T’invito a credermi quando dico futuro?

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poder-mediatico-deshumanizacion-periodismoQuesto articolo pubblicato su La Jornada, di Emir Sader, deve suonare nelle orecchie degli autori di alcune proposte trovabili in rete, per il futuro di Cuba, che prendono come modello per la nostra Costituzione e le nostre leggi ciò, che senza dubbio sono progressi nei paesi latino-americani con governi post-neoliberali ma che qui sarebbero solo retrocessi verso la perdita di potere per le maggioranze,  che oggi è instabile in tutte quelle repubbliche sorelle.


Alcune idee vendute come soluzioni per Cuba le ho messo in grassetto: “classe media”, “gli stati incassano troppe imposte, sono corrotti, dovrebbero restringere i loro spazi in funzione delle iniziative private, non rispettano la libertà di stampa”, “mezzi di comunicazione privati” e ” legge di regolamentazione dei media”.

Suona familiare? a me anche, sarà casuale che tali consigli vengono sempre dai nostri embrioni di mezzi di comunicazione privati, il nostro futuro “partito politico di destra”?

I diritti sociali contro il monopolio mediatico

Emir Sader

Gli scenari elettorali si ripetono in modo molto simile nei paesi di governi post-neoliberali dell’America Latina: alle candidature dei governi si oppongono sempre candidature di destra. I primi contano sulle politiche sociali redistributive, gli altri sul monopolio privato dei mezzi di comunicazione. Uno tocca le condizioni di vita della maggioranza, l’altra cerca di toccare la coscienza della gente.

Non vi è dubbio che i governi di Venezuela, Brasile, Argentina, Uruguay, Bolivia ed Ecuador hanno notevolmente migliorato le condizioni di vita delle persone. La redistribuzione del reddito, la riduzione delle disuguaglianze, l’aumento delle possibilità che le persone possono trovare dignitose forme di sopravvivenza: tutto fa pensare in questa direzione, che non viene negata neppure da parte dell’opposizione.

Ma nessuno neppure nega il ruolo dei mezzi di comunicazione privati, che sono diventati, da tempo, il partito politico della destra. Così, le campagne elettorali spesso misurano i risultati delle politiche sociali contro l’efficacia dei mezzi di comunicazione.

L’effettività delle politiche sociali va creando un consenso, ma direttamente negli ambienti popolari, che tendono a votare in massa per i candidati dei governi, in cui vedono i meriti di queste politiche e la prospettiva della loro continuazione. Gli strati intermedi delle grandi città sono il bersaglio privilegiato delle campagne dei mezzi di comunicazione privati, concentrando la loro azione nel diffondere l’idea che i paesi vanno male, che la strada scelta dai governi sono sbagliate, che gli stati incassano troppe imposte, sono corrotti, dovrebbero ridurre i loro spazi in funzione delle iniziative private, non rispettano la libertà di stampa e così via.

Così come le politiche sociali dei governi post-neoliberali sono molto simili, le campagne dei mezzi monopolistici di comunicazione sembrano fatte da una stessa società privata, tanto sono uguali.

Se i governi hanno ora problemi, le alternative si trovano alla loro destra e non alla sinistra. I candidati dell’opposizione -sia in Ecuador, Venezuela, Bolivia, Brasile, Argentina o Uruguay- sono i soliti di sempre, a volte i figli dei soliti di sempre. La novità è che a volte dicono che vanno a mantenere le politiche degli attuali governi, quando si rendono conto che la gente vuole aggiustamenti, ma nel contesto della continuità delle politiche attuali. Fingono di mantenere i progressi sociali, ma quando devono rivelare la loro politica economica e/o i loro futuri ministri economici, nel caso vincessero -o se qualcuno li rivela-, si vede che le attuali politiche sociali sono assolutamente incompatibili con le dichiarazioni di base dei funzionari di primo piano che consigliano i candidati dell’opposizione.

Il potere dei mezzi di comunicazione privati ​​dà alla destra un grande potere destabilizzante, al valersi di campagne di terrorismo economico, di denuncia di presunti scandali del governo, togliendo energia e potere di azione ai governi. Ma quella stessa destra si mostra incapace di generare candidati e piattaforme vincitrici alle elezioni. Deve allora fare appello a schemi golpisti per cercare di rompere la continuità dei governi progressisti. Lo schema è simile in paesi come Venezuela, Ecuador, Brasile, Bolivia o Argentina.

E’ essenziale quindi la rottura del monopolio privato dei mezzi di comunicazione, che mantengono la capacità di influire, anche, nei paesi in cui vi è già una legge che regola i media. Ma lo scopo essenziale, con o senza tale regolamentazione, è che gran parte della massa della popolazione, i beneficiari delle politiche sociali che caratterizzano questi governi, abbiano coscienza sociale dei propri diritti e quali forze rappresentano la garanzia di tali diritti e quali rappresenterebbero la loro fine.

Insomma, è necessario costruire nell’insieme della società l’egemonia delle politiche post-neoliberiste, soprattutto la priorità delle politiche sociali redistributive, ciò che significherà il punto di non ritorno di quei governi.

