Un "assassinio" fabbricato

 

 

 

10 settembre 2012 - Ricardo Alarcón de Quesada www.antiterrorista.cu

 

 

 

Il 24 febbraio 1996 ci fu uno sfortunato incidente di fronte al Malecon. Due aerei appartenenti ad un gruppo terrorista, di Miami, furono abbattuti dalla difesa antiaerea quando violarono il territorio nazionale di Cuba. Decine di violazioni simili si erano verificati nell'ultimo anno e il Governo aveva pubblicamente avvertito che non avrebbe tollerato la loro ripetizione.

Il fatto aggravò seriamente le tensioni tra gli Stati Uniti e Cuba e fu oggetto di un intenso dibattito nell'Organizzazione Internazionale per l'Aviazione Civile e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il 7 maggio 1999 - dopo esser trascorsi tre anni e più di due mesi - il governo degli Stati Uniti, in modo irresponsabile e capriccioso, utilizzò l'incidente e lo convertì nell'Imputazione 3 (cospirazione per commettere assassinio) formulata solo contro Gerardo Hernandez Nordelo.

Sull'Imputazione 3
si concentrò quasi completamente il processo ai
Cinque. A questa accusa il Tribunale dedicò la maggior parte delle sue sessioni, esperti e testimoni. Nell'aula della Corte erano presenti, tutti i giorni, i famigliari di coloro che persero la vita il 24 febbraio 1996 che facevano dimostrazioni pubbliche e davano conferenze stampa proprio lì di fronte ai membri della giuria.

Il tema fu l'asse centrale della campagna mediatica. Su di esso si produssero migliaia di articoli e commenti su giornali, radio e televisione.

È interessante notare che i media prestarono grande attenzione all'Imputazione 3 prima che questa esistesse. Si può dire, senza alcun dubbio, che l'accusa fu il risultato di una cospirazione tra il governo USA e i gruppi terroristici responsabili di quanto avvenuto nel 1996 ed in cui
"giornalisti" pagati dal governo USA ebbero un ruolo decisivo.

Nel settembre 1998, quando l'FBI arrestò i Cinque, la Procura presentò le imputazione di cui erano accusati. Lì non c'era l'Imputazione 3, non si faceva alcun riferimento ad incidenti aerei o aeromobili abbattuti o qualcosa di simile. L'accusa contro Gerardo fu aggiunta più di sette mesi dopo, quando lui e i suoi compagni erano in isolamento, isolati dal mondo, nella loro prima visita al "buco" che durò 17 mesi.

Una rassegna della stampa di Miami, tra settembre 1998 e maggio 1999, permette verificare l'affermazione di cui sopra. È possibile trovare numerose dichiarazioni da parte dei leader di gruppi terroristici, ampiamente diffuse e amplificate dai "giornalisti" che chiedono al governo di aggiungere la nuova imputazione. Tra le altre cose,  possono leggersi le informazioni, assai diffuse, circa le riunioni tra i pubblici ministeri e i terroristi dalle quali sarebbe sorto il cosiddetto 'Secondo Atto d'Accusa" che sostituiva il precedente incorporando l'Imputazione 3.

La lettura di entrambi i documenti della Procura farebbe sì che qualsiasi giornalista, mediamente serio, sarebbe sorpreso e sentirebbe l'obbligo di verificare. Secondo questi documenti l'FBI sarebbe riuscita a scoprire chi era veramente e quello che faceva negli USA Gerardo Hernandez Nordelo almeno dal 1994, più di due anni prima dell'incidente del 1996. Erano riusciti a decifrare le sue comunicazioni con L'Avana, e sapevano quello che faceva e ciò che gli si chiedeva di fare. Per questo non agirono contro Gerardo ed i suoi compagni, perché sapevano che il suo lavoro non era affatto pregiudiziale per gli Stati Uniti né per il popolo nord americano.

Sapevano anche che Gerardo non aveva niente a che vedere con gli eventi del 1996. In quei giorni fu grande il clamore, non solo a Miami, ma anche a Washington. Bill Clinton, che era il presidente, ha scritto che allora gli si propose anche un attacco militare contro Cuba. I più aggressivi gruppi del Sud della Florida reclamavano a gran voce, giorno e notte, la guerra. La collusione di questi gruppi con l'FBI locale è ben nota. Qualcuno può credere che non avrebbero fatto nulla contro il "colpevole" per l'abbattimento degli aerei? Che che non avrebbero agito contro di lui, se lo avessero tenuto lì, controllato dall'FBI, a Miami?

E Cuba? Nessuna delle comunicazioni tra L'Avana e Gerardo, che l'FBI possiede e sono state presentate al processo, suggeriscono che ci fosse anche la benché minima preoccupazione per la sua sicurezza e per la sua protezione contro i rischi che avrebbe dovuto affrontare se lui avesse avuto una qualche partecipazione in quell' incidente. Gerardo continuò il suo lavoro a Miami per quasi altri tre anni. Venne a Cuba in vacanza e nessuno pensò di farlo rimanere qui per proteggere la sua vita.

Quando fu arrestato nel settembre del 1998 non lo accusarono di nulla correlato a quanto successo nel 1996, per la semplice ragione che l'FBI sapeva, almeno dal 1994, ciò che Gerardo faceva e sapeva, quindi, che non aveva alcuna relazione con quella disgrazia.

Tuttavia, nel 1999, apparvero con l'incredibile calunnia di accusarlo di partecipazione ad un assassinio di primo grado - con premeditazione e dolo - e lo fecero - l'FBI, ossia il governo - per soddisfare i desideri della mafia terrorista ed i suoi corifei nei mezzi di comunicazione che erano, a loro volta, pagati dal governo USA.

Così fragile era questa accusa che la stessa Procura riconobbe successivamente che non la poteva provare e chiese di ritirarla, qualcosa che sarebbe stata una notizia da prima pagina se si fosse trattato di un altro  caso e non quello dei Cinque.

