N O T I Z I E

 

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G O L P E

 

31 dicembre '09 - Carmen Esquivel Sarría www.granma.cu (PL)

 

 

 

Zelaya chiama all’unità centroamericana

per affrontare le dittature

 

 

Il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha chiamatole nazioni centroamericane ad operare unite e con fermezza per sconfiggere le dittatura nel suo paese ed evitare il ritorno dei colpi di Stato nella regione.

 

“Nel passato, uniti, abbiamo affrontato e risolto grandi conflitti; oggi la violenza militare, nella vita civica delle nostre nazioni, in collusione con le forze più conservatrici, rappresenta un grave rischio per la pace e l’integrazione”, ha affermato.

 

Zelaya ha considerato il colpo militare del 28 giugno in Honduras, come la maggior crisi politica  avvenuta nella zona dopo i conflitti armati degli anni ’80, ed ha denunciato che il regime fascista mantiene paralizzati i processi di sviluppo e l’integrazione.

 

In un messaggio ai presidenti centroamericani, appena pubblicato, Zelaya ha denunciato che il suo sequestro ed il suo esilio forzato in Costarica sono stati una cospirazione politico-militare per fermare le trasformazioni sociali  fomentate del suo governo.

 

Dobbiamo attuare con diligenza per far sì che la storia brutale delle guerre, la violenza e colpi di Stato con sequele di morte e sangue, che crediamo superate in America Centrale, non ricomincino, ha affermato.

 

Zelaya, dal suo ritorno nel paese il 21 settembre, vive nell’ambasciata del Brasile ed ha ricordato che il popolo dell’Honduras in resistenza realizza gesta pacifiche ed eroiche, ed ha posto una grande quantità  di sacrificio.

 

Ha denunciato che nei sei mesi di regime fascista ci sono state almeno 1200 violazioni dei diritti umani, 130 omicidi di membri della resistenza, cinque giovani massacrati durante manifestazioni pacifiche ed almeno tremila detenuti.

 

“Fermiamo queste azioni criminali contro le nostre democrazie. Questo  è un obbligo morale di tutta l’America Centrale”. ha dichiarato Zelaya, ed ha chiamato i suoi omologhi dell’area a non appoggiare il presidente sorto dalle elezioni farsa effettate  in un paese sottomesso da un colpo di Stato.

 

30 dicembre '09 - www.granma.cu (PL)

 

Assalito l’editore di un
giornale dell’opposizione  

 

Militari e poliziotti del regime fascista installato in Honduras dal 28 giugno, dopo un colpo di Stato, hanno assalito  l'editore del quotidiano El Libertador, Renè Novoa, che viaggiava in un taxi verso il centro di Tegucigalpa.

 

Effettivi dell'esercito e della polizia hanno costretto Novoa a scendere dall'automobile assieme ad una persona che lo accompagnava e il cui nome non si rivela per motivi di sicurezza, e li hanno picchiati lì sulla strada.  

 

“Ci hanno picchiato senza giustificazioni. Quando ho voluto controllare  come stava il mio compagno, un militare mi ha dato un pugno sulla bocca dello stomaco che mi ha lasciato senza respiro”, ha raccontato Novoa.

  

El Libertador ha denunciato la brutalità usata delle forze di sicurezza che, dal colpo di Stato del 28 giugno, reprimono le manifestazioni popolari e attaccano le sedi ed il personale dei mezzi di stampa che si oppongono al regime usurpatore. 

 

Il direttore del giornale, Jhonny Lagos, è stato minacciato dal dittatore Roberto Micheletti, obbligandolo a vivere attualmente  in clandestinità, mentre il reporter Delmer Membreño, che è stato sequestrato e torturato, ha dovuto scegliere l’esilio. 

 

Gli uffici del giornale sono stati assaltati, così come le installazioni del Canale 36 di Televisione e Radio Globo, colpevoli di diffondere nel mondo la verità  sulla situazione che vive l’Honduras  dopo il colpo di Stato, che costringe il presidente legittimo e costituzionale, Manuel Zelaya, a vivere nell’ambasciata del Brasile da più di tre mesi.

 

29 dicembre '09 - Carmen Esquivel Sarría   www.granma.cu (PL)

 

Patiranno la fame almeno 100000
honduregni nel 2010

 

 

Almeno 100.00 honduregni soffriranno la fame l’anno prossimo, per la siccità e la crisi alimentare  in una situazione aggravata dall’instabilità politica dopo il colpo di Stato.

