Recentemente, il segretario di Stato USA, Marco Rubio, ha annunciato un nuovo piano per ristrutturare il Dipartimento, che prevede la chiusura di oltre 100 uffici nel mondo, con conseguenti licenziamenti di massa nel governo e una riduzione del 15% del personale nazionale. “Non possiamo vincere la battaglia per il XXI secolo con una burocrazia gonfiata che soffoca l’innovazione e spreca risorse scarse”, ha affermato Rubio in una email inviata a tutto il Dipartimento e ottenuta da AP.
L’obiettivo è quello di “modernizzare” il funzionamento del Dipartimento e allinearlo alla visione di “America First” di Donald Trump, deciso a ridurre la spesa pubblica. “I programmi non previsti dalla legge che non sono allineati con gli interessi nazionali fondamentali dell’America cesseranno di esistere”, ha twittato Rubio.
Tuttavia, in mezzo a tutta questa “austerità programmata”, il nuovo segretario di Stato è riuscito a rifinanziare e proteggere i programmi di “cambio di regime” a Cuba, allineati con gli ambienti mafiosi di Miami che, da molto tempo, hanno sostenuto la sua ascesa politica, in un affare di reciproco vantaggio.
“La NED accoglie con favore i primi passi del Dipartimento di Stato per ripristinare il finanziamento” titolava l’agenzia nell’annunciare il recupero di 167 milioni di $ precedentemente assegnati dal Congresso, che grazie all’intervento dello stesso Rubio saranno nuovamente erogati. Inoltre, si precisa che continueranno a chiedere altri 72 milioni che erano già stati approvati. Nel loro festoso comunicato, dichiarano, senza mezzi termini, che: “questi passi sono fondamentali per ristabilire appieno la nostra capacità di sostenere i difensori della democrazia in prima linea nei regimi repressivi come Cuba (attenzione, citata per prima), Venezuela, Iran, Cina e Russia”.
Uno di questi programmi “rifinanziati” è stato El Toque (un sedicente media impegnato non solo nella propaganda sovversiva ma anche nell’innesco di un’inflazione indotta), il cui “direttore responsabile” José Jasán Nieves Cárdenas ha dichiarato in quel momento che la National Endowment for Democracy (NED) ha notificato lo sblocco dei fondi già promessi, “ma non si parla ancora di riattivare tutti i programmi sospesi”. Secondo Nieves, “il governo federale aveva sbloccato una parte del denaro precedentemente congelato a seguito di una richiesta della NED”.
Anche la “pubblicazione” CubaNet, con sede a Miami, ha visto il proprio finanziamento triennale di quasi 1,8 milioni tagliato e successivamente ripristinato. “Il nostro obiettivo è sempre stato contrastare la propaganda del regime di Castro. Senza questo finanziamento, il governo dell’Avana avrà maggiore libertà per intensificare la sua propaganda e la sua repressione”, ha affermato il direttore del sito, Roberto Hechavarría Pilia, prima che il finanziamento fosse riattivato.
Anche il Grupo de Apoyo a la Democracia en Cuba ha visto tagliato e poi ripristinato un finanziamento di poco meno di 1 milione di $ grazie a Rubio, così come la Fundación para los Derechos Humanos en Cuba. Secondo il sito web della fondazione, i suoi tre obiettivi principali includono: “tagliare le fonti di reddito usate per reprimere il popolo cubano”, “sostenere il popolo cubano denunciando le violazioni dei diritti umani” e “rafforzare la società civile per generare un cambio positivo”. Quest’ultima organizzazione era già stata coinvolta in scandali legati a tagli di bilancio per attività sovversive contro Cuba quando, nel 2008, un’inchiesta rivelò che uno dei suoi membri aveva accumulato oltre 11000 $ in spese personali pagate con quegli stessi fondi. Uno scandalo che portò al congelamento temporaneo di 45 milioni di $ assegnati dal governo di George Bush e a un’audit “approfondito” della USAID.
