Lezioni da Hart

 Quando ricorrono all’incitamento all’odio per dividerci, dobbiamo ricordare che Hart ha radicalmente respinto ogni cattiveria.

Abel Prieto

Ho avuto lo straordinario privilegio di lavorare a stretto contatto con Armando Hart al Ministero della Cultura. Un intellettuale brillante, profondamente devoto a Martí e Fidel, un pensatore, un umanista. “Un vero fondatore”, per usare le parole del Presidente Díaz-Canel.

Lettore vorace, studioso appassionato della storia cubana e dell’opera di coloro che hanno forgiato la nazione attraverso libri e aule scolastiche, Hart era convinto che se ignoriamo il nostro percorso storico e culturale, rimaniamo isolati, senza bussola né supporto. Questa è stata una delle sue lezioni più trascendenti: dobbiamo comprendere a fondo chi siamo e da dove veniamo, aggrapparci a quella ricca eredità e usarla per superare le sfide attuali.

Altri insegnamenti derivano dalla missione principale del Ministero della Cultura nei suoi primi anni: ristabilire un dialogo franco e trasparente con i creatori per correggere gli errori commessi durante il periodo che Ambrosio Fornet definì il “quinquennio grigio”, quando persone mediocri e dogmatiche tradirono le politiche di Fidel, minarono l’unità del nostro movimento intellettuale e artistico e imposero misure assurde ed escludenti, nate dal settarismo, dall’omofobia e dai più oscuri pregiudizi anticulturali. E anche dall’ignoranza.

Hart concepì quindi un appello altrettanto generoso e inclusivo quanto quello che Fidel ci aveva lasciato nelle sue Parole agli intellettuali, e fu così in grado di sanare le ferite causate da quel “quinquennio”.

“Forse mai prima si era udito tra noi un sospiro di sollievo così unanime come quello trasmesso dagli schermi televisivi nel pomeriggio del 30 novembre 1976, quando, nella seduta di chiusura dell’ANPP, fu annunciato che sarebbe stato creato un Ministero della Cultura e che Armando Hart ne sarebbe stato il Ministro”, ricordò lo stesso Ambrosio anni dopo.

“Non credo che Hart abbia nemmeno aspettato di entrare in carica per iniziare a incontrare le persone”, ha continuato. “Vecchi e giovani. Attivisti e non attivisti. Non ti chiedeva se ti piacevano i Matamoros o i Beatles, se apprezzavi la pittura realista più di quella astratta, se preferivi le fragole al cioccolato o viceversa; ti chiedeva se eri disposto a lavorare.”

«Ebbi l’impressione che la fiducia perduta fosse stata rapidamente ristabilita e che il consenso fosse di nuovo possibile. Ricordo di aver commentato con il mio amico Agustín Pi (…) quanto fosse sorprendente questo improvviso cambiamento di atmosfera, e quando pensai che mi avrebbe parlato dell’impeccabile carriera rivoluzionaria di Hart o dei suoi meriti intellettuali, lo sentii dire – usando un vocabolario che a quel tempo era già caduto in disuso – “Ma Hart è una brava persona”.»

Era, senza dubbio, una persona perbene. Puro d’animo, incapace di meschinità o cattiveria. Non ha mai parlato male di nessuno, nemmeno di coloro che cercavano di danneggiarne l’immagine e ostacolarne la leadership unita. Aveva sempre abbracciato il mandato di Fidel, che ci impone di “non mentire mai né violare i principi etici”.

In questi tempi in cui i nemici della Rivoluzione ricorrono costantemente all’incitamento all’odio e a insulti, oltraggi, calunnie e infamia per dividerci, dobbiamo ricordare che Hart ha sempre e radicalmente respinto ogni meschinità, ogni bassezza e ogni impulso o passione che potesse degradare la persona umana. Il suo senso etico ha sempre accompagnato la sua visione politica e la sua lucidità intellettuale.