 

Una missione dell’Ufficio di Coordinamento dei Temi Umanitaria della ONU, (OCHA), arriverà nel paese nei prossimi giorni per realizzare uno studio completo delle sequele provocate dal fenomeno climatico, detto El Niño.

 

L’investigazione determinerà quanti quintali di granaglie di base alimentare non si otterranno più per la mancanza della pioggia e quali saranno le zone più danneggiate; inoltre si verificheranno le misure che si dovranno prendere.

 

L’assessore per le risposte d’emergenza della OCHA, Douglas Reiner, ha allarmato sul rischio di una crisi umanitaria in America Centrale per la siccità ed ha dichiarato che tra i più danneggiati in Honduras ci saranno almeno 100000 persone.

 

“La situazione in questo paese si è aggravata dopo il colpo di Stato del 28 giugno contro il presidente legittimo, Manuel Zelaya, soprattutto per la chiusura parziale di scuole ed ospedali.

 

Diversi pazienti non sono stati assistiti adeguatamente ed i bambini non mangiano più il cibo che ricevevano a scuola”, ha dichiarato Reiner.

 

Dopo il colpo fascista sono stati sospesi vari programmi sviluppati dal governo Zelaya in appoggio ai piccoli e ai medi produttori.

 

Inoltre sono stati danneggiati i progetti  fomentati dalla Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America nei settori della salute, l’educazione, la cultura e l’energia.

 

L’Honduras ha ricevuto da questo blocco 100 moderni trattori, oltre ad aratri, seminatrici ed altri strumenti per accrescere la produzione.

 

Nel settore energetico l’incorporazione all’ALBA e concretamente a PETROCARIBE garantiva un rifornimento stabile di 20000 barili al giorno di petrolio a prezzi preferenziali e con un basso tasso d’interesse.

 

Il regime  dell’usurpatore Micheletti ha chiesto al Congresso Nazionale di sottoporre a votazione il virtuale ritiro del paese da questo meccanismo e la decisione è stata approvata dal presidente eletto nelle illegali votazioni del 29 novembre, Porfirio Lobo

 

28 dicembre '09 - www.granma.cu

 

Il Presidente Zelaya afferma: Micheletti

ha compiuto il mandato dell’oligarchia


È un dittatore come i Somoza in Nicaragua, Batista a Cuba, Trujillo nella Repubblica Dominicana e Pinochet in Cile

 

Il Presidente costituzionale d’Honduras, Manuel Zelaya, ha accusato il capo dei golpisti Roberto Micheletti, di essere un dittatore come Somoza in Nicaragua, Batista a Cuba, Trujillo nella Repubblica Dominicana e Pinochet in Cile, tutti alleati degli Stati Uniti.

 

Dall’ambasciata del Brasile in Honduras, dove si trova da oltre tre mesi il Presidente eletto dal popolo honduregno ha affermato alla stampa che Micheletti ha eseguito alla perfezione le istruzioni che gli ha dato l’oligarchia impresaria che domina il paese.

 

Ha aggiunto che non è disposto a rinunciare alla Presidenza dell’Honduras, “perché quel mandato me l’ha dato il popolo e perché il Congresso Nazionale non mi può destituire”.

 

Ha inoltre detto che il Presidente eletto nella farsa del passato 29 novembre, Porfirio Lobo del Partito Nazionale, “avrà difficoltà per governare perché la comunità internazionale non riconosce quelle elezioni spurie, ne riconoscerà il suo governo”.

 

Il quel senso Zelaya considera che “per questo è importante che si restauri la democrazia nel Paese”, cosa che suppone la sua restituzione nel potere.

 

Il mandato di quattro anni di Zelaya si conclude il 27 gennaio, quando assumerà l’incarico Lobo, che ha detto che nella sua presa di possessione non dovranno essere presenti ne Micheletti, ne il Presidente rovesciato.

 

Micheletti ha assunto il potere nello stesso giorno del golpe di Stato, per designazione del Parlamento honduregno, organismo che allora presiedeva.

 

Zelaya ha anche affermato che non crede nella giustizia honduregna perché continua ad essere composta dagli stessi magistrati, lo stesso procuratore generale, gli stessi deputati e gli stessi miliari che lo hanno rovesciato.

 

“In Honduras è necessario un tribunale internazionale per castigare i golpisti che, con la forza del fucile, mi hanno portato via da casa mia, dalla Presidenza e mi hanno espulsato dal paese”, ha spiegato Zelaya.

