Per la Repubblica martiana, socialismo o morte

«La Repubblica è il popolo che ha a destra la chiave inglese del lavoratore e a sinistra il fucile della libertà!», disse José Martí

Lil María Pichs Hernández*

I

Forgiato nel cuore dell’espansione imperialista USA e prefigurando le conseguenti contraddizioni tra le grandi potenze economiche dell’epoca, l’universalità del concetto di «equilibrio del mondo», la rilevanza continentale dell’indipendenza di Cuba e Porto Rico e la necessità di una profonda rivoluzione sociale per fondare e sostenere la nazione cubana costituiscono tratti distintivi dell’antimperialismo martiano.


La qualità di Martí come uomo al servizio incondizionato del suo popolo e del mondo, e come acuto interprete delle circostanze storiche che determinavano i bisogni dei popoli, costituiscono pregi che lo collocano tra i grandi liberatori dell’umanità.

A 130 anni dalla sua caduta in combattimento, celebriamo la forza viva del suo esempio, la coerenza della sua vita e il valore pratico della sua opera, in particolare di quei principi che devono rimanere centrali nella costruzione di una Cuba libera, sovrana e giusta.

LA REPUBBLICA SOGNATA

Contro il colonialismo e il totalitarismo spagnolo, contro l’assolutismo, l’ignoranza civica e politica, il sottosviluppo della coscienza e l’indegnità della schiavitù e del razzismo, si erge il progetto di liberazione nazionale martiano. Questo aveva come strumenti fondamentali la guerra armata, l’istituzione di un governo proprio e di una repubblica democratica, e lo sviluppo della vita civica in funzione della decolonizzazione culturale.

Dopo la fine della Guerra Chiquita, nel 1880, e, in particolare, dal termine del Piano di San Pedro Sula, nel 1886, l’attività politica di Martí permise di legittimare – di fronte all’emigrazione patriottica cubana e ad altri gruppi interessati all’indipendenza dell’isola – la necessità di creare un fronte unico contro il colonialismo spagnolo, promuovendo l’unità ideologica tra i rivoluzionari, nonché la loro preparazione politica e quella del popolo destinato a essere presto libero.

Nel 1892 le sue idee erano già condivise dalla maggior parte dei principali dirigenti dell’emigrazione, e le condizioni erano mature per dare vita a un’organizzazione politica incaricata di tracciare la direzione del nuovo movimento, in funzione di una visione della Repubblica per Cuba organica, autoctona e senza precedenti, essenzialmente martiana.

Tra gli assi fondamentali della Repubblica martiana spiccano: la libertà più piena, il suffragio universale e sincero; il lavoro ben retribuito; un’istruzione scientifica e un’educazione morale; buone relazioni con gli altri popoli e una sovranità assoluta, senza restrizioni, di fronte agli USA.

L’AMORE, COME IL SOLE

Tra i tratti etici si distingue l’essenza umanistica della Repubblica per il suo straordinario umanesimo, caratterizzato dall’avere la dignità piena dell’essere umano come «legge prima», come «fondamento». Per Martí, la dignità è la passione «per il decoro dell’uomo» e ha contorni molto concreti per poter essere base e sostegno della Repubblica: «il carattere integro di ciascuno dei suoi figli, l’abitudine a lavorare con le proprie mani e a pensare con la propria testa, l’esercizio pieno di sé e il rispetto – come onore di famiglia – per l’esercizio pieno degli altri».

Questa definizione non è utopica, non ignora i difetti intrinseci al genere umano, ma si fonda sulla sua grande virtù: la capacità di scegliere consapevolmente il bene: «(…) d’amore, e più d’odio che d’amore, sono fatti i popoli; solo che l’amore, come il sole, tutto brucia e fonde».

Per Martí, «il pieno godimento individuale dei legittimi diritti dell’uomo», ragione della «felicità del Paese», ha una radicata dimensione geopolitica, poiché individua come ostacoli a questo godimento non solo «l’inerzia o l’eccesso di chi li esercita», ma soprattutto il pericolo che «le Antille schiave» perdano l’opportunità di «occupare il loro posto come nazione nel mondo americano, prima che lo sviluppo sproporzionato della parte più potente dell’America trasformi in teatro della cupidigia universale queste terre, che potrebbero essere il giardino dei loro abitanti, e nel fulcro del mondo».

