Una svolta tecnologica per l’economia venezuelana

Dati ed esperienze in idrocarburi e agroalimentare

Misión Verdad

La storia economica del Venezuela è segnata da una struttura produttiva profondamente sbilanciata verso il settore petrolifero, un modello rentista (di rendita petrolifera ndt) che ha condizionato lo sviluppo del Paese a partire dalla metà del XX secolo. Questo modello di accumulazione della ricchezza, basato sui proventi derivanti dalle esportazioni di idrocarburi, ha comportato una subordinazione tecnologica e produttiva degli altri settori strategici del Paese, in particolare in ambito energetico e alimentare.

Il rentismo (rendita ndt) petrolifero si caratterizza per la dipendenza assoluta dalle entrate generate dal greggio per sostenere le finanze pubbliche. Questa dinamica ha portato a una bassa efficienza nelle decisioni economiche, storicamente orientate alla gestione delle divise provenienti dal petrolio piuttosto che alla promozione di una base produttiva diversificata e autonoma. La conseguenza diretta è una debolezza istituzionale e tecnologica che si traduce in una vulnerabilità agli attacchi esterni, come le sanzioni criminali.

Un’economia monoproduttiva non solo limita la crescita sostenibile, ma genera anche una dipendenza tecnologica critica. Le imprese nazionali hanno operato beneficiando di esternalità positive quando i prezzi del petrolio erano elevati, ma non dispongono di capacità proprie per affrontare situazioni di blocco tecnologico o commerciale, come quello vissuto dal Venezuela nell’ultimo decennio.

Nel caso del settore alimentare, per decenni la politica pubblica ha dato priorità all’accesso a dollari preferenziali per finanziare importazioni massive di alimenti, mentre gli ampi incentivi a favore di un’agricoltura competitiva e autosufficiente sono arrivati in ritardo. Ciò ha generato una dipendenza strutturale dal mercato esterno, diventata un punto debole in presenza di sanzioni che limitano l’accesso a valuta estera e tecnologie cruciali.

Il debito tecnologico e produttivo accumulato dal Venezuela è stato aggravato dalle sanzioni USA, ma in un quadro più ampio è anche frutto del trascinamento storico di un modello rentista che ha impedito lo sviluppo endogeno di capacità industriali e scientifiche.

Negli ultimi anni, tuttavia, il Paese sembra aver cominciato a invertire questa tendenza, sviluppando una serie di risultati nel campo dell’innovazione che permettono di intravedere nella sovranità tecnologica una via alternativa.

Risultati, dati e capacità nell’innovazione energetica

Nonostante il contesto avverso, Petróleos de Venezuela S.A. (PDVSA), insieme a soci strategici, ha compiuto significativi progressi nella costruzione di capacità tecnologiche proprie nell’industria petrolifera. Nel novembre scorso, il Complesso Gasifero Muscar, situato a Punta de Mata, nello Stato Monagas, è stato oggetto di sabotaggio, e il presidente della compagnia statale, Héctor Obregón Pérez, ha dichiarato che “i lavoratori sono impegnati in un processo di riallineamento, revisione e riattivazione di tutte le aree operative”, dimostrando così l’efficacia dello sforzo collettivo per mantenere la produzione nazionale di idrocarburi in mezzo a una campagna di assedio straniero e di sabotaggi alle infrastrutture.

Un altro passo importante in questo processo è rappresentato dal ruolo dell’Istituto di Tecnologia Venezuelano per il Petrolio (Intevep), ente che ha sviluppato oltre 200 processi tecnologici legati all’esplorazione, all’estrazione e alla raffinazione della risorsa. Queste innovazioni sono state fondamentali per ridurre la dipendenza da tecnologie straniere e costruire una base locale di conoscenze applicabili al settore.

Inoltre, progetti come l’attivazione della seconda pompa nella Faja Petrolífera dell’Orinoco dimostrano un avanzamento tecnico cruciale verso lo sfruttamento delle riserve pesanti. PDVSA ha inoltre avviato la produzione autonoma di attrezzature specializzate, come quelle utilizzate nei pozzi profondi e nei sistemi di pompaggio elettrosommerso. Iniziative di questo tipo riflettono una cultura dell’innovazione che inizia a radicarsi all’interno dell’industria statale.

