L’Avana, sui rapporti con gli USA

«Qualsiasi alternativa all’attuale è migliore»

L’Avana (EFE) – Di seguito la trascrizione dell’intervista esclusiva concessa a EFE dal viceministro degli Affari Esteri di Cuba, Carlos Fernández de Cossío, nella quale analizza lo stato delle relazioni tra il suo governo e l’amministrazione del presidente USA Donald Trump.

D: Come interpreta il governo cubano le ultime sanzioni degli USA? Quanto danno arrecano?

R: Non ci sorprende che queste misure coercitive vengano applicate in questo momento. Lo scorso anno avevamo previsto la possibilità che il governo di Trump potesse vincere e conoscevamo l’influenza che con ogni probabilità avrebbero esercitato i settori anticubani degli USA su questa amministrazione. Inoltre, eravamo consapevoli dell’entusiasmo di questi settori anticubani per l’arrivo al potere di Trump – se avesse vinto le elezioni – e del tipo di misure che avrebbero voluto applicare. Quindi, non ci sorprende. Naturalmente, queste misure arrecano danni. Chi vive a Cuba o la visita può capire che se il governo USA si propone – e ha la capacità – se non impedire,  limitare all’ estremo l’approvvigionamento di combustibile a Cuba o  renderlo molto costoso, ciò avrà un impatto sull’agricoltura, sulla produzione alimentare, sulla produzione manifatturiera, sui servizi vari, sulla vita delle persone e sulla generazione elettrica. Quindi, tale impatto è reale. Se gli USA hanno la capacità di intimidire cittadini di oltre 40 Paesi con la minaccia di rappresaglie nel caso visitino Cuba – e di attuarle effettivamente – è logico supporre che ciò influenzerà il turismo cubano, soprattutto quando la maggior parte di questi 40 Paesi rappresentano mercati fondamentali per noi. Se inoltre si limitano le entrate di Cuba nel settore finanziario, se si scatena una campagna presso molti Governi sostenendo che Cuba è un Paese terrorista e che chi intrattiene relazioni commerciali o finanziarie con Cuba rischia ritorsioni da parte USA, è evidente che ciò abbia un impatto quotidiano sull’economia e sulla vita della popolazione.

D: Temete che gli USA impongano nuove sanzioni?

R: Consideriamo possibile l’adozione di nuove misure. Ma non userei la parola “timore”, perché lo abbiamo superato da molti anni. E se anche non l’avessimo superato, convivremmo con esso senza perdere il sonno. Ma sì, tali misure sono possibili. Ci sono politici anticubani che le stanno promuovendo con forza, le stanno annunciando. E la storia ha dimostrato che ogni volta che attraversano un periodo come quello attuale – in cui credono che l’obiettivo di rovesciare il Governo cubano e distruggere la rivoluzione sia vicino – si affrettano a prendere provvedimenti, convinti che sia il passo decisivo.

D: Cosa può fare il governo cubano al riguardo?

R: Ovviamente stiamo adottando e adotteremo misure per proteggerci dalle azioni USA. Risponderemo nella misura in cui sarà necessario, ma senza mai adottare misure ostili contro il popolo USA o misure che minaccino la sicurezza nazionale USA o il benessere del suo popolo. Non è questo il tipo di pratica che Cuba porta avanti, la nostra storia non lo dimostra. Tuttavia, cercheremo di aggirare l’impatto di queste misure, prepararci a livello nazionale per affrontarle e resistere. Ma resistere, come dice il nostro presidente, con la massima creatività possibile.

D: Considerate la possibilità di dichiarare persona non grata l’incaricato d’affari USA Mike Hammer, che è già stato ammonito in più occasioni per un comportamento qualificato «d’ingerenza»?

R: Per quanto riguarda il diplomatico, non escludiamo alcuna azione, nella misura in cui ritenessimo pericolose le sue azioni – cosa che, finora, non abbiamo concluso – e nella misura in cui continueremo a prestare molta attenzione a ciò che fa.

D: Cosa può fare L’Avana nei confronti dell’incaricato d’affari USA, visto che è già stato più volte richiamato? E qual è, secondo lei, l’obiettivo del binomio Rubio/Hammer?