LA PRIMA LIBERTÀ, QUELLA DELLA MENTE

La Repubblica martiana si fonda sull’«assicurare il libero arbitrio umano» e sul «non deturpare con l’imposizioni di pregiudizi altrui le nature vergini; metterle in condizione di scegliere da sé ciò che è utile».

Nella ricerca di un’emancipazione non solo formale, ma effettiva, Martí afferma che «né l’originalità letteraria è possibile, né la libertà politica può esistere, finché non si garantisce la libertà spirituale. Il primo compito dell’uomo è riconquistare sé stesso», «la prima libertà, base di tutte le altre, è quella della mente».

In questo senso, spicca la sua visione: «Chi ama la libertà, previdente ed energica, ama la rivoluzione. Chi la combatte, contribuisce a scatenare a Cuba – piena di uomini umili e virili – la tempesta che, nelle correnti del mondo moderno, finirà col dividere un popolo (…) in casta aristocratica – a Cuba davvero ridicola – e in maggioranza trattata con ingiustizia o disprezzo (…) Non lasciamoci accecare da parole come indipendenza, o da altri nomi meramente politici. I partiti politici non sono nulla se non rappresentano condizioni sociali. Da una parte, a Cuba, si ergono vestiti da signori, l’abitudine al guadagno ingiusto e il disprezzo, talvolta brutale, per l’uomo umile (…) Dall’altra parte, c’è l’aspirazione ardente e invincibile alla libertà, buona e sincera, che è l’unico fondamento solido della pace e del lavoro».

LA RICCHEZZA CHE SI CREA

Coerentemente con la sua etica e la sua linea ideologica, nella sostanza socioeconomica della Repubblica martiana vi è la subordinazione del benessere materiale alla creazione di condizioni favorevoli alla piena realizzazione spirituale dell’individuo e della collettività; così come la valorizzazione del lavoro come fonte generatrice di ogni ricchezza: «Solo perdura, ed è benefica, la ricchezza che si crea, e la libertà che si conquista, con le proprie mani!»

Allo stesso modo, la pace è intesa come lo stato di esistenza, convivenza ed equilibrio al quale ogni governo deve tendere per promuovere il proprio sviluppo e garantire la giustizia. Anche la guerra – via estrema e indispensabile nel caso di Cuba – è per Martí uno strumento per raggiungere la pace; una guerra guidata dal Partito Rivoluzionario Cubano, il quale, tra l’altro, «si costituisce per fondare una patria unita, fraterna e saggia, che sin dalla sua fase preparatoria e in ogni sua azione si predisponga a salvarsi dai pericoli interni ed esterni che la minacciano, e a sostituire il disordine economico in cui agonizza con un sistema di finanza pubblica che apra immediatamente il Paese all’attività diversificata dei suoi abitanti».

Dal punto di vista economico, questa visione martiana risponde a un modello equo di distribuzione delle risorse nazionali e ha come tratto essenziale l’adeguata organizzazione dei fattori produttivi – lavoro, terra e capitale – tenendo conto delle caratteristiche storiche e culturali di Cuba e delle sue necessità.

Con la terra e il lavoro come uniche fonti autentiche di ricchezza, messe a produrre per il benessere sociale, il pensiero economico di Martí si trova alle radici di una concezione autenticamente cubana di sviluppo sostenibile.

Un altro elemento centrale del pensiero economico martiano è l’indissolubile legame tra lo sviluppo delle basi economiche e quello di tutte le altre sfere della vita sociale; una concezione contrassegnata da avvertimenti fondamentali, soprattutto riguardo al processo di costruzione di una Repubblica autentica e indiscutibilmente unica al mondo.