La società mista metalmeccanica Venezuelan Heavy Industries, C.A. (Vhicoa), filiale di PDVSA, ha stabilito alleanze strategiche con aziende internazionali come Schlumberger, puntando su trasferimenti tecnologici controllati e sull’apprendimento interno. Il Venezuela, inoltre, prosegue nella sua strategia di sovranità scientifica consolidando centri di ricerca e formazione tecnica sul territorio nazionale.

Questi risultati, pur ancora in fase di maturazione, rappresentano una svolta fondamentale nella strategia di ripresa dell’industria petrolifera. Lontano dalla dipendenza da fornitori esterni, il Venezuela scommette sull’autosufficienza tecnologica come strumento di resistenza alle sanzioni e come pilastro della propria competitività nei mercati energetici globali.

Potenziale tecnologico per un approvvigionamento sano

Anche il settore agroalimentare venezuelano ha vissuto un processo di trasformazione tecnologica negli ultimi anni. Il Paese è riuscito a consolidare un modello di crescita basato sulla sovranità e la sicurezza alimentare, riducendo drasticamente la dipendenza dalle importazioni. Altri dati indicano che, tra il 2020 e il 2025, il Venezuela è passato da una dipendenza alimentare dell’85% alla produzione interna del 97% degli alimenti di base.

Questo cambio non è stato spontaneo né casuale, ma frutto di politiche pubbliche orientate a rafforzare la capacità tecnologica del settore agricolo nazionale. L’Alleanza Scientifico-Contadina, promossa dal Ministero della Scienza e Tecnologia (Mincyt), ha permesso di aumentare del 5900% la produzione di semi di patata tra il 2019 e il 2024, sostituendo importazioni per oltre 2 miliardi di $ negli ultimi sei anni. Inoltre, il programma ha consentito di incrementare la produttività di colture chiave come mais, riso e canna da zucchero.

Progetti di biotecnologia agricola come quelli portati avanti dal Centro Biotecnologico di Formazione per la Produzione di Semi Agamici (Cebisa) combinano saperi contadini con la biotecnologia per ottenere nuovi semi a partire da varietà ancestrali, utilizzando un software sviluppato dai loro stessi ricercatori e applicando nutrienti sotto forma di nanofertilizzanti formulati in Venezuela.

Le università venezuelane hanno sviluppato programmi di trasferimento tecnologico rurale, facilitando l’accesso di piccoli e medi produttori a strumenti agricoli moderni. Queste innovazioni includono semi resistenti a condizioni climatiche estreme, tecniche di fertilizzazione organica e sistemi di irrigazione efficienti adattati alla geografia locale.

Anche il Ministero dell’Agricoltura ha promosso l’uso di droni e sistemi digitali di monitoraggio per ottimizzare la produzione e prevenire perdite. Un altro esempio emblematico è rappresentato dalla società AgroBioTech Venezuela che, in collaborazione con università nazionali, si specializza nello sviluppo di input biologici per l’agricoltura e contribuisce alla produzione agroecologica attraverso biocontrollori batterici e fungini. Questo sistema consente di anticipare problemi fitosanitari e intervenire con precisione, evitando l’uso eccessivo di pesticidi e migliorando la qualità del suolo.

Tutto ciò, oltre ad avere un impatto diretto sulla disponibilità di alimenti nel mercato interno, rappresenta un potenziale affinché il Venezuela riesca ad approvvigionarsi senza ricorrere massicciamente alle importazioni di input agricoli. Inoltre, permetterà al Paese di iniziare a posizionarsi come esportatore di determinati prodotti agricoli, soprattutto nei mercati dell’America Latina e dell’Africa. Questo traguardo, un tempo impensabile, è oggi possibile grazie alla combinazione di investimenti statali, formazione tecnica e adozione di tecnologie dirompenti in ambito rurale.

