| Roma lunedì 15 Maggio 2006  | A.Catone |Critical point

 

Intervista: incontro con il

 

Presidente Hugo Chavez Frias
 

 


Alle 14,30 circa Hugo Chavez Frias, Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che ha fatto scalo in Italia il 10 maggio, come previsto dalla sua impegnata agenda europea, è appena entrato in sala, reduce da una visita in Vaticano. Ci sono 48 testate giornalistiche accreditate, tra giornali del mainstream, agenzie, radio e televisioni, comprese quelle sudamericane. Molti i media indipendenti, tra cui Critical Point. Per la rivoluzione bolivariana informazione vuol dire anche spazio e accoglienza per i media indipendenti e borderline.

Prima domanda, quasi scontata, i colloqui in Vaticano. Tema: la libertà confessionale, i rapporti con la rappresentanza della Santa Sede e della Chiesa Cattolica, la sua libertà d’azione. Ma Chàvez sposta subito il discorso, o meglio, lo tiene ben fermo sul focus dei colloqui in Vaticano, almeno per quanto lo riguarda: la povertà, nel suo paese e nel Sudamerica, e LA PROPOSTA SOCIALE della rivoluzione bolivariana.

E’ così che il Presidente risponde alla prima domanda, formulata da un giornalista di Sky. Parla dell’analfabetismo, conseguenza della povertà, e del processo di alfabetizzazione in corso nel suo paese, “con mezzi moderni” dice: utilizzo dei media e delle tecniche moderne di comunicazione, accompagnato da un grande impegno di attività di volontariato.
Parla della Mision Rivas, una delle campagne di alfabetizzazione, e il pensiero va all’esperienza delle scuole bolivariane, di cui si sente parlare da tempo nell’area composita di collaboratori dell’Ambasciata Venezuelana a Roma.

Mantiene la barra dell’incontro con la stampa, il Presidente Chavez, senza trascurare le domande che gli vengono formulate. E, per rispondere al giornalista di Sky, parla del miglioramento dei rapporto tra chiesa Cattolica e Stato in Venezuela, ma soprattutto della gioventù cattolica coinvolta nel processo di trasformazione del paese e dell’impronta di cristianità della rivoluzione. Un cristianesimo autentico, “dal basso” come diremmo noi, che ricorda più la teologia della Liberazione messa al bando dal Vaticano che non l’ecumenismo di Woityla, anche se a Chavez non dispiace citare Giovanni Paolo II e ricordare gli incontri passati. Ma la sua fonte sono Cristo e i Vangeli, reiterando le citazioni come nel corso della visita a Montesacro, l’estate scorsa.

Il socialismo del XXI secolo nasce in Sudamerica?

La seconda domanda è sul megagasdotto che dovrebbe comprendere tutto il Sudamerica, una domanda interessante che Chavez usa per parlare, senza retorica e ideologismi, della sostanza del modello di sviluppo che la rivoluzione bolivariana propone a tutto il continente sudamericano. Il presidente del Venezuela avoca al suo paese il ruolo di realtà politica propositiva, e individua nel contesto attuale la maturazione delle condizioni per un nuovo livello di integrazione di tutto il subcontinente. E’ questo il carattere del processo innescato dal cambiamento politico del Venezuela. ormai al suo settimo anno di vita: realizzare un processo di integrazione che procede per tappe, punto di arrivo di un lungo percorso che la proposta sociale della rivoluzione bolivariana ha fatto sin dall’inizio per tutta l’America Latina.

I tempi stanno maturando, le proposte cominciano a concretizzarsi. Parla di un Rinascimento, cita il recente colloquio con il neopresidente della Camera Bertinotti. Avevamo già sentito parlare di “nuovo socialismo” nel corso di precedenti eventi, e più avanti, in conferenza stampa, Chavez tornerà sul concetto: il socialismo del XXI secolo. Parla di passaggi concreti, importanti per far marciare politicamente il progetto: la nascita di una nuova leadership. Il riferimento è chiaro, ai risultati delle ultime elezioni nei diversi paesi, last but not least Evo Morales, di cui si parlerà ancora, più avanti. Si sofferma su altri elementi, come il cambiamento in Argentina, paese che si è liberato dalle pressioni del Fondo Monetario Internazionale con scelte di politica economica ben precise, e che da allora sta crescendo

“E’ un continente che si solleva” dice Chavez, e i risultati di questo sommovimento sono sotto gli occhi di tutti. In questo divenire il Venezuela spinge avanti la sua proposta di integrazione del continente sudamericano:
1. solidarietà;
2. coresponsabilizzazione;
3. cooperazione;
4. complementarietà.

Questi i parametri del progetto di un Sudamerica unito, completamente diversi da quelli del neoliberismo. Il perché della mostrificazione (del Venezuela, del suo presidente, della rivoluzione in corso) è chiaro.
“La Nostra è una terra magica” dice sorridendo Chavez, il mondo nuovo del nuovo mondo, e si riferisce a tutto il Sudamerica “e il Venezuela è una pietra angolare”, per posizione geografica e per ruolo politico ed economico.
Stigmatizza il comportamento degli Stati Uniti rispetto al petrolio e parla invece delle proposte economiche in cantiere nella nuova partnership sudamericana: il gasdotto transcaraibico, che sta già ponendo problemi alla Banca Mondiale, un percorso difficile, ma in corso; la costituzione di gruppi di paesi per questo progetto, primo quello costituito da Venezuela, Brasile e Argentina. E poi la Bolivia, il quarto paese del progetto. “Come la Ceca in Europa, è da lì che è nata l’Unione Europea” dice il Presidente. E passa alle cifre: le risorse di gas del Venezuela e della Bolivia sono la riserva di gas per 200 anni per tutto il Sudamerica.
Parla dei costi, della differenza tra quelli americani e quelli boliviani, i primi cinque volte maggiori dei secondi. C’è anche un invito per l’Europa, a trovare un posto in questo progetto, come acquirente e in particolare per l’Italia, le cui risorse all’80% sono costituite da gas. Parla, ancora, di equilibrio dei consumi. E lo dice su due piani, quello della distribuzione della ricchezza e delle risorse, quello dell’equilibrio dell’ecosistema e di porre un argine allo spreco di risorse.

