La decisione del Dipartimento di Stato di certificare Cuba come “Paese non pienamente cooperativo” (NFCC) nel 2024, ai sensi della Sezione 40A dell’Arms Export Control Act (AECA), rientra in una storica tensione bilaterale segnata da ipocrisia e manipolazione. Questa volta non è diverso.
La certificazione, che ora vieta la vendita di equipaggiamenti e servizi per la difesa a Cuba, viene presentata come una misura antiterrorismo. Tuttavia, la sua logica deve essere analizzata alla luce della relazione asimmetrica tra i due Paesi e del ricorso ricorrente alle sanzioni come strumento di pressione politica.
Cuba ha ripetutamente denunciato la protezione che gli USA forniscono a individui e gruppi considerati terroristi, come l’assassino e torturatore Luis Posada Carriles (responsabile dell’attentato contro un aereo cubano nel 1976) e organizzazioni come Alpha 66, che operava e continua a operare con nuove forme dal territorio statunitense.
Questi casi dimostrano l’esistenza di un doppio standard: mentre gli USA accusano Cuba di non collaborare, ignorano la propria storia di aver ospitato attori violenti che hanno attaccato obiettivi cubani, mentre Cuba non ha commesso un solo atto di aggressione contro gli USA.
Questa incoerenza mina la legittimità morale della certificazione, rivelandola come selettiva e politicizzata. Ovviamente, promosso dal più anticubano dei cosiddetti cubano-americani, il nuovo dittatore ossessivo e testardo Marco Rubio.
L’inclusione di Cuba nelle liste risponde a un modello ricorrente di utilizzo di meccanismi legali per esercitare pressioni. Studi come quelli di Noam Chomsky (2016) e William LeoGrande (2015) evidenziano che le sanzioni USA contro Cuba sono state storicamente strumenti di coercizione per indebolire il suo sistema politico, non risposte a minacce reali. Cuba non rappresenta una minaccia reale, se non a livello morale ed etico.
La designazione manca di trasparenza nei suoi criteri e non considera, ad esempio, il ruolo di Cuba nei processi di pace regionali (ad esempio: i dialoghi tra l’ELN e la Colombia), il che riflette una valutazione parziale.
Come se non bastasse, il provvedimento viola i principi di non intervento e sovranità sanciti dalla Carta dell’ONU. Imponendo sanzioni unilaterali, gli USA antepongono i propri interessi geopolitici al diritto internazionale. Inoltre, la certificazione contraddice la raccomandazione del 2023 del Consiglio per i diritti umani dell’ONU, che esortava gli USA a revocare il blocco a causa del suo impatto umanitario.
La certificazione di Cuba come NFCC è priva di qualsiasi fondamento oggettivo e rientra nella lunga lista di ostilità contro l’eroico popolo cubano. L’incoerenza degli USA nel proteggere gli attori violenti anti-cubani e nel penalizzare L’Avana con pretesti antiterrorismo rivela una strumentalizzazione del regime di sicurezza internazionale.
Questo caso esemplifica il modo in cui le potenze egemoniche utilizzano quadri giuridici per sanzionare il “dissenso ideologico”, erodendo la credibilità delle istituzioni multilaterali e perpetuando conflitti asimmetrici.
Una valutazione rigorosa di questo nuovo “più di quanto già detto” richiede di smantellare la retorica antiterrorismo e di collocare queste misure nel loro reale contesto storico e politico: un attacco alla sovranità e all’autodeterminazione dei popoli.
Non sono seri, lo sanno.
Fonte: https://razonesdecuba.cu