SU SOLIDE BASI LEGALI

Il principale tratto sociopolitico della Repubblica martiana è, senza dubbio, la consecuzione di una forma democratica di governo. Da questa concezione emergono sei elementi fondamentali:
– il rispetto della persona umana e di tutti i suoi diritti
– il valore dell’unità di pensiero
– il ruolo costruttivo della critica e dell’opposizione
– l’importanza di lottare contro le élite e i loro privilegi
– l’esistenza di limiti etici nell’inclusività della Repubblica
– la necessità di una concezione originale del governo, progettata specificamente per soddisfare i bisogni particolari di Cuba, fondata su solide basi legali.

Citazioni di José Martí: Obras completas, volumi 1-12 (1991) e 28 (1973)
Vice-direttrice dell’Ufficio del Programma Martiano

II

L’ideale del Maestro è un’arma di emancipazione e un punto cardinale nella grande impresa dell’umanità: raggiungere l’equilibrio del mondo. Il principale tratto sociopolitico della Repubblica martiana è, senza dubbio, il raggiungimento di una forma democratica di governo.

SACRA LA PERSONA DI OGNI CUBANO

Per Martí, «l’indipendenza di un popolo consiste nel rispetto che i poteri pubblici dimostrano verso ciascuno dei suoi figli», il che è direttamente legato all’interesse nazionale, poiché l’esercizio del potere deve essere orientato «in modo che si rispetti come persona sacra ogni cubano, e si riconosca che, per quanto riguarda le questioni del Paese, non c’è altra volontà che quella espressa dal Paese stesso, né si deve pensare ad altro interesse che al suo».

UNITÀ DI PENSIERO, NON SERVITÙ D’OPINIONE

Per l’Apostolo, «l’unità di pensiero, che in nessun modo significa servitù d’opinione, è senza dubbio condizione indispensabile al successo di ogni programma politico, e di ogni tipo di impresa, soprattutto di quelle che, per forza, novità e opportunità del pensiero, si avvicinano maggiormente al successo rispetto a quando procedono senza altra direzione che quella della passione o del desiderio disordinato (…)».

COSTANTE E COSCIENZIOSO ESAME E CONSIGLIO

Per quanto riguarda il ruolo della critica, vale la pena citare uno dei suoi testi più rappresentativi: «I popoli devono vivere criticandosi, perché la critica è salute; ma con un solo petto e una sola mente. Scendere fino agli infelici e sollevarli tra le braccia! Sciogliere con il fuoco del cuore l’America congelata! Far scorrere, ribollendo e rimbalzando, nelle vene, il sangue naturale del Paese!».

Colpisce il ruolo che Martí attribuisce all’opposizione in una Repubblica giusta, dove «il governo è il decoro della patria, e la patria non deve avere nemici tra i suoi stessi figli». In questo senso, Martí considera che «se il governo sbaglia, lo si avverte, gli si indica l’errore, gli si propone il rimedio, si ragiona e si spiega; – non si distorcono le intenzioni, non si falsificano i fatti, non si inventano decisioni inesistenti, e, deboli nel combattere un’amministrazione esistente, – gli oppositori ne ingigantiscono i piccoli difetti, o si inventano a piacere un’amministrazione difettosa contro cui è facile declamare e combattere».

Non deve esserci opposizione continua; deve esserci un costante e approfondito esame e consiglio. «Senza questa elevatezza d’idee, nessuno aspiri al rispetto comune, al dominio saldo e duraturo».

Allo stesso tempo, egli riconosce l’esistenza di «…necessità della vita, che nei nostri giovani popoli costringono uomini di cultura inutile a ruoli da parassita o a opposizioni interessate (…)» e avverte che «non esistono uomini più degni di rispetto di quelli che non si vergognano di aver difeso la patria con onore; né soggetti più spregevoli di coloro che approfittano delle convulsioni pubbliche per coltivare, come una civetta, la loro fama personale, o per avanzare, come dei giocatori, il proprio interesse privato».

In tal senso, Martí critica una vita patria fondata sull’«odio come sostegno», «il vergognoso oblio delle offese» e la convivenza con «la censura subdola e senile» di «tiranni che [la Patria] stritolano», «i superbi che preferiscono il dominio straniero alla distribuzione della giustizia tra i propri! – e i codardi, che sono i veri responsabili della tirannia!».

