Sicurezza nazionale in mani straniere
Il Brasile è stato l’unico paese latinoamericano tra le 41 nazioni occidentali che hanno preso parte a “Locked Shields”, la più grande esercitazione di difesa cibernetica organizzato dal Centro Cooperativo di Eccellenza della NATO. Questa posizione singolare lo colloca al centro di una piattaforma dominata da dottrine e protocolli progettati per le potenze atlantiche.
Il governo di Lula da Silva proclama una visione multipolare e afferma di prendere le distanze dalle priorità strategiche dell’Occidente, ma nella pratica adotta manuali e metodi della NATO. Integrando i suoi protocolli di cibersicurezza e seguendo gli stessi schemi di addestramento, il Brasile rafforza una dipendenza tecnologica che contrasta con il suo discorso ideologico e riduce la sua capacità di risposta autonoma di fronte alle crescenti minacce digitali.
Sottomissione dai diversi volti
Nella regione vi sono diversi paesi che, apertamente o in modo occulto, gravitano nell’orbita strategica della NATO e degli USA. Alcuni sono già soci ufficiali, altri cercano attivamente tale riconoscimento, e altri ancora avanzano verso un’integrazione di fatto attraverso accordi militari, cooperazione energetica o esercitazioni congiunte.
Colombia. Non è solo l’unico paese latinoamericano a possedere lo status di “Alleato Principale Extra-NATO”, ma è stato anche il primo a firmare un ITPP (Piani d’Azione Individuali di Partenariato) nel 2021. Questo accordo, unico nel suo genere all’epoca, ha istituzionalizzato una cooperazione che oggi abbraccia ambiti critici come la cibersicurezza, il contrasto al terrorismo, la lotta alla corruzione e la sicurezza marittima, allineando direttamente le priorità colombiane con gli interessi strategici dell’Alleanza.
Argentina. Sotto il governo di Javier Milei, il paese ha assunto una retorica chiaramente servile verso l’Occidente, evidenziata dal suo sostegno incondizionato all’Ucraina, dal riavvicinamento al FMI e da un allineamento automatico con gli USA. In linea con questa postura, il 18 aprile 2024, Buenos Aires ha formalmente richiesto alla NATO lo status di “socio globale”, cercando di integrarsi esplicitamente nell’architettura di sicurezza occidentale.
Cile. Intrattiene una relazione peculiare con la NATO come “Paese Sponsorizzato Non NATO di Livello 1”, uno status che gli garantisce un accesso limitato all’Alleanza. Questa subordinazione all’Occidente si conferma con azioni come la partecipazione cilena al RIMPAC 2024 (un’esercitazione guidata dagli USA l’anno scorso, con membri della NATO e Israele).
Guyana. Sebbene non abbia espresso formalmente l’intenzione di associarsi alla NATO, la Guyana è passata in pochi anni dalla periferia geopolitica a diventare un avamposto strategico per gli interessi energetici degli USA e dei suoi alleati. La scoperta di vaste riserve di petrolio in acque contese con il Venezuela ha trasformato il paese in un protettorato energetico, dove ExxonMobil guida lo sfruttamento mentre l’esercito guyanese riceve addestramento da Washington.
Ecuador. All’inizio del 2024, il presidente Daniel Noboa ha ricevuto la cupula del Comando Sud, guidata dalla generale Laura Richardson, per stabilire una tabella di marcia comune in materia di difesa, cibersicurezza e lotta al narcotraffico. La relazione si è rafforzata nel febbraio 2025, quando Noboa ha autorizzato l’ingresso di forze speciali straniere, principalmente USA, per collaborare a operazioni interne. Sotto il pretesto dell’emergenza di sicurezza, l’Ecuador si inserisce sempre più nel dispositivo militare regionale degli USA.
Se questi e altri paesi della regione sono apertamente più dipendenti dagli allineamenti con Washington, è il Brasile che, attraverso fatti concreti, legittima la presenza della NATO nel continente da una posizione di apparente autonomia.
