Nel 1922, in una peregrinazione guidata da Arturo R. de Carricarte, s’inaugurò il monumento attuale
Lei ha la stessa età dei bambini che abitano le pagine di La Edad de Oro. Nelle sue mani un mazzo di fiori bianchi, come un pugno di versi appena recisi.
Oggi non viene a giocare con anelli palette e secchielli. Avanza con la testa bassa e un atteggiamento molto, molto serio.
Si avvicina all’obelisco in sua memoria, gli sussurra e lo abbraccia, sa che anche gli eroi necessitano il caldo affetto di quelli che credono nelle fate.
Nel cuore della provincia di Granma, nel municipio di Jiguaní, s’innalza il Monumento Nazionale di Dos Ríos, –ubicato a cinque chilometri dalla confluenza dei fiumi Cauto e Contramaestre–, sito che marca il luogo nel quale José Martí, Apostolo dell’indipendenza, cadde in combattimento il 19 maggio del 1895.
COMBATTIMENTO E MORTE
La sua morte, avvenuta in una scaramuccia contro le truppe spagnole continua ad essere un enigma storico avvolto in contraddizioni e dibattiti.
Fu un’azione d’eroismo temerario, o un errore tragico?
Le ipotesi, alimentate da testimonianze frammentate e analisi storiche dipingono un quadro complesso attorno a quella giornata.
Di sicuro, tra il mito e la realtà, tra il sapere popolare e l’investigazione storica, la maggior certezza è che quel giorno Cuba e la Guerra Necessaria soffrissero una perdita demolitrice.
La spedizione indipendentista guidata da Máximo Gómez e Martí affrontò una colonna spagnola vicino al fiume Contramaestre. Gómez, stratega sperimentato, ordinò a Martí di retrocedere: «Lei vada indietro, Martí, questo ora non è il suo posto».
Senza dubbio però l’Apostolo avanzò assieme a Ángel de la Guardia, la sua scorta, verso le linee nemiche.
i testimoni hanno descritto che, guadato il fiume, un avvallamento deviò i cavalli verso un’avanzata spagnola nascosta tra l’erba. Tutti e due furono sicuri bersagli.
Uno degli articoli consultati per questo testo presenta varie ipotesi in confitto, tra le quali il comportamento del cavallo.
Maximo Gómez suggerì che il cavallo di Martí, fuori controllo, lo trascinò nel pericolo. Lo storiografo Rolando Rodríguez riferisce che: Martí non era un cavaliere inesperto.
Inoltre se l’animale si fosse imbizzarrito, avrebbe superato De la Guardia, ma tutti e due morirono sotto un fuoco simultaneo.
Altri, come José Miró Argenter difesero l’idea che Martí cercò la morte per conquistare l’immortalità.
Senza dubbio autori come Leonardo Griñán Peralta e Jorge Mañach respingono questa idea: Martí era un politico pragmatico che dava priorità al successo della rivoluzione.
Morire in quel momento, con la guerra iniziata da poco, sarebbe stato un fallimento strategico.
La versione più accettata suggerisce che Martí, spinto dal suo fervore patriottico, si espose al fuoco nemico.
Il colonnello spagnolo Ximénez de Sandoval sostenne questa tesi: «Il suo valore lo collocò al fronte dei suoi soldati».
Le lettere di Martí, come quella mai terminata per Manuel Mercado («già sono tutti i giorni in pericolo di dare la vita per il mio paese »), sostengono questa narrativa di sacrificio cosciente.
Risuona ancora oggi la domanda: Perchè ignorò gli ordini di Gómez? Le più diverse ipotesi hanno cercato di dare una risposta, ma di sicuro Martí, lontano dallo stereotipo del guerriero, morì così come aveva vissuto, coniugando pensiero e azione.
DALLE PIETRE AL MARMO
Poche ore dopo la sua morte, Antonio Pacheco e suo padre, José Rosalía Pacheco, vicini di Dos Ríos, cercarono l’impronta del luogo dove morì l’Eroe.
Antonio ricordò che c’era una pozza di sangue e raccolse la terra marcando poi il luogo con una carta di cuori.
