I PIANI DEGLI STATI UNITI PER

 INVADERE MILITARMENTE CUBA

 

Eva Björklund, 9 ottobre 2004

 

Il Governo di Cuba da tempo sta denunciando che esistono questi piani che non sono mai stati presi sul serio dai governi e dai mezzi di comunicazione europei. Anzi si può dire che sono stati circondati da un silenzio completo.

 

Recentemente l’Istituto Interamerican Dialogue ha abbordato questo fatto con una lettera indirizzata al segretario di stato degli USA, nella quale un buon numero di politici, professionisti e altri funzionari internazionali, includendo Pier Shori ex ministro di Assistenza allo Sviluppo e ambasciatore della Svezia presso la ONU, sconsigliano un’invasione militare.

 

Costoro avvisano che una simile invasione produrrebbe più danni che benefici (che benefici possibile potrebbe dare? chiedo io!) e che la politica che gli USA pensano di imporre a Cuba provocherebbe una resistenza popolare che danneggerebbe gli interessi degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale. 

 

Non avvisano però che sarebbe una violazione grave del diritto internazionale e si raccomandano che l’obiettivo essenziale della politica degli USA dovrebbe essere una "transazione pacifica", cioè continuare la guerra economica, la campagna di propaganda contro l’Isola e le attività sovversive.

 

Non c’è dubbio che gli autori della lettera condividono la convinzione del regime degli Stati Uniti sulla loro priorità morale, sulla superiorità che probabilmente va attribuita anche alla Unione Europea con il diritto di comando sui sistemi degli altri paesi subalterni, soprattutto per ciò  che riguarda l’apertura al mercato internazionale, diritto che sarebbe applicabile anche a Cuba.

 

Nonostante tutto questo la lettera è importante perché mette in luce il carattere reale e vero della minaccia contro Cuba che i mezzi di comunicazione e la élite politica a livello internazionale, come in Svezia, hanno sempre taciuto.

 

Quello che motiva la lettera scritta da Pierre Shori  e gli altri firmatari a Colin Powell é il programma per recuperare il controllo su Cuba che questi ha presentato lo scorso 6 maggio e che i mezzi di comunicazione della Svezia hanno ignorato. Per cominciare il programma prevede una spesa di 5 milioni di dollari per rafforzare la propaganda contro Cuba in Europa e nel mondo, per far accettare la presa di potere con metodi militari se sarà necessario. Questi milioni verranno destinati tra le altre cose all’organizzazione di conferenze internazionali di appoggio ai piani degli USA per  formare un governo di transizione a Cuba.

 

Come per casualità la prima conferenza si svolgerà a Praga questa settimana con la partecipazione di Jean Kirkpatrick, che è stata ambasciatrice presso l' ONU con il governo di Reagan,  di un numero di politicanti dell’America Latina e dell’Europa dell’est, affini agli Stati Uniti, inoltre ci saranno i cubani di estrema destra esiliati e  un paio di liberali svedesi. L’interesse di appoggiare i piani degli Stati Uniti è cresciuto dal 1996, l’anno in cui è cominciato a giungere il denaro da Washington a una ritmo sempre più forte, il cui proposito era rompere la resistenza europea per assaltare una nazione sovrana.

 

Di questi 59 milioni cinque sono stati riservati per una campagna di solidarietà internazionale destinata ad ottenere appoggi da parte dei governi e da organizzazioni straniere per i gruppi finanziati dagli USA che si trovano a Cuba e all’estero. Un altro disegno prevede di ottenere che questi governi e organizzazioni dissuadano la gente dall’andare a Cuba come turisti. Questo per far perdere a Cuba delle entrate necessarie. In questo capitolo si raccomanda "Reporters senza frontiere",  con la sua campagna contro il turismo a Cuba, orchestrata a Parigi nell’inverno del 2003 - 2004 con finanziamenti provenienti da fonti molto vicine alla mafia dell’esilio cubano a Miami. Le ambasciate degli Stati Uniti nel mondo oggi hanno personale per la distribuzione dei volantini del dipartimento di stato per il coordinamento delle azioni di condanna al "regime castrista".

 

Una delle componenti più pericolosa di questo programma sono le emissioni  TV di propaganda, cominciate nell’agosto scorso, effettuate con un aereo militare con attrezzature speciali che circola ogni giorno attorno a Cuba e può originare la provocazione che potrebbe giustificare un’aggressione militare da parte degli Stati Uniti.

 

Il futuro dei cubani, sotto il comando degli Stati Uniti, è descritto con lusso di dettagli nel capitolo quattro della relazione che ha più di 450 pagine. È un programma dettagliato per la nuova privatizzazione di tutta l’Isola, la dissoluzione delle cooperative agricole, l’allontanamento degli agricoltori, il recupero degli edifici multi familiari e lo sfratto delle famiglie, l’eliminazione del sistema pensionistico e del sistema di benessere sociale che oggi garantisce educazione gratuita e servizi di salute altrettanto gratuiti. Il coordinamento dell’occupazione nordamericana nominerà giudici e organizzerà la polizia, disegnerà il sistema elettorale e autorizzerà i partiti politici. Alla fine dei conti non si tratta di riprendere il controllo economico e politico di Cuba, ma di farne uno stato vassallo.

 

Gli autori della lettera sottolineano che gli USA con le aggressioni reiterate pretendono di istigare la violenza e la destabilizzazione sociale a Cuba. William D. Rogers, ex funzionario del dipartimento di stato, dice che il piano di misure del regime di Bush per ottenere un cambiamento di regime a Cuba è "orribile" e che l’intervento che gli Stati Uniti pianificano per Cuba sarebbe l’azione più esplosiva degli USA in America Latina da 50 anni in qua. Wayne Smith, ex capo della sezione di interesse degli USA all’Avana, constata che si tratta di un programma di pura occupazione.

 

L’importante è che questi piani trascendano e vengano divulgati: se i popoli si renderanno conto del terribile meccanismo che si sta mettendo in moto per quando il regime che occupa Guantanamo si estenderà su tutta l’Isola, sono convinta che esigeranno dai loro politici che affrontino gli Stati Uniti per impedire questo genocidio.