La minaccia statunitense

 

sfiora il Venezuela

 

Salim Lamrani 26/04/2006 www.resistenze.org - da Rebelion.org http://www.rebelion.org/noticia.php?id=30476

 

 

 

Gli Stati uniti stanno svolgendo impressionanti manovre militari nei Caraibi, l’operazione si chiama “Partnership of the Americas” e durerà fino al mese di maggio. A quest’operazione partecipano 6.500 soldati, varie portaerei e sottomarini nucleari, un grandioso numero d’aerei da caccia F16. Una nave da guerra ha persino simulato un’azione di sbarco nell’isola olandese di Arube, a sole 15 miglia dalle coste venezuelane. (1)

Questa dimostrazione di forza ha seriamente preoccupato il governo di Hugo Chavez, che ne ha denunciato le intenzioni aggressive. Il cancelliere Ali Rodriguez ha indicato il pericolo di un’azione violenta contro il Venezuela da parte della Casa Bianca: “Noi siamo ben coscienti di questo rischio (..) Non si è visto come ha parlato G. Bush? Ha parlato in modo manicheo, alludendo alla guerra tra il bene ed il male, .. quelli che stanno con noi sono buoni, chi non sta con noi sono il male e dobbiamo distruggerli..” Ha poi dichiarato che solo quanto accade in Iraq e la situazione critica del Medio Oriente hanno frenato l’aggressione al Venezuela. (2)

“La nostra volontà e posizione politica internazionale è quella di avere rapporti normali, cordiali, e l’unica condizione che poniamo al governo nordamericano è il rispetto della sovranità del Venezuela, la non ingerenza negli affari interni del Venezuela ed il compimento della carta dell’ONU”. (3)
L’ambasciatore statunitense a Caracas, William Brownfield, ha minimizzato l’importanza delle manovre militari USA del Comando Sud: “Non è la prima volta che si fanno manovre nei Caraibi”(4). Il Pentagono ha poi dichiarato che si tratta solo di manovre destinate a far fronte a minacce non convenzionali come il traffico di droga e di esseri umani, ed alla cooperazione con altri paesi della regione. Ma dato l’arsenale dispiegato in queste manovre, non ha spiegato perché c’erano armi nucleari. (5)
 

Questa nuova escalation della tensione tra Venezuela e l’amministrazione Bush segue a una serie di dichiarazioni bellicose di Washington snocciolate negli ultimi mesi. Il 16 febbraio 2006 Condoleeza Rice, segretaria di Stato, ha affermato che il Venezuela “è uno dei maggiori problemi” ed ha definito i suoi rapporti con Cuba “particolarmente pericolosi”. La stessa ha spiegato l’intenzione di creare un fronte comune regionale contro il governo del Presidente Chavez durante il suo intervento al Comitato degli Esteri della Camera dei Rappresentanti, per giustificare il finanziamento di 33.000 milioni di dollari al suo ministero per l’anno 2006. (6)

La Rice ha accusato Hugo Chávez di “influire sui suoi vicini nell’uscire dal percorso democratico”, con politiche che rifiutano il libero scambio (ALCA) che vogliono gli USA. Infatti, dal suo arrivo al potere, l’attuale governo venezuelano prefigura un’integrazione economica latinoamericana (ALBA) per favorire lo sviluppo della regione, un progetto di matrice completamente opposta al neoliberalismo che vuole imporre Washington, e che non favorisce nessun al di fuori delle grandi multinazionali. Per contrastare “l’influenza negativa” del Venezuela, Rice ha proposto di “serrare la cooperazione con i governi responsabili, inclusi quelli responsabili di sinistra come Brasile e Cile”, in altre parole quelli che accettano il modello neoliberale. (7)