 

Durante il suo messaggio di Natale, il Papa Benedetto XVI ha chiesto il ritorno dell’Honduras alla normalità istituzionale in chiaro rifiuto del golpe e del governo de facto attuale.

 

24 dicembre '09 - www.granma.cu (PL)

 

La democrazia è morta in Honduras

 

 

Il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha affermato che nel suo paese la democrazia è morta da quando si è stabilita una dittatura militare, con il colpo di Stato dello scorso 28 giugno.  

 

Zelaya ha segnalato con un comunicato distribuito nell'ambasciata del Brasile a Tegucigalpa, dove si è rifugiato tre mesi fa quando ritornò segretamente nel paese, che la democrazia è morta in questa nazione centroamericana, quando un gruppo di poderosi  ha usurpato, con la forza delle armi, il potere politico per sostenere i propri vantaggi.  

 

“Nessuno però può fermare le riforme politiche e sociali fomentate dal mio governo, ha detto ed ha reiterato che non rinuncerà al suo incarico che gli è stato assegnato col voto dal popolo.

 

È sicuramente  una necessità imperiosa ed inevitabile far continuare il processo storico d’organizzazione del popolo come i processi per riforme economiche, sociali e politiche, come condizione indispensabile per raggiungere lo sviluppo del paese. 

 

Il progresso di queste riforme continua ad essere sospeso, anche dopo l’elezione dell'impresario Porfirio Lobo, la cui discutibile nomina come presidente dell’Honduras non ha restituito nè democrazia, nè la fiducia, né la stabilità al paese. 

 

Alcuni governi hanno considerato che la sua elezione avrebbe dato termine alla crisi generata dal colpo di stato, ma la maggioranza dei paesi dell'America Latina non accetta queste elezioni avvenute in un regime dittatoriale ed usurpatore.

 

La Corte Suprema Elettorale, in accordo con il Colpo di Stato, ha riconosciuto Lobo come presidente eletto, nelle votazioni che hanno registrato  astensioni superiori al 60%.

 

21 dicembre '09 - Jean Guy Allard www.granma.cu

 

La “creatura” dell’USAID
proclama Micheletti “eroe nazionale”

 

Il Presidente golpista honduregno Roberto Micheletti è stato dichiarato, il 18 dicembre, “eroe nazionale” dall’Unione Civica per la Pace e la Democrazia in Honduras per la sua “lotta alla ricerca della pace del paese”, annuncia la stampa.

Il politico d’estrema destra, che ha guidato l’espulsione dal paese del Presidente Costituzionale Manuel Zelaya, e che ha ordinato all’esercito di aprire il fuoco sui manifestanti indifesi, si è rallegrato di questo riconoscimento, e ha pubblicamente ringraziato l’organizzazione.

 

“L’Unione Civica Democratica di Honduras” UDC è una creatura del programma di “Partecipazione della società civile” dell’USAID, l’agenzia statunitense del Dipartimento di Stato nordamericano che si dedica a sussidiare le attività di ingerenza che coprano operazioni di intelligence e di destabilizzazione.

 

Con il titolo di “eroe nazionale”, l’organizzazione ha consegnato al dittatore una placca di metallo in una cerimonia speciale realizzata nello stesso palazzo presidenziale con l’incisione “Per il nostro eroe nazionale, Presidente Roberto Micheletti, con ammirazione e con affetto”.

 

“Oggi riconosciamo il signor Micheletti, che ha assunto con molta dignità il ruolo di eroe nazionale di Honduras e che ha difeso la pace, la libertà e la democrazia”, ha affermato la coordinatrice dell’UDC e deputata Armida Villeda che si è beneficiata dei favori dei leader golpisti in molteplici opportunità.

 

Ringraziando per il “premio”, Micheletti ha ringraziato “il popolo e gli amici che hanno pensato che mi merito un riconoscimento di questo tipo”.

 

Alcune ore prima del golpe, manifestanti dell’UDC guidati dalla stessa Armida Villeda esigevano il ritiro degli osservatori dell’OEA assegnati per la consultazione convocata dal Presidente Zelaya per riformare la Costituzione.

 

Immediatamente dopo il golpe di Stato del 28 giugno, l’UDC ha preso “l’iniziativa” di organizzare una manifestazione a favore dei militari e di Micheletti mentre si sta sviluppando una campagna di terrore contro i partitari del Presidente espulso.

 

Ironicamente l’UDC si definisce come “un gruppo di organizzazioni sociali con una meta in comune: individuare, analizzare ed esporre le minacce allo stato di diritto in Honduras”.