R: Se si valuta l’operato dell’incaricato d’affari a Cuba in questo momento, con un minimo di conoscenza di ciò che fa – e dovrebbe fare – un diplomatico, ci si chiede: quale funzionario del governo conosce e con chi mantiene interazioni? Quale figura con responsabilità politica nel Paese conosce, con chi interagisce e su chi esercita influenza? Quale autorità della comunità scientifica, accademica, artistica, quale persona con un impatto sull’economia o sulla vita dei cubani conosce e con cui mantiene rapporti? Queste – in qualunque Paese – sono le responsabilità di un diplomatico: avere questi contatti e cercare di guadagnarsi rispetto in tali ambienti. È evidente che lui non gode di alcun rispetto in questi ambiti, e per questo si muove pavoneggiandosi per tutto il Paese. Si sposta con una squadra di produzione audiovisiva, viaggia con un corteo di veicoli, apparentemente cercando di dare l’impressione di essere un personaggio importante, come se fosse un presidente in visita, assumendo che la popolazione cubana – istruita ed educata – possa restarne impressionata. Ma ovviamente, ciò non è una sua decisione. È stato istruito a comportarsi in questo modo. Io non parlerei di un binomio Rubio/Hammer. Direi piuttosto che Marco Rubio porta avanti una politica molto aggressiva, e questo è lo strumento a cui, poverino, è stata affidata la missione di fare lo spaventapasseri a Cuba, per allontanare la gente. Perché il popolo cubano, con il livello d’istruzione che possiede, sa bene cosa rappresenta e cosa significa quell’uomo.

D: Lei afferma che l’incaricato d’affari USA non ha contatti con il Governo cubano. Sareste disposti a incontrarlo al livello appropriato?

R: Il Governo USA non ha alcun interesse a discutere con noi temi seri o ufficiali, nessuno. E un diplomatico, in qualsiasi Paese si trovi, la prima cosa che deve fare è guadagnarsi il rispetto delle autorità locali. A lui, evidentemente, è stato affidato il compito opposto: non guadagnarsi tale rispetto.

D: Cuba e USA mantengono 14 accordi in materia migratoria. Sono tuttora in vigore, ad esempio, quelli relativi al rimpatrio per via aerea dei cosiddetti «inammissibili»?

R: Il rimpatrio per via aerea fa parte degli accordi migratori vigenti. Lo scopo di tali accordi è garantire che la migrazione tra i due Paesi avvenga in modo regolare, ordinato e sicuro. E questa è una delle misure che lo favorisce. Dal punto di vista di Cuba, il rispetto di questo impegno contribuisce all’obiettivo degli accordi, ed è per questo che Cuba è impegnata nel loro rispetto e sta ottemperando agli obblighi. Finora, il governo USA ha mantenuto la volontà di rispettare tali intese, e da parte nostra c’è la disponibilità a continuare ad accettare questi rimpatri nei limiti stabiliti dagli accordi bilaterali.

D: Gli accordi bilaterali prevedono anche che Washington conceda ogni anno 20000 visti non turistici a cittadini cubani. Gli USA rispetteranno questo impegno quest’anno?

R: In base alle informazioni in nostro possesso, non abbiamo segnali che facciano pensare che quest’anno non verrà rispettata la quota dei 20000 visti. Finora, almeno. Ma, come giustamente lei osserva, le cose possono cambiare. Per noi, gli accordi implicano diversi impegni, e ognuno ha un impatto sull’obiettivo generale delle intese. Valuteremo al momento opportuno in che misura il rispetto degli impegni da parte di Cuba continua a giustificare la validità dell’accordo. Il giorno in cui non sarà più così, prenderemo in considerazione le azioni da intraprendere.

D: Negli ultimi anni si sono tenuti incontri bilaterali di coordinamento migratorio ogni sei mesi. Tuttavia, in primavera non ha avuto luogo il previsto incontro.

R: Quegli incontri non fanno parte dell’accordo in sé. Sono un meccanismo che entrambi i governi hanno attivato in vari periodi perché agevola l’attuazione degli accordi. Ma richiede che entrambe le parti vogliano incontrarsi. Gli USA, finora, vogliono rispettare gli accordi, ma non sono disposti a incontrarsi. Noi continueremo a rispettare i nostri impegni.

D: Durante l’amministrazione Biden, Cuba e USA mantenevano anche contatti di coordinamento in materia di sicurezza, lotta al terrorismo e criminalità internazionale… Questi contatti si sono interrotti del tutto o proseguono a livello tecnico?

R: Si sono praticamente fermati del tutto. A livello tecnico resta un certo grado di scambio di informazioni, soprattutto da parte di Cuba verso gli USA, perché questi accordi non sono un capriccio. Esistono perché abbiamo una responsabilità nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di esseri umani e a qualunque attività nella regione che minacci la sicurezza di Cuba o della subregione. Ecco perché condividiamo informazioni con gli USA e con altri Paesi. Anche se sappiamo – e ne abbiamo conferma – che le autorità USA incaricate dell’applicazione della legge sono interessate a mantenere lo scambio con Cuba, oggi non esiste volontà politica, da parte del governo USA, per autorizzare, a livelli superiori, la prosecuzione di tali contatti.

