Compie il primo anno di successi

la firma, a Cuba, dell'ALBA  
 


| Avana 11 maggio 2006 | J.Rodriguez PL |
 




Cuba e il Venezuela arrivano al primo anniversario della firma, a L'Avana, di 49 accordi e convegni sottoscritti dai loro presidenti per consolidare il processo d' integrazione dell'Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA).

Il 29 aprile 2005 i Capi di Stato, Fidel Castro, di Cuba, e Hugo Chávez, del Venezuela, avevano assistito, a L'Avana, alla sottoscrizione di quei documenti che hanno rappresentato un impulso importante nel restringimento dei vincoli bilaterali.

Una dimostrazione del senso di  vera cooperazione  implicita nei documenti firmati ed il loro significato per la regione, si può vedere nei principali accordi economici e di carattere politico e sociale allora formalizzati e nel loro posteriore compimento.

Cuba ha tolto il pagamento di dazi doganieri ed imposte a prodotti venezuelani acquisiti nella cornice dell'ALBA, mentre Caracas ha concesso preferenze doganali a 104 linee di origine cubana e ha deciso di sgravare gradualmente le importazioni dall'isola.

L'Avana ha sottoscritto con imprese venezuelane contratti di acquisto, da alimenti fino a pneumatici, per 414 milioni di dollari  ed ha inaugurato una succursale, nella capitale, dell'impresa Petroli del Venezuela (PDVSA).

In questo ultimo caso, i due paesi hanno deciso di esplorare, sfruttare, raffinare ed immagazzinare idrocarburi ed i loro derivati in territorio cubano, proposito materializzato con la posteriore creazione di un'impresa mista che potenzierà la raffineria di Cienfuegos, provincia centrale  della nazione antillana.

Si è proceduto anche all'inaugurazione della succursale della Banca Industriale del Venezuela a L'Avana e di una filiale a Caracas della Banca Centrale di Cuba per finanziare importazioni ed esportazioni, con capitale iniziale di 400 milioni di dollari annuali.

Le due nazioni hanno determinato la costruzione in Cuba di un cantiere navale binazionale ed il conferimento di libero transito ed esenzione di imposte a navi con bandiera venezuelana partecipanti al trasporto di passeggeri e carichi verso l'isola.

Un aspetto importante incluso, il passato anno, negli storici documenti si riferisce all'incremento della già esistente assistenza cubana al Venezuela nei campi della salute, educazione ed altri, una collaborazione di carattere inedito tra nazioni latinoamericane.

Gli specialisti dell'isola caraibica hanno appoggiato l'inaugurazione, nello Stato sud-americano, di centinaia di centri di diagnostica e medicina integrale, sale di riabilitazione e fisioterapia, centri di alta tecnologia per offrire servizi gratuiti alla popolazione.

Quegli accordi hanno incluso la consulta per formare in Venezuela 40000 medici e 5000 specialisti in tecnologia della salute in meno di una decade, e 10000 diplomati venezuelani si trasformeranno in medici ed infermieri dopo aver frequentato i loro studi a Cuba.

Case di famiglie cubane, in tutto il paese, hanno aperto le loro porte per riparare fraternamente quegli studenti che, parallelamente, frequentavano le loro materie in policlinici ed ospedali di tutto il paese.

Un'emotiva ed effettiva dimostrazione di solidarietà, ufficializzata negli accordi, é stata la decisione, più che portata a termine mediante l'Operazione Miracolo, d'intervenire chirurgicamente a Cuba 100000 venezuelani con malattie oftalmologiche, in forma gratuita.

Il recupero o preservazione della vista per un tale numero di persone colpite, servizio posteriormente esteso da Cuba a molti altri paesi, costituisce una bella pagina scritta anche come dimostrazione del significato umano dell'ALBA.

In quello stesso scenario si iscrive l'attenzione medica annuale negli ospedali cubani di altre migliaia di cittadini venezuelani che hanno ricevuto da trapianti di organi sino a trattamenti ortopedici e neurologici.

Il presidente Chávez ha qualificato  quella cerimonia come "un passo importante nell'integrazione dell'America Latina e dei Caraibi, ma non come Washington vuole, bensì per la libertà e la dignità delle nostre nazioni".