 

Stando alla ricercatrice Eva Golinger, l’UDC è una coalizione che riunisce, tra le altre organizzazioni di destra, il Vescovo di Tegucigalpa, il Consiglio Honduregno, dell’Impresa Privata (COHEP), la Federazione Nazionale del Commercio e Industrie di Honduras (FEDECAMARA), l’Associazione dei Mezzi di Comunicazione (AMC) ed il gruppo studentesco Generazione X Cambio.

 

Per l’anno fiscale 2009, l’USAID avrà contribuito agli organismi e gruppi in Honduras con circa 47 milioni di dollari.

 

Sembra assurdo, ma il paese, con il sistema elettorale più incoerente del pianeta fornisce assistenza tecnica, tra gli altri organismi, anche al Tribunale Supremo Elettorale (TSE) “perché possa compiere le sue responsabilità trasparentemente”. Il TSE è stato uno dei più fedeli sostenitori dell’usurpatore Micheletti nell’operazione di inganno dell’opinione pubblica che sviluppa da quando si è appropriato illegalmente del potere.

 

 

 

18 dicembre '09 - Ida Garberi, dall’Honduras

l’autrice è la responsabile della pagina web in italiano di Prensa Latina 

 

Honduras: Wendy Avila e’

viva e la lotta continua



“Solo chiedo a Dio
che il dolore non mi sia indifferente,
che la inaridita morte non mi incontri
vuoto e solo senza aver fatto lo sufficiente”.

Leon Gieco



Esistono fatti concreti, non sono solo i sentimenti o le sensazioni, ma sono gli atti quotidiani della vita, qui, in Honduras, che mi stanno confermando la mia opinione sul genere umano, a continuare a credere davvero che possiamo creare un mondo migliore. Qui, in America Centrale, nella terra di Morazan, sto conoscendo la solidarietà più immensa che ho incontrato nei miei 44 anni, vissuti tra una penisola europea erroneamente chiamata “il bel paese” (grazie a Berlusconi possiamo solo definirla "una repubblichetta da operetta") ed un’isola eroica, Cuba, che e’ sicuramente la responsabile intellettuale di questa meravigliosa rivoluzione centroamericana.

Un popolo che un giorno prima del 28 giugno pensava di poter applicare il suo potere cittadino, conferitogli dal suo presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya Rosales, si e’ trovato a scontrarsi improvvisamente con gorilla vestiti da militari, pronti a calpestare qualsiasi diritto costituzionale, anche il più elementare.

Io ho deciso di conoscere da vicino quello che sta succedendo nel terzo paese più povero di America Latina e così grazie al mio collega di
Prensa Latina, Raimundo Lopez, che mi ha aiutato nei contatti e mi ha fatto capire molte cose, parto dalla mia Cuba verso l’Honduras.

Spero di poter assistere al primo Incontro Internazionalista di Solidarietà con l’Honduras, organizzato dal Fronte Nazionale contro il Golpe di stato, (una forza di resistenza che raggruppa tutti i cittadini honduregni di buona volontà, sia appartenenti a partiti politici come il Partito Liberale e l’Unione Democratica, ma anche movimenti indigeni come il COPINH e movimenti sindacali), ed invece purtroppo il tiranno Micheletti decide di proclamare lo stato d’assedio.

Gli organizzatori si vedono obbligati a sospendere temporaneamente questo convegno per la pericolosità della repressione golpista, che non si preoccupa di niente quando massacra, il colore del passaporto non fa nessuna differenza.

La mia reazione non si fa aspettare, tramite Raimundo, informo Juan Barahona, uno dei massimi dirigenti del Fronte Nazionale contro il Golpe di stato, del mio desiderio di esplorare la situazione del paese, sempre senza essere un problema per il Fronte, sperando che il mio lavoro giornalistico possa apportare il mio granello di sabbia.

La sua risposta mi riempie il cuore di calore, infatti afferma che in Honduras possono esserci molti problemi economici, ma di solidarietà c’è né d’avanzo!!

Infatti, arrivata al paese centroamericano, sono stata ospitata da una famiglia meravigliosa che è parte della resistenza e che non ha mai voluto neanche un centesimo per la mia permanenza.

Il primo giorno della mia presenza in Honduras ho avuto la fortuna che fosse una domenica, giornata in cui i ribelli contro il golpe si trovano in un’Assemblea Generale settimanale nel sempre belligerante STIBYS (Sindacato dei Lavoratori dell’Industria delle Bevande e Simili) ed ho potuto conoscere da subito i principali protagonisti di questa fantastica lotta per la libertà.