 

 

 

UN “ASESINATO” FABRICADO

por Ricardo Alarcón de Quesada

El 24 de febrero de 1996 se produjo un lamentable incidente frente al Malecón habanero. Dos avionetas pertenecientes a un grupo terrorista de Miami fueron derribadas por la defensa antiaérea cuando violaron el territorio nacional de Cuba. Decenas de violaciones semejantes habían ocurrido en el último año y el Gobierno había advertido públicamente que no toleraría su repetición.

El hecho agravó seriamente las tensiones entre Estados Unidos y Cuba y fue objeto de intensos debates en la Organización de Aviación Civil Internacional y el Consejo de Seguridad de la ONU.

El 7 de mayo de 1999 – luego que habían pasado tres años y más de dos meses – el gobierno de Estados Unidos, de modo irresponsable y caprichoso, utilizó el incidente y lo convirtió en el Cargo 3 (Conspiración para cometer asesinato) formulado sólo contra Gerardo Hernández Nordelo.

El Cargo 3 concentró casi completamente el proceso de los Cinco. A esta acusación dedicó el Tribunal la mayoría de sus sesiones, expertos y testigos. En la sala de la Corte estuvieron presentes todos los días los familiares de los que perdieron la vida el 24 de febrero de 1996 quienes hacían demostraciones públicas y daban conferencias de prensa allí mismo frente a los miembros del jurado.

El tema fue el eje central de la campaña mediática. Sobre él se produjeron miles de artículos y comentarios en la prensa escrita y en las emisoras de radio y televisión.

Curiosamente los medios le prestaron gran atención al Cargo 3 antes de que éste existiera. Puede afirmarse sin la menor duda que la acusación fue resultado de una conspiración entre el Gobierno y los grupos terroristas responsables de aquel suceso en la que los “periodistas” pagados por el Gobierno tuvieron un papel decisivo.

En septiembre de 1998 cuando el FBI apresó a los Cinco, la Fiscalía presentó los cargos de los que eran acusados. Allí no estaba el Cargo 3, no se hacía referencia alguna a incidentes aéreos o avionetas derribadas ni a nada por el estilo. La acusación contra Gerardo fue agregada más de siete meses después cuando él y sus compañeros estaban en confinamiento solitario, aislados del mundo, en su primera visita al “Hueco” que duró 17 meses.

Una revisión de la prensa de Miami entre septiembre de 1998 y mayo de 1999 permite comprobar la afirmación anterior. Se pueden encontrar numerosas declaraciones de dirigentes de grupos terroristas, ampliamente difundidas y amplificadas por los “periodistas”, pidiéndole al Gobierno que agregase la nueva acusación. Entre otras cosas, puede leerse la información, profusamente desplegada, acerca de reuniones entre los fiscales y los terroristas de las que surgiría la llamada “Segunda Acta Acusatoria”, que sustituiría a la anterior incorporando el Cargo 3.

La lectura de ambos documentos de la Fiscalía haría que cualquier periodista medianamente serio se sorprendiera y sintiera la obligación de averiguar. Según esos documentos el FBI había logrado descubrir quién era realmente y qué hacía en Estados Unidos Gerardo Hernández Nordelo, por lo menos, desde 1994, más de dos años antes del incidente de 1996. Habían conseguido descifrar sus comunicaciones con La Habana, sabían lo que hacía y lo que se le instruía hacer. Por eso no actuaron contra Gerardo y sus compañeros, porque les constaba que su trabajo no era en absoluto perjudicial para Estados Unidos ni para el pueblo norteamericano.

Sabían también que Gerardo nada tenía que ver con los sucesos de 1996. En aquellos días fue grande el alboroto, no sólo en Miami sino también en Washington. Bill Clinton, quien era el Presidente, ha escrito que entonces se le propuso incluso un ataque militar contra Cuba. Los más agresivos grupos del Sur de la Florida vociferaban día y noche reclamando guerra. El contubernio de esos grupos con el FBI local es archiconocido. ¿Puede alguien creer que no habrían hecho nada contra el “culpable” por el derribo de las avionetas? ¿Qué no hubieran actuado contra él si lo hubiesen tenido allí mismo, y controlado por el FBI, en Miami?

¿Y Cuba? Ninguna de las comunicaciones entre La Habana y Gerardo, que posee el FBI y fueron presentadas en el juicio, sugieren siquiera que existiese la menor preocupación por su seguridad y por protegerlo frente a los riesgos que enfrentaría si él hubiese tenido alguna participación en aquel incidente. Gerardo continuó su labor en Miami durante casi tres años más. Vino a Cuba de vacaciones y a nadie se le ocurrió que aquí se quedase para proteger su vida.

Cuando lo detuvieron en septiembre de 1998 no lo acusaron de nada relacionado con lo ocurrido en 1996 por la sencilla razón de que el FBI conocía, por lo menos desde 1994, lo que hacía Gerardo y sabía, por tanto, que él no tuvo relación alguna con aquella desgracia.

Sin embargo en 1999 se aparecieron con la increíble calumnia de acusarlo por participar en un asesinato en primer grado – con premeditación y alevosía – y lo hicieron – el FBI, o sea, el Gobierno – para satisfacer los deseos de la mafia terrorista y sus corifeos en los medios que eran, a su vez, asalariados del Gobierno.

Tan endeble era esa acusación que la propia Fiscalía reconoció después que no la podía probar y pidió retirarla, algo que hubiera sido noticia de primera plana si se tratase de otro caso y no el de los Cinco.

 

 

 


 

IL PIANO

 

 

 

12 settembre 2012 - Ricardo Alarcón de Quesada www.antiterrorista.cu

 

 

 

L'Imputazione 3, aggiunta nel maggio 1999 contro Gerardo Hernandez Nordelo, dopo quasi otto mesi di prigionia, si basa su una premessa, più che falsa, assurda: l'inventata esistenza di un piano del governo cubano per attaccare aerei USA nello spazio internazionale che equivale a dire che Cuba voleva un confronto militare con il suo potente vicino. Qualcuno può credere che questa fosse l'intenzione di un paese che non aveva mai attaccato nessuno e stava attraversando, in quel momento, la peggiore crisi economica della sua storia? Chi potrebbe vincere una guerra con gli Stati Uniti?