La Segretaria di Stato ha pure rimproverato il governo bolivariano per il suo appoggio alla coalizione dei due ex presidenti nicaraguensi, Daniel Ortega e Arnaldo Aleman, in vista delle prossime elezioni presidenziali di novembre 2006. Secondo la Rice, quest’appoggio potrebbe “generare una situazione in cui il governo democraticamente eletto in Nicaragua potrebbe non funzionare”
Alludendo ad una possibile vittoria della sinistra e all’automatico rifiuto da parte di Washington (8).
Rice, che fustiga costantemente “il populismo latinoamericano”, ha omesso di spiegare che il suo ambasciatore in Nicaragua, Paul Trivelli, si è incontrato con i leader della destra ed ha richiesto loro una sola lista per impedire a qualunque prezzo una vittoria elettorale del Fronte Sandinista (9).

Ma non sarebbe certo questa l’unica ingerenza e contraddizione Washington.
Chávez ha dimostrato di prendere sul serio le dichiarazioni della Rice, e ha dichiarato che il tentativo d’isolamento del suo governo da parte degli USA è destinato alla sconfitta.
“Loro (gli USA) è già da molto tempo che cercano di isolarci, di assediarci, ma hanno fallito, e falliranno perché non hanno ragione e perché non hanno nessuna morale. Ogni giorno di più, il mondo conosce la verità sul Venezuela.” (10).

Il Dipartimento di Stato ha pure appoggiato alcuni sindacati venezuelani che volevano lo sciopero per destabilizzare il paese. Rice aveva evocato alla stampa una paralisi dei trasporti pubblici, una paralisi che non c’è mai stata. Queste dichiarazioni fanno pensare che Washington ha già elaborato dei piani d’occupazione per abbattere il governo di Chavez e confermerebbero le preoccupazioni di quest’ultimo. (11).

Come risposta, le autorità venezuelane hanno velatamente minacciato di usare l’arma del petrolio. Il Venezuela, che è il quinto produttore mondiale d’oro nero, esporta ogni giorno 1.5 milioni di barili verso gli USA. “Il governo statunitense deve capire che se oltrepassa il limite non avrà più petrolio venezuelano”, ha avvertito H. Chavez. “Se crede che non possa arrivare a tanto (..) si sbaglia di grosso (poiché) sono molti i paesi ci chiedono il petrolio.” (12)

Nella provincia di Zulia, regione molto ricca di riserve petrolifere, è nato un movimento separatista molto sospettabile di connivenza con gli Stati Uniti. Questo stato ha circa quattro milioni di abitanti e fornisce un parte essenziale della produzione petrolifera. E’ diretto dal governatore Manuel Rosales, in opposizione al governo centrale; attualmente è inquisito per la partecipazione al golpe dell’aprile 2002, perché aveva firmato un decreto emesso dalla giunta golpista di Pedro Carmona, ora fuggito negli USA. (13).

Nestor Suarez, il presidente del gruppo d’opposizione Rumbo Proprio, a favore dell’autonomia, si definisce di estrema destra e si è mostrato determinato a costruire un governo “capitalista liberale”.
“Vogliamo il nostro governo (e) siamo contro i grandi governi centrali”. Le dichiarazioni dell’ambasciatore statunitense Brownfield, che ha parlato della “Repubblica di Zulia” hanno aumentato i sospetti di collusione con il governo Bush. (14). Alcune manifestazioni di protesta sono state definite dal procuratore generale Isais Rodriguez come “tradimento della patria” (15).

Il ministro delle Comunicazioni e Informazione, William Lara, ha ricordato l’articolo 130 della Costituzione Bolivariana del Venezuela: “I venezuelani e venezuelane hanno il dovere di difendere e onorare la patria, i suoi simboli e valori culturali; salvaguardare e proteggere la sovranità, la nazionalità, l’integrità territoriale, l’autodeterminazione e gli interessi della nazione”.

Ha affermato anche che l’ingerenza di Washington in questa crisi è un falso segreto, vista l’importanza strategica della regione e “l’interesse che ha il governo degli Stati Uniti per il controllo del petrolio venezuelano”. “Per questo siamo coscienti che c’è il pericolo e c’è una minaccia contro l’integrità territoriale del Venezuela”. (16).