L’USO ONESTO DI TUTTE LE ENERGIE

La comprensione di tale grande diversità delle basi sociali con potenziale rivoluzionario influenza direttamente la concezione martiana dell’élite, quei gruppi che dovranno opporsi alla Rivoluzione o cercare di trarne vantaggio. In merito, colpisce il disegno delle cinque basi principali del programma presentato da Martí a Máximo Gómez già nel dicembre del 1887, in cui proponeva «la fondazione di una Commissione Esecutiva provvisoria per organizzare la nuova lotta», che avrebbe avuto, tra i suoi scopi, quello di «unire con spirito democratico e in relazioni di uguaglianza tutte le emigrazioni; impedire che le simpatie rivoluzionarie a Cuba vengano distorte e schiavizzate da interessi di gruppo, a favore della preponderanza di una classe sociale, o dell’autorità eccessiva di un raggruppamento militare o civile, o di una regione determinata, o di una razza su un’altra».

Un altro esempio rappresentativo è il suo discorso fondativo noto come Con tutti e per il bene di tutti. La guerra in preparazione non cerca, «in questo nuovo sacrificio, mere forme, né la perpetuazione dell’anima coloniale nella nostra vita, con novità d’uniforme yankee, bensì l’essenza e la realtà di un paese repubblicano nostro, senza la meschina paura che alcuni hanno verso l’espressione salutare di tutte le idee e l’uso onesto di tutte le energie (…) È ovvio che ci abbandoneranno i damerini della politica, che dimenticano quanto sia necessario fare i conti con ciò che non si può eliminare (…)».

Nello stesso discorso, Martí analizza le condizioni nelle quali tutte le idee e tutte le energie possono essere incorporate. Denuncia i «lindoros» (snob) che disprezzano la rivoluzione, gli «olimpo dei porta-carte» e «alzacode» – opportunisti che usano le crisi e l’ignoranza popolare a proprio beneficio, alleandosi con il fronte che garantisce loro maggiore influenza e guadagni –; i cortigiani populisti, i demagoghi, e in particolare coloro che cercano di screditare la guerra facendola apparire come «un’azione barbara e sanguinosa», seminando discordia e divisione.

In un altro discorso eccezionale, pronunciato il giorno seguente, saluta «con ineffabile gratitudine, come misterioso simbolo della forza della patria, del potere occulto e sicuro dell’anima creola, coloro che, alla prima voce di morte, salirono sorridendo, dal vincolo e dalla codardia della vita comune, all’eroismo esemplare».

Come espressione di questo ricco pensiero democratico, uno dei contributi più rilevanti di José Martí fu la creazione del Partito Rivoluzionario Cubano, nel 1892. Con le Basi e Statuti del Partito, Martí intendeva, tra gli obiettivi principali, evitare la ripetizione degli errori delle precedenti fasi di lotta e «salvare Cuba dalle radici dai pericoli dell’autoritarismo personale e dalle divisioni in cui, per la mancanza di partecipazione popolare e di abitudini democratiche nella loro organizzazione, caddero le prime repubbliche americane».

COSTITUIRE LA PATRIA CON FORME ATTUABILI

Lo studio degli errori passati, così come delle paure e dei pregiudizi presenti, permise a Martí di capire che «dalle sue radici la patria deve essere costruita con forme attuabili, e nate da sé, in modo che un governo senza realtà né legittimità non la conduca alle fazioni o alla tirannia».

A tal fine, Martí individua nella dimensione legale la capacità di dare forma all’indipendenza, di «incarnare lo spirito nuovo» e di gettare «le fondamenta di una nazionalità viva e gloriosa», per cui si possono riconoscere tratti delle leggi della nuova Repubblica in diversi testi, come I nuovi codici (1877) e Lettere di Martí: storia della caduta del partito repubblicano negli USA e dell’ascesa al potere del partito democratico. Antecedenti, trasformazioni e significato attuale dei partiti… (1885).