Il primo problema per fabbricare qualcosa di così tanto  delirante é che vi è una copiosa documentazione che dimostra l'esatto contrario. Cuba, oltre a denunciarlo pubblicamente, ha protestato per ogni violazione del suo territorio mediante note diplomatiche in cui si sollecitava Washington ad agire per impedirne il ripetersi. Ci furono più di una dozzina di approcci ufficiali. Parallelamente facemmo iniziative discrete, ad alto livello, con il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca, in cui trasmettemmo la nostra preoccupazione e chiedemmo che ci aiutassero ad evitare uno scontro. Il presidente Fidel Castro intervenne personalmente in questi sforzi. Bill Clinton promise che le provocazioni non si sarebbero ripetute.

In risposta alle nostre note diplomatiche il Dipartimento di Stato ci informò di aver avviato il processo per il ritiro della licenza di volo a
José Basulto, capo del gruppo provocatore, e ci chiese ulteriori informazioni che ricevette e di cui ringraziò formalmente, per scritto ..

Mr. Basulto, per inciso, allora portò la sua follia sino a dichiarare apertamente che il deterioramento dell'economia era tale che Cuba non aveva i mezzi per proteggere i suoi confini e promise di continuare le provocazioni.

Il 24 febbraio 1996 era un giorno soleggiato e caldo. Un piacevole sabato dove nessuno, qui, immaginava la tragedia. Lungo il Malecón molti guardavano una competizione d'imbarcazioni sportive. Altri preparavano, alacremente, la penultima sfilata di Carnevale. Non erano  pochi anche coloro che  si dirigevano allo stadio per assistere a una partita decisiva in cui la squadra di baseball della capitale affrontava la sua principale rivale. Presso l'Università avevamo appena commemorato il 40 ° anniversario della fondazione del Direttorio Rivoluzionario della FEU (Federazione degli Studenti Universitari) e, a mezzogiorno, vecchi combattenti e studenti celebravamo la data anche sul lungomare.

Migliaia di abitanti dell'Avana partecipavano a queste attività, spensierati, senza avere la minima idea che, da qualche parte al di là del mare, qualcuno pianificava sorvolare la città per confermare la peregrina ipotesi della nostra impotenza.

Altri, dall'altra parte dello stretto della Florida, sì prevedevano ciò che sarebbe accaduto. Secondo le informazioni che Washington avrebbe consegnato, successivamente, alla missione della ICAO (International Civil Aviation Organization), che investigò sull'incidente, il Dipartimento di Stato incaricò un funzionario di mantenersi in contatto permanente con l'aeroporto di Opalocka da prima del decollo dal volo fatale . Più tardi, quando quando la Giunta per la Sicurezza del Trasporto Aereo discuteva la questione - perché finalmente ritirarono la licenza a Basulto -, un funzionario di nome Houlihan, responsabile di monitorare i radar USA dal centro di controllo in California, testimoniò che diverse settimane prima e la vigilia del 24 febbraio lo avevano avvertito, da Washington, che vigilasse soprattutto i voli che il gruppo Basulto avrebbe effettuato quel giorno perché si sarebbe prodotto un incidente.

Qualcuno era a conoscenza di ciò che sarebbe potuto accadere, ma non fece nulla per evitarlo come era suo dovere, né allertò Cuba.

Sì, c'era un piano, ma era del tutto estraneo al governo di Cuba e, naturalmente, a Gerardo Hernandez Nordelo.

Gerardo probabilmente stava, come molti sostenitori della squadra 'industriales', aspettando la vittoria della sua squadra. Niente lui sapeva e nessuno a Cuba della incombente provocazione aerea. Non poteva prevedere che ciò che altri hanno pianificavano avrebbe avuto tanto gravi conseguenze per lui.

Lui non sapeva nulla di ciò che sarebbe successo quel giorno. Non avrebbe mai potuto immaginare che quel luminoso pomeriggio di anticipata primavera si sarebbe trasformato, anni più tardi, nella volgare calunnia che lo condusse ad un vero inferno.

 

 

EL PLAN

Ricardo Alarcón de Quesada

El Cargo 3, agregado en mayo de 1999 contra Gerardo Hernández Nordelo después que llevaba casi 8 meses preso, reposa sobre una premisa, más que falsa, absurda: la inventada existencia de un plan del gobierno cubano para atacar aeronaves de Estados Unidos en el espacio internacional lo que equivale a decir que Cuba quería una confrontación militar con su poderoso vecino. ¿Puede alguien creer que esa era la intención de un país que jamás había atacado a nadie y atravesaba en esos momentos la peor crisis económica de su historia? ¿Qué podía ganar en una guerra con Estados Unidos?

El primer problema para fabricar algo tan delirante es que existe copiosa documentación que prueba exactamente lo contrario. Cuba, además de denunciarlo públicamente, protestó cada violación a su territorio mediante notas diplomáticas en las que solicitaba a Washington que actuase para impedir su repetición. Fueron más de una docena de planteamientos oficiales. Paralelamente hicimos gestiones discretas, a muy alto nivel, con el Departamento de Estado y la Casa Blanca, en las que transmitimos nuestra preocupación y les pedimos ayudasen a evitar una confrontación. El Presidente Fidel Castro intervino personalmente en esos esfuerzos. Bill Clinton prometió que las provocaciones no se repetirían.

En respuesta a nuestras notas diplomáticas el Departamento de Estado nos informó que habían iniciado el proceso para retirarle su licencia de vuelo a José Basulto, el jefe del grupo provocador, y nos pidió informaciones adicionales que recibió y agradeció, formalmente, por escrito..

El señor Basulto, por cierto, llevó su insensatez entonces a declarar abiertamente que el deterioro de la economía era tal que Cuba no tenía medios para proteger sus fronteras y prometió continuar las provocaciones.