"Sono trascorsi due giorni eccessivamente felici e fecondi" ha detto Fidel Castro dopo le 48 ore di conversazioni ed adozione di decisioni, divenuta vera dimostrazione di quello che possono sperare dell'ALBA altri popoli in contrapposizione al nordamericano Accordo di Libero Commercio per l'America (ALCA).

Ciò che é accaduto nei seguenti 12 mesi ha ratificato le prognosi dei due statisti e le previsioni stabilite negli accordi di quel 29 aprile ed i vantaggiosi scambi commerciali cubano-venezuelani si sono elevati a migliaia di milioni di dollari.

L'ALCA di George Bush langue quasi senza sostenitori che la difendano e la bolivariana ALBA include già, in distinti livelli di collaborazione, numerosi Stati dell'America Latina e dei Caraibi, testimoni che i sogni possono trasformarsi in realtà.

La regione conosce bene quello che, per molti anni, hanno venduto gli Stati Uniti ai restanti paesi dell'area come programmi suppostamente destinati a promuovere sforzi uniti ed a soddisfare le urgenti necessità di complementazione economica. Sotto la bandiera di un supposto aiuto per questo fine, Washington  storicamente ha favorito il dominio delle sue multinazionali sulle risorse naturali delle nazioni latinoamericane.

I progetti hanno avuto denominazioni di ogni tipo, alcuni pompose come l'Alleanza per il Progresso e, più recentemente, quelli di Area di Libero Commercio per l'America (ALCA), frustrati dalla resistenza di paesi e governi davanti al loro carattere considerato dominatore della sovranità nazionale.

L'impossibilità di fare avanzare l'ALCA, che, secondo il piano della Casa Bianca doveva ufficializzarsi da gennaio 2005, ha obbligato gli strateghi statunitensi ad usare tutte le loro risorse di pressione per imporre i TLC.

Questi sono i denominati Trattati di Libero Commercio, per la cui materializzazione il governo nordamericano ha dovuto utilizzare perfino pubbliche minacce di rappresaglie economiche al fine di ottenere la loro firma da parte dei governi del Perù e Colombia ed aspirare ad uguale accettazione per quello dell'Ecuador.

Usando la tattica della divisione, in questo caso applicabile ai membri della Comunità Andina delle Nazioni (CAN), Washington ha assestato un vero colpo a quell'istanza e ha garantito libero passo per inondare, con prodotti statunitensi sovvenzionati, i mercati dei paesi menzionati.

Parallelamente e mediante il commercio trilaterale, si cercava di saturare anche i mercati del Venezuela e della Bolivia, spezzando praticamente l'economia della nazione dell'altopiano colpendone alcune delle sue produzioni fondamentali, come la soia.

La manovra ha avuto un gran contrattempo con l'atteggiamento del Venezuela, che ha deciso la sua uscita dal CAN, e con la protesta della Bolivia, il cui presidente, Evo Morales, ha qualificato l'atteggiamento dei dirigenti colombiani e peruviani come un tradimento ai postulati integrazionisti.

Davanti ad un panorama di tale grandezza dove si sottolinea l'offensiva economica degli Stati Uniti e delle sue grandi imprese, risulta logico che sempre più latinoamericani e caraibici guardino verso l'ALBA, ideata per raggiungere, in particolare, un'integrazione economica e sociale basata sulla solidarietà.

Le esperienze in questo caso sono vive, non solo nel tipo di relazione raggiunta da Cuba e Venezuela, qualificata da molti come l'esempio di cooperazione che favorisce i rispettivi popoli, ma anche nella proiezione della nuova istanza verso il resto dello scenario regionale.

Esempi che si contrappongono alla voracità degli Stati Uniti sono gli accordi energetici firmati da Caracas con gli Stati caraibici, includendo clausole molto favorevoli alle loro economie in momenti in cui i prezzi del petrolio persistono in rialzi incontrollabili.

Così le cose, tutto fa sperare che si incrementino i partecipanti dell'ALBA per il suo carattere di nuova speranza per coloro che pretendono, nel futuro immediato, difendersi dalla spoliazione  e dall'ingiustizia.