D: Se Cuba interrompesse la cooperazione, non fornirebbe così un pretesto per mantenere il Paese nella lista degli Stati che «non collaborano pienamente» nella lotta al terrorismo, nella quale è stato recentemente reinserito?

R: Il motivo per cui Cuba continua a collaborare con gli USA e con altri Paesi è che il nostro impegno contro il terrorismo è serio. Non si tratta di un calcolo politico. Lo facciamo come parte delle responsabilità del Paese e nell’interesse della nostra stessa sicurezza nazionale.

D: Un’altra delle recenti sanzioni USA riguarda le missioni mediche di Cuba, che Washington collega al lavoro forzato. Cosa ha da dire L’Avana a questo proposito?

R: Che non si tratta di lavoro forzato, bensì di cooperazione medica che la comunità internazionale, inclusi almeno due segretari generali delle Nazioni Unite, ha elogiato per decenni. E che il governo USA, ora spinto da Marco Rubio, pur anche senza essere segretario di Stato, si è ostinato ad attaccarle con due obiettivi: cercare di screditare un aspetto della politica estera solidale di Cuba, che ha ricevuto riconoscimenti internazionali; e, in secondo luogo, tagliare entrate che riceve il sistema di salute pubblica cubano, entrate assolutamente legittime, come quelle di qualsiasi paese che fornisca servizi di questa natura e qualità, nelle condizioni in cui lo fa Cuba. E che si basano, ed è molto importante, su accordi bilaterali firmati sovranamente tra Governi. Non si tratta di un’imposizione di Cuba, né di un ingresso dalla porta di servizio in alcun paese: sono accordi bilaterali, legati agli impegni che tali governi hanno nella fornitura di servizi sanitari alla propria popolazione.

D: I rapporti su cui si basa il governo USA denunciano che ai medici di queste missioni vengono ritirati i passaporti, e che ai cubani che abbandonano la missione a metà non è permesso tornare nel proprio paese per anni. È vero?

R: Questo è viziato da un insieme di falsità diffuse dal governo USA, che cita come presunti testimoni una decina di medici su centinaia di migliaia di cubani che hanno partecipato a missioni di questo tipo. La domanda incorpora il pregiudizio che gli USA vogliono imporre, come se questi programmi di cooperazione fossero illegittimi o implicassero comportamenti inappropriati. E non è così. Sono programmi assolutamente legittimi in una varietà di modalità. Ci sono paesi dove si effettua il pagamento diretto, altri dove non avviene. Ci sono paesi dove, per decisione del programma di cooperazione medica, i passaporti sono stati raggruppati. Nella maggior parte dei casi ciò non accade. Ma sono falsità che non ha senso affrontare nel dettaglio, perché si tratta di domande capziose che mirano a gettare dubbi sulla legittimità di questi accordi. La pratica che Cuba realizza è comune in tutto il mondo. Se un’università USA o un’istituzione europea accetta un programma – con un paese latinoamericano o africano – di cooperazione medica, conduce uno studio e poi invia personale professionale a lavorare, non è comune che si chieda da dove vengano i consulenti assunti, quanto siano pagati, quanti introiti riceva il professionista o l’istituzione che offre il servizio, né se il pagamento avvenga prima all’istituzione e poi al professionista (cosa molto comune), o viceversa. In questo mondo c’è di tutto. Ma il governo USA, con una macchina propagandistica sostenuta da decine di milioni di dollari, è riuscito a ubicare e generare questo interrogativo, che viene rifiutato dai paesi che ricevono le missioni mediche, e che cerca di presentare come illegittimo un programma assolutamente legittimo e che salva vite umane. La vera domanda da porre è: quante vite si perdono, quante persone smettono di ricevere assistenza sanitaria a causa di questa campagna USA? E quante persone è disposto a sacrificare il governo USA minacciando funzionari di governi terzi affinché pongano fine a un programma che essi stessi sviluppano e che è simile a molti altri attivi in molte parti del mondo?

D: È stato proposto che i paesi ospitanti paghino direttamente i medici cubani. Il Governo cubano sarebbe disposto ad accettarlo?

R: Mi rifiuto di rispondere a questa domanda perché, se lo facessi, sembrerebbe che sia illegittimo che i pagamenti avvengano in modo indiretto, come accade – insisto – in molti programmi di cooperazione a livello mondiale, inclusi quelli delle Nazioni Unite e del sistema ONU. E se rispondessi, sembrerebbe che ciò che fa Cuba nei luoghi dove il pagamento non è diretto sia qualcosa di illecito.

D: Nelle ultime settimane si è parlato di un piano di Washington per deportare in Sudan del Sud un gruppo di persone, tra cui presumibilmente almeno due cubanoamericani. Cosa sa il Governo cubano al riguardo?