Perfino la vetusta Radio Martí, che da oltre 40 anni spende soldi dei contribuenti USA in trasmissioni che nessuno guarda a Cuba, è stata fermata per 9 giorni, finché non le è stata riattivata una linea di credito governativa, seppur con forti tagli. “Il sostegno a Radio Martí e al popolo cubano è essenziale per eliminare una minaccia che è stata presente a sole 90 miglia dagli USA per troppo tempo”, ha dichiarato Orlando Gutiérrez Boronat, del Directorio Democrático Cubano.
Uno dei tanti personaggi chiave di questo intrigo è Benjamín León Jr., un emigrato cubano nominato ambasciatore in Spagna da Trump (probabilmente su “raccomandazione” di Marco Rubio), che ha fatto fortuna vendendo una catena di cliniche e ha donato milioni sia alla carriera politica di Rubio che a varie organizzazioni dei “lottatori per la democrazia a Cuba”, incluso il già citato Directorio Democrático.
Secondo un articolo di The Nation, León ha donato 2,5 milioni di $ al super-PAC Conservative Solutions, a sostegno della campagna presidenziale di Marco Rubio. Questo super-PAC è stato cruciale nel finanziare annunci e attività a favore di Rubio durante le primarie repubblicane, anche se Rubio non ottenne la nomina. Questa donazione lo ha reso uno dei principali finanziatori di Rubio in quella tornata elettorale.
Le donazioni milionarie di León sono arrivate anche a Donald Trump (oltre 2,8 milioni per le ultime presidenziali), a María Elvira Salazar, Lincoln Díaz-Balart e altri rappresentanti della vecchia guardia anticubana.
In conclusione, l’austerità tanto proclamata da Marco Rubio si applica, sì, ma solo se non tocca i suoi interessi. Mentre dice di rendere più efficiente il Dipartimento di Stato riducendo gli organici, protegge le sue creature più preziose: i progetti contro Cuba, che in definitiva sono quelli che garantiscono i finanziamenti per la sua carriera politica. Rubio e gli altri mostri politici di Miami vivono di “generose donazioni”, non si interessano né di democrazia né di diritti umani; sanno bene che si tratta di milioni e milioni del bilancio statale buttati al vento, o molto spesso semplicemente rubati. Quando chiedono di rifinanziare i “programmi” contro Cuba, in realtà stanno unicamente cercando di salvare le proprie finanze personali.
Marco Rubio: recortes y financiamientos, el negocio de la “democracia” en Cuba!
Recientemente, el secretario de Estado de los Estados Unidos, Marco Rubio, ha anunciado un nuevo plan para reestructurar el Departamento, a través del cual se pretende concretar el cierre de más de 100 oficinas en el mundo, lo que derivará en despidos masivos en el gobierno al reducir el personal nacional en un 15%. “No podemos ganar la batalla por el siglo XXI con una burocracia inflada que sofoca la innovación y malgasta recursos escasos”, afirmó Rubio en un correo electrónico dirigido a todo el departamento y obtenido por AP.
Pretende así “modernizar” el funcionamiento del Departamento y alinearlo con la visión de “Estados Unidos Primero” de Donald Trump, quien parece empeñado en reducir el gasto público. “Los programas no estatutarios que no estén alineados con los intereses nacionales centrales de América dejarán de existir” señaló en un tuit.
Sin embargo, en medio de toda esa “austeridad programada”, el flamante secretario de Estado se las ha agenciado para refinanciar y proteger los programas de “cambio de régimen” en Cuba, alineados a los mafiosos de Miami que durante mucho tiempo han impulsado su ascenso político, en un negocio de mutuo beneficio.
“La NED acoge con satisfacción los primeros pasos del Departamento de Estado para restablecer la financiación” fue el titular de la agencia en el cual anunciaban la recuperación de 167 millones de dólares asignados por el Congreso anteriormente, que por la gestión del propio Marco Rubio volverán a recibir y señalan además que seguirán exigiendo otros 72 millones que también les habían sido otorgados.
En su plácido festejo plantearon sin ambages que: “esos pasos son importantes para establecer plenamente nuestra capacidad de apoyar a los defensores de la democracia en primera línea en regímenes represivos como Cuba (ojo, en primer lugar), Venezuela, Irán, China y Rusia”.
