La geopolitica dello spettacolo nella “guerra contro la droga”

Petro critica gli omicidi degli USA nei Caraibi

Misión Verdad

In un’intervista concessa al Washington Post, il presidente colombiano Gustavo Petro ha messo frontalmente in discussione la strategia antidroga promossa dall’amministrazione Trump nei Caraibi. Le sue dichiarazioni mettono in rilievo la dimensione politica di una guerra alla droga che, dopo decenni di applicazione, è fallita nei suoi obiettivi dichiarati ed è diventata uno strumento di pressione geopolitica.

Secondo Petro, i recenti attacchi navali costituiscono uno spettacolo mediatico con conseguenze letali, mentre la “decertificazione” della Colombia riflette un uso ideologico delle certificazioni che Washington applica a seconda della propria convenienza.

Militarizzazione per la televisione

Durante l’intervista, Gustavo Petro è stato categorico nel definire gli attacchi navali dell’amministrazione Trump come uno spettacolo mediatico che si traduce nella morte di giovani poveri, senza armi né reale responsabilità nell’affare della cocaina. Per il presidente colombiano, queste operazioni, presentate da Washington come successi nella lotta alla droga, non costituiscono una strategia efficace, ma esecuzioni extralegali che non intaccano affatto le reti di potere che dominano il narcotraffico.

I dati riportati dallo stesso quotidiano rafforzano la critica: almeno 17 persone sarebbero morte nei tre attacchi unilaterali e illegali contro imbarcazioni nei Caraibi, senza che la Casa Bianca abbia presentato prove conclusive sull’identità delle vittime né sul carico trasportato. L’insistenza dei funzionari USA nel giustificare queste azioni in base al “diritto dei conflitti armati” mette in evidenza un modello di legittimazione della forza militare di fronte a un problema che, come ha ribadito Petro, richiede invece intelligence di polizia e cooperazione giudiziaria.

In questo quadro, la ricorrenza di Washington a operazioni di forte impatto mediatico risponde alla necessità di sostenere la narrazione di una presunta guerra al narcotraffico. Una narrazione che, oltre alla sua inefficacia pratica, persegue un obiettivo politico preciso: criminalizzare il Venezuela e preparare il terreno a nuove forme di aggressione nella regione.

Il mito del Cartello dei Soli

L’accusa secondo cui in Venezuela opererebbe un presunto Cartel de los Soles è stata uno dei principali strumenti di Washington per associare il paese al narcotraffico. Petro l’ha liquidata nella sua intervista, affermando che quell’organizzazione semplicemente non esiste.

La genealogia di questa narrazione ne rivela il carattere propagandistico. All’inizio degli anni ’90, la CIA diresse la cosiddetta Operación Norte, con cui facilitò l’ingresso di decine di tonnellate di cocaina nel territorio USA con il pretesto di infiltrare i cartelli colombiani. Il successivo riconoscimento da parte dell’agenzia della portata di quell’errore aprì un precedente: per la prima volta si ammetteva ufficialmente che un’operazione sotto copertura aveva contribuito direttamente al narcotraffico. Quel precedente fu poi utilizzato come base per introdurre la figura del Cartel de los Soles.

Da allora, rapporti e pubblicazioni privi di verifica indipendente — come quelli promossi da Emili Blasco dal 2015 — hanno consolidato il racconto, presentando funzionari statali venezuelani come presunti capi regionali. Queste accuse, amplificate dai media internazionali, hanno coinciso con nuove ondate di sanzioni unilaterali contro programmi sociali venezuelani, mostrando così la loro funzione politica più che probatoria.

Le cifre ufficiali contraddicono radicalmente questa costruzione. La DEA stabilisce che il 97% della cocaina che circola negli USA ha origine colombiana e il resto proviene da Perù e Bolivia. Il Venezuela non compare né come produttore né come rotta rilevante nei rapporti forensi né nella valutazione nazionale delle minacce da droga 2024-2025. Nonostante ciò, il mito del Cartello dei Soli continua a essere strumentalizzato come pezzo centrale nella strategia di propaganda contro il paese.

La decertificazione come arma politica

La decisione di Washington di “decertificare” la Colombia nella lotta al narcotraffico è stata presentata come una punizione alla “direzione erratica” di Gustavo Petro, ma in realtà costituisce un gesto simbolico dal forte contenuto ideologico. Malgrado l’esenzione che mantiene la cooperazione bilaterale, ciò che trasmette questa misura è che qualsiasi tentativo di discostarsi dal copione della guerra alla droga sarà penalizzato.