¿Te convido a creerme cuando digo futuro?

Este artículo publicado en La Jornada por Emir Sader debe sonar en los oídos de los autores de algunas propuestas encontrables en la red para el futuro de Cuba que toman como modelo para nuestra Constitución y nuestras leyes lo que sin dudas son avances en países latinoamericanos con gobiernos postneoliberales pero que aquí sólo serían retrocesos hacia la pérdida del poder por las mayorías que hoy se tambalea en todas esas repúblicas hermanas.

Algunas luces vendidas como soluciones para Cuba las he puesto en negritas: “capas medias”,“los estados cobran demasiados impuestos, son corrompidos, debieran restringir sus espacios en función de las iniciativas privadas, no respetan la libertad de prensa”, “medios de comunicación privados” y “ley de regulación de medios

¿Les suena?, a mi también, ¿casualidad que tales consejos vienen siempre de nuestros embriones de medios de comunicación privados, nuestro futuro “partido político de la derecha”?

Derechos sociales en contra del monopolio mediático

Emir Sader

Los escenarios electorales se repiten de forma muy similar en los países de gobiernos posneoliberales de América Latina: a las candidaturas de los gobiernos se oponen siempre candidaturas de derecha. Aquéllas cuentan con las políticas sociales redistributivas, éstas con el monopolio privado de los medios de comunicación. Una toca a las condiciones de vida de la gran mayoría, la otra intenta tocar a la conciencia de la gente.

No hay ninguna duda de que los gobiernos de Venezuela, Brasil, Argentina, Uruguay, Bolivia y Ecuador han mejorado de manera sustancial las condiciones de vida de las personas. La redistribución de la renta, la disminución de las desigualdades, el aumento de las posibilidades de que las personas puedan encontrar formas dignas de sobrevivencia: todo apunta en esa dirección, que no es negada ni siquiera por la oposición.

Pero nadie tampoco niega el rol de los medios de comunicación privados, que se han vuelto, hace tiempo, el partido político de la derecha. Así, a menudo las campañas electorales miden los resultados de las políticas sociales en contra de la eficacia de los medios de comunicación.

La efectividad de las políticas sociales va creando un consenso, pero directamente en los medios populares, que suelen votar masivamente por los candidatos de los gobiernos, en quienes ven los méritos de esas políticas y la perspectiva de continuación de ellas. Las capas medias de las grandes ciudades son el blanco privilegiado de las campañas de los medios de comunicación privados, concentrando su acción en difundir la idea de que los países van mal, que el camino escogido por los gobiernos está equivocado, que los estados cobran demasiados impuestos, son corrompidos, debieran restringir sus espacios en función de las iniciativas privadas, no respetan la libertad de prensa, etcétera.

Así como las políticas sociales de los gobiernos posneoliberales son muy similares, las campañas de los medios monopolistas de comunicación parecen realizadas por una misma empresa privada, de tal forma son iguales.

Si los gobiernos tienen problemas actualmente, las alternativas se ubican a su derecha y no a su izquierda. Los candidatos de la oposición –sea en Ecuador, Venezuela, Bolivia, Brasil, Argentina o Uruguay– son los mismos de siempre, a veces hijos de los de siempre. La novedad está en que a veces dicen que van a mantener políticas de los gobiernos actuales, cuando se dan cuenta de que la gente puede querer adecuaciones, pero en el marco de la continuidad de las políticas actuales. Hacen como que van a mantener los avances sociales, pero cuando tienen que revelar su política económica y/o sus futuros ministros de economía, en caso de que ganaran –o si alguien los revela–, se ve que las políticas sociales actuales son absolutamente incompatibles con los enunciados básicos de los personeros conspicuos que asesoran a los candidatos de la oposición.

El poder de los medios de comunicación privados da a la derecha un buen poder desestabilizador, al valerse de campañas de terrorismo económico, de denuncia de supuestos escándalos del gobierno, quitando energía y poder de acción a los gobiernos. Pero esa misma derecha se muestra incapaz de generar candidatos y plataformas vencedoras en las elecciones. Tiene entonces que apelar a esquemas golpistas para intentar romper la continuidad de los gobiernos progresistas. El esquema es similar en países como Venezuela, Ecuador, Brasil, Bolivia o Argentina.

Es esencial así romper con el monopolio privado de los medios de comunicación, que mantienen capacidad de influencia incluso en los países donde ya hay ley de regulación de los medios. Pero el objetivo esencial, con o sin esa regulación, es que los grandes sectores de la masa de la población, beneficiarios de las políticas sociales que caracterizan a esos gobiernos, tengan conciencia social de sus derechos y de qué fuerzas representan la garantía de esos derechos y cuáles representarían su término.

Total, es necesario construir en el conjunto de la sociedad la hegemonía de las políticas posneoliberales, ante todo la prioridad de las políticas sociales redistributivas, lo cual significará el punto de no retorno de esos gobiernos.

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