Altro argomento emergente, la posizione dell’ENI, che insieme alla Total non ha voluto firmare l’accordo con il Venezuela per garantirsi la continuazione dell’estrazione del greggio (per questo Chavez dovrà incontrare l’Amministratore dell’Eni, forse tornerà ancora in Italia). “Non ci sono condizioni capestro, ma solo di giustizia” dice Chavez, di equità. E parla della riforma della legge sul petrolio, che ora è legge dello stato, uno stato sovrano, e va rispettata: il 30% sulle royalties… prima era l’1%, massimo il 3%... Ecco la risposta alla domanda sul Venezuela, paese così ricco di petrolio e con una povertà così estesa.

Patria America


Altro argomento emergente: il rapporto con il Brasile di Lula. Non ci sono problemi grossi, dice Chavez e in ogni caso non sono irrisolvibili. Parla dei suoi colloqui con Lula, della sua analisi di fase “siamo alla soglia di un’epoca nuova, bisogna cavalcare l’onda” da cui trarre il coraggio di mettersi in gioco. E’ il momento, sembra dire Chavez, e constatando la schiettezza nel linguaggio, non abbiamo dubbi, deve averlo detto a molti dei suoi interlocutori sudamericani, vicini e meno vicini.
E con questa risposta fa piazza pulita delle speculazioni sulle polemiche e sulle presunte o reali ipotesi di contrapposizione. I problemi ci sono, dice Chavez, è ovvio, ma il quadro in cui li stiamo affrontando è comune a tutti: la riforma del Mercosur, secondo i principi dei padri fondatori della “Patria America”, citando Bolivar, Martì e tanti altri. Il progetto, dice Chavez, è una sorta di megastato (testuale “megaestado”), un’unione di stati, una confederazione. Parla in libertà, Chavez, e sembra lasciare alla prefigurazione di ciascuno il profilo del progetto. Ci tiene, però, a fare una considerazione di carattere storico, sottolineando i caratteri comuni dei paesi sudamericani, e la mancanza di ipoteche storiche, a differenza dell’Europa. Le domande successive gli permetteranno di entrare nel merito delle proposte della Repubblica Bolivariana, articolando i progetti e le risposte alle contraddizioni attuali del subcontinente americano: una Banca per il Sudamerica, l’ALBA come alternativa bolivariana di integrazione che si contrappone all’ALCA, ormai fallita; il concetto di democrazia partecipata che includa come interlocutori e protagonisti delle proposte non solo le rappresentanze istituzionali ma anche gli organismi di base – il riferimento è ai Sem Terra, a Via Campesina, e tutti gli organismi di aggregazione della realtà sociale sudamericana, paese per paese.

Noi e gli Usa


Inevitabile tornare sugli Stati Uniti e sulla sua politica. Dalle sue parole viene fuori una fotografia che è un'analisi precisa del ruolo che oggi svolgono gli Usa: la loro politica impedisce la crescita dell’umanità, - e cita Rosa Luxemburg “O socialismo o barbarie” - letteralmente, perché è una politica distruttiva, dalle invasioni passate alle guerre odierne, all’istituzione della tortura (Guantanamo e Abu Ghraib), all’avocare a sé il diritto alla ricostruzione dei paesi distrutti, una ricostruzione a propria immagine e somiglianza.

Illustra, invece, l’utilizzo che la Repubblica Bolivariana fa del petrolio, legandolo ai piani di solidarietà. Tre esempi eloquenti: la campagna “Petrolio in cambio di incubatrici per i bambini nati prematuri”: il Venezuela ha fornito petrolio in cambio di incubatrici, e ora in tutti gli ospedali venezuelani ce ne sono a sufficienza.
Altra campagna: petrolio in cambio di latte vaccino. E poi la politica di solidarietà verso le fasce di povertà della società Usa – è spaventato, Chavez, quando parla della povertà negli Usa - : petrolio alle associazioni di volontariato. Se gli Usa non ce lo impediranno continueremo anche con questa parte del programma, perché interromperlo? Continueremo anche a fornire petrolio agli Usa, non c’è motivo per interrompere la fornitura… con una eccezione: un’aggressione aperta degli Usa contro il Venezuela: E non è un ‘ipotesi campata per aria: non solo la Rice non fa mistero della necessità di costruire un fronte anti-Chavez, ma da un po’ c’è una flotta americana che naviga in acque caraibiche, una minaccia ricomparsa di recente.


Il ruolo che può svolgere l’Europa? Fare una scelta politica diversa, in autonomia, e assumersi il compito di arginare la strapotere statunitense. Ora è molto evidente il perché dell’interesse venezuelano nei confronti dell’Italia e dell’Europa, è a questa realtà politica che punta, guardando soprattutto alle sue possibili trasformazioni, cogliendone i cambiamenti anche nelle sfumature. Una nuova Europa è possibile, sembra dirci Chavez. Forse dovremmo cominciare a crederci anche noi.
 


Anna Cotone
Roma, 11 maggio 2006
redazione@criticalpoint.it