El 24 de febrero de 1996 era un día soleado y tibio. Un sábado agradable en el que nadie aquí vislumbraba la tragedia. A lo largo del Malecón muchos contemplaban una competencia de lanchas deportivas. Otros preparaban afanosamente el penúltimo desfile del Carnaval. No eran pocos tampoco los que se dirigían hacia el estadio para asistir a un juego decisivo en el que el equipo de pelota insignia de la capital enfrentaría a su principal rival. En la Universidad acabábamos de conmemorar el 40 Aniversario de la fundación del Directorio Revolucionario de la FEU (Federación Estudiantil Universitaria) y a mediodía, viejos combatientes y estudiantes celebrábamos la fecha también junto al litoral.

Miles de habaneros participaban en esas actividades, despreocupados, sin tener la menor idea de que, en algún lugar más allá del mar alguien planeaba sobrevolar la ciudad para confirmar la peregrina hipótesis de nuestra indefensión.

Otros, allende el Estrecho de la Florida, sí anticipaban lo que iba a suceder. Según la información que Washington entregaría más tarde a la misión de la OACI (Organización de Aviación Civil Internacional) que investigó el incidente, el Departamento de Estado encargó a un funcionario mantenerse en contacto permanente con el aeropuerto de Opalocka desde antes de despegar el fatídico vuelo. Tiempo después, cuando la Junta para la Seguridad del Transporte Aéreo discutía el asunto – porque finalmente le retiraron a Basulto su licencia -, un funcionario de apellido Houlihan, responsable de monitorear los radares norteamericanos desde el centro de control en California, testificó que varias semanas antes y la víspera del 24 de febrero le habían advertido desde Washington que vigilase especialmente los vuelos que el grupo de Basulto haría ese día porque se iba a producir un incidente.

Alguien estaba enterado de lo que podía suceder pero no hizo nada para evitarlo como era su obligación y tampoco alertó a Cuba.

Sí, hubo un plan, pero a él eran totalmente ajenos el Gobierno de Cuba y por supuesto, Gerardo Hernández Nordelo.

Gerardo probablemente estaba, como tantos industrialistas, esperando la victoria de su equipo. Nada conocía él ni nadie en Cuba de la provocación aérea que se avecinaba. No podía adivinar que lo que otros planeaban tendría tan graves consecuencias para él.

Él nada sabía de lo que pasaría aquel día. Nunca pudo imaginar que aquella luminosa tarde de primavera anticipada sería transformada, años después, en la vulgar calumnia que lo condujo a un verdadero infierno.


 


 

 

Una strana investigazione

 

 

 

12 settembre 2012 - Ricardo Alarcón de Quesada www.antiterrorista.cu

 

 

 

Il 6 marzo 1996 nella sua sede a Montreal il Consiglio dell'Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile designò una commissione perché realizzasse un' "indagine dell'incidente del 24 febbraio in tutti i suoi aspetti, prendendo in considerazione tutti i fattori che condizionarono l'incidente e che portarono a ciò che avvenne" e la incaricò che presentasse la sua relazione 60 giorni dopo. Il 19 marzo il presidente della Commissione inviò una comunicazione ai governi di Cuba e degli Stati Uniti in cui indicava i dati e le informazioni che richiedeva e allo stesso tempo sollecitava visitare entrambi i paesi.

Cuba rispose immediatamente e ricevette gli investigatori pochi giorni dopo, il 24 marzo. La missione lavorò intensamente fino al 31 di quel mese. Da qui si recò a Washington - dal 2 al 4 aprile - e Miami - dal 14 aprile al 19.

Ma il 6 maggio, il rapporto non era pronto. La Commissione fu solo in grado di spiegare ciò che aveva fatto durante le sue visite ai due paesi e dovette chiedere un mese in più per raccogliere le informazioni che ancora le mancavano.

Che cosa era successo? Per quanto riguarda Cuba, la Commissione fece constatare il seguente: "per il 30 marzo 1996, le autorità cubane avevano pienamente rispettato tutte le richieste formulate da questa equipe in relazione ad interviste e dichiarazioni da parte del personale civile e  militare coinvolto, interviste e dichiarazioni di testimoni, informazioni civili e militari, documenti e lettere, così come registri e trascrizioni di comunicazioni".

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, tuttavia, menzionò che aveva avuto diversi incontri con le autorità, incontrò solo con un testimone - José Basulto - ed era in attesa di ricevere i dati dei radar USA. Neppure questi le erano stati consegnati a quel momento.

L'ICAO, naturalmente, prorogò il mandato della commissione per un altro mese, fino al 6 giugno. Ma trascorse la prima settimana di quel mese e la relazione non appariva. Il Consiglio continuò ad aspettare e la commissione non  presentò la sua relazione sino alla fine di giugno per la discussione nell'ultima sessione del Consiglio prima della pausa estiva.

Allora si seppe qualcosa di ciò che aveva fatto la commissione dopo aver lasciato l'Avana, l'unico posto in cui trovò tutte le informazioni necessarie, tre mesi prima. Secondo la relazione finale la missione non fece ritorno a Washington né a Miami. Solo s'incontrò con funzionari degli Stati Uniti a Montreal, i giorni 2, 3, 6, 7 e 9 maggio e ancora il 3 e 4 giugno. Non bisogna essere un oracolo per immaginare che questi conclavi segreti facilitarono la redazione definitiva del documento.

Anche i dati delle stazioni radar USA erano sorprendenti. In una erano stati distrutti, in un'altra si persero, altri offrirono dati confusi benché, in generale, in linea con la versione ufficiale di Washington, secondo cui, il fatto sarebbe avvenuto al di fuori dello spazio aereo cubano, anche se molto vicino allo stesso.

A Cuba, tra l'altro, gli investigatori non solo avevano ricevuto per tempo i dati dei nostri radar, anche visitarono le loro installazioni, controllarono le attrezzature e intervistarono gli operatori. Niente di tutto ciò poterono fare negli USA.

Date le circostanze, la commissione ICAO decise dimenticare le informazioni fornite dai radar. In un gesto di strana lucidità chiese a Washington che le consegnasse le immagini scattate dai suoi satelliti. Ma la richiesta fu respinta. Anche se non si lamentò, l'ICAO mise a verbale il curioso rifiuto.