Uno de estos programas “refinanciados” fue El Toque (un seudo medio empeñado no solo en la generación subversiva sino también en la instalación de una inflación inducida) de quien su “director en jefe” José Jasán Nieves Cárdenas, afirmó en ese momento que la Fundación Nacional para la Democracia (NED), les notificó el desembolso de fondos ya comprometidos, “pero aún no hablan de reactivar todos los programas suspendidos”. Según Nieves “el Gobierno federal había liberado una parte del dinero previamente congelado tras una demanda de la NED”.
Igualmente la “publicación” CubaNet, con sede en Miami, vio su subvención trienal de casi 1.8 millones recortada y luego restaurada. “Nuestro objetivo siempre ha sido contrarrestar la propaganda del régimen de Castro. Sin este financiamiento, el gobierno en La Habana tendrá mayor libertad para intensificar su propaganda y represión”, dijo el director del sitio de noticias, Roberto Hechavarría Pilia, antes de que se reactivara el financiamiento.
El Grupo de Apoyo a la Democracia en Cuba también vio recortados y luego restaurados poco menos de un millón de dólares por Rubio, al igual que la Fundación para los Derechos Humanos en Cuba. Según el sitio web de la fundación, sus tres objetivos principales incluyen “cortar las fuentes de ingresos que se utilizan para reprimir al pueblo cubano”, “apoyar al pueblo cubano destacando las violaciones de derechos humanos” y “empoderar a la sociedad civil para generar un cambio positivo”.
Este último, ya había estado involucrado en causas de recortes presupuestarios en la subversión contra Cuba, cuando en 2008 una investigación encontró que uno de sus miembros había acumulado más de 11 mil dólares en gastos personales pagados con esos mismos fondos. Un escándalo que produjo la congelación temporal de 45 millones asignados por el gobierno de George Bush y una auditoria “exhaustiva” de la USAID.
Incluso la vetusta Radio Martí que llevaba más de 40 años gastando el dinero del contribuyente estadounidense en trasmisiones que nadie ve en Cuba, fue paralizada por 9 días, hasta que vio reactivada una línea de créditos del gobierno no sin grandes recortes. “El respaldo a Radio Martí y al pueblo de Cuba es esencial para eliminar una amenaza que ha estado presente a solo 90 millas de Estados Unidos por demasiado tiempo” dijo Orlando Gutiérrez Boronat, del Directorio Democrático Cubano.
Uno de los tantos personajes claves en este entramado, es Benjamín León Jr., un emigrado cubano nombrado por Trump (seguramente por “recomendación” de Marco Rubio) como embajador en España, hizo fortuna millonaria vendiendo un negocio de clínicas, y ha donado varios millones tanto a la carrera política de Rubio como a varias de las organizaciones de “luchadores por la democracia de Cuba” incluyendo al mencionado Directorio Democrático.
Según un artículo de The Nation, León donó $2.5 millones al super-PAC Conservative Solutions, que apoyaba la campaña presidencial de Marco Rubio. Este super-PAC fue clave para financiar anuncios y actividades pro-Rubio durante las primarias republicanas, aunque Rubio no logró la nominación. Esta contribución destaca a León como uno de los principales donantes de Rubio en ese ciclo electoral.
Las contribuciones millonarias de León, llegaron también al propio Donald Trump con más de 2.8 millones para las últimas presidenciales, así como a María Elvira Salazar o Lincoln Díaz-Balart y otros funcionaros representantes de la politiquería anticubana.
Por tanto la austeridad manifiesta por Marco Rubio se aplica, si y solo si no afecta a sus propios intereses. Mientras dice hacer más eficiente al Departamento de Estado reduciendo plantillas, protege a sus criaturas más preciadas, los proyectos contra Cuba, que son en fin de cuentas quienes les garantizan los financiamientos a su carrera política. Rubio y los demás esperpentos de Miami viven de “generosas contribuciones”, no les interesa la democracia ni los derechos humanos, ellos saben que son millones y millones del presupuesto estatal tirados a la basura o muchas veces simplemente robados. Cuando buscan refinanciar los “programas” contra Cuba, únicamente están tratando de proteger sus finanzas personales.