Senza voler togliere nulla a tutte le persone meravigliose che ho incontrato, decisamente l’impatto più emotivo è stato quello che mi ha trasmesso Edwin Espinal, un giovane imponente e tristemente bello, che ho chiesto di conoscere perché la sua storia mi ha commosso.

Edwin è lo sposo di Wendy Avila, una delle giovani vittime di questo governo assassino. Questa giovane coppia, lui 30 anni e lei 24, da sempre hanno militato in organizzazioni sociali, ed inoltre, lei, studente di Diritto dell’Università Tecnologica di Honduras, si occupava di alfabetizzare i meno fortunati della sua colonia (quartiere).

Fin dai primi momenti di questo orrendo golpe si sono incorporati alla Resistenza, regalandole tutto l’entusiasmo che due giovani pieni di vita posso far esplodere con i loro ideali.

Edwin ha accettato un ruolo difficile nella resistenza, infatti essendo motociclista, con un gruppo di circa 50 amici, precede le infinite marce pacifiche del Fronte, con lo scopo di proteggere i manifestanti, fermando il traffico per lasciarli passare e ostacolando le repressioni della polizia.

E’ una situazione pericolosa, perché i primi sono i più colpiti dai cinici poliziotti e quelli che respirano di più i gas lacrimogeni.

Wendy purtroppo era asmatica e la sua salute stava peggiorando proprio per l’inalazione di quei gas tossici che i militari lanciano sulla folla indifesa senza nessuna pietà.

Edwin tentava di convincerla a restare in casa, negli ultimi giorni, ma Wendy non poteva accettare di abbandonare la lotta: voleva essere presente il giorno della vittoria finale.

“Il fatto è che da quel tremendo 28 giugno tutto il popolo con coscienza è dovuto scendere in strada per ribellarsi all’enorme violenza che ci avevano fatto, privandoci della prima possibilità, che abbiamo avuto nella storia di Honduras, al diritto ad un’opportunità di sviluppo egualitario”, mi dice Edwin.

“Però adesso io ho un compito in più: la memoria di Wendy, la sua lotta con il popolo e per il popolo non si può e non si deve cancellare dalle menti degli honduregni e di tutti i rivoluzionari del mondo”.

Al cominciare l’intervista, non sapevo come avrebbe reagito la sofferenza di Edwin, un lutto così recente che lui non ha ancora potuto interiorizzare, la rabbia, l’impotenza, le menzogne che ha dovuto affrontare non gli hanno ancora permesso di metabolizzare il grande vuoto che ora è al suo fianco.

Rimango profondamente colpita dalla forza interiore di questo giovane, che mi racconta la sua storia con calma e con un tono di voce fermo e deciso, i muscoli del viso sono quasi immobili, sono solo le lacrime silenziose, che scendono dai suoi occhi color miele, che rivelano l’uragano che si sta provocando nel suo cuore.

Guardando lui, ripenso ai famigliari delle altre 22 vittime certe del tiranno Goriletti, agli scomparsi, ai feriti, ai violentati fisicamente e moralmente, a tutta questa violenza gratuita che sta colpendo il movimento pacifico della resistenza: loro sì avrebbero meritato il Nobel per la pace!!!!

Ecco perché Edwin ha accettato di raccontare la sua tragedia, per denunciare quello che i golpisti non vogliono riconoscere a 120 giorni di resistenza, perché tutto il mondo sappia che Micheletti è un pazzo omicida, un uomo senza anima che crede di poter fermare la forza del popolo con le armi.

“Nessun governo può durare molto solo con la forza, la comunità internazionale è testimone della nostra lotta pacifica e che nessuno di noi non si è mai arreso davanti a tanta brutalità, perché noi sì sappiamo onore i morti, come la mia Wendy”, mi racconta Edwin.

Poi, si accende di rabbia quando afferma che i golpisti hanno comprato i medici che hanno curato sua moglie, prima, ed il medico legale, poi, per poter affermare che Wendy era morta a causa del virus dell’influenza A H1N1, un assurdo, dal momento che nessuno delle persone più vicine a lei era stato contagiato: una forma di agire molto chiara che dimostra la codardia e la paura dei colpevoli di questo terrore, animali spaventati dalla giustizia che inesorabilmente cadrà su di loro quando l’ordine costituzionale ritornerà nel paese.

“Loro possono credere che attuando così tutto resti dimenticato, però si sbagliano: per i golpisti, per i violentatori dell’ordine costituzionale del paese, per coloro che hanno sconvolto l’ordine democratico in Honduras non ci sarà né perdono né oblio”, mi dice Edwin categorico.