Petro ha evidenziato la contraddizione per cui gli USA, principali consumatori di cocaina ed epicentro della crisi del fentanyl, siano coloro che giudicano gli altri in materia antidroga. Il politologo Federico García ha spiegato in un’intervista a Sputnik che la certificazione è stata usata come “strumento geopolitico di controllo contro i paesi periferici” e che, nella misura in cui la Colombia tenta di tracciare un proprio percorso, Washington ricorre alla decertificazione come promemoria della propria capacità di pressione.

Nei fatti, la politica antidroga del governo Petro ha mostrato risultati concreti. Nel 2024, la Colombia ha sequestrato 960 tonnellate di cocaina e pasta di coca, con un aumento del 14% rispetto all’anno precedente, la cifra più alta nella storia del paese. Nei primi mesi del 2025, le forze di sicurezza hanno eradicato volontariamente 11 mila ettari di coca, su un obiettivo ufficiale di 30 mila. Petro ha insistito sul fatto che questo approccio evita di mettere a rischio sia i contadini che i poliziotti, a differenza dell’eradicazione forzata pretesa da Washington.

In questo contesto, le attuali tensioni tra Washington e Bogotá si spiegano con la riluttanza di Petro ad allinearsi con la strategia USA di criminalizzare il Venezuela. La cocaina e le reti che la distribuiscono sono un problema storico in Colombia, come ha riconosciuto persino Kevin Whitaker, ex ambasciatore USA a Bogotá, ammettendo al Washington Post che l’espansione delle coltivazioni e i tentativi di contenerle sono precedenti all’attuale governo. Ma quell’ammissione viene usata per screditare la politica di Petro e rafforzare l’idea che i governi precedenti avessero condotto la “vera” lotta, proprio perché rispondevano con maggiore docilità agli interessi USA.

La decertificazione applicata contro Bogotá si inserisce nella campagna del governo USA per criminalizzare il Venezuela. Sotto il paravento della “guerra alla droga”, gli USA cercano di legittimare sanzioni e preparare il terreno per eventuali aggressioni militari. La Colombia finisce ora nella linea di fuoco perché il suo governo non si somma a quella strategia, mentre il Venezuela rimane l’obiettivo centrale.


Petro critica los asesinatos de EE.UU. en el Caribe

La geopolítica del espectáculo en la “guerra contra las drogas”

En una entrevista concedida a The Washington Post, el presidente colombiano Gustavo Petro cuestionó de manera frontal la estrategia antidrogas impulsada por la administración Trump en el Caribe. Sus declaraciones ponen en relieve la dimensión política de una guerra contra las drogas que, tras varias décadas de aplicación, ha fracasado en sus objetivos declarados y se ha convertido en un instrumento de presión geopolítica.

En sus palabras, los ataques navales recientes constituyen un espectáculo mediático con consecuencias letales, mientras que la descertificación de Colombia refleja un uso ideológico de las certificaciones que Washington aplica según su conveniencia.

Militarización para la televisión

Durante la entrevista, Gustavo Petro fue categórico al calificar los ataques navales de la administración Trump como un espectáculo mediático que termina en la muerte de jóvenes pobres sin armas ni responsabilidad real en el negocio de la cocaína. Para el presidente colombiano, estas operaciones, presentadas por Washington como logros en la lucha contra las drogas, no constituyen una estrategia efectiva, sino ejecuciones extralegales que en nada afectan a las redes de poder que dominan el narcotráfico.

Los datos reseñados por el propio medio refuerzan la crítica: al menos 17 personas habrían muerto en los tres ataques unilaterales e ilegales contra embarcaciones en el Caribe, sin que la Casa Blanca haya presentado pruebas concluyentes sobre la identidad de las víctimas ni sobre la carga que transportaban. La insistencia de funcionarios estadounidenses en justificar estas acciones bajo el “derecho de los conflictos armados” pone en evidencia un patrón de legitimación de la fuerza militar frente a un problema que, como ha insistido Petro, requiere de inteligencia policial y cooperación judicial.

En este marco, la recurrencia de Washington a operaciones de alto impacto mediático responde a la necesidad de sostener la narrativa de una supuesta guerra contra el narcotráfico. Una narrativa que, más allá de su ineficacia práctica, cumple un objetivo político concreto: criminalizar a Venezuela y preparar el terreno para nuevas formas de agresión en la región.

