9 giugno '08 - F.Casari www.altrenotizie.org

 

Il terrorismo dei buoni

contro gli antiterroristi

 

 

 

La lotta al terrorismo internazionale, alla quale l’Amministrazione USA dichiara ispirare le sue politiche di sicurezza, sembra in realtà valere solo quando si tratta di difendere le scelte della Casa Bianca. Quando sono gli Stati Uniti ad essere vittime, il loro spionaggio si chiama antiterrorismo: quando invece è la Casa Bianca ad ispirare le azioni terroristiche, la difesa delle vittime diventa spionaggio. Dev’essere stato questo convincimento, profondo quanto iniquo, a guidare i giudici della Corte d'appello dell'Undicesimo circuito di Atlanta che hanno reso nota la sentenza sul caso dei cinque agenti cubani arrestati dieci anni fa. I giudici hanno sostanzialmente confermato le condanne pronunciate sette anni fa dalla Corte d'assise di Miami: in particolare quella di "cospirazione per commettere omicidio" nei confronti di Gerardo Hernandez e quelle di "cospirazione per commettere spionaggio" nei confronti degli altri quattro imputati: Renè Hernandez, Fernando Gonzalez, Antonio Guerrero, Ramon Labanino.

La serie di processi che da sette anni offendono la coscienza civile e il diritto penale statunitense sulla pelle dei cinque cubani prigionieri è oggetto di proteste di numerosi organismi per i diritti umani, prima fra tutti Amnesty International. Ma a fare giustizia non sono bastate le proteste di tutto il mondo contro dieci anni di carcere da innocenti, processi farsa e detenzioni inumane, condanne sproporzionate e sentenze in spregio alle stesse procedure dibattimentali previste per i processi, occultamento di prove a discarico e indifferenza verso le deposizioni dei testimoni della difesa. La storia dei processi contro i cinque agenti cubani che si sono infiltrati nelle organizzazioni terroristiche cubano-americane della Florida e che, una volta scoperti, invece di ricevere un ringraziamento per l’attività svolta nello smascheramento delle attività criminali sono stati arrestati e condannati, si fregia di un’altra tacca sullo sperone dello Zio Sam. Per l’ennesima volta, i cubani sono vittime della doppia morale statunitense, quella che combatte il terrorismo dei suoi nemici ma incoraggia quello contro Cuba, che ha ormai trovato nelle aule di tribunale l’applicazione giuridica della dottrina militare statunitense.

Non stiamo parlando di una repubblica delle banane, ma degli Stati Uniti. Decenni dopo i processi a Sacco e Vanzetti e ai Rosemberg, nell’epoca di Guantanamo e Abu Ghraib, la “culla della democrazia” ripropone all’ordine del giorno la sua scarsissima affidabilità democratica in tema di diritti umani. Lo fa attraverso sentenze ignobili, come quelle di Miami e di Atlanta, emesse in barba ad ogni garanzia per la difesa e ad ogni principio di terzietà dei giudici, riproponendo così sentenze giudiziarie cucite su misura per gli obiettivi coperti dell’Amministrazione USA.

I cinque agenti dei servizi di sicurezza cubani detenuti e condannati negli USA sono innocenti dei reati di cospirazione e di complicità in omicidio. Non hanno commesso nessun reato in violazione della sicurezza nazionale degli USA, mentre hanno messo Cuba nella condizione di potersi difendere dagli attacchi terroristici che da Miami venivano e vengono finanziati, organizzati e realizzati. I cinque cubani hanno svolto il loro compito smascherando prima ed indicando poi al loro Paese, gli autori, le date, i modi, i mezzi, gli obiettivi e le complicità con i quali il terrorismo made in USA colpisce l’isola caraibica da decenni. Hanno svolto, insomma, il compito proprio di qualunque agente di qualunque servizio di qualunque paese: la difesa della sua integrità territoriale e dell’incolumità dei suoi cittadini, del suo gruppo dirigente e dei suoi obiettivi sensibili; il compito cioè, che ogni persona addetta alla sicurezza del proprio paese, indipendentemente da dove si trovi, è chiamato a svolgere.

La storia non prevede quasi mai letture univoche, ma in alcuni casi, tra questi Cuba, parla chiaro. Da 47 anni una superpotenza aggredisce una piccolissima isola. Un blocco economico, commerciale, politico e diplomatico cui si aggiunge l’iniziativa di tipo militare. Il governo più potente al mondo realizza la politica nell’emisfero sotto la dettatura di organizzazioni terroristiche cubano-americane. Queste, con l’aiuto, il denaro e la copertura delle agenzie statunitensi, non solo si addestrano indisturbate ad azioni armate nella Florida, ma organizzano attentati nell’isola e fuori. Esagerazioni? Dal 1959 al 2001 Cuba ha subito un’invasione (fallita), 3478 morti, 2099 feriti, 294 tentativi di dirottamenti marittimi ed aerei, 697 atti terroristici, 600 tentativi di assassinio di Fidel Castro, quasi 2000 miliardi di dollari di danni diretti e dimostrati procurati all’economia dell’isola.