La via verso la sovranità nazionale passa per la tecnologia

La sovranità tecnologica non è solo un obiettivo simbolico: è una necessità strategica per qualsiasi Paese che aspiri all’indipendenza economica. Nel caso del Venezuela, spezzare la dipendenza tecnologica nel settore petrolifero è un passo fondamentale per garantire la propria presenza nei mercati internazionali.

Le difficoltà hanno portato alla concretizzazione della visione del Comandante Chávez. Iniziative come il Piano per l’Indipendenza Produttiva Assoluta (PIPA), promosso dal presidente Maduro nel 2025, mirano a garantire condizioni di resistenza alle sanzioni attraverso la produzione locale di ricambi, l’automazione dei processi e il rafforzamento del capitale umano nell’ingegneria petrolifera. Tutto questo ha un duplice obiettivo: proteggere la produzione nazionale e posizionare il Venezuela come attore rilevante nel mercato energetico globale.

La tecnologia, oltre a essere uno strumento di difesa contro il blocco, è anche un fattore chiave di competitività. Paesi come Iran, Russia e Cina hanno dimostrato che lo sviluppo tecnologico autonomo consente di resistere alle pressioni esterne e di accedere a nuovi mercati. Il Venezuela segue questo cammino, puntando su un’integrazione Sud-Sud che consenta lo scambio e l’assimilazione di conoscenze in diversi ambiti.

L’industrializzazione del petrolio e l’adozione di tecnologie pulite sono componenti essenziali di questa nuova fase. Il Venezuela non intende più essere solo un esportatore di greggio senza valore aggiunto; nei piani c’è l’obiettivo di evolvere verso una matrice produttiva più complessa, in cui conoscenza e innovazione siano i principali motori dell’economia.

I progressi descritti dimostrano che il Venezuela può superare i limiti del rentismo e costruire una base produttiva solida e autonoma. Sebbene le sfide persistano e il cammino sia arduo, i risultati nell’innovazione dimostrano che è possibile generare conoscenza locale, trasferirla alla pratica e farla funzionare anche in condizioni di blocco.

La sovranità tecnologica non è solo una questione di dignità nazionale, ma di sopravvivenza economica in un mondo multipolare dove la competizione tecnologica detta le regole del gioco. Il Venezuela sta tracciando una nuova mappa di possibilità che, se consolidata, potrebbe fungere da riferimento per altri Paesi che cercano di uscire dalla trappola del rentismo e incamminarsi verso una reale indipendenza.


Datos y experiencias en hidrocarburos y agroalimentación
Una vuelta de tuerca tecnológica a la economía venezolana

La historia económica de Venezuela está marcada por una estructura productiva profundamente sesgada hacia el sector petrolero, un modelo rentista que ha condicionado su desarrollo desde mediados del siglo XX. Este patrón de acumulación de riqueza basado en los ingresos derivados de la exportación de hidrocarburos ha llevado a una subordinación tecnológica y productiva del resto de los sectores estratégicos del país, especialmente en el ámbito energético y alimentario.

El rentismo petrolero se caracteriza por la dependencia absoluta de los ingresos generados por el crudo para sostener las finanzas públicas. Esta dinámica ha derivado en una baja eficiencia en las decisiones económicas que se han orientado históricamente al manejo de divisas provenientes del petróleo, más que al impulso de una base productiva diversificada y autónoma. La consecuencia inmediata es una debilidad institucional y tecnológica traducida en vulnerabilidad frente a ataques externos, como las sanciones criminales.

Una economía monoproductora no solo limita el crecimiento sostenible sino que también genera una dependencia tecnológica crítica. Las empresas nacionales han operado bajo un marco de externalidades positivas cuando los precios del petróleo están altos, pero carecen de capacidades propias para enfrentar situaciones de bloqueo tecnológico o comercial, como el que ha vivido Venezuela durante la última década.