Per le persone di buona volontà, ovunque si trovino, l’ideale del Maestro è un’arma di emancipazione e un punto cardinale nella grande impresa dell’umanità: raggiungere l’equilibrio del mondo.

A livello nazionale, qui a Cuba, riflettere sui principi fondamentali del pensiero e dell’esempio di Martí rappresenta un’occasione per riscoprirlo come rivoluzionario radicale, contemporaneo e universale, di fronte alle pressanti sfide del suo tempo – che ancora oggi continuano a minacciare la nostra umanità.

Citazioni di José Martí: Opere complete


Por la República martiana, socialismo o muerte

«¡República es el pueblo que tiene a la derecha la chaveta del trabajador, y a la izquierda el rifle de la libertad!», dijo José Martí

Lil María Pichs Hernández *

I

Fraguados en el corazón de la expansión imperialista estadounidense y previendo las consecuentes contradicciones entre los grandes poderes económicos del momento, la universalidad del concepto, «equilibrio del mundo», la relevancia continental de la independencia de Cuba y Puerto Rico, y la necesidad de una revolución social profunda para fundar y sostener a la nación cubana constituyen rasgos excepcionales del antimperialismo martiano.

La cualidad de Martí como hombre puesto al servicio incondicional de su pueblo y del mundo, y como reconocedor de las situaciones que determinaban las necesidades históricas de estos, constituyen virtudes que lo ubican entre los grandes liberadores de la humanidad.

A 130 años de su caída en combate, celebramos la vigencia de su ejemplo, la cabalidad de su vida y el valor práctico de su obra, especialmente de aquellos principios que deben seguir en el centro de la construcción de Cuba libre, soberana y justa.

LA REPÚBLICA SOÑADA

Contra el colonialismo y el totalitarismo español, contra el absolutismo, la ignorancia cívica y política, el subdesarrollo de la conciencia y la indignidad de la esclavitud y el racismo, se levanta el proyecto de liberación nacional martiano. Este tenía, como medios fundamentales, la guerra armada, el establecimiento de un gobierno propio y de la república democrática, y el desenvolvimiento de la vida ciudadana en función de la descolonización cultural.

Tras el fin de la Guerra Chiquita en 1880 y, especialmente, desde la terminación del Plan de San Pedro Sula, en 1886, la actividad política de Martí permitió legitimar –ante la emigración patriótica cubana, así como ante otros grupos interesados en la independencia de Cuba– la necesidad de la creación de un frente único contra el coloniaje español en Cuba, y por la unidad ideológica de los revolucionarios, así como su preparación política y la del pueblo que pronto sería libre.

Para 1892, sus ideas eran compartidas por la mayoría de los principales líderes de la emigración, y las condiciones estaban creadas para dar forma a una organización política encargada de trazar los rumbos del nuevo movimiento, en función de una visión orgánica, autóctona y sin precedentes de República para Cuba, esencialmente martiana.

Entre los principales ejes de la República martiana sobresalen: la libertad más completa, el sufragio universal y sincero; el trabajo bien retribuido, una enseñanza científica y una educación moral, y unas buenas relaciones con los demás pueblos y con una soberanía absoluta, sin restricciones, frente a Estados Unidos.

EL AMOR, COMO SOL QUE ES

De los rasgos éticos destaca la esencia ética de la República por su extraordinario humanismo, el cual está caracterizado por tener a la dignidad plena del ser humano como «ley primera», como «base». Para Martí, la dignidad es la pasión «por el decoro del hombre», y tiene rasgos muy concretos para poder ser fundamento y sostén de la República: «el carácter entero de cada uno de sus hijos, el hábito de trabajar con sus manos y pensar por sí propio, el ejercicio íntegro de sí y el respeto, como de honor de familia, al ejercicio íntegro de los demás».

Esta definición no es utópica, no desconoce los defectos inherentes al género humano, sino que se basa en su gran virtud: la capacidad de elegir, conscientemente, hacer el bien: «(…) de amor, y de más odio que amor, están hechos los pueblos; solo que el amor, como sol que es, todo lo abrasa y funde».

