S.Lendman 14 luglio 2006 www.comedonchisciotte.org

 

L’ultimo confronto tra l'impero

 

statunitense, Evo Morales 

 

e Hugo Chavez
 

 

Ho già detto che è facile sapere ciò che l’impero pensa (soprattutto i suoi potenti promotori e sobillatori seduti nelle camere di consiglio corporative) leggendo il Wall Street Journal quotidianamente, come faccio io.

Nonostante la sua preponderante tendenza pro-impero, i lettori possono trovarvi anche reali notizie e informazione – cosa quasi impossibile altrove nei media corporativi, specialmente nel venerabile New York Times che ho già definito la cosa più vicina ad un ministero ufficiale dell’informazione e della propaganda.

Ritornerò sull’argomento in seguito, ma per ora voglio evidenziare l’articolo più importante sulla prima pagina del 25 maggio del WSJ intitolato “Il nuovo presidente ha la Bolivia che marcia al passo di Chavez.” Il sottotitolo è persino peggiore – “Il populista venezuelano spinge l’alleanza latina anti-USA; ha passato la misura?”. E più sotto, sottolineato, “Dottori cubani in casa.”

Spero che i lettori capiscano da quella lingua ciò che per me è chiaro: una chiamata virtuale alle armi contro Hugo Chavez e Evo Morales, due capi di stato che probabilmente più di ogni altro credono che poiché i loro popoli li hanno eletti, hanno l’obbligo di servire loro e non gli interessi di un vicino nordico dominante e belligerante.

Che cosa fanno assieme Evo Morales e Hugo Chavez da suscitare l’ira degli Stati Uniti?

L’attacco del WSJ inizia con la sua implicita condanna che, appena dopo essere stato eletto, Morales ha detto alle compagnie straniere dell’acciaio che doveva essere rinegoziato un accordo proposto per sviluppare un ampio giacimento di ferro conosciuto come El Mutun. Il Journal si è anche lamentato che il governo boliviano ha invitato esperti venezuelani ad aiutarli nella contrattazione e, naturalmente, era logico e ragionevole che tale aiuto fosse disponibile. Il risultato della negoziazione è stato che la Bolivia ha chiesto un nuovo accordo che fosse molto più favorevole al popolo boliviano di quello a senso unico che il precedente governo aveva accettato. I produttori stranieri di acciaio non sono stati troppo contenti, e neppure il Journal.

Il WSJ è apparso sempre più surriscaldarsi quando è andato a lamentarsi che entrambe le nazioni avevano aderito con Cuba ad un Free Trade Agreement of the People [Accordo del Popolo sul Libero Commercio] (simile all’ALBA – Alternativa Bolivariana por las Américas - del Venezuela) che è alquanto diverso dagli accordi unilaterali richiesti dagli Stati Uniti, ove questi prendono tutto mentre le nazioni in via di sviluppo danno tutto, “prendere o lasciare”.

Con l‘accordo, il Venezuela si è impegnato a fornire alla Bolivia 200.000 barili di greggio e prodotti raffinati al mese a prezzi di mercato calmierati e in cambio acquista 200.000 tonnellate di soia boliviana all’anno e altrettanto di castagne e mandorle. Chavez fornirà anche 5.000 borse di studio e 100 interinati di livello avanzato ai boliviani per studiare in Venezuela. E mentre altre compagnie energetiche straniere stanno congelando i loro investimenti in Bolivia, la compagnia energetica statale del Venezuela (PdVSA) sta investendo in numerosi progetti boliviani, incluso un nuovo impianto per la separazione del gas e stazioni di rifornimento insieme alla compagnia petrolifera argentina YSFB. Il Venezuela sta anche assumendo un ruolo guida nello sviluppo del giacimento metallifero boliviano El Mutun rafforzando ulteriormente i legami tra le due nazioni.

La mia opinione nell’elencare i suddetti accordi è che tutte le nazioni dovrebbero lavorare cooperando l’una con l’altra nella stessa maniera per mantenere la loro indipendenza e portare benefici al popolo. Il Journal, viceversa, si indigna degli accordi – vale a dire, naturalmente, che la Bolivia si stia lasciando guidare dal Venezuela e stia lanciando una sfida nel voler cambiare direzione al tipo di accordi “prendere o lasciare” degli Stati Uniti che rubano alle nazioni povere per rendere le potenti corporazioni americane più ricche e più potenti. Ma il Journal, nel suo sfogo, ha scritto con rabbia (implicita) che i tecnocrati venezuelani osano aiutare le politiche della Bolivia in una gamma di questioni dalla salute alla riforma agraria alla nazionalizzazione del petrolio, del gas naturale e di altre industrie. Questi piani hanno l’intento di aiutare il popolo della Bolivia a beneficiare equamente delle proprie risorse naturali e di impiegare dottori e insegnanti cubani nelle aree povere per mettere su ospedali e scuole così da dare alla gente servizi sociali essenziali che non hanno mai avuto prima.