En el caso del sector alimentario, la política pública ha priorizado durante décadas el acceso a dólares preferenciales para financiar importaciones masivas de alimentos, mientras los amplios incentivos a una agricultura competitiva y autosuficiente tardaron en arrancar. Esto ha generado una dependencia estructural del mercado externo, que se ha convertido en un punto débil ante las sanciones que restringen el acceso a divisas y a tecnologías cruciales.

La deuda tecnológica y productiva que ha vivido Venezuela fue acelerada por las sanciones estadounidenses, pero en un marco más amplio también es producto del arrastre histórico de un modelo rentista que ha impedido el desarrollo endógeno de capacidades industriales y científicas.

Sin embargo, en los últimos años el país parece que ha comenzado a revertir esta tendencia al desarrollar una serie de logros en innovación que permiten vislumbrar la soberanía tecnológica como una senda alternativa.

Logros, datos y capacidades en innovación energética

A pesar del contexto adverso Petróleos de Venezuela S.A. (PDVSA), junto con socios estratégicos, ha avanzado significativamente en la construcción de capacidades tecnológicas propias en la industria petrolera. En noviembre pasado el Complejo Gasífero Muscar, ubicado en Punta de Mata, estado Monagas, fue saboteado y el presidente de la estatal, Héctor Obregón Pérez, afirmó que “los trabajadores están en proceso de reajuste, revisión y reanimación de todas las áreas operacionales”, lo cual evidencia la eficacia del esfuerzo colectivo para mantener la producción nacional de hidrocarburos en medio de una campaña de asedio extranjero y de sabotaje a la infraestructura.

Otro hito importante en este proceso es el papel del Instituto de Tecnología Venezolana para el Petróleo (Intevep), entidad que ha desarrollado más de 200 procesos tecnológicos vinculados con la exploración, extracción y refinación del recurso. Estas innovaciones han sido fundamentales para reducir la dependencia de tecnología extranjera y construir una base local de conocimiento aplicable al sector.

Además, proyectos como la activación de la segunda bomba en la Faja Petrolífera del Orinoco demuestran un avance técnico crucial hacia la explotación de reservas pesadas. Por otro lado, PDVSA ha incursionado en la fabricación propia de equipos especializados, como los utilizados en pozos profundos y sistemas de bombeo electrosumergible. Este tipo de iniciativas refleja una cultura de innovación que empieza a tomar cuerpo en el seno de la industria estatal.

La empresa mixta metalmecánica Venezuelan Heavy Industries, C.A. (Vhicoa), filial de PDVSA, ha establecido alianzas estratégicas con empresas internacionales como Schlumberger, con un enfoque de transferencias controladas y aprendizaje tecnológico interno. Además, Venezuela mantiene en desarrollo su estrategia de soberanía científica consolidando centros de investigación y formación técnica dentro del país.

Estos logros, aunque aun en fase de maduración, representan un giro fundamental en la estrategia de recuperación de la industria petrolera. Lejos de depender de proveedores extranjeros, Venezuela apuesta por la autosuficiencia tecnológica como herramienta de resistencia ante las sanciones y como pilar de su futuro competitivo en los mercados energéticos globales.

Potencial tecnológico para un abastecimiento sano

El sector agroalimentario venezolano también ha experimentado un proceso de transformación tecnológica en los últimos años. El país ha logrado consolidar un modelo de crecimiento basado en la soberanía y la seguridad alimentaria al reducir drásticamente la dependencia de importaciones. Otros datos indican que, entre 2020 y 2025, Venezuela pasó de tener 85% de dependencia alimentaria a producir 97% de sus alimentos básicos de forma local.

Este cambio no es espontáneo ni accidental sino producto de políticas públicas orientadas a fortalecer la capacidad tecnológica del campo venezolano. La Alianza Científico-Campesina, promovida por el Ministerio de Ciencia y Tecnología (Mincyt), logró que la producción de semilla de papa se incrementara 5 900% entre 2019 y 2024, lo cual representa una sustitución de importaciones por más de 2 mil millones de dólares en los últimos seis años. Además, este programa ha permitido aumentar la productividad de cultivos claves como maíz, arroz y caña de azúcar.