Para Martí, «el pleno goce individual de los derechos legítimos del hombre», razón de «la dicha del país», tiene una arraigada dimensión geopolítica, en la medida en que identifica, como factores adversos al goce de esos derechos, no solo «la desidia o exceso de los que los ejerciten», sino la gravedad de que «las Antillas esclavas» pierdan esta oportunidad de «ocupar el puesto de nación en el mundo americano, antes de que el desarrollo desproporcionado de la sección más poderosa de América convierta en teatro de la codicia universal las tierras que pueden ser aún el jardín de sus moradores, y como el fiel del mundo».

LA PRIMERA LIBERTAD, LA DE LA MENTE

La República martiana se basa en «asegurar el albedrío humano» y «no deslucir con la imposición de ajenos prejuicios las naturalezas vírgenes; ponerlas en aptitud de tomar por sí lo útil».

En la búsqueda de una emancipación no solo formal, sino efectiva, Martí concibe que «ni la originalidad literaria cabe, ni la libertad política subsiste mientras no se asegure la libertad espiritual. El primer trabajo del hombre es reconquistarse», «la primera libertad, base de todas, es la de la mente».

En este sentido, sobresale su visión: «Quien ama a la libertad, previsora y enérgica, ama a la revolución. Quien la combate, ayuda a levantar en Cuba, llena de hombres humildes y viriles, la tempestad que, en las corrientes del mundo moderno, ha de desencadenar la división de un pueblo (…) en casta aristocrática –en Cuba muy risible–, y mayoría tratada con injusticia o desdén (…) No nos ofusquemos con nombres de independencia, u otros nombres meramente políticos. Nada son los partidos políticos si no representan condiciones sociales. De un lado están en Cuba, vestidos de señorío, el hábito del logro injusto, y el desprecio, a veces brutal, del hombre humilde (…) De otro lado está la aspiración ardiente e invencible a la libertad, buena y sincera, que es la única base firme de la paz y del trabajo».

LA RIQUEZA QUE SE CREA

Consecuente con su ética y la pauta ideológica, en la esencia socioeconómica de la República martiana se encuentra la subordinación del bienestar material a la creación de las condiciones favorables para la plena realización espiritual del individuo y la colectividad; así como la valorización del trabajo como centro generador de toda la riqueza: «¡Solo perdura, y es para bien, la riqueza que se crea, y la libertad que se conquista, con las propias manos!».

De igual forma, la paz es considerada el estado de existencia, convivencia y equilibrio al que debe aspirar todo gobierno, en aras de potenciar su desarrollo y garantizar la justicia. Incluso la guerra, vía de último recurso, indispensable en el caso de Cuba, Martí la concibe como medio para la paz; una conducida por el Partido Revolucionario Cubano, el cual, entre otras razones, «se establece para fundar la patria una, cordial y sagaz, que desde sus trabajos de preparación, y en cada uno de ellos, vaya disponiéndose para salvarse de los peligros internos y externos que la amenacen, y sustituir al desorden económico en que agoniza con un sistema de hacienda pública que abra el país inmediatamente a la actividad diversa de sus habitantes».

Desde el punto de vista económico, esta concepción martiana responde a un modelo equitativo de la distribución de los recursos nacionales y tiene, como rasgo fundamental, el acomodo particular de los factores productivos trabajo, tierra y capital, teniendo en cuenta las características históricas y culturales de Cuba, así como sus necesidades.

Con la tierra y el trabajo como únicas fuentes verdaderas de riqueza, puestas a producir en función del bienestar social, el pensamiento económico de Martí se encuentra en las raíces de una concepción auténticamente cubana de desarrollo sostenible.

Otro rasgo esencial del pensamiento económico martiano es la indisoluble relación entre el desarrollo de las bases económicas y el de todas las demás esferas de la vida en sociedad; una concepción marcada por alertas fundamentales, especialmente el proceso de construcción de una República auténtica e indudablemente única en el mundo.