Per ravvivare ancora le tensioni, il Dipartimento di Stato ha accusato il Venezuela di essere “punto chiave” del transito della droga colombiana e ha accusato “la corruzione rampante nelle più alte sfere politiche e il debole sistema giudiziario”, Quest’accusa viene dal rifiuto delle autorità venezuelane di ricevere i funzionari della Drug Enforcement Agency (DEA), il Dipartimento della lotta contro la droga statunitense, accusato di spionaggio dal presidente Chavez. (17).

Il vicepresidente venezuelano, José Vicente Rangel, ha rifiutato l’ingiunzione di Washington spiegando che l’amministrazione Bush non ha alcuna autorità per farsi leader della lotta alla droga.
“(Il presidente statunitense) usa la lotta contro questo flagello come mera bandiera politica “ (18).
Secondo una ricerca dell’Unione Europea del 2005, solo il 0,4% della popolazione venezuelana consuma droga, mentre il 9,47% di statunitensi ne fa un uso regolare. Infatti, gli USA con 35 milioni di consumatori, è il primo importatore di prodotti stupefacenti del pianeta. (19).

Si aggiunga a ciò la pubblicazione della Strategia di Sicurezza Nazionale degli USA divulgata da Bush, in cui i principali governi sotto mira sono quelli di H. Chavez e di F. Castro.
“Non si deve permettere che la fraudolenta attrazione del populismo contro il libero mercato eroda le libertà politiche” è quanto sancisce il documento. (20).

G. Bush ha così riaffermato il diritto degli Stati Uniti d’intervenire unilateralmente contro qualunque Stato considerato ostile agli interessi di Washington. Con l’occasione ha pure tacciato il presidente Venezuelano di essere “..un demagogo pieno di soldi provenienti dal petrolio che sta distruggendo la democrazia e cercando di destabilizzare la regione.” Quanto a Cuba, il presidente Castro è invece definito “dittatore antistatunitense che continua ad opprimere il suo popolo e cerca di sovvertire la libertà nella regione”. Riferendosi alla Colombia, quella è invece citata come “un alleato democratico (che) sta combattendo gli assalti di terroristi marxisti e narcotrafficanti”. (21)

“L’alleato colombiano” è proprio quello che è implicato nel tentativo di destabilizzazione del Venezuela. Il vecchio comandante del Dipartimento Amministrativo della Sicurezza (DAS) della Colombia, Rafael García, ha confessato che un ex direttore dell’intelligence, paramilitari colombiani ed oppositori venezuelani stanno cospirando per assassinare il presidente Chavez.
“Per quello che ne so io, ne eravamo a conoscenza in due: un ex direttore del DAS ed io. Nel governo colombiano ci sono sei persone coinvolte, ma non ne rivelerò l’identità. Il piano mirava ad alti funzionari venezuelani, incluso il presidente Chavez.” (22)

Il presidente colombiano Alvaro Uribe ha negato ogni implicazione, ma dopo varie indagini il suo governo ha confermato l’organizzazione di una riunione tra gente dell’opposizione venezuelana e alti responsabili dell’esercito e del DAS in un edificio statale. (23)
Di fronte alle minacce persistenti, il governo venezuelano è stato costretto ad accelerare i preparativi militari per impedire un’eventuale invasione del paese. Dopo aver comprato 33 elicotteri da difesa dalla Russia per 200 milioni di dollari, ha istruito l’esercito affinché si prepari ad una guerra di resistenza, attivando anche una riserva nazionale composta da civili. (24)

Oggi un’immensa onda di cambiamento sta attraversando l’America Latina. La speranza di rinnovamento che suscita la Rivoluzione Bolivariana le cui trasformazioni sociali sono impressionanti, non piace a Washington perché vede la sua influenza diminuire. Nel frattempo il prestigio di leader progressisti come Hugo Chavez non smette di crescere, come dimostrano le parole d’ammirazione del vecchio presidente cileno, Ricardo Lagos, senza dubbio famoso per il suo conservatorismo: “Hugo è una forza della natura uscita dalla natura, è un uomo di grande carisma e credo che i suoi sforzi per eliminare la povertà lo hanno portato a prendere una strada di ampio respiro in parecchi ambiti”. (25) Questa è una delle ragioni per cui il governo di Bush sembra essere disposto a tutto pur di porre termine a questa “influenza negativa”.
 

