
Hace poco María Corina Machado, a nombre de la oposición extremista de Venezuela, se adjudicó la ejecución de la llamada “Operación Guacamaya”, una maniobra “impecable” que, según ella, había logrado la “liberación de los cinco secuestrados” en la sede de la embajada de Argentina en Caracas.
El 6 de mayo Marco Rubio, secretario de Estado del gobierno estadounidense, había anunciado como “exitoso rescate” la salida de estas personas de la sede diplomática mediante una “precisa operación”, la cual contó, según dijo, con socios que lo hicieron posible, sin aclarar que se involucraran agencias de inteligencia o países.
Desde entonces diversos voceros mediáticos de Machado como Emmanuel Rincón, Orlando Avendaño, Carla Angola y otros como Las Verdades de Eleazar y Casto Ocando difundieron tesis sobre una acción orquestada por la CIA, por el Mossad israelí y por la inteligencia de argentina, en lo que se supone fue un proceso digno de película de espionaje marca Hollywood.
Sin embargo, la tesis del rescate colisiona con la versión de una discreta negociación con las autoridades venezolanas que habría desembocado en la salida del país de los implicados.
Esto obedece a declaraciones que hiciera Diosdado Cabello, quien fue el primero en confirmar y demostrar la salida del país de Corina Parisca, madre de Machado, con pleno conocimiento y consentimiento de las autoridades venezolanas.
El ministro de Relaciones Interiores, Justicia y Paz exhibió imágenes del momento cuando Parisca abandonaba Venezuela el pasado 5 de mayo. El alto funcionario indicó que se otorgó a esta ciudadana un permiso de abordaje con destino a Bogotá.
Una lista de elementos sugiere grandes inconsistencias en el argumento defendido por Machado y Rubio sobre este caso.
INCONSISTENCIAS DESDE MÚLTIPLES DIRECCIONES
Contradicciones narrativas:
La estrategia comunicacional orquestada por Machado tuvo contradicciones elocuentes al promoverse la salida de Magalli Meda, Claudia Macero, Pedro Urruchurtu, Omar González y Humberto Villalobos, desde la embajada de Argentina.
La primera de ellas fue de ella misma, quien anunció la salida de los “cinco”. Pero Cabello confirmó que Macero no se encontraba en esa sede y que había salido días antes de dicho recinto.
Machado tampoco mencionó que su madre abandonó el país para esos mismos días, en lo que es una importante y conveniente omisión pues ello haría suponer ante el público que había un acuerdo tras bastidores.
Luis Gonzalo Pérez, quien es un cercanísimo administrador de sus redes sociales, señaló desde sus cuentas personales que la liberación de tales personas obedeció a “negociaciones de alto nivel”.
Las periodistas venezolanas Sebastiana Barráez y Nitu Pérez Ozuna, también aliadas a la oposición extremista venezolana, difundieron la tesis de la negociación pero luego la primera borró el video en el que comentaba al respecto.
Varios medios internacionales, incluido el medio ABC de España, reseñaron que “la liberación de opositores fue parte de un acuerdo directo entre la administración Trump y el régimen de Maduro”, según fuentes de la oposición venezolana familiarizadas con el tema.
Sin embargo, el círculo de comunicadores aliados con Machado se ufanó en promover la versión del “escape”, incluso pagando trinos promocionados en la red social X.
Al paso de los días, ante la divulgación de Diosdado Cabello de la salida de Corina Parisca desde el Aeropuerto de Maiquetía, varios de estos propagandistas admitieron que sí hubo una negociación, pero exclusivamente con el caso de la madre de Machado.
Para el Departamento de Estado es una “película”
En una rueda de prensa reciente Tammy Bruce, portavoz del Departamento de Estado de Estados Unidos, contradijo al secretario de Estado Marco Rubio y a la extremista María Corina Machado sobre una supuesta operación de extracción de opositores desde la embajada en Caracas.
Bruce calificó las versiones difundidas como “historias de película”, en clara referencia a los rumores que indicaban que oficiales de la CIA habrían aprovechado para rescatar a los opositores, a quienes se les acusa de delitos graves.
La pregunta inicial fue formulada por la periodista Carla Angola, quien citó las afirmaciones de la prensa argentina, que había informado sobre una maniobra secreta en la que los opositores fueron sacados de la sede.
En su respuesta Tammy Bruce aclaró: “Bueno, suena como una película para mí. Quizás en unos años, o quizás desde hace cinco años. Por supuesto, no comentaré chismes, no comentaré especulación ni las historias increíbles. Pero en este punto, esas son historias”.
La funcionaria también indicó desconocer, o prefirió no comentar la cuestión de una negociación tras bastidores.
Estas declaraciones probablemente generaron incomodidad en el seno del Departamento de Estado pues al día siguiente la portavoz en español de este despacho, Natalia Molano, se refirió a una “exitosa operación” que permitió el “rescate” de los implicados.
EL CONTEXTO Y EL USO AMBIGUO DE LAS PALABRAS
En diversas oportunidades Diosdado Cabello ha insistido en que “no puede dar ciertos detalles” sobre las negociaciones que desembocaron en este hecho.
Claramente alude a decisiones y acciones completamente discrecionales por parte del gobierno venezolano, en el marco de difíciles conversaciones tras bastidores con el gobierno estadounidense.
Hasta ahora el gobierno norteamericano, ni ninguna de las agencias de seguridad que podrían abrogarse el “rescate”, ha emitido algún pronunciamiento ni ha revelado detalles logísticos u operacionales en concreto de la supuesta operación.
En términos puramente oficiales, desde Estados Unidos lo único que existe es un trino de Marco Rubio desde su cuenta personal en X.
También es necesario recordar que los funcionarios de Estados Unidos suelen usar las palabras “rescate” y “operaciones de liberación” de “rehenes”, cuando se realizan canjes o negociaciones con algún gobierno para liberar a ciudadanos estadounidenses o de otra nacionalidad.
Hasta ahora otras vocerías del chavismo, como la del presidente Nicolás Maduro Moros, han destacado por su silencio. Los eventos se revelaron durante su periplo por Rusia, adonde acudió por invitación del presidente Vladímir Putin, y donde tuvo reuniones con los gobiernos ruso y chino. Claramente el tema no estaba en el primer nivel de prioridades del mandatario nacional.