R: Quello che sappiamo proviene da fonti pubbliche. Abbiamo cercato di chiarire la questione, ma i dati non sono precisi: non ci è chiaro quanti cubani siano stati trasferiti, quanti si preveda di trasferire e quanti restino negli USA. Apparentemente si tratta di cifre molto basse: due, tre persone. Ma non abbiamo informazioni chiare, né il governo USA ha comunicato nulla a Cuba su questo tema.

D: Il governo USA ha appena annunciato la revoca del parole umanitario a centinaia di migliaia di persone entrate nel paese negli ultimi anni seguendo una procedura legale. Tra questi ci sono decine di migliaia di cubani.

R: Quello che fa il governo USA sfugge alla logica e all’umanità. Per anni, e con particolare intensità negli ultimi tempi, ha invitato e accolto decine di migliaia di cubani. E ora lo stesso governo USA dice di aver cambiato idea e vuole espellerli. Si tratta di esseri umani, trattati come se non lo fossero. È con la vita delle persone che sta giocando il governo USA, prima accogliendole e proteggendole, ora espellendole. Sta giocando con la vita reale di persone, cosa che abbiamo fatto notare in più di un’occasione direttamente al governo USA, e anche pubblicamente. Abbiamo preso posizione in merito.

D: C’è stata qualche forma di coordinamento con Washington per il ritorno di queste decine di migliaia di cubani?

R: Non esiste alcun coordinamento. È una decisione unilaterale di un governo che ha assunto l’idea che essere forti sia legittimo, e che usare – o addirittura abusare – della forza sia legittimo e nel proprio diritto. Ciò che sorprende è come i politici anticubani che per anni hanno partecipato all’accoglienza di queste persone ora abbiano voltato loro le spalle. C’è una dose di complicità in questo atto privo di una qualche protezione. Come dicevo, si tratta di decine di migliaia di cubani. Alcuni parlano di oltre 100000… sono esseri umani che hanno scommesso la propria vita perché accolti dal governo USA, e ora, per un cambio d’opinione, viene loro detto di dover distruggere ciò che hanno costruito e cambiare direzione.

D: C’è stata qualche comunicazione da parte del governo USA in merito all’annuncio dell’uso della base militare di Guantánamo come centro per ospitare migranti in situazione irregolare? Sapete se ci sono cubani?

R: Non vi è stato alcun coordinamento e le informazioni che abbiamo provengono solo dalla stampa. In alcuni momenti si è parlato di decine di migranti a Guantánamo. Potrebbe darsi che in qualche momento si sia superata la soglia dei 100. Non ci risulta che ci siano stati cubani tra queste persone. Potrebbero esserci, ma non lo sappiamo. Si parla molto delle enormi difficoltà logistiche e finanziarie legate all’eventuale presenza di 10000, 20000 o 30000 persone, cifre che sono state citate… Ma per noi, l’importante è che la base navale di Guantánamo è un territorio occupato militarmente contro la nostra volontà. Rappresenta una minaccia per Cuba quella presenza militare, e il progetto di concentrare lì 20000 o 30000 persone accresce la minaccia alla sicurezza e alla pace di Cuba e dell’intera regione. Lo abbiamo detto pubblicamente e lo abbiamo comunicato anche al governo USA.

D: Trump è percepito come un negoziatore transazionale. Avete contemplato uno scenario di rottura che implichi un tipo di relazione con gli USA molto diversa dall’attuale?

R: Possiamo contemplare qualsiasi scenario. E spiego perché: la posizione di Cuba, storicamente e ancora oggi, è che siamo disposti ad avere una relazione rispettosa con gli USA. Se fosse possibile, anche una relazione di amicizia, come quella che abbiamo con il resto del mondo. Anche con le differenze che potremmo avere oggi o in futuro con il governo USA, come ne abbiamo con altri paesi. E se per gli USA e per gli statunitensi fosse possibile – come lo è per latinoamericani, africani, asiatici ed europei – avere relazioni economiche e commerciali con Cuba, fare affari con Cuba, non avremmo alcun problema. Quindi, ogni scenario è contemplabile, purché si basi sul rispetto reciproco.

D: Questo scenario attuale sembra il peggiore.

R: Apparentemente, qualsiasi alternativa a quella attuale sarebbe migliore.

Cubainformacion 


La Habana, sobre su relación con EEUU: «Cualquier alternativa a la actual es mejor»     

La Habana (EFE).- Esta es la transcripción de la entrevista concedida en exclusiva a EFE por el viceministro de Relaciones Exteriores de Cuba Carlos Fernández de Cossío, en la que analiza el estado de las relaciones de su Gobierno con la Administración del presidente estadounidense, Donald Trump.