 


Traduzione dallo spagnolo di FR

Note:
1). Elsa Claro, «Extrañas maniobras en el Caribe. A solas con el enemigo», Granma, 17 aprile 2006.
www.granma.cu/espanol/2006/abril/lun17/17maniobras.html (sito consultato il 18 aprile 2006).
2). Fabiola Sánchez, «Entrevista AP: Venezuela ve riesgo de ataque de EEUU», New Herald, 4 aprile 2006.
3). Ibid.
4). Associated Press, «U.S. Defends Its Naval Exercise», 30 marzo 2006.
5). Greg Brosnan, «Chavez Says US Warships Threaten Venezuela, Cuba», Reuters, 18 aprile 2006.
6). New Herald, «Condoleezza Rice insta a frenar a Chávez», 17 febbraio 2006.
7). Ibid.
8). Ibid.
9). Blanca Morel, «EEUU quiere impedir el triunfo de la izquierda en Nicaragua», New Herald, 19 aprile 2006.
10). New Herald, «Chávez: EEUU quiere aislar a Venezuela», 17 febbraio 2006.
11). Agencia Bolivariana de Noticias, «Chávez reiteró llamado al país de oponerse a maniobras imperialistas», 17 febbraio 2006.
12). New Herald, «Chávez amenaza con suspender el petróleo a EEUU», 18 febbraio 2006.
13). Steven Dudley, «Autonomía de Zulia desata batalla en Venezuela», New Herald, 6 aprile 2006.
14). Ibid.
15). EFE, «Fiscalía venezolana investiga grupo separatista en Zulia», 7 marzo 2006; Granma, «Ratifican en Venezuela como traición a la Patria proyecto secesionista», 8 marzo 2006.
www.granma.cu/espanol/2006/marzo/mier8/ratifican.html (sito consultato il 10  marzo 2006); Granma, «Inician en Venezuela movilizaciones contra proyecto secesionista», 7 marzo 2006. www.granma.cu/espanol/2006/marzo/mar7/venezuela/html (sito consultato il 10 marzo 2006).
16). Agencia Bolivariana de Noticias, «Ministro Lara lidera jornadas en Zulia contra acciones separatistas», 10 marzo 2006.
17). Néstor Ikeda, «EEUU denuncia que Venezuela no cumple tratados antidrogas», New Herald, 1 marzo 2006; New Herald, «Señalan a Venezuela de ‘ruta de la droga’», 2 marzo 2006;
18). EFE, «A favor y en contra del informe sobre drogas», 3 marzo 2006.
19). Agencia Bolivariana de Noticias, «Venezuela refutó ante Naciones Unidas informe de EEUU sobre narcóticos», 10 marzo 2006.
20). The White House, «The National Security Strategy of the United States», marzo de 2006. www.whitehouse.gov/nsc/nss/2006/nss2006.pdf (sito consultato il 17 marzo 2006).
21). Ibid.
22). Prensa Latina, «Revelan participación colombiana en atentados contra Chávez», 9 aprile 2006.
23). Javier Baena, «Venezuela pide a Colombia aclarar complot contra Chávez», New Herald, 19 aprile 2006.
24). Agencia Bolivariana de Noticias, «Inversión en helicópteros rusos ascenderá a unos 200 millones de dólares», 3 aprile 2006; New Herald, «Chávez Busca actualizar entrenamiento militar», 26 marzo 2006.
25). New Herald, «Lagos: no hay que demonizar a presidente venezolano», 2 marzo 2006.