Preferirono usare il capitano - di origine norvegese, ma residente a Miami - del Majesty of the Seas, una nave da crociera che, dicevano, era  lì il giorno dell'incidente. Lo conobbero grazie all'amabile assistenza delle autorità statunitensi, che lo raccomandarono e organizzarono l'incontro. Non intervistarono l'equipaggio né gli eventuali passeggeri. Scelsero, come in un gioco d'azzardo, l'osservazione visiva di una persona che diceva che l'abbattimento avvenne al di fuori dello spazio aereo cubano.

Gli investigatori ebbero la prudenza di chiarire che loro non erano riusciti a determinare indipendentemente la reale posizione della Majesty of the Seas. Ma non dissero che la nave appartiene ad una società con sede a Miami e che i proprietari e i dirigenti sono tra i fondatori e maggiori finanziatori della Fondazione Nazionale Cubano Americana (FNCA), la principale promotrice del terrorismo anti cubano e del gruppo che provocò l'incidente del 24 febbraio 1996. Neppure ricordarono che in un reportage sulla FNCA pubblicato nel 1995 dal New York Times lo stesso padrone della Majesty of the Seas aveva detto "vogliamo aiutare la comunità cubana nei suoi sforzi per rovesciare Castro."

L'intrepido marinaio, in effetti, non tardò a compiere la sua promessa.

 

 

 

UNA EXTRAÑA INVESTIGACIÓN

por Ricardo Alarcón de Quesada


El 6 de marzo de 1996 en su sede de Montreal el Consejo de la Organización de Aviación Civil Internacional designó una comisión para que realizara una “investigación del incidente del 24 de febrero en todos sus aspectos, tomando en cuenta todos los factores que condicionaron el incidente y que llevaron a que ocurriera” y le encargó que le presentara su informe 60 días después. El 19 de marzo el presidente de esa comisión envió una comunicación a los gobiernos de Cuba y Estados Unidos en la que indicaba los datos e informaciones que requería al tiempo que solicitaba visitar ambos países.

Cuba respondió de inmediato y recibió a los investigadores pocos días después, el 24 de marzo. La misión trabajó intensamente hasta el día 31 de ese mes. De aquí se fue a Washington – 2 al 4 de abril – y Miami – abril 14 al 19.

Pero el 6 de mayo el Informe no estaba listo. La Comisión sólo pudo dar cuenta de lo que había hecho en sus visitas a los dos países y debió pedir un mes adicional para acopiar la información que aún le faltaba.

¿Qué había sucedido? Respecto a Cuba la comisión hizo constar lo siguiente: “para el 30 de marzo de 1996, las autoridades cubanas habían cumplido totalmente con todas las solicitudes formuladas por este equipo en relación con entrevistas y declaraciones por parte del personal civil y militar involucrado, entrevistas y declaraciones de testigos, informaciones civiles y militares, documentos y cartas, así como registros y transcripciones de comunicaciones.”

En cuanto a Estados Unidos, sin embargo, mencionó que tuvo varios encuentros con las autoridades, se reunió solamente con un testigo – José Basulto – y estaba a la espera de recibir los datos de los radares norteamericanos. Ni siquiera éstos les habían sido entregados a esas alturas.

La OACI, por supuesto, extendió el mandato de la comisión por un mes más, hasta el 6 de junio. Pero transcurrió la primera semana de ese mes y el informe no aparecía. El Consejo siguió esperando y la comisión no presentó su informe hasta finales de junio para ser considerado en la última sesión del Consejo antes del receso veraniego.

Entonces se supo algo de lo que había hecho la comisión después que salió de La Habana, único lugar donde encontró toda la información necesaria tres meses atrás. Según el informe final la misión no regresó a Washington ni a Miami. Sólo se reunió con funcionarios estadounidenses, en Montreal, los días 2, 3, 6, 7 y 9 de mayo y nuevamente el 3 y el 4 de junio. No hay que ser un oráculo para imaginar que esos cónclaves secretos facilitaron la redacción final del documento.

Aún los datos de las estaciones de radar norteamericanas eran sorprendentes. En una fueron destruidos, en otra se perdieron, otras ofrecían datos confusos aunque en general coincidían con la versión oficial de Washington, según la cual, el hecho habría ocurrido fuera del espacio cubano aunque muy cerca de él.

En Cuba, por cierto, los investigadores no solo habían recibido a tiempo los datos de nuestros radares, también visitaron sus instalaciones, revisaron sus equipos y entrevistaron a sus operadores. Nada de eso pudieron hacer del lado norteamericano.

En vista de las circunstancias, la comisión de la OACI decidió olvidar la información que daban los radares. En un gesto de extraña lucidez pidió a Washington que le entregase las imágenes tomadas por sus satélites espaciales. Pero la petición fue rechazada. Aunque no se quejó, la OACI dejó constancia de la curiosa negativa.

Prefirieron usar al capitán - de origen noruego pero residente en Miami -, del Majesty of the Seas, un crucero turístico que, decían, estaba por allí el día del incidente. Lo conocieron gracias al amable concurso de las autoridades norteamericanas, quienes lo recomendaron y concertaron el encuentro. No entrevistaron a nadie de la tripulación ni a ningún pasajero. Escogieron, como en un juego de azar, la observación visual de una persona que decía que el derribo habría ocurrido fuera del espacio cubano.

Tuvieron los investigadores la prudencia de aclarar que ellos no habían podido determinar independientemente la ubicación real del Majesty of the Seas. Pero no dijeron que ese navío pertenece a una empresa radicada en Miami y que sus dueños y ejecutivos están entre los fundadores y mayores contribuyentes de la Fundación Nacional Cubano-Americana (FNCA), la principal promotora del terrorismo anticubano y del grupo que provocó el incidente del 24 de febrero de 1996. Tampoco recordaron que en un reportaje sobre la FNCA publicado en 1995 por el New York Times el mismo patrón del Majesty of the Seas había dicho “queremos ayudar a la comunidad cubana en sus esfuerzos para derrocar a Castro.”

El intrépido marino, en efecto, no tardó en cumplir su promesa.