P: ¿Cómo entiende el Gobierno cubano las últimas sanciones de EE. UU? ¿Cuánto daño hacen?

R: A nosotros no nos sorprende que estas medidas coercitivas se estén aplicando en estos momentos. Nosotros previmos el año pasado la posibilidad de que pudiera triunfar el Gobierno de Trump y conocíamos la influencia que previsiblemente tendrían los sectores anticubanos de Estados Unidos en este Gobierno. Y conocíamos además el entusiasmo que tenían estos sectores anticubanos con la llegada de Trump al poder -si lograba ganar las elecciones- y el tipo de medidas que quisieran aplicar. De modo que no nos sorprende. Ahora, las medidas evidentemente tienen daño. Quien viva en Cuba o quien visite Cuba puede comprender que si el Gobierno de Estados Unidos se propone y tiene la capacidad de, si no impedir, limitar en extremo los suministros de combustible a Cuba o hacerlos muy costosos, que eso va a tener impacto en la agricultura, la producción de alimentos, la producción manufacturera, los servicios diversos, la vida de las personas y la generación eléctrica. Por tanto, ese impacto está presente. Si Estados Unidos tiene la capacidad de intimidar a ciudadanos de más de 40 países con la amenaza de tomar represalias si visitan Cuba y tomar represalias cuando visitan, es lógico suponer que eso va a afectar el turismo cubano, sobre todo cuando la mayoría de esos 40 países son parte de los mercados fundamentales de Cuba. Si además se limitan los ingresos de Cuba por el sector financiero, si desata una campaña en muchos Gobiernos diciendo que Cuba es un país terrorista y que quien se relacione comercial o financieramente con Cuba corre el peligro de recibir represalias de Estados Unidos, es evidente que eso tenga impacto cotidiano en la economía, en la vida de las personas.

P: ¿Temen que Estados Unidos les aplique nuevas sanciones?

R: Nosotros contemplamos que esas medidas son posibles. Temor es una palabra que yo no usaría, puesto que eso lo hemos superado desde hace muchos años. Y si no lo superamos, vivimos con él sin perder el sueño. Pero esas medidas son posibles. Ahí estos políticos anticubanos las están promoviendo con fuerza, las están anunciando. Y la historia ha demostrado que cada vez que tienen un periodo como el actual, en que creen que su meta de derrocar al Gobierno cubano y destruir a la revolución cubana está cerca, se apresuran a tomar medidas pretendiendo que es el paso que necesitan.

P: ¿Qué puede hacer el Gobierno cubano a este respecto?

R: Nosotros por supuesto que estamos adoptando y tomaremos medidas para protegernos de las acciones de Estados Unidos. Para responder en el sentido que haya que responder, sin nunca tomar medidas hostiles contra el pueblo de Estados Unidos y tomar medidas que amenacen la seguridad nacional de Estados Unidos, el bienestar del pueblo de Estados Unidos. No es el tipo de práctica que Cuba hace, la historia nuestra no demuestra eso. Pero nosotros si trataremos de esquivar el impacto de estas medidas, prepararnos nacionalmente para enfrentarlas. Y resistir, pero resistir, como dice nuestro presidente, con la mayor creatividad posible.

P: ¿Contemplan la posibilidad de declarar persona non grata al encargado de negocios de EE. UU., Mike Hammer, al que han apercibido en varias ocasiones por una conducta que han calificado de «injerencista»?

R: Con respecto al diplomático, nosotros no vamos a descartar ninguna acción en la medida en que pensemos que es un peligro lo que hace, si llegamos a esa conclusión -que no hemos llegado-, y en la medida que le prestemos mucha atención a lo que está haciendo.

P: ¿Qué puede hacer La Habana con el encargado de negocios de EE. UU. si ya le ha llamado la atención en varias ocasiones? ¿Cuál cree que es el objetivo del binomio Rubio/Hammer?