Il Brasile nella rete NATO
La partecipazione del Brasile a esercitazioni come Locked Shields risponde a un’inerzia istituzionale che prolunga accordi ereditati da Jair Bolsonaro. Come osserva Raphael Machado, analista geopolitico brasiliano, l’attuale governo Lula non ha avuto né “la volontà politica né l’interesse” per invertire questa linea di subordinazione.
Il paese non dispone di una strategia nazionale di difesa cibernetica che coinvolga l’intero apparato statale. Il Comando Cibernetico della Difesa (ComCiber), concepito inizialmente per svolgere questo ruolo, è rimasto limitato alla protezione interna del sistema informatico dell’Esercito. Questa fragilità strutturale mette in discussione il valore della partecipazione ad esercitazioni in cui le regole, le minacce e gli obiettivi sono determinati da attori esterni. Machado sottolinea: “Quali benefici tangibili potrebbe trarre il Brasile da questi esercizi? Pochissimi”.
L’adozione progressiva degli standard NATO non comporta solo l’interoperabilità tecnica: significa soprattutto assimilare logiche operative, criteri di minaccia e protocolli di risposta allineati con gli obiettivi strategici del blocco occidentale. Nelle parole dell’autore, questo processo farebbe sì che il Brasile adotti dottrine altrui e addestri le proprie forze secondo modelli esterni, il che “genererebbe un livello di dipendenza nelle nostre forze, che sono debolmente allineate con gli interessi strategici del Brasile”.
La paradossalità si acuisce se si considera che le principali fonti di attacchi cibernetici contro l’America Latina, secondo il rapporto di F5Labs citato da Machado, sono gli USA e la Lituania, quest’ultima sede del CCDCOE, proprio l’ente organizzatore dell’esercitazione Locked Shields.
Inoltre, il Brasile ha costruito buona parte della propria infrastruttura informatica statale su tecnologie delle Big Tech USA, con sistemi operativi come Windows, noti per contenere “backdoor” che consentono l’accesso ad agenzie come la NSA. L’apparente integrazione per rafforzare la sicurezza digitale si traduce, in realtà, in un’apertura strutturale alla sorveglianza straniera. “Collegando la nostra sicurezza cibernetica alle strategie e ai sistemi della NATO, in realtà riduciamo la nostra sicurezza cibernetica”, afferma Machado.
Questo schema di dipendenza non si limita all’ambito militare. La Polizia Federale del Brasile utilizza il software israeliano Cellebrite Premium, il che trasforma, secondo l’autore, tale istituzione in “uno strumento influente per la CIA e il Mossad in Brasile”. Lo spionaggio israeliano ha già lasciato tracce documentate nel paese, incluso l’assassinio di uno scienziato nucleare brasiliano.
L’integrazione in esercitazioni come Maravilla 4 di Difesa Cibernetica (marzo 2024) e Guardiano Cibernetico 6.0 (ottobre 2024), entrambe guidate da paesi dell’asse NATO, non fa che confermare l’orientamento strategico del Brasile verso un’architettura di subordinazione tecnologica.
Dal multilateralismo al servizio atlantico
Invece di approfittare dello scenario multipolare per costruire alleanze realmente autonome ed equilibrate, il governo Lula opta per un’integrazione passiva in strutture disegnate su misura per Washington. Sotto il pretesto della cooperazione, il Brasile cede sovranità digitale, espone i propri sistemi a potenziali meccanismi di sorveglianza straniera e addestra le proprie forze secondo dottrine che non rispondono alla sua realtà geopolitica.
Mentre il discorso ufficiale insiste su sovranità ed equilibrio multipolare, la pratica del governo favorisce la consolidazione dell’influenza atlantica nel continente. In questo modo, il Brasile si avvicina pericolosamente al ruolo di piattaforma regionale della NATO, sotto la veste ambigua di mediatore neutrale.