 

 

 

Immagini sequestrate

 

 

12 settembre 2012 - Ricardo Alarcón de Quesada www.antiterrorista.cu

 

 

La questione delle immagini che i satelliti USA registrarono sugli eventi del 24 febbraio 1996, richieste senza successo dall'ICAO per il rapporto che avrebbe inviato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riapparve durante il processo di Miami. La determinazione del luogo esatto in cui avvenne l'incidente non era rilevante per Gerardo poiché lui era totalmente alieno al fatto dovunque questi fosse avvenuto. Ma era fondamentale per il tribunale poiché solo sarebbe stato competente se lo sfortunato evento avesse avuto luogo al di fuori del territorio cubano.

In Miami si ripeté la discussione sui contrastanti dati dei radar. Fu un esperto del governo, alto ufficiale in pensione dell'Air Force, che scoprì la pentola. Pensando forse di risolvere la controversia semplicemente chiese perché non vediamo le immagini dei nostri satelliti?

Immediatamente la difesa sostenne l'idea, la fece sua e presentò una mozione per la quale la Giudice avrebbe richiesto al Governo di presentare le immagini. La procura ostinatamente si oppose. Ora la controversia non era circa l'ubicazione dell'incidente aereo, ma sulla posizione delle immagini che avrebbero
chiarito la questione. La Corte si schierò con il governo e non accolse la richiesta.

Da allora non sono stati pochi gli sforzi per trovare le tanto famose quanto perse immagini. Il Centro per i Diritti Costituzionali e  i Diritti Umani, rispettabile istituzione privata della California, da anni fa innumerevoli sforzi per ottenerle, finora senza successo. Difeso dal Freedom of Information Act (FOIA) le ha ripetutamente chieste agli organismi ufficiali USA che gestiscono i satelliti di quel paese. Tutti si sono rifiutati di consegnarle. Il Centro ha inoltre fatto ricorso alla via giudiziaria ed è in attesa di una sentenza della Corte d'Appello della California.

Una richiesta simile è inclusa nell'
Habeas Corpus presentata a nome di Gerardo Hernández Nordelo. Come sicuramente avrà intuito il lettore, la Procura nella sua risposta si é ancora opposta alla presentazione di immagini.

Il governo USA ha dato prova di una rigorosa coerenza nel suo ostinato rifiuto a mostrare le immagini scattate dai propri satelliti. Solo l'esaminarono, ovviamente, le autorità statunitensi, che al tempo stesso, si sono incaricate d'impedire che qualcun altro possa vederle. Non può conoscerle l'ICAO, né il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, né un tribunale federale, né la società civile statunitense. Solo il governo ha avuto accesso alle immagini. Nessun altro. Sono passati più di 16 anni di ermetico occultamento. Le immagini satellitari furono semplicemente sequestrate, scomparvero.

Come spiegare questo comportamento? Quale altra spiegazione può esservi se non che i governanti USA, gli unici privilegiati che videro le immagini, sanno che esse dimostrano che l'incidente si verificò in territorio cubano? Solo questo può spiegare che le condannarono, anche loro, all'isolamento e le hanno affondate in un insondabile "buco".

 

IMÁGENES SECUESTRADAS

Ricardo Alarcón de Quesada

La cuestión de las imágenes que los satélites norteamericanos registraron sobre los sucesos del 24 de febrero de 1996, reclamadas sin éxito por la OACI para el informe que enviaría al Consejo de Seguridad de la ONU, reapareció durante el juicio de Miami. La determinación del lugar exacto donde ocurrió el incidente no era relevante para Gerardo pues él era totalmente ajeno al hecho dondequiera que éste hubiera ocurrido. Pero era decisiva para el Tribunal pues sólo tendría jurisdicción si el lamentable suceso hubiese tenido lugar fuera del territorio cubano.

En Miami se repitió la discusión sobre los datos contradictorios de los radares. Fue un experto del gobierno, alto oficial retirado de la Fuerza Aérea, quien destapó la olla. Pensando quizás resolver la disputa preguntó simplemente ¿por qué no vemos las imágenes de nuestros satélites?

De inmediato la Defensa respaldó la idea, la hizo suya y presentó una moción por la cual la Jueza habría instruido al Gobierno que presentase las imágenes. La Fiscalía tercamente se opuso. Ahora la disputa no era sobre la ubicación del incidente aéreo sino sobre la ubicación de las imágenes que supuestamente aclararían el asunto. La Corte se puso del lado del Gobierno y no accedió a la petición.

Desde entonces no han sido pocos los esfuerzos para encontrar las tan famosas como perdidas imágenes. El centro para el Derecho Constitucional y los Derechos Humanos, respetable institución privada de California, desde hace años lleva a cabo incontables gestiones para obtenerlas, hasta ahora infructuosamente. Amparado en la Ley de Libertad de Información (FOIA) las ha solicitado varias veces a los organismos oficiales de Estados Unidos que manejan los satélites de ese país. Todos se han negado a facilitarlas. El Centro ha recurrido también a la vía judicial y está a la espera de un pronunciamiento de la Corte de Apelaciones de California.

Semejante reclamo está incluido en el Habeas Corpus presentado a nombre de Gerardo Hernández Nordelo. Como seguramente habrá adivinado el lector, la Fiscalía en su respuesta se opuso ya a la presentación de las imágenes.

El Gobierno de Estados Unidos ha dado prueba de una rigurosa consistencia en su tenaz negativa a mostrar las imágenes tomadas por sus propios satélites. Sólo las examinaron, obviamente, las autoridades norteamericanas, quienes, al mismo tiempo, se han encargado de impedir que alguien más pueda verlas. No pudo conocerlas la OACI, ni el Consejo de Seguridad de la ONU, ni un tribunal federal, ni la sociedad civil norteamericana. Sólo el gobierno accedió a las imágenes. Nadie más. Han pasado más de 16 años de hermético ocultamiento. Las imágenes satelitales fueron, sencillamente, secuestradas, desaparecieron.
 

¿Cómo explicar esa conducta? ¿Qué otra explicación puede tener como no sea que los gobernantes norteamericanos, los únicos privilegiados que vieron las imágenes, saben que ellas prueban que el incidente ocurrió dentro del territorio cubano? Sólo eso puede explicar que las condenasen, también a ellas, al confinamiento solitario y las hayan hundido en un insondable “hueco”.