R: Si uno evalúa la gestión que tiene el encargado de negocios en Cuba en estos momentos, teniendo un poco de conocimiento de qué es lo que hace y debe hacer algún diplomático, uno se pregunta: ¿A qué funcionario del Gobierno conoce él y con cuál mantiene interacción? ¿A qué persona con responsabilidad política en el país conoce él y mantiene interacción e influye? ¿A qué autoridad de la comunidad científica, de la comunidad académica, de la comunidad artística, a qué persona con impacto en la economía, en la vida de los cubanos, conoce él y tiene interacción? Que (esto) es, en cualquier país, la responsabilidad de un diplomático: tener esos contactos y tratar de ganarse respeto en esos sitios. Él evidentemente no goza de respeto en ninguno de esos sitios y por eso se mueve pavoneándose por todo el país. Anda con un equipo de producción audiovisual, se mueve en un conjunto de vehículos, aparentemente tratando de dar la impresión de que es un gran personaje, como si llegara un presidente, asumiendo que la población cubana -que es instruida y que es educada- se va a dejar impresionar. Pero eso, naturalmente, no es por decisión de él. A él le han instruido hacer esto. Yo no hablaría de un binomio Rubio/Hammer, yo diría que ahí Marco Rubio con una política muy agresiva, y éste es el instrumento que, al pobre, le han dado a la tarea de ser una especie de espantapájaros en Cuba que aleja a la gente, porque el pueblo cubano, con la educación que tiene, conoce lo que él significa, conoce lo que él representa.

P: Dice Usted que el encargado de negocios estadounidense no tiene contacto con el Gobierno cubano. ¿Ustedes estarían dispuestos a reunirse con él al nivel que corresponda?

R: El Gobierno de Estados Unidos no tiene interés en discutir ningún tema serio ni oficial con nosotros, ninguno. Y un diplomático en todo país lo primero que debe hacer es ganarse el respeto de las autoridades donde está. Y a él evidentemente le han dado la tarea de no ganarse ese respeto.

P: Cuba y Estados Unidos mantienen 14 acuerdos migratorios. ¿Siguen actualmente vigentes acuerdos como el de la devolución por vía aérea de los denominados «inadmisibles»?

R: La devolución por vía aérea es parte de los acuerdos migratorios que existen. El fin de los acuerdos es tratar de asegurar que la migración entre los dos países sea regular, ordenada y segura. Y ésta es una de las acciones que lo propicia. En la visión de Cuba, el cumplimiento de ese compromiso ayuda al propósito que tienen los acuerdos, y por eso es que Cuba está comprometida y está cumpliendo con ellos. Hasta ahora el Gobierno de Estados Unidos ha mantenido la voluntad de hacerlo y nosotros tenemos la disposición de continuar aceptando esas devoluciones dentro de los marcos que establecen los acuerdos bilaterales.

P: Los acuerdos bilaterales contemplan también que Washington entregue anualmente 20.000 visas de no turista a cubanos. ¿Cumplirá este año EE. UU.?

R: Hasta la información que tenemos nosotros, no tenemos señal de que no se vaya a cumplir lo de las cifras de 20.000 en este año. Hasta ahora. Pero eso puede variar, como bien Usted plantea. Para nosotros los acuerdos entrañan diversos compromisos; y los compromisos, cada uno tiene impacto en la meta que tienen los acuerdos y, de conjunto, la completa. Nosotros evaluaremos en su momento en qué medida el cumplimiento de los compromisos que tiene Cuba continúa satisfaciendo el mérito de los acuerdos. El día que no, nosotros valoraremos entonces qué acción tomaremos.

P: Durante los últimos años se celebraron reuniones bilaterales de coordinación migratoria cada seis meses. Pero esta primavera no tuvo lugar el encuentro correspondiente.

R: Las reuniones no son parte del acuerdo. Las reuniones son un mecanismo que ambos Gobiernos hemos tenido durante varios periodos de tiempo porque ayuda a la implementación de los acuerdos. Pero requiere que ambas partes quieran reunirse. Estados Unidos hasta ahora quiere cumplir con los acuerdos, pero no está dispuesto a reunirse. Nosotros continuaremos cumpliendo con nuestro compromiso.

P: Cuba y Estados Unidos también mantenían durante la administración Biden una serie de contactos de coordinación en materia de seguridad, lucha contra el terrorismo y delincuencia internacional… ¿se han detenido totalmente estos contactos o se mantienen a nivel técnico?

R: Se ha detenido prácticamente en términos absolutos. A nivel técnico queda cierto grado de intercambio de información, sobre todo de Cuba hacia Estados Unidos, porque es que nosotros no tenemos estos acuerdos por un capricho. Nosotros lo tenemos porque tenemos una responsabilidad contra el terrorismo, contra el crimen organizado, contra el tráfico de personas, contra cualquier acción en la región que amenace la seguridad de Cuba y que amenace a la subregión y por tanto, nosotros con Estados Unidos y con otros países compartimos información. Pero a pesar de que conocemos, y nos consta, que las autoridades de aplicación y cumplimiento de la ley de Estados Unidos tienen interés en continuar de intercambio con Cuba, hoy no existe voluntad política de parte del Gobierno de Estados Unidos para que consulte, de más arriba, para que continúe a seguir.

P: ¿Si Cuba dejase de cooperar estaría dando argumentos para que se le mantuviese en la lista de países que no cooperan plenamente en materia antiterrorista, en la que se le incluyó de vuelta recientemente?

