Il punto dolente

di Washington


• La visita in Europa di Chávez ed i "pericoli" di PETROCARIBE

M.M.QUINTERO 20 ottobre 2005

 

Washington, impegnata a fondo nelle falsificazioni e menzogne contro il Venezuela – che è l’unica carta utile che le resta da giocare –, in realtà sta sanguinando per la ferita sempre più profonda infertale dalla Rivoluzione bolivariana.

 

La portata della sua impotenza era già chiara dagli attacchi verbali, travisamenti e da tutti gli altri vituperi scagliati dall’Amministrazione Bush per screditare il processo in corso nel paese sudamericano e propiziare altri attacchi della comunità internazionale.

 

Ma la frustrazione e la preoccupazione della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato sono affiorate in tutta la loro portata dalla mezza verità che ha appena confessato il sottosegretario di Stato per l’Emisfero Occidentale, Dan Fisk, scontento di PETROCARIBE, il quale ha assicurato che con questa iniziativa Caracas sta cercando di "inserire un cuneo" tra gli USA e la sub regione.

 

Fisk, presumibilmente infastidito da quello che ha chiamato "l’attivismo" venezuelano nella zona – che, ha detto, si somma a quello di Cuba, alludendo alla collaborazione medica e umanitaria prestata dall’Isola a quelle nazioni – è apparso smentito da Dan Burton, un altro peso massimo dell’establishment di Bush che, a sostegno dei timori espressi nell’udienza del Comitato sugli Affari Esteri della Camera, ha fatto notare che i Caraibi costituiscono il decimo socio commerciale degli Stati Uniti nel mondo.

 

Subito dopo viene la sub regione, come a dire che l’accordo (di PETROCARIBE), che stabilisce rapporti di scambio giusti ed equilibrate nell’area petrolifera, sottrarrebbe mercati agli Stati Uniti. Non sarà il contrario? Che Washington tema che il suo principale fornitore di greggio, il Venezuela, cessi di inviarglielo?

 

E’ apparso quindi più aderente alla realtà Fisk, quando ha riconosciuto che PETROCARIBE promuove "l’alternativa bolivariana per il commercio e l’attività economica".

 

E’ qui il punto dolente: l’iniziativa rappresenta l’unica maniera razionale e solidale che hanno i paesi poveri per sopravvivere e renderà gradualmente obsoleta la prepotenza yankee ed il suo dominio su tutti i mercati.

 

Ma anche tenendo conto di tutto ciò, l’affermazione appare come estemporanea, pronunciata quasi tre mesi dopo la messa in marcia del patto caraibico e tuttavia coincidente con altre azioni anti unipolarismo materializzate in questi giorni dal Presidente del Venezuela.

 

Chávez, cercando legami commerciali che, una volta conformato l’arco energetico caraibico, andranno a vantaggio anche di questa zona, compie un giro per l’Europa che può già essere considerato un successo.

 

Prima di tutto è stato in Italia, dove ha ricevuto il sostegno delle organizzazioni e delle persone che difendono il progetto bolivariano, in un’iniziativa di massa a Milano. Ma il Capo dello Stato ha anche proposto ai suoi interlocutori italiani la stipulazione di un’alleanza strategica nel settore petrolifero e gasifero che faccia del Venezuela, secondo quanto ha dichiarato alle agenzie di stampa, l’approvvigionatore di greggio dell’Italia e dell’Europa.

 

Il leader venezuelano ha ricevuto in Francia, dove si trovava ieri, gli elogi del premier Dominique de Villepin al "sostegno di Chávez ai paesi poveri dei Caraibi ed il suo desiderio di evitare l’egoismo nella politica internazionale", hanno riportato i dispacci.

 

E’ necessario dire altro?

 

Il Venezuela cerca di delineare, con l’unità, un asse di forza dei poveri, mentre costruisce ponti che mettono in pericolo il pernicioso potere omnicomprensivo di Washington nell’economia locale e, per via transitoria, dei Caraibi e dell’America Latina.

 

Forse non è azzardato ricordare che il riconoscimento francese è arrivato pochi giorni dopo che, con un gesto sovrano che a Washington dev’essere parso insolente, Spagna e Portogallo hanno firmato una dichiarazione nella quale per la prima volta il Summit Ispano-americano ha chiesto agli USA di eliminare il blocco – chiamato proprio così, a chiare lettere – contro Cuba.

 

Dio voglia che l’unipolarismo stia ricevendo alcuni colpi d’ala dalla volubile Europa, come di sicuro presume Fisk.