CON SÓLIDOS CIMIENTOS LEGALES

El principal rasgo sociopolítico de la República martiana es, sin lugar a duda, la consecución de una forma democrática de gobierno. De esta concepción suya sobresalen seis elementos: el respeto de la persona humana y de todos sus derechos, el valor de la unidad de pensamiento, el papel constructivo de la crítica y de la oposición, la importancia de luchar contra las élites y sus privilegios, la existencia de límites éticos en el carácter inclusivo de la República, y la necesidad de una concepción original del gobierno, diseñada especialmente para satisfacer las necesidades particulares de Cuba, y con sólidos cimientos legales.

Citas de José Martí: Obras completas Tomos 1-12 (1991) y 28 (1973)

*Subdirectora de la Oficina del Programa Martiano

II

El ideario del Maestro es arma emancipadora y punto cardinal en la gran empresa humana: alcanzar el equilibrio del mundo El principal rasgo sociopolítico de la República martiana es, sin lugar a duda, la consecución de una forma democrática de gobierno.

SAGRADA LA PERSONA DE CADA CUBANO

Para Martí «la independencia de un pueblo consiste en el respeto que los poderes públicos demuestren a cada uno de sus hijos», lo cual está directamente vinculado con el interés nacional, pues la gestión del poder debe encaminarse «de manera que se respete como a persona sagrada la persona de cada cubano, y se reconozca que en las cosas del país no hay más voluntad que la que exprese el país, ni ha de pensarse en más interés que en el suyo».

UNIDAD DE PENSAMIENTO, NO SERVIDUMBRE DE LA OPINIÓN

Para el Apóstol, «la unidad de pensamiento, que de ningún modo quiere decir la servidumbre de la opinión, es sin duda condición indispensable del éxito de todo programa político, y de toda especie de empresas, principalmente de aquellas que, por la fuerza, la novedad y la oportunidad del pensamiento se acercan más al éxito que cuando iban sin otro rumbo que el de la pasión o el deseo desordenado (…)».

CONSTANTE CONCIENZUDO EXAMEN Y CONSEJO

Con respecto al papel de la crítica, cabe citar uno de sus textos más representativos: «Los pueblos han de vivir criticándose, porque la crítica es la salud; pero con un solo pecho y una sola mente. ¡Bajarse hasta los infelices y alzarlos en los brazos! ¡Con el fuego del corazón deshelar la América coagulada! ¡Echar, bullendo y rebotando, por las venas, la sangre natural del país!».

Llama la atención el rol que Martí concibe para la oposición en una República justa, donde «el gobierno es el decoro de la patria, y la patria no debe tener enemigos en sus propios hijos». En este sentido, Martí considera que, «si el gobierno yerra: se le advierte, se le indica el error, se le señala el remedio, se le razona y se le explica; –no se tuercen intenciones, se falsean hechos, se forjan decisiones que no existen, y débiles los opositores para atacar una administración existente, –abultan sus defectos pequeños, o se crean a placer una administración defectuosa sobre la que cuesta poco declamar y combatir».

No debe haber oposición constante; debe haber constante concienzudo examen y consejo.  Sin esta alteza de ideas, nadie aspire al respeto común, al dominio firme y duradero».

Al mismo tiempo reconoce la existencia de «…las necesidades de la vida, que en nuestros pueblos nacientes fuerzan a los hombres de cultura inútil a oficios de parásito o a oposición interesada (…)» y advierte que «ni hay hombres más dignos de respeto que los que no se avergüenzan de haber defendido la patria con honor: ni sujetos más despreciables que los que se valen de las convulsiones públicas para servir, como coqueta, su fama personal o adelantar, como jugadores, su interés privado».

En este sentido, Martí critica una vida patria que tenga «odio por sostén», «el olvido indecoroso de las ofensas», y la convivencia con la «censura escurridiza y senil» de «los tiranos que [a la Patria] estrujan», «los soberbios que prefieren la dominación extraña al reparto de la justicia entre los propios! –y los cobardes, que son los verdaderos responsables de la tiranía!».

