Nel mondo, ci sono 160 milioni di bimbe/i che sono vittime del lavoro e dello sfruttamento infantile, dicono i dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro e dell’ UNICEF
«Nella misura in cui è permessa la sofferenza dei bambini, non esisterà vero amore in questo mondo», disse la ballerina USA Isadora Duncan.
Questi folletti della felicità hanno le loro funzioni nella vita: rubarci un sorriso, seminare allegria, obbligarci a tornare all’infanzia, spettinarci l’anima per credere.
Allora che cosa c’è di meglio che restituire il favore dando loro amore e attenzione e permettendogli di vivere questa tappa senza soprusi?
Disgraziatamente la realtà ci colpisce. Nel mondo ci sono 160 milioni di bambine e bambini vittime del lavoro e dello sfruttamento infantile, secondo i dati della OIT (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e della Unicef.
Di loro, 79 milioni –quasi la metà– soffrono alcune delle peggiori forme, come la schiavitù, la tratta o il reclutamento forzato per conflitti armati. Le cifre possono essere più alte, dato che ci sono lavori difficili da contabilizzare, come per esempio quello domestico.
Per generare coscienza sull’enormità di questo problema e unire gli sforzi per sradicarlo, nel 2022 è stato stabilito il Giorno Mondiale Contro il Lavoro Infantile, dalla OIT, che si appoggiò alle ratificazioni dell’Accordo 138, sull’età minima del lavoro e sull’Accordo 182, sulle peggiori forme di lavoro infantile.
Quest’anno il Giorno è stato centrato in un avvenimento chiave: la pubblicazione delle stime e delle tendenze mondiali del lavoro infantile del 2025; una relazione che offre una visione generale del progresso degli impegni mondiali per sradicare la questione dei bambini.
Negli ultimi due decenni si era vista una diminuzione progressiva e ininterrotta dal lavoro infantile in tutto il mondo, sino al 2016, anno in cui ricominciò ad aumentare. Da allora si è passati da 152 milioni a più di 160 milioni nel 2020. Ossia una crescita di otto milioni di bambini e bambine lavorando, una tendenza e dati preoccupanti.
L’impossibilità d’accedere all’educazione in molti casi fa sì che il minore sia vittima del lavoro infantile, così come la miseria e anche l’emigrazione.
Per questo sono state create norme internazionali per combattere questo problema: l’Accordo numero 138, che stabilisce che: «L’età minima d’ammissione al lavoro non dovrà essere inferiore all’età in cui cessa l’obbligo scolastico». Questa normativa è stata ratificata da 175 paesi, eccettuando Australia, Iran, Somalia e USA.
La maggioranza dei paesi firmatari ha stabilito che l’età minima per cominciare a lavorare sono 15 anni.
In Cuba, la Costituzione proibisce il lavoro di bambine e bambini esattamente nel suo Articolo 66, mentre negli USA il Governo promuove la flessibilità delle leggi del lavoro infantile.
Il rispetto dell’infanzia e il diritto al suo godimento costituiscono la forza del futuro perché, come ha detto l’ Apostolo, José Martí: «Il bambino che gioca sarà l’adulto che penserà».