  


 

 

Miracolo a Miami

 

 

27 settembre 2012 - Ricardo Alarcón de Quesada www.antiterrorista.cu

 

 

 

Il 25 maggio 2001, quando stava per concludersi il processo  a Miami, la Procura presentò dinanzi alla Corte d'Appello di Atlanta una Petizione di Emergenza per un Ordine Inibitorio (Emergency Petition for Writ of Prohibition). La prima cosa che sorprende è la velocità, poco più di un paio d'ore, con cui il Governo preparò questo documento di più di quaranta pagine.

 

Così descrissero quanto successo:"Durante la mattinata del 25 maggio 2001, dopo sei giorni di dibattito, la corte terminò le istruzioni che sarebbero state date alla giuria su questo tema. Dopo le 13:00 dello stesso giorno, gli Stati Uniti ricevettero dal Tribunale del Distretto una copia di queste istruzioni. Gli Stati Uniti contestarono alcune di queste istruzioni."(Petizione di Emergenza, pagina 3)

Quello stesso pomeriggio, la Procura fece "un passo senza precedenti di richiedere a questa Corte un ordine inibitorio" (Ivi, p.4 e 5).

Cosa stava cercando vietare l'accusa?

Leggiamo la Petizione di Emergenza: "Che si ordini alla corte che istruisca la giuria che non é necessario trovare che l'imputato Hernandez, o i suoi co-cospiratori nella Imputazione Tre dell'accusa, abbiano convenuto che gli omicidi si verificassero nella giurisdizione speciale marittima e territoriale degli Stati Uniti.
Che si impedisca alla Corte dare alla giuria un modello di istruzione di omicidio di primo grado e  istruire la giuria che deve trovare che l'imputato  Hernandez cospirò per commettere un omicidio premeditato.
Che s'impedisca alla Corte di dare alla giuria un'istruzione basata sulla teoria della difesa in relazione all'Imputazione Tre che include le clausole delle convenzioni e gli allegati dell'ICAO. "(Ivi, pp 39 e 40)

Ma succede che, nel redigere le sue istruzioni alla giuria la giudice non fece altro che accordarsi all'accusa che la Procura aveva fatto nel maggio 1999: "l'accusato Gerardo Hernandez consapevolmente, intenzionalmente e illegalmente si unì, cospirò, fu complice e si accordò con persone conosciute e sconosciute al Grand Jury, per perpetrare un omicidio, che é la morte senza giustificazione legale di esseri umani con premeditazione, nella giurisdizione speciale marittima e territoriale degli Stati Uniti, in violazione del Titolo 18, Codice degli Stati Uniti, Sezione 1111. "(Seconda Accusa Sostitutiva, pagina 14)

Basta confrontare questa accusa del Governo con l'istruzione della Giudice per capire che sono identiche: "L'Imputazione 3 si riferisce al fatto che l'accusato Gerardo Hernandez cospirò con altre persone per perpetrare un assassinio, cioè la morte senza giustificazione legale di esseri umani con intenzione criminale e premeditazione nella giurisdizione  marittima e territoriale speciale degli Stati Uniti." (Trascrizione del processo di fronte all'Onorevole Joan A. Lenard, pagine 14587-14588)

La giudice Lenard di conseguenza segnalò che Gerardo:

"Può essere dichiarato colpevole del reato solo se tutti i seguenti fatti siano provati al di là di ogni ragionevole dubbio.

"Primo. Che le vittime nominate nell'atto di accusa sono morte.

"Secondo. Che l'accusato causò la morte delle vittime con intento criminale.

"Terzo. Che l'accusato lo fece con premeditazione.

"Quarto. Che l'assassinio si verificò all'interno della giurisdizione marittima e territoriale speciale degli Stati Uniti. "(Idem pagine 14598-14599)

Come poteva opporsi, il Governo, ad un'istruzione che riportava esattamente la sua tesi?

Erano passati due anni da quando il governo che lanciò questa calunnia senza fondamento contro Gerardo Hernandez Nordelo e in quel periodo organizzò e finanziò una feroce campagna di propaganda e sottomise la giuria e i testimoni a numerose pressioni, nonostante le ripetute lamentele della stessa giudice. Dal maggio 1999 Gerardo fu dichiarato colpevole non solo dalla stampa locale, ma anche da tutte le autorità e personaggi di Miami.

Dentro l'aula del tribunale, però, la menzogna goffamente fabbricato si disfece davanti agli argomenti della difesa e le dichiarazioni di esperti di entrambe le parti. Consapevoli del suo fiasco, la Procura si sentì in dovere di opporsi alle istruzioni della Giudice o, che è lo stesso, negare la sua stessa accusa: "considerando le prove presentate al processo, questo costituisce un ostacolo insormontabile per gli Stati Uniti in questo caso, in questo caso, e probabilmente comporterebbe, come conseguenza, il fallimento dell'accusa su questa imputazione" (Petizione di Emergenza, pagina 21).

La Procura, infine, riconosceva il suo fallimento. Era un'azione "senza precedenti" secondo le sue stesse parole.

La Corte d'Appello non accettò la richiesta.

Neppure concesse la sospensione temporanea del processo che anche era stato chiesto di pubblici ministeri. La questione ritornò a Miami. Toccava alla giuria decidere. E lo fece anche con inusitata rapidità. I giurati non fecero nessuna domanda o espressero il minimo dubbio. Nessuno neppure pensò di chiedere chiarimenti sull'Emergency Petition for Writ of Prohibition. Lo aveva già detto la Giudice Lenard. Avevano paura. Così, di fronte di quelle facce minacciose, affrontando per l'ultima volta alle telecamere e microfoni che li avevano assediati per mesi, diedero il verdetto di colpevolezza che gli era richiesto.

Gerardo Hernandez Nordelo fu condannato a morire in prigione per un crimine che non esisteva; per un evento con il quale non aveva alcuna relazione; per un'accusa fabbricata che gli stessi pubblici ministeri ammisero che non potevano provare ed avevano cercato di ritirarla.