Hugo Chavez presterà alla Bolivia 100 milioni di dollari “per implementare la (sua) promessa potenzialmente esplosiva di ridistribuire 12,4 milioni di acri di proprietà dello stato ai gruppi indigeni” – un primo passo di un programma più ampio per porre le terre improduttive, statali e private, che non hanno titolo incontestabile, nelle mani di persone che ne hanno bisogno e che le useranno per portare vantaggi a loro stessi e alla nazione. Il Journal chiama questo piano di riforma agraria una “bomba a orologeria” che potrebbe condurre a una “guerra civile” – linguaggio incredibilmente ostile. Si dice anche che Morales stia epurando l'esercito da alcuni dei suoi ufficiali di alto rango, richiedendo ad ogni pubblico ufficiale di ridursi la paga del 50% e ponendo come condizione necessaria che nessun burocrate possa guadagnare più del suo stesso salario di 22.000 dollari l’anno (da confrontare con quello di 400.000 dollari di George Bush che passa la metà del suo tempo nel suo “ranch” in Texas raccogliendo dollari invece che fieno).

Evo Morales ha portato a termine tutto questo in soli quattro mesi dall’insediamento come presidente della Bolivia il 24 gennaio di quest’anno. E mentre l’impero USA e il WSJ sono sconvolti e arrabbiati, i boliviani lo amano come dimostrato dal consenso guadagnato, che ora supera l’80% o circa tre volte più ampio di quello che George Bush ottiene di solito. Non importa, il Journal ne sparla ulteriormente. Rimprovera a Chavez di usare il suo petrolio per guidare un “blocco di paesi anti-americani nella regione e fuori”, di aver prestato centinaia di milioni di dollari all’Argentina e all’Ecuador (immagina l’arroganza di aggirare l’FMI e la Banca Mondiale, specializzate nell’impoverire le nazioni povere per arricchire le corporazioni giganti) e di sostenere il diritto dell’Iran di arricchire l’uranio e sviluppare la sua industria commerciale nucleare poiché quel paese ha ogni diritto legale di agire senza interferenze esterne.

E adesso la conclusione – Riesco appena a contenermi. A causa di questa alleanza e ciò che ne sta emergendo, il Journal sostiene che Chavez e Morales “minacciano di annientare anni di ‘liberazione’ politica ed economica (può essere più orwelliano di così) nel sud America ed è l’ultima di una serie di minacce alla sicurezza energetica”. Posso soltanto pensare ad un termine espressivo yiddish che meglio spiega la mia reazione a quell’affermazione – chutzpah. Per coloro che non conoscono il termine, esso indica un livello estremo di arroganza ed insolenza.

E’ proprio inaccettabile per l’impero USA che questi due capi di governo si aiutino come tutti i capi di governo dovrebbero fare. E il WSJ è sulla stessa linea e lo dice chiaramente o senza troppi sottintesi nel suo lungo odierno articolo. Il messaggio che ne deriva è che ci sono difficoltà davanti a Hugo Chavez e Evo Morales e verranno dagli Stati Uniti.

Cosa vuol dire tutto ciò

Ho scritto molto negli ultimi mesi su come gli Stati Uniti stiano accrescendo la loro ostile retorica contro Hugo Chavez nell’attesa di lanciare il loro quarto tentativo di spodestare il presidente venezuelano dopo aver fallito già tre volte. L’articolo del Journal di questa mattina indica chiaramente che Evo Morales è stato elevato verosimilmente allo stesso livello del presidente Chavez dopo appena quattro brevi mesi dall’elezione. Naturalmente, Fidel Castro è sulla lista nera degli Stati Uniti da oltre 45 anni ed è probabilmente più a rischio ora di quanto lo sia stato in precedenza. Gli Stati Uniti semplicemente non permetteranno a nessuna nazione di essere al di fuori della sua orbita di influenza, specialmente quelle ricche di risorse naturali come il Venezuela, la Bolivia e l’Iran. L’Iran in particolare è stato il bersaglio dell’astio maggiore degli Stati Uniti per nessun’altra ragione che la sua ricchezza di petrolio come l’Iraq e il Venezuela e che la sua leadership non svenderà la propria sovranità agli ostili Stati Uniti che la richiedono.

Il Wall Street Journal fornisce agli osservatori dell’impero un utile servizio – una finestra attraverso cui osservare le intenzioni USA e essere in grado di farlo quotidianamente. L’articolo di oggi è così ed è uno di quelli più importanti. Esso intensifica ulteriormente la retorica ostile e fornisce un più chiaro segno che queste due nazioni devono sostenersi contro ciò che sembra certamente un’azione USA contro di loro per rimuovere i loro capi e sostituirli con quelli nuovamente asserviti alle volontà americane. Hugo Chavez e Evo Morales fanno tutto tranne che essere asserviti e come tali rappresentano la più grande minaccia per il continuo dominio americano nella regione – un buon esempio che lasciato senza controllo può crescere e svilupparsi e aiutare a corrodere la posizione immutabile degli Stati Uniti.

Hugo Chavez e Evo Morales non ne fanno parte e gli Stati Uniti non tollereranno quell’atteggiamento. Chiaramente un confronto è sulla tabella di marcia, con quali mezzi non lo sapremo finché non sarà svelato. Ma sicuramente lo sarà e i commentatori su questo sito web e su altri progressisti monitoreranno tutti i segnali e gli eventi e li riferiranno appena svelati. Restate sintonizzati.

 


Stephen Lendman vive a Chicago e può essere contattato all'indirizzo lendmanstephen@sbcglobal.net. Potete anche visitare il suo blog a sjlendman.blogspot.com


Fonte: http://www.zmag.org
Link: http://www.zmag.org/content/showarticle.cfm?ItemID=10332
26.05.2006
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di PAT