“Grazie al lavoro svolto dal nostro presidente costituzionale, Manuel Zelaya Rosales, abbiamo scoperto che anche noi possiamo avere un’opportunità di uno sviluppo sociale equo e solidario. Tu che hai l’onore di vivere a Cuba sai bene che questa isola caraibica è stata, è e sarà sempre il faro dell’America Latina. Grazie a lei, alla sua resistenza eroica contro l’imperialismo, gli altri paesi fratelli hanno potuto sviluppare questo meraviglioso movimento del Secolo XXI. Cuba ci ha fatto respirare la possibilità di saper resistere ad un nemico molto più poderoso di noi.

Il mio popolo sta lottando giorno dopo giorno per un mondo migliore, per questa lotta Wendy è arrivata fino all’ultimo sacrificio, seguendo gli ideali ed i sogni del Comandante Che Guevara e desiderando di poter visitare Cuba e stringere la mano al grande Comandante Fidel Castro. Lei adesso non potrà più farlo, però spero che i miei saluti e tutta la mia stima possano essergli recapitati”.

Ringrazio Edwin di queste belle parole che condivido completamente e che mi emozionano fortemente.

E qui forse mi lascio trasportare anche io dalla rabbia e dall’impotenza della situazione, però ricordando la storia italiana e pensando ad un altro dittatore assassino (Mussolini), vorrei lanciare un messaggio di avvertimento all’usurpatore Micheletti: bisogna fare attenzione perché questa immensa folla che fino ad oggi è stata guidata solo da sentimenti di amore, potrebbe stancarsi e decidere che l’unica posizione corretta per il capo dei golpisti sia a testa in giù, appeso nella Piazza Centrale, di fronte alla statua di Morazan...

 14 dicembre '09 - www.granma.cu

 

Scoperto il corpo decapitato

di un membro della resistenza  

 

 

È stato scoperto alcuni giorni fa il corpo di Santos Corrales García, membro del fronte della resistenza contro il colpo di Stato in Honduras, decapitato dalla polizia per ordine del regime di Roberto Micheletti, ha informato YVKE Mundial.

 

Il presidente del Comitato per la Difesa dei Diritti Umani, (Codeh), Andrés Pavón, ha denunciato che "il corpo di Santos Corrales è sto incontrato vicino a Talanga, ma la testa non è stata ancora ritrovata".  

 

L’attivista ha commentato che Corrales era stato detenuto il 5 dicembre nella colonia Nueva Capital, a sud di Tegucigalpa, da cinque persone che portavano le uniformi della Direzione Nazionale per le Investigazioni criminali, tutte armate con fucili Galil e pistole da nove millimetri, che viaggiavano in un veicolo Tracoma.

 

I segni sul corpo denunciano le torture a cui è stato sottoposto per strappargli informazioni su una commerciante che offriva viveri e rifornimenti ai membri del Fronte.

 

Pavón ha confermato che la morte di Corrales Garcia è un altro crimine della brutale ondata di repressione scatenata dal governo golpista per disarticolare il Fronte di Resistenza.

 

 

8 dicembre '09 - www.granma.cu (PL)

 

 

Zelaya: resterò nell’

ambasciata del Brasile

 

 

Il presidente costituzionale dell’Honduras, Manuel Zelaya, ha informato oggi che resterà nell'ambasciata del Brasile a Tegucigalpa, finché potrà contare sull’appoggio del paese sud-americano.

 

Zelaya esiliato con la forza in un colpo di Stato militare lo scorso 28 giugno, giunse nella sede diplomatica del Brasile il 21 settembre, e da lì ha continuato la sua lotta per ristabilire l’ordine costituzionale nel paese. 

 

“Resterò fino a quando potrò contare sulla solidarietà del Brasile”, ha detto parlando telefonicamente con la locale Radio Globo che di frequente trasmette dichiarazioni esclusive di Zelaya che ha segnalato che continuerà a lottare per il diritto del popolo honduregno di scegliere i suoi presidenti. 

 

“Mi hanno sequestrato e portato all’estero e mi sono difeso a Washington, in Europa, in America del Sud, in America Centrale... e continuerò a difendere la mia posizione”, ha sottolineato il capo di Stato. 

