Cuba deve rifiutare il capitalismo

Cuba deve respingere il capitalismo e cercare, dall’interno, soluzioni per lo sviluppo

Milford Bateman e Jonathan Glennie  https://lapupilainsomne.wordpress.com

The Guardian, 11 novembre 2016

theguardian-logoCuba sta cercando una seria riforma economica, influenzata in parte dalla promessa che il disastroso embargo USA sia sollevato. Le conquiste sociali di Cuba sono l’invidia dei paesi del sud, in particolare il suo sistema sanitario statale, ma sul fronte economico c’è meno da evidenziare.

La pianificazione centralizzata non ha mai funzionato, e certamente non a Cuba. Ma il libero mercato neppure ha funzionato molto bene.

Il neoliberismo, il modello capitalista dominante, dai primi anni ottanta, è ora in profonda crisi. Le pagliacciate in Wall Street sono solo l’esempio più ovvio del modello in caduta libera, creando una crisi finanziaria e lasciando l’economia globale in un territorio molto pericoloso.

Perché i cubani salterebbero dalla padella di pianificazione centralizzata nel fuoco di un modello di capitalismo che impone livelli stratosferici di disuguaglianza e privazione, e che ha dovuto dipendere da un’accumulazione massiccia di debito ($ 152tn, £ 122tn) semplicemente per continuare a funzionare?

I cubani conoscono la transizione dalla pianificazione centralizzata al capitalismo che ha avuto luogo nell’Europa orientale negli anni novanta sotto la presunta guida esperta presunta dell’elite di formulazione delle politiche che operava dalla Banca Mondiale, il FMI e la Banca Europea per la Ricostruzione e Sviluppo. Molti europei dell’est speravano di diventare ricchi come i loro vicini occidentali; altri sarebbero stati felici con un solido miglioramento generale del tenore di vita. Tuttavia, per tutti, meno l’infame 1%, nessuno scenario si è avverato. Con la disoccupazione a livelli di depressione (in particolare per i giovani), la povertà endemica in molte comunità ed un’ampia dislocazione sociale (dovuto all’aumento della migrazione), la transizione è risultato essere un altro esperimento disastroso nell’economia di libero mercato.

Cuba ha bisogno di imparare rapidamente ciò che questi altri paesi hanno imparato a loro spese – che le istituzioni sono importanti. Invece di affondare nel calderone delle forze del libero mercato, il governo cubano ha bisogno di costruire un solido quadro istituzionale che è stato chiamato “lo stato di sviluppo”.

La storia dimostra che molti paesi sono diventati ricchi – gli stati europei, gli USA, il Giappone e le altre economie “miracolose” dell’Asia orientale emerse dagli anni 50 -ebbero successo perché lo stato era fortemente coinvolto in tutta la politica e pianificazione macro e micro-economica, e dedicata a migliorare la vita dei suoi cittadini.

Come argomenta l’economista Ha-Joon Chang, esperto in questioni relative allo sviluppo, nessuno Stato è riuscito a ridurre la povertà e la disuguaglianza senza essere attivamente sviluppista, vale a dire, senza coinvolgersi.

Lo Stato non ha bisogno di pianificare tutto, ma senza dubbio deve cercare di promuovere lo sviluppo attraverso il supporto strategico e attenti investimenti in settori chiave quali la tecnologia, le finanze, l’innovazione, l’istruzione e l’infrastruttura imprenditoriale.

La proprietà pubblica di molte delle più grandi aziende rimarrà essenziale per Cuba, se si vuole garantire che si realizzi il tipo ed il livello appropriato di investimenti strategici e prevenire la spoliazione degli attivi. I più elevati ingressi della più innovative di queste aziende statali potrebbero sostenere la rapida espansione delle istituzioni chiave che Cuba ha bisogno per compiere ulteriori progressi lungo la frontiera tecnologica e creare i tanto necessari posti di lavoro professionali.

Il settore biotech di livello mondiale di Cuba, creato dopo molti anni di pazienti investimenti, è un ovvio candidato per prendere l’iniziativa in questo senso. Come in Cile la miniera statale di rame, Codelco, questo settore della biotecnologia deve essere utilizzato per sostenere l’ulteriore sviluppo dell’economia cubana, invece di essere venduto a basso prezzo alle società farmaceutiche USA ed europee.

Si richiederanno banche di sviluppo e una varietà di istituzioni finanziarie locali. Nonostante le recenti agitazioni, i brasiliani hanno ottenuto molto con la propria banca di sviluppo statale, BNDES (Banca nazionale per lo sviluppo economico e sociale), e le sue numerose operazioni di sussidio. In Cina, le reti di cooperative di credito rurale hanno fatto molto per sostenere le aziende municipali e locali, la radice del miracolo economico del paese.