Nei riferimenti storici dell’espediente del Monumento Dos Ríos, della Direzione Provinciale del Patrimonio in Granma, consta che il 10 ottobre del 1895, Enrique Loynaz del Castillo e José Rosalía identificarono il luogo e collocarono un croce, seppellendo una bottiglia con un documento, azione che riflette la preoccupazione dell’identificazione del luogo, consolidando il suo significato come simbolo della lotta per l’indipendenza.
Nell’agosto del 1896, Fermín Valdés Domínguez scrisse una cronaca sull’omaggio e la creazione del primo monumento a José Martí in Dos Ríos. L’evento contò con la partecipazione di circa 300 mambí, guidati da Máximo Gómez, che gudando il fiume Contramaestre, raccolsero le pietr dalle rive per costruire un promontorio simbolico, in onore al patriota.
Nella sua cronaca dice che collocarono le pietre formando un quadrilatero davanti a una croce di legno, assicurando che “fosse di faccia al sole” come desiderava Martí.
La cerimonia fu rispettosa e solenne.
Il Generale Gómez disse alcune parole: «Ogni cubano che ama la sua Patria e sa rispettare la memoria di Martí, deve lasciare, quando passerà di qui. una pietra in questo monumento», e dirigendosi poi ai soldati valorosi che lo ascoltavano, affermò con una frase energica: «Imitate le sue virtù e il suo patriottismo e apprendete a morire e a servire la causa grande, esaltata da lui e da altri eroi: l’indipendenza della Patria».
Dopo la guerra, il luogo in cui morì Martí fu dimenticato sino a che José Rafael Estrada Arencibia, sindaco di Palma Soriano, sostenne nel 1901 l’idea d’erigere un monumento.
Un primo disegno italiano (dello scultore Umberto di Bianco) terminò in Palma Soriano, per difficoltà logistiche.
Nello stesso posto, il 20 maggio del 1913, fu inaugurato in una cerimonia pubblica l’obelisco. Si dice ch ele pietre del monumento originale furono utilizzate nella fusione della sua base.
Estrada insisteva su una cosa semplice, costruita con materiali locali e targhe di marmo commemorative. Finalmente, nel 1922, in una peregrinazione guidata da Arturo R. de Carricarte, s’inaugurò il monumento attuale: un obelisco alto 15 metri, con un basamento a scalini e quattro targhe che raccontano la vita e la morte di Martí, finanziato da donazioni popolari.
Nel 1975 si eseguirono riforme importanti, creando un parco martiano, la cui giardineria include il tipo di vegetazione che Martí cita nel suo Diario di Campagna.
ARCHITETTURA E SIMBOLISMO
Il monumento, di linee sobrie e stile neoclassico, combina funzionalità e solennità. Le sue targhe trapezoidali riassumono la storia essenziale: La prima: «Morì in questo luogo il 19 Maggio del 1895»; la seconda: «Alla memoria del patriota José Martí»; la terza: «Nacque a L’Avana il 28 gennaio del 1853»; la quarta: Riconoscimento a José Ramón Estrada, promotore dell’opera.
Il disegno, coronato da una piramide scanalata, si vincola a un parco forestale di rose bianche, seminato dopo il trionfo della Rivoluzione del 1959, come simbolo di purezza e resistenza.
Oggi Dos Ríos riceve visitatori nazionali e stranieri che mantengono viva la tradizione d’onorare Martí. Il luogo trascende il fisico e diviene un altare nel quale Cuba rinforza i vincoli tra passato, presente e futuro, dalla lealtà e l’impegno con l’indipendenza.
Fonti consultate:
Espediente Monumento Nazionale dell’Obelisco di Dos Ríos, della Direzione Provinciale del Patrimonio in Granma.
Monumento e Altare.
Cronaca dell’omaggio e creazione del primo monumento a Martí in Dos Ríos, di Fermín Valdés Domínguez.
Valutazione storica della morte di José Martí, pubblicata dalla dottoressa in Scienze Marta de las Mercedes Rojas Pérez, e dalle studentesse Lázara de las Mercedes Martínez Rojas e Lirilsy Fernández Gómez.