Nonostante la sua sconfitta, la Procura vinse, ottenne ciò che voleva, punire un innocente e rubargli la vita. Dopo tutto, successe a Miami.



 

Milagro en Miami

El 25 de mayo de 2001, cuando iba a concluir el juicio de Miami, la Fiscalía presentó ante la Corte de Apelaciones en Atlanta una Petición de Emergencia para una Orden Inhibitoria (Emergency Petition for Writ of Prohibition). Lo primero que sorprende es la velocidad –poco más de un par de horas- con que el Gobierno preparó este documento de más de cuarenta páginas.

 Así describieron lo ocurrido: "En algún momento durante las horas de la mañana del 25 de mayo de 2001, después de seis días de debate, la corte ultimó las instrucciones que se darían al jurado en este tema. Después de la 1 pm del mismo día, Estados Unidos recibió de la Corte de Distrito una copia de esas instrucciones. Estados Unidos puso objeciones a varias de estas instrucciones.” (Petición de Emergencia, página 3)

 

Esa misma tarde, la Fiscalía dió “el paso sin precedentes de solicitarle a esta Corte una orden inhibitoria” (Idem, p.4 y 5).

 

¿Qué buscaba prohibir la Fiscalía?

Leamos la Petición de Emergencia: “Que se le ordene a la corte que instruya al jurado que no es necesario hallar que el acusado Hernández, o sus co-conspiradores en el Cargo Tres de la acusación, haya acordado que los asesinatos ocurrirían en la jurisdicción especial marítima y territorial de Estados Unidos.

Que se le prohíba a la corte darle al jurado una pauta de instrucción de asesinato en primer grado e instruir al jurado que debe hallar que el acusado Hernández conspiró para cometer asesinato premeditado.

Que se le prohíba a la corte darle al jurado una instrucción basada en la teoría de defensa en relación con el Cargo Tres que incluya las cláusulas de las convenciones y anexos de la OACI.” (Idem, Páginas 39 y 40)

 

Pero sucede que, al redactar sus instrucciones al jurado la Jueza no hizo más que ajustarse a la acusación que la Fiscalía había formulado en mayo de 1999: “el acusado Gerardo Hernández a sabiendas, intencionada e ilegalmente se unió, conspiró, fue cómplice y acordó con personas conocidas y desconocidas para este Gran Jurado, perpetrar asesinato, que es la muerte sin justificación legal de seres humanos con premeditación, en la jurisdicción especial marítima y territorial de Estados Unidos, en violación del Título 18, Código de los Estados Unidos, Sección 1111.” (Segunda Acusación Sustitutiva, página 14)

 

Basta comparar esta acusación del Gobierno con la instrucción de la Jueza para comprender que son idénticas: “El Cargo 3 refiere que el acusado Gerardo Hernández conspiró con otras personas para perpetrar un asesinato, es decir, la muerte sin justificación legal de seres humanos con intención criminal y premeditación en la jurisdicción marítima y territorial especial de los Estados Unidos.” (Transcripción del juicio ante la Honorable Joan A. Lenard, páginas 14587 a 14.588)

La jueza Lenard en consecuencia señaló que Gerardo:

“Puede ser encontrado culpable de ese delito sólo si todos los hechos siguientes son probados más allá de cualquier duda razonable.

“Primero. Que las víctimas nombradas en la acusación están muertas.

“Segundo. Que el acusado causó la muerte de las víctimas con intención criminal.

“Tercero. Que el acusado lo hizo con premeditación.

“Cuarto. Que el asesinato ocurrió dentro de la jurisdicción marítima y territorial especial de los Estados Unidos.” (Idem páginas 14598 a 14599)

 

¿Cómo podía objetar el Gobierno una instrucción que calcaba exactamente su propio alegato?

Habían transcurrido dos años desde que el gobierno lanzó esa calumnia sin fundamento contra Gerardo Hernández Nordelo y durante ese tiempo organizó y financió una feroz campaña de propaganda y sometió al jurado y a los testigos a numerosas presiones pese a las reiteradas quejas de la propia jueza. Desde mayo de 1999 Gerardo había sido declarado culpable no sólo por la prensa local sino también por todas las autoridades y personajes de Miami.

 

Dentro de la sala del tribunal, sin embargo, el infundio torpemente fabricado se deshizo ante los argumentos de la defensa y las declaraciones de especialistas de ambos bandos. Consciente de su fiasco, la Fiscalía se sintió obligada a objetar las instrucciones de la Jueza o, lo que es lo mismo, a negar su propia acusación: “teniendo en cuenta la evidencia presentada durante el juicio, esto constituye un obstáculo insuperable para los Estados Unidos en este caso, y probablemente tendría como consecuencia el fracaso de la acusación en este cargo.” (Emergency Petition, page 21).

 

La Fiscalía, en fin, reconocía su fracaso. Era una acción “sin precedentes”, según sus propias palabras.

 

La Corte de Apelaciones no accedió a la petición.

Tampoco concedió la suspensión temporal del juicio que igualmente le habían pedido los fiscales. El asunto regresó a Miami. Tocaba al Jurado pronunciarse.

Y lo hizo también con insólita velocidad. Los jurados no hicieron ninguna pregunta ni expresaron la menor duda. A nadie se le ocurrió siquiera solicitar aclaración sobre la Emergency Petition for Writ of Prohibition. Ya lo había dicho la Jueza Lenard. Tenían miedo. Por eso, frente a aquellos rostros amenazantes, encarando por última vez las cámaras y micrófonos que los habían asediado por largos meses, dieron el veredicto de culpabilidad que se les exigía.

 

Gerardo Hernández Nordelo fue condenado a morir en prisión por un crimen que no existió; por un suceso con el que él no tuvo relación alguna; por una acusación fabricada que los propios fiscales admitieron que no podían probar y habían tratado de retirarla.

 

Pese a su derrota, la Fiscalía ganó, logró lo que buscaba, castigar a un inocente y robarle la vida. A fin de cuentas, sucedió en Miami.