Proyectos de biotecnología agrícola como los impulsados por el Centro Biotecnológico de Capacitación en la Producción de Semillas Agámicas (Cebisa), combinan conocimientos campesinos con biotecnología para obtener nuevas semillas a partir de las ancestrales utilizando un software desarrollado por sus mismos investigadores y aplicando nutrientes de nanofertilizantes formulados por venezolanos.

Universidades venezolanas han desarrollado programas de transferencia tecnológica rural, lo cual ha facilitado el acceso de pequeños y medianos productores a herramientas modernas de cultivo. Estas innovaciones incluyen semillas resistentes a condiciones climáticas extremas, técnicas de fertilización orgánica y sistemas de riego eficientes adaptados a la geografía local.

Asimismo, el Ministerio para la Agricultura ha promovido el uso de drones y sistemas digitales de monitoreo agrícola para optimizar la producción y prevenir pérdidas. Otro ejemplo emblemático es el caso de la empresa AgroBioTech Venezuela que, en alianza con universidades nacionales, se especializa en el desarrollo de insumos biológicos para el uso agrícola y contribuye con la producción de cultivos bajo un enfoque agroecológico mediante biocontroladores bacterianos y fúngicos. Este sistema permite anticipar problemas fitosanitarios y actuar con precisión evitando el uso excesivo de pesticidas y mejorando la calidad del suelo.

Todo esto, además de impactar directamente en la disponibilidad de alimentos en el mercado interno, constituye un potencial para que Venezuela logre abastecerse sin recurrir masivamente a las importaciones de agroinsumos. También permitirá que el país comience a posicionarse como exportador de rubros agrícolas seleccionados, especialmente en mercados de América Latina y África. Este logro, antes impensable, es posible gracias a la combinación de inversión estatal, formación técnica y adopción de tecnologías disruptivas en el campo.

Hacia la soberanía nacional se transita por la tecnología

La soberanía tecnológica no es solo un objetivo simbólico; es una necesidad estratégica para cualquier país que aspire ser independiente en materia económica. En el caso de Venezuela, la ruptura de la dependencia tecnológica en el sector petrolero es un paso fundamental para asegurar su presencia en los mercados internacionales.

Las dificultades han conducido a que la visión del Comandante Chávez se concrete. Iniciativas como el Plan de Independencia Productiva Absoluta (PIPA), impulsado por el presidente Maduro este 2025, buscan garantizar condiciones de resistencia ante las sanciones mediante la producción local de repuestos, la automatización de procesos y el fortalecimiento del talento humano en ingeniería petrolera. Todo ello tiene un doble propósito: proteger la producción nacional y posicionar Venezuela como un actor relevante en el mercado energético global.

La tecnología, además de ser una herramienta de defensa frente al bloqueo, es también un factor clave de competitividad. Países como Irán, Rusia y China han demostrado que el desarrollo tecnológico propio les permite resistir las presiones externas y acceder a nuevos mercados. Venezuela sigue este camino, apostando por una integración Sur-Sur que le permite compartir y recibir conocimientos en distintas áreas.

La industrialización del petróleo y la incorporación de tecnologías limpias son componentes esenciales de esta nueva etapa. Venezuela no pretende seguir siendo solo un exportador de crudo sin valor agregado; en los planes está avanzar hacia una matriz productiva más compleja, donde el conocimiento y la innovación sean los principales motores de la economía.

Los avances descritos permiten que Venezuela pueda superar las limitaciones del rentismo y construir una base productiva sólida y autónoma. Aunque los retos persisten y el camino es arduo, los logros en innovación demuestran que es posible generar conocimiento local, transferirlo a la práctica y hacerlo funcionar en condiciones de bloqueo.

La soberanía tecnológica no es únicamente una cuestión de dignidad nacional sino de supervivencia económica en un mundo multipolar donde la competencia tecnológica marca las reglas del juego. Venezuela está trazando un nuevo mapa de posibilidades que, si se consolida, podría servir como referencia para otros países que buscan escapar de la trampa del rentismo y caminar hacia la independencia real.

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