 

Dal 28 giugno Zelaya ha viaggiato in vari paesi, cercando appoggio, sino al 21 settembre, quando informò che si trovava nell'ambasciata del Brasile nella capitale da dove  ha appoggiato la resistenza contro il colpo che si è opposta fortemente alla realizzazione delle elezioni con il regime usurpatore   realizzate cinque mesi dopo l’espulsione di Manuel Zelaya che chiede ora alla comunità internazionale di non riconoscerle.

 

L'imprenditore Porfirio Lobo, non riconosciuto dalla maggioranza dei paesi latinoamericani è stato eletto presidente dell’Honduras in queste elezioni truffa.

 

3 dicembre '09 - Raimundo López www.granma.cu

 

Nessuna sorpresa: il Congresso honduregno decide di non restituire il Presidente Zelaya

 

Mel Zelaya, Presidente honduregno rovesciato da un golpe il passato 28 giugno, non sarà restituito alla Presidenza. Così ha deciso la maggioranza dei congressisti che hanno partecipato nel pomeriggio di ieri ad un maratonico e noioso dibattito per giustificare un voto che per la maggior parte è stato negativo.

 

Così come ci si aspettava, la posizione del Partito Nazionalista, palesata prima di cominciare una votazione richiesta dall’Accordo di Tegugicalpa/San José, ha marcato il risultato finale. Rodolfo Irías, capo del gruppo parlamentare di Pepe Lobo, ha annunciato il suo voto contro Zelaya. “Ci posizioniamo a favore del decreto del 28 giugno”, con il quale si giustifica il golpe, ha annunciato di fronte al Pleno.

 

Gli attori politici del paese hanno marcato le loro posizioni durante il giorno. Il più contundente è stato, ovviamente, Micheletti.

 

Il “golpista travestito da politico”, come lo ha definito Lula nella passata Riunione Ibero Americana, è tornato ieri nella Casa Presidenziale dopo il ritiro di una settimana imposto dagli Stati Uniti per pulire le elezioni. E lo ha fatto facendo lobby: “Credo che Zelaya sia già storia perché il popolo ha risposto a tutte le domande che aveva preteso e ha anche detto che non era d’accordo col sabotare le elezioni”, ha dichiarato Micheletti ad una televisione locale. Il Presidente de facto non ha titubato nell’accollarsi parte del merito della vittoria di Lobo, a dispetto del fatto che il suo Partito Liberale sia stato il grande sconfitto della passata domenica.

 

Ed è che Micheletti suscita amore e odio. Come quella del gruppo creato in Facebook, “Roberto Micheletti Segretario Generale dell’OEA” un movimento di “giovani latino americani democratici di destra” che ieri aveva 618 iscritti. Ed è che in Facebook inoltre c’è molto senso del humor.

 

Il Partito Liberale ratifica la sua tradizione al Presidente

 

Contrario

 

La maggior parte del Partito Liberale, schierato al lato di Roberto Micheletti e di Elvin Santos, si è dichiarato contrario alla restituzione di Manuel Zelaya, cosa che suppone oltre 40 voti dei 62 che compongono il gruppo parlamentare. Il Partito Nazionale, che ha stra-vinto nelle passate elezioni presidenziale, parlamentari e municipali, non ha cambiato il suo voto contro a Zelaya, a dispetto dei discorsi di Pepe Lobo in favore di una riconciliare nazionale. Sono 55 deputati.

 

A favore

 

Una ventina di dissidenti del Partito Liberale continuano ad appoggiare il leader Zelaya. Tra di loro ci sono Margarita Zelaya, candidata alla Vicepresidenza e cugina del Presidente destituito, che si è dimessa cinque giorni prima delle elezioni. I cinque deputati della Unificazione Democratica di sinistra, inclusa la dissidente Doris Gutiérrez e due Democratici Cristiani avevano già annunciato il loro voto a favore di Zelaya.

 

2 dicembre '09 - Raimundo López www.granma.cu

 

Il Congresso dibatterà la
restituzione o no di Zelaya   

 

Il Congresso dell’Honduras dibatterà la restituzione o no del presidente  costituzionale, Manuel Zelaya, nel mezzo di nuove tensioni create nel paese per le discusse elezioni di domenica 29.

 

La maggioranza dei legislatori aveva approvato in una rapida sessione, il 28 giugno scorso, la destituzione dello statista, solamente  quattro ore dopo il suo allontanamento forzato e l’espatrio eseguito dalle forze armate.

 

I deputati comunque, ora sono impegnati a seguire gli scrutini del Tribunale Supremo Elettorale (TSE), interessati alle proprie possibili rielezioni e non hanno fatto quasi commenti sulla sessione prevista, anche se alcuni hanno detto che ratificheranno il voto precedente.