R: El motivo por el cual Cuba continúa cooperando con Estados Unidos y con otros países es porque nuestro compromiso contra el terrorismo es serio. No es un cálculo político. Nosotros hacemos esto como parte de las responsabilidades que tiene el país y como parte de nuestra propia seguridad nacional.

P: Otra de las recientes sanciones de Estados Unidos afecta a las misiones médicas de Cuba, a las que Washington vincula con el trabajo forzado. ¿Qué tiene que decir La Habana a este respecto?

R: Que no se trata de trabajo forzado, que se trata de cooperación médica que la comunidad internacional, incluyendo por lo menos dos secretarios generales de Naciones Unidas, ha celebrado durante décadas. Y que el Gobierno de Estados Unidos ahora bajo el empuje de Marco Rubio, aún sin ser secretario de Estado, se ha encaprichado en atacarlas con dos propósitos: tratar de desprestigiar un aspecto de la política exterior solidaria de Cuba, que ha recibido el elogio internacional; y en segundo lugar, cortar ingresos que recibe el sistema de salud pública cubano, que son absolutamente legítimos, como los que tiene cualquier país que presta servicios de la naturaleza, de la calidad en las condiciones que lo presta a Cuba, y que se sustentan, y esto es muy importante, en acuerdos bilaterales soberanamente firmados entre Gobiernos. No es una imposición de Cuba, no es una entrada por la puerta trasera de Cuba en ningún país: son acuerdos bilaterales en función de compromisos que tienen esos gobiernos con la prestación de servicio de salud para su población.

P: Informes en los que se basa el Gobierno de Estados Unidos denuncian que a médicos de estas misiones se les retiran los pasaportes y que a los cubanos que abandonan a mitad de misión no se les permite regresar a su país por años. ¿Es eso cierto?

R: Esto está contaminado por un conjunto de falacias que presenta el Gobierno de los Estados Unidos, citando como supuestos testigos a una decena más o menos de médicos de cientos de miles de cubanos que han participado en misiones de estas características. La pregunta entraña el prejuicio que Estados Unidos ha querido imponer sobre si estos programas de cooperación son ilegítimos, o están haciendo algo indebido, y no es el caso. Son programas absolutamente legítimos en una diversidad de modalidades. Hay países donde hay pago directo, hay países donde no lo hay. Hay países donde, por decisión de la cooperación médica, se han agrupado los pasaportes. En la mayoría de las casos eso no sucede. Pero son falacias que no tiene sentido responderlas en sentido exacto porque son interrogantes minuciosas que lo que pretenden es poner una duda sobre la legitimidad de estos acuerdos. La práctica que realiza Cuba es común en el mundo entero. Si a una universidad de Estados Unidos o una universidad o institución europea se le pide que tenga un programa -(con) un país latinoamericano o africano- de cooperación médica, que haga un estudio y que después brinde personal profesional que trabaje, no es común que se pregunte de dónde son los consultores que contrató el país, cuánto les pagan, cuántos ingresos recibe el profesional, cuánto recibe el consultor y cuánto recibe la institución que brinda el servicio, y cómo es el pago, si se le paga a la institución en su totalidad y después se le paga al consultor, que es muy común, o si sucede lo contrario. En este mundo hay de todo, pero el Gobierno de Estados Unidos, con una maquinaria respaldada por decenas de millones de dólares, ha logrado ubicar y generar este interrogante que rechazan los gobiernos que reciben (a las misiones médicas), que pretende poner como ilegítimo un programa que es absolutamente legítimo y que salva vidas. La pregunta correcta es: ¿Cuántas vidas se pierden, cuántas personas dejan de recibir servicio de salud por esta campaña de Estados Unidos? ¿Y cuántas personas está dispuesto a sacrificar el Gobierno de Estados Unidos amenazando a funcionarios de Gobierno de terceros países para que pongan fin a un programa que desarrollan y que es similar al que se desarrolla en muchas partes del mundo?

P: Se ha planteado que los países anfitriones paguen directamente a los médicos cubanos. ¿Estaría el Gobierno cubano dispuesto a eso?

R: Yo me niego a responder esa pregunta porque si la respondo parecería que es ilegítimo que se paguen indirectamente, como sucede -insisto- en muchos programas de cooperación a nivel mundial, incluidos los que practican las Naciones Unidas y el sistema de Naciones Unidas. Y si yo respondo esa pregunta, parece que es ilegítimo lo que hace Cuba en los lugares donde no se paga directamente.

P: En las últimas semanas se habló de un plan de Washington para deportar a Sudan del Sur a un grupo de personas, entre los que presuntamente había al menos dos cubanoamericanos. ¿Qué sabe el Gobierno cubano al respecto?

