GUANTANAMO

 

CAMERAMAN AL JAZEERA "MI HANNO SEVIZIATO E VIOLENTATO"
L'uomo è detenuto dal 2001. Sospettato di appartenere a Al Qaida.



22/06 - Detenuto perché cameraman di Al Jazeera e per questo ritenuto vicino ad Al Qaida, picchiato e seviziato per 4 anni, costretto a rispondere a continui interrogatori sul suo coinvolgimento in atti terroristici: l'avvocato di Sami Al Hajj, operatore sudanese della tv del Qatar, accusa le forze statunitensi di aver detenuto il suo cliente nel carcere di Guantanamo solo per questi motivi e di averlo sottoposto a continui abusi.

A riportare la notizia è il quotidiano spagnolo El Mundo che riprende le accuse dell'avvocato, Clive Stafford Smith. Il legale ha rilasciato una intervista ad Al Jazeera; ha visitato il suo assistito e altri suoi clienti a Guantanamo la settimana scorsa e accusa le autorità militari statunitensi di abusi e di violenze.
"Il mio assistito aveva una ferita sulla testa e mi ha raccontato di essere stato picchiato, seviziato e di avere subito persecuzioni per la sua fede religiosa. E' completamente innocente - continua Stafford Smith - è un terrorista come lo potrebbe essere mio nonno".

Secondo l'avvocato, Al Hajj è stato arrestato verso la fine del 2001 in Afghanistan, dove si trovava appunto per Al Jazeera. E "gli statunitensi hanno tentato di trasformarlo in un collaboratore perché affermi che Al Jazeera ha connessioni con Al Qaida".

Sempre secondo l'avvocato, anche il suo assistito ha avuto modo di essere presenti ad episodi di profanazione del Corano come quelli denunciati dal settimanale Newsweek che tante polemiche hanno provocato: non a Guantanamo ma quando era ancora in Afghanistan avrebbe visto una copia del libro gettata in un gabinetto, e alcuni soldati avrebbero scritto parolacce sui fogli di un'altra copia.

Il legale chiede l'intervento del governo del Sudan o di quello del Qatar per la liberazione. "Il problema è che nessuno ha fatto pressioni sugli Stati Uniti per ottenere il rilascio".

Guantanamo è più che mai nell'occhio del ciclone; dal momento delle accuse di Newsweek (poi parzialmente ritrattate), il carcere sull'isola di Cuba è stato veementemente criticato da alcuni importanti politici democratici fra cui gli ex presidenti Jimmy Carter e Bill Clinton; editoriali del Washington Post e del New York Times ne hanno chiesto la chiusura; Amnesty International lo ha paragonato a "Un lager".

L'amministrazione Bush insiste che detenere centinaia di persone (circa 500) da anni senza incriminazioni né processo né spesso contatti con avvocati è una pressi indispensabile nella lotta globale al terrorismo; la tesi è stata recentemente ribadita dal presidente Bush e dal suo vice Dick Cheney nonché dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld. Il Pentagono, peraltro, dichiara di aver aperto ben 10 inchieste sulle condizioni di vita a Guantanamo (tutte senza risultati) e che continuerà ad aprirne di fronte ad eventuali nuove accuse. Ma la Casa Bianca ha rifiutato l'apertura di una commissione d'inchiesta indipendente, su cui i democratici continuano ad insistere.