EL EMPLEO HONRADO DE TODAS LAS ENERGÍAS

El entendimiento de esa gran diversidad de las bases sociales con potencial revolucionario influye directamente en la concepción martiana de las élites, esos grupos que han de oponerse a la Revolución o buscar acomodo para servirse de ella. Sobre esto, llama la atención el diseño de las cinco bases principales del programa presentado por Martí a Máximo Gómez, en fecha tan temprana como diciembre de 1887, en el que le propone «la fundación de una Comisión Ejecutiva provisional para organizar la nueva lucha», y que tendría, entre sus finalidades, «unir con espíritu democrático y en relaciones de igualdad todas las emigraciones; impedir que las simpatías revolucionarias en Cuba se tuerzan y esclavicen por ningún interés de grupo, para la preponderancia de una clase social, o la autoridad desmedida de una agrupación militar o civil, ni de una comarca determinada, ni de una raza sobre otra».

Otro ejemplo representativo es su discurso fundacional conocido como Con todos y para el bien de todos. La guerra que se prepara no busca, «en este nuevo sacrificio, meras formas, ni la perpetuación del alma colonial en nuestra vida, con novedades de uniforme yanqui, sino la esencia y realidad de un país republicano nuestro, sin miedo canijo de unos a la expresión saludable de todas las ideas y el empleo honrado de todas las energías (…) Por supuesto que se nos echarán atrás los petimetres de la política, que olvidan cómo es necesario contar con lo que no se puede suprimir (…)».

En el propio discurso, Martí analiza las condiciones en las cuales podrán ser incorporadas todas las ideas y todas las energías.  En él, denuncia a los «lindoros» que desdeñan la revolución, a los «olimpos de pisa papel» y «alzacolas» –oportunistas que utilizan en su beneficio las situaciones de crisis y la ignorancia popular y se alían con el bando que más influencia y ganancias les reporte–; a aduladores populistas, demagogos, y especialmente a los que buscan desacreditar la guerra y hacerla ver como «una acción bárbara y sangrienta», así como sembrar la discordia y la división.

En otro discurso excepcional, pronunciado al día siguiente, saluda «con inefable gratitud, como misterioso símbolo de la pujanza patria, del oculto y seguro poder del alma criolla, a los que, a la primer[a] voz de la muerte, subieron sonriendo, del apego y cobardía de la vida común, al heroísmo ejemplar».

Como expresión de este rico ideario democrático, uno de los aportes más trascendentes de José Martí fue la creación del Partido Revolucionario Cubano, en 1892. Con las Bases y Estatutos del Partido, Martí buscaba, como uno de sus fines fundamentales, impedir la repetición de errores de etapas anteriores de lucha, y «desde la raíz salvar a Cuba de los peligros de la autoridad personal y de las disensiones en que, por la falta de la intervención popular y de los hábitos democráticos en su organización, cayeron las primeras repúblicas americanas».

CONSTITUIR LA PATRIA CON FORMAS VIABLES

El estudio de errores anteriores, así como de miedos y prejuicios presentes, permitió a Martí entender que «desde sus raíces se ha de constituir la patria con formas viables, y de sí propia nacidas, de modo que un gobierno sin realidad ni sanción no la conduzca a las parcialidades o a la tiranía».

Con tal fin, Martí encuentra en el ámbito legal la capacidad de dar forma a la independencia, de «encarnar el espíritu nuevo» y de echar «los cimientos de una nacionalidad viva y gloriosa», por lo que pueden identificarse rasgos de las leyes de la nueva República en textos diversos, como Los Códigos Nuevos (1877) y Cartas de Martí: Historia de la caída del partido republicano en los Estados Unidos y del ascenso al poder del partido demócrata. -Antecedentes, transformaciones y significación actual de los partidos… (1885).

Para las personas de buena voluntad de cualquier latitud, el ideario del Maestro es arma emancipadora y punto cardinal en la gran empresa humana: alcanzar el equilibrio del mundo.

A nivel de nación, aquí en Cuba, reflexionar en torno a los principios raigales del pensamiento y ejemplo de Martí constituye una oportunidad para redescubrirlo como revolucionario radical, contemporáneo y universal, de cara a los desafíos apremiantes que enfrentó en su época, y que hoy siguen amenazando nuestra humanidad.

Citas de José Martí: Obras completas

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