R: Lo que conocemos de eso es información pública y, además, hemos tratado de precisarla y no es precisa: no nos queda claro cuántos cubanos han trasladado, cuántos han dicho que van a trasladar y permanecen en Estados Unidos. Aparentemente son cifras minúsculas: dos, tres. Pero no, no tenemos información clara y no ha habido comunicación del Gobierno de Estados Unidos a Cuba sobre el tema.

P: El Gobierno de Estados Unidos acaba de comunicar la revocación del parole humanitario a cientos de miles de personas que entraron siguiendo un procedimiento legal en Estados Unidos en los últimos años. Entre ellos hay decenas de miles de cubanos.

R: Lo que hace el Gobierno de Estados Unidos escapa la lógica y escapa la humanidad. El Gobierno de Estados Unidos durante años, y con mucha fuerza en los últimos años, invitó y acogió a decenas de miles de cubanos en Estados Unidos. Y ahora el propio Gobierno de los Estados Unidos les está diciendo que cambió de opinión y que ahora los quiere expulsar de Estados Unidos. Se trata de seres humanos y los trata como si no fueran ni siquiera seres humanos. Es la vida de las personas con la que estado jugando el Gobierno de Estados Unidos cuando los acogió, los protegió y ahora los expulsa. Está jugando con la vida de personas reales, algo que nosotros cuando conversábamos con el Gobierno (de Estados Unidos) se lo dijimos en más de una ocasión directamente. Y también lo hemos dicho públicamente. Tenemos pronunciamientos públicos respecto al tema.

P: ¿Se han coordinado de alguna forma con Washington para el regreso de esas decenas de miles de cubanos?

R: No existe ninguna coordinación. Esto es una decisión unilateral de un Gobierno que ha asumido el criterio de que ser fuerte es legítimo y que hacer uso -e incluso abusar de la fuerza- es legítimo y que tienen derecho a hacer uso de la fuerza. Aquí lo sorprendente es cómo los políticos anticubanos que durante años participaron en la acogida de estas personas les han virado la espalda. Y hay una dosis de complicidad con este acto sin protección ninguna. Como decía, se trata de decenas de miles de cubanos. Hay quien habla de si más de 100.000 cubanos… son seres humanos que han apostado su vida porque fueron acogidos por el Gobierno de Estados Unidos y ahora, con cambio de opinión, se les dice que tienen que destruir lo que hicieron y cambiar de rumbo.

P: ¿Ha habido alguna comunicación del Gobierno de Estados Unidos por el anuncio de que se iba a usar la base militar de Guantánamo como centro para alojar migrantes en situación irregular? ¿Saben si hay cubanos?

R: No hay ninguna coordinación y la información que tenemos es lo que se publica por la prensa. Ha habido momentos de decenas (de migrantes en Guantánamo). Puede ser que en algún momento hayan superado 100. No conocemos que ha habido ningún cubano entre las personas que han estado ahí. Lo puede haber, nosotros no lo conocemos. Y se habla mucho de los inmensos desafíos logísticos y presupuestario que entraña llevar a 10.000, 20.000 o 30.000, que son cifras que se han manejado,… pero para nosotros lo importante de la base naval de Guantánamo es que es un territorio ocupado militarmente en contra de nuestra voluntad. Que implica una amenaza para Cuba esa presencia militar ahí y que la pretensión de meter a 20, 30.000 personas ahí incrementa la amenaza a la seguridad y la paz en Cuba y en la subregión. Y eso lo hemos dicho públicamente y se lo hemos dicho al Gobierno de Estados Unidos.

P: Trump es percibido como un negociador transaccional. ¿Han contemplado algún escenario rupturista que implique algún tipo de relación con Estados Unidos muy diferente al actual?

R: Nosotros podemos contemplar cualquier escenario. Y lo explico por qué: porque la posición de Cuba tradicional y vigente hoy es que nosotros estamos dispuestos a tener una relación respetuosa con Estados Unidos. Si fuera posible, una relación de amistad como la que tenemos con el resto del mundo. Aún con las diferencias que podamos tener hoy y que podamos tener con el futuro con el Gobierno de Estados Unidos, como las podemos tener con otros países. Y si a Estados Unidos y a los estadounidenses les resultara posible -como les resulta posible a latinoamericanos, africanos, asiáticos y europeos- relacionarse comercial y económicamente con Cuba, hacer dinero en Cuba, nosotros no tendríamos ningún inconveniente. Por tanto, cualquier escenario es contemplable, que descanse en una relación respetuosa.

P: Éste escenario parece el peor.

R: Aparentemente cualquier alternativa a la actual es mejor.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.