El mito del Cartel de los Soles

La acusación de que en Venezuela opera un supuesto Cartel de los Soles ha sido uno de los principales recursos de Washington para asociar al país con el narcotráfico. Petro lo desestimó en su entrevista, al afirmar que esa organización simplemente no existe.

La genealogía de esta narrativa revela su carácter de propaganda. A comienzos de los 90, la CIA dirigió la llamada Operación Norte, con la que facilitó el ingreso de decenas de toneladas de cocaína a territorio estadounidense bajo el pretexto de infiltrar a los carteles colombianos. El reconocimiento posterior de la agencia sobre la magnitud de aquel error abrió un precedente: por primera vez se admitía oficialmente que una operación encubierta había contribuido directamente al narcotráfico. Ese antecedente fue luego utilizado como base para instalar la figura del Cartel de los Soles.

Desde entonces, informes y publicaciones carentes de verificación independiente —como los impulsados por Emili Blasco desde 2015— consolidaron el relato, ubicando a funcionarios estatales venezolanos como supuestos capos regionales. Estas acusaciones, amplificadas en medios internacionales, coincidieron con nuevas rondas de sanciones unilaterales contra programas sociales venezolanos, mostrando así su función política más que probatoria.

Las cifras oficiales contradicen de raíz esa construcción. La DEA establece que el 97% de la cocaína que circula en Estados Unidos tiene origen colombiano y el resto proviene de Perú y Bolivia. Venezuela no aparece ni como productor ni como ruta relevante en los reportes forenses ni en la evaluación nacional de amenazas de drogas 2024-2025. Pese a ello, el mito del Cartel de los Soles sigue siendo instrumentalizado como pieza central en la estrategia de propaganda contra el país.

La descertificación como arma política

La decisión de Washington de descertificar a Colombia en la lucha contra el narcotráfico fue presentada como un castigo al “liderazgo errático” de Gustavo Petro, pero en realidad constituye un gesto simbólico con alto contenido ideológico. Pese a la exención que mantiene la cooperación bilateral, lo que transmite esa medida es que cualquier intento de apartarse del guion de la guerra contra las drogas será penalizado.

Petro señaló la contradicción de que Estados Unidos, principal consumidor de cocaína y epicentro de la crisis del fentanilo, sea quien califique a otros en materia antidrogas. El politólogo Federico García explicó en diálogo con Sputnik que la certificación se ha utilizado como “herramienta geopolítica de control contra países periféricos” y que, en la medida en que Colombia intenta trazar un camino propio, Washington recurre a la descertificación como recordatorio de su capacidad de presión.

En los hechos, la política antidrogas del gobierno de Petro ha mostrado resultados concretos. En 2024, Colombia incautó 960 toneladas de cocaína y base de cocaína, un aumento del 14% respecto al año anterior, la cifra más alta en la historia del país. En lo que va de 2025, las fuerzas de seguridad han erradicado de manera voluntaria 11 mil hectáreas de coca, frente a una meta oficial de 30 mil. Petro ha insistido en que ese enfoque evita poner en riesgo tanto a campesinos como a policías, en contraste con la erradicación forzada que demanda Washington.

En este marco, las tensiones actuales entre Washington y Bogotá se explican en la negativa de Petro a alinearse con la estrategia estadounidense de criminalizar a Venezuela. La cocaína y las redes que la distribuyen son un problema histórico en Colombia, como lo reconoce incluso Kevin Whitaker, exembajador de Estados Unidos en Bogotá, al admitir a The Washington Post que la expansión de los cultivos y los intentos por contenerlos son anteriores al actual gobierno. Pero esa admisión funciona para desestimar la política de Petro y reforzar la idea de que los gobiernos anteriores habían llevado adelante la “verdadera” lucha, precisamente porque respondían con mayor docilidad a los intereses de Estados Unidos.

La descertificación aplicada contra Bogotá se inserta en la campaña del gobierno estadounidense para criminalizar a Venezuela. Bajo el argumento de la “guerra contra las drogas”, Estados Unidos busca legitimar sanciones y preparar el terreno para eventuales agresiones militares. Colombia aparece ahora en la línea de fuego porque su gobierno no se suma a esa estrategia, mientras Venezuela permanece como el objetivo central.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.