 

Tra questi Marcia Villeda, accusata dalla resistenza d’essere l’autrice della falsa lettera di dimissioni di Zelaya.

 

Il dibattito fa parte degli accordi firmati il 30 ottobre dal rappresentante di Zelaya e dal capo del governo usurpatore di Roberto Micheletti, dopo tesi negoziati,  ma il patto è stato dichiarato un fallimento, il 5 novembre, dallo stesso Zelaya, dopo le numerose violazioni degli impegni presi da Micheletti.

 

Ora il Congresso ha deciso di chiedere le opinioni della Corte Suprema, del Pubblico Ministero, del Procuratore Generale e della Commissione dei Diritti Umani, prima di sottoporre il tema al Congresso  e queste quattro istituzioni, segnalate dalla resistenza come pilastri della cospirazione armata,  si sono pronunciate con la conferma della destituzione di Zelaya.

 

Il presidente costituzionale ha detto che non accetterà di riprendere l’incarico per non avallare la rottura dell’ordine costituzionale da parte delle forze armate e le elezioni del 29, che sono illegali ed una farsa, ha detto.

 

Intanto il TSE continua a scrutinare, anche se si sa che i risultati danno la vittoria al Partito Nazionale, di destra, ed al suo candidato presidenziale, l’industriale  Porfirio Lobo.

 

Questo partito, con più di 70 scanni su 128, mette da parte il Partito Liberale,  la cui base e gran parte della dirigenza si è ritirata dalle elezioni.

 

L’ambasciatore degli Stati Uniti, Hugo Llorens, si e congratulato con i magistrati del Tribunale Elettorale per il loro lavoro ed ha anticipato che l’amministrazione di Barack Obama collaborerà strettamente con il nuovo governo.

 

Il Fronte Nazionale contro il colpo di Stato, guida della resistenza dal giorno del colpo di Stato,  ha ratificato che non riconosce le elezioni e le considera una farsa dell’oligarchia.

 

“Continueremo la mobilitazione popolare, domandando la restituzione dell’ ordine costituzionale e del presidente legittimo, oltre alla convocazione di un’Assemblea Nazionale Costituente

 

 

1 dicembre '09 - www.granma.cu

 

La resistenza honduregna

si manterrà in lotta

 

 

Il Fronte della Resistenza ha rifiutato lunedì qualsiasi dialogo con il proclamato “vincitore” della farsa elettorale di domenica, Porfirio Lobo, del Partito Nazionale, ed ha annunciato che manterrà le azioni fino al ristabilimento dell’ordine costituzionale della nazione.

 

Il Fronte della Resistenza ha ieri rifiutato qualsiasi dialogo con il proclamato “vincitore” della farsa elettorale di domenica, Porfirio Lobo, del Partito Nazionale, mentre i suoi membri festeggiavano per strada il fallimento della manovra visto l’astensionismo del 65 - 70%.

 

Strade e collegi vuoti, gente portata a votare con la forza, esercizio del suffragio da parte di salvadoregni del partito di estrema destra ARENA nelle zone di frontiera, 48 detenuti ed una bambina scomparsa come risultato della repressione a San Pedro Sula, assenza degli osservatori internazionali ed un dispiego di forze militari e di polizia di 30000 uomini, fanno dubitare degli auto-proclamati “risultati” da parte delle autorità de facto.

 

Ciò “conferma la nostra volontà di dichiarare illegittime le elezioni ed i loro risultati” ha detto in un comunicato il Fronte, letto dall’ex candidato indipendente Carlos H. Reyes, il quale ha depositato la domanda per un’Assemblea Costituente.

 

Il Fronte ha anche annunciato che i suoi membri manterranno le azioni di strada fino al ristabilimento dell’ordine costituzionale della nazione, in risposta all’annuncio di Lobo ad un dialogo nazionale “aperto, senza scartare nessuno”.

 

“La Resistenza si rafforza e si consolida; il regime nato dalle elezioni di domenica è spurio e completamente debilitato, pertanto non abbiamo niente da dire a questo regime adesso”, ha fatto sapere Rafael Alegría, dirigente contadino.

 

Dopo il loro appoggio alle elezioni sotto il regime de facto, non hanno sorpreso le dichiarazioni di lunedì del nuovo sotto-segretario degli Stati Uniti per le questioni dell’America Latina, Arturo Valenzuela. L’alto funzionario ha giudicato la farsa come “un passo avanti” ed ha stimato che le elezioni hanno “compiuto con gli standard internazionali”.


 

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