In questo 95° anniversario della sua nascita, mentre ci impegniamo a difendere l’unità giorno dopo giorno, continuiamo a imparare da Hart, torniamo ai suoi saggi e ai suoi discorsi, al suo esempio, alla sua dedizione totale e definitiva alla Rivoluzione.

www.granma.cu

Traduzione: italiacuba.it


Lecciones de Hart

Cuando, para dividirnos, apelan a discursos de odio, debemos recordar que Hart rechazó, de manera radical, toda mezquindad

Abel Prieto

Tuve el privilegio extraordinario de trabajar muy cerca de Armando Hart en el Ministerio de Cultura. Un brillante intelectual, hondamente martiano y fidelista, un pensador, un humanista. «Un verdadero fundador», al decir del Presidente Díaz-Canel.

Lector voraz, estudioso apasionado de la historia de Cuba y de la obra de aquellos que prefiguraron la nación desde los libros y las aulas, Hart estaba convencido de que, si ignoramos nuestro itinerario histórico y cultural, quedamos a la intemperie, sin brújula ni asideros. Esa fue una de sus lecciones más trascendentes: tenemos que conocer a fondo qué somos y de dónde venimos, aferrarnos a ese rico legado y utilizarlo para vencer los retos actuales. 

Otras de sus lecciones se derivan de la misión primordial del Ministerio de Cultura en los primeros años: restablecer el diálogo franco y transparente con los creadores para rectificar los errores cometidos durante la etapa que Ambrosio Fornet bautizó como «quinquenio gris», cuando gente mediocre y dogmática traicionó la política fidelista, dañó la unidad de nuestro movimiento intelectual y artístico e impuso medidas absurdas y excluyentes, nacidas del sectarismo, la homofobia, de los más oscuros prejuicios anticulturales. Y también de la ignorancia.

Hart diseñó entonces una convocatoria tan generosa e inclusiva como la que Fidel nos había dejado en sus Palabras a los intelectuales, y pudo así restañar las heridas provocadas por aquel «quinquenio».

«Quizá nunca se haya escuchado en nuestro medio un suspiro de alivio tan unánime como el que se produjo ante las pantallas de los televisores la tarde del 30 de noviembre de 1976 cuando, en la sesión de clausura de la anpp se anunció que iba a crearse un Ministerio de Cultura y que el Ministro sería Armando Hart», recordó años después el propio Ambrosio.

«Creo que Hart ni siquiera esperó a tomar posesión del cargo para empezar a reunirse con la gente (continuó). Viejos y jóvenes. Militantes y no militantes. No preguntó si a uno le gustaban los Matamoros o los Beatles, si apreciaba más la pintura realista que la abstracta, si prefería la fresa al chocolate o viceversa; preguntó si uno estaba dispuesto a trabajar.

«Tuve la impresión de que rápidamente se restablecía la confianza perdida y que el consenso se hacía posible de nuevo. Recuerdo que comentaba con mi amigo Agustín Pi (…) lo sorprendente que resultaba ese repentino cambio de atmósfera, y cuando supuse que iba a hablarme de la impecable trayectoria revolucionaria de Hart o de sus méritos intelectuales, lo oí decir –con un vocabulario que ya en esa época había caído en desuso–: “Es que Hart es una persona decente”».

Era, sin ninguna duda, una persona decente. Limpio de alma, incapaz de una mezquindad, de una bajeza. Jamás habló mal de nadie, ni siquiera de aquellos que pretendieron dañar su imagen y obstaculizar su gestión unitaria. Había hecho suyo desde siempre el mandato de Fidel que nos exige «no mentir jamás ni violar principios éticos».

En estos tiempos en que los enemigos de la Revolución utilizan a todas horas los discursos de odio y apelan, para dividirnos, a la injuria, al ultraje, a la calumnia, a la infamia; debemos recordar que Hart rechazó invariablemente, de manera radical, toda mezquindad, toda bajeza, todo impulso o pasión que pueda rebajar al ser humano. Su sentido ético acompañó en todo momento su visión política y su lucidez intelectual.

En este aniversario 95 de su natalicio, cuando nos empeñamos en defender día a día la unidad, sigamos aprendiendo de Hart, volvamos sobre sus ensayos y discursos, sobre su ejemplo, sobre su entrega total, definitiva, a la Revolución.

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