Il governo degli Stati Uniti incoraggia – o perlomeno permette – le attività terroristiche delle organizzazioni criminali anticubane coordinate dalla FNCA della Florida. La fondazione, che vide la sua nascita sotto la presidenza Reagan e che è legata a triplice filo con la famiglia Bush, organizza attentati sull’isola e fuori contro installazioni, personale e dirigenti cubani. E’ a Miami che si pianificano e si organizzano le azioni terroristiche contro Cuba ed è quindi a Miami che l’attività del controspionaggio cubano aveva deciso di attivarsi. L’operato dei cinque agenti cubani ha evitato 44 attentati nell’isola e smascherato le attività, le complicità ed i legami tra i terroristi cubano-americani e le strutture federali e statali governative.

Grazie al loro lavoro, Cuba ha consegnato alle autorità statunitensi dossier contenenti informazioni dettagliate su operazioni terroristiche in programmazione a Miami. Gli USA si sono subito dati da fare: i terroristi sono liberi, i cinque cubani sono stati condannati oltre le massime pene previste con l'accusa di cospirazione. Per questo e non per altro i cinque sono stati condannati sotto montagne di anni di carcere: la loro liberazione significherebbe un riconoscimento della necessità di Cuba d’infiltrare suoi agenti tra i gruppi anticubani per ridurne il pericolo e comporterebbe, da parte del governo statunitense e delle autorità della Florida, il riconoscimento che, mentre dicono di combattere il terrorismo in ogni posto del mondo, si rifiutano di perseguirlo e combatterlo a casa loro.

La FNCA raccoglie fondi pubblici e occulti con i quali finanzia le attività criminali contro Cuba e negli ultimi anni vede anche uno dei suoi esponenti - Josè Pepe Cardenas - al vertice delle operazioni di finanziamento dagli Stati Uniti al cosiddetto “dissenso interno”. Operazioni che contano su 45 milioni di dollari l’anno e che vengono distribuite attraverso l’USAID, la NED e la FREEDOM HOUSE ad alcuni individui e ONG europee, che s’incaricano di trasferire i fondi nell’isola, dove vengono assegnati alle operazioni di destabilizzazione ed ai robusti salari dei mercenari locali. A testimoniare ulteriormente quanto stretti e operativi siano i legami tra la Casa Bianca, Langley e la FNCA e di come i tribunali USA ne tengano conto, si deve poi rammentare la liberazione di Luis Posada Carriles - definito dagli organismi per i diritti umani statunitensi “il Bin Laden latinoamericano – implicato in un numero spaventoso di attentati contro Cuba e i cubani, il più grave dei quali, il
6 ottobre 1976, l’esplosione sui cieli delle Barbados del volo 455 della Cubana de aviaciòn con 73 persone a bordo.

Come emerso dai processi, l’attentato venne organizzato da Luis Posada Carriles e Orlando Bosh. Eppure, forse a spiegare quanto la famiglia Bush sia intimamente legata a questa coppia criminale, serve ricordare che Orlando Bosh (che gira libero per le vie di Miami) venne officiato del “perdono presidenziale” da Bush padre. E ora pare che il figlio, prima di lasciare la Casa Bianca, stia pensando a concedere un nuovo “perdono presidenziale” proprio a Luis Posada Carriles. Alcuni congressisti statunitensi, infatti, hanno già rilasciato dichiarazioni circa l’intenzione del Presidente Bush di concedere l’indulto a Posada Carriles, che gli consentirebbe di chiudere il processo per ingresso clandestino nel paese, avvenuto dopo il suo rilascio da Panama (dov’era sotto processo per tentata strage) per ordine della ex presidente
Mireya Moscoso. Posada ha ucciso a Cuba, Venezuela, Nicaragua, El Salvador e Guatemala; su di lui pende inutilmente da tre anni una richiesta di estradizione da parte del Venezuela, ma Bush sta pensando di liberarlo.

Contro le belve come Posada Carriles e Orlando Bosh, contro il terrorismo anticubano e le manovre occulte contro l'isola, i cinque agenti cubani lavoravano. La loro detenzione è straordinariamente somigliante alla politica USA contro l’isola degli ultimi 49 anni: criminale quanto inutile.