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IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI

 

 

Quando mitragliarono

la cittadina di Pilon

 

28 gennaio 2010 - Dilbert Reyes Rodriguez  www.granma.cu (ain)

 

"Purtroppo, il ricordo più nitido della mia infanzia riguarda quella traumatica mattina del 14 maggio 1964, quando i mercenari, da una barca, mitragliarono il paese di Pilon.

"Tutti dormivano innocenti e quei figli di... fecero quello che hanno fatto, in un luogo con molte case di legno in cui i proiettili penetrarono facilmente."

Maria Ortega Olivera aveva otto anni e viveva non troppo vicino alla costa con i suoi genitori e quattro fratelli. Dormiva il sonno tranquillo e incurante di ogni bambino, quando il rumore di pelle lacerata, l’immediato dolore nel muscolo sinistro la strapparono dal letargo.

"Sembrava giorno. Le luci dei proiettili incendiari esplodevano in tutte le direzioni. Io gridavo “Mamma, mi brucia un sacco!” e loro disorientati e molto spaventati, non credevano. "Taci, e gettati al suolo!" dicevano.

"Il fuoco si fermò. Accesero la luce e stavo sanguinando. Arrivai in ospedale tra le braccia di uno dei miei fratelli. Lì ho incontrato un'altra ragazza ferita e mi accorsi che lo nello zuccherificio c'era un grande incendio.

"Poi appresi da un militare della Marina da Guerra Rivoluzionaria, che l'autore di tale atto terroristico era un cubano traditore, diretto e pagato dal governo degli Stati Uniti. Ora con molte più prove ho denunciato il fatto nel processo di “Cuba Domanda”.

"Bisogna essere sfacciati e cinici per segnalare come
sponsor dei terroristi un paese che per anni è stato vittima di questo flagello, attuato in molti modi da bestie addestrate e finanziate dagli Stati Uniti. La nazione che fa la  ridicola accusa ha le mani macchiate di sangue.

"Non ci sono parole per definire questa tremenda vergogna, ancor più nel mezzo della lotta mondiale per la libertà dei
Cinque cubani imprigionati nel Nord per aver lottato proprio contro il terrorismo. È il colmo della falsità e della crudeltà".

Come molte cittadine cubane, Pilon, situata sulla costa meridionale della provincia di Granma, ha vissuto sulla produzione di zucchero.

"Fu così che ritornata la calma dopo la mitraglia, la gente corse a spegnere il grande incendio causato in tre magazzini pieni di sacchi di zucchero" spiega Kenneth Rose, discendente di giamaicani e a quel tempo lavorare dello zuccherificio.

"Arrivai vestito da miliziano. Quella fu la mia prima reazione al sentire gli spari; e l'unità fu inviata allo zuccherificio. Si persero molte tonnellate di zucchero. La gente  ribolliva di rabbia perché lì stava bruciando il sudore di molte persone, lo zucchero della Rivoluzione e non di un riccone spendaccione.

"Con quale morale, allora, parlano gli imperialisti? Come può essere terrorista un'isola che nel mondo tiene migliaia di medici ed insegnanti al servizio degli umili, e che, per esempio, ha inviato ad
Haiti uno dei primi gruppi di assistenza medica oltre a quelli che lì già aveva?

"Il governo nord americano sta annegando nelle sue stesse menzogne" spiega Kenneth.