Il governo cubano dovrebbe resistere alle cosiddette recalcitranti per implementare il modello di microcredito come una parte importante di una sua strategia di transizione. La microfinanza non ha avuto successo nel generare un percorso di sviluppo sostenibile, “dal basso verso l’alto” in nessuna parte del mondo (e per avere chiare lezioni bisogna solo a guardare il disastro che ha avuto luogo in Bosnia-Erzegovina).

La buona notizia è che negli ultimi anni Cuba ha trovato una migliore struttura organizzativa per garantire crescenti livelli di vita, mantenendo l’enfasi sulla giustizia sociale e la solidarietà: il modello cooperativo. Forme pionieristiche di cooperative agricole stanno facendo passi da gigante a Cuba, contribuendo ad aumentare la produttività e la produzione.

Il governo cubano sta cominciando a convertire le piccole e medie imprese statali in vere cooperative di lavoratori. Adattare i beni dello Stato in proprietà di cooperative che coinvolgono gli attuali dipendenti, invece di metterli nelle mani di una ristretta élite attraverso una più tradizionale privatizzazione sullo stile dell’Europa orientale, ha molto senso. Si manterrà la solidarietà, competenze e conoscenze, mentre la speculazione e l’eliminazione degli attivi è mantenuta al minimo.

Le decisioni di Cuba nei prossimi anni non solo determineranno la sua propria storia ed il suo successo economico, ma anche avranno un impatto sul Sud del mondo, dove molti paesi in via di sviluppo si trovano in una situazione economica simile e cercano un’uscita che equilibri l’efficienza economica con la dignità, l’uguaglianza e la giustizia sociale.

Traduzione di Juan Fernandez Alfonso per La pupila insomne.

L’articolo originale su The Guardian: https://www.theguardian.com

Cuba debe rechazar el capitalismo y buscar desde dentro soluciones para el desarrollo

Por Milford Bateman y Jonathan Glennie

The Guardian, 11 de noviembre de 2016

Cuba está intentando una reforma económica seria, influida en parte por la promesa de que el calamitoso embargo estadounidense sea levantado. Los logros sociales de Cuba son la envidia de los países del sur, en particular, su sistema de salud estatal, pero en el frente económico hay menos que resaltar.

La planificación central nunca ha funcionado, y ciertamente no lo hizo en Cuba. Pero el libre mercado tampoco ha funcionado muy bien.

El neoliberalismo, el modelo capitalista dominante desde principios de los años ochenta, está ahora en profunda crisis. Las payasadas en Wall Street son sólo el ejemplo más obvio de un modelo en caída libre, creando una crisis financiera y dejando a la economía global en un territorio muy peligroso.

¿Por qué los cubanos saltarían de la sartén de la planificación central hacia el fuego de un modelo de un capitalismo que impone niveles estratosféricos de desigualdad y privación, y que ha tenido que depender de una acumulación masiva de deuda ($ 152tn , £ 122tn) simplemente para seguir funcionando?

Los cubanos conocen la transición de la planificación central al capitalismo que tuvo lugar en Europa del Este en la década de los noventa bajo la supuesta orientación experta de la élite de formulación de políticas que operaba desde el Banco Mundial, el FMI y el Banco Europeo de Reconstrucción y Desarrollo. Muchos europeos del este esperaban llegar a ser tan ricos como sus vecinos occidentales; Otros habrían estado contentos con una sólida mejora global en los niveles de vida. Sin embargo, para todos, menos el infame 1%, ninguno de los dos escenarios se hizo realidad. Con el desempleo en niveles de depresión (especialmente para los jóvenes), la pobreza endémica en muchas comunidades y una extendida dislocación social (debido al aumento de la migración), la transición ha resultado ser otro experimento desastroso en la economía de libre mercado.

Cuba necesita aprender rápidamente lo que estos otros países aprendieron a su costo – que las instituciones son importantes. En lugar de hundirse en el caldero de las fuerzas del libre mercado, el gobierno cubano necesita construir el sólido marco institucional que se ha denominado “el estado de desarrollo”.

La historia muestra que muchos países que se han vuelto ricos -los estados europeos, los Estados Unidos, Japón y las otras economías “milagrosas” de Asia oriental que surgieron a partir de los años 50- tuvieron éxito porque el estado estaba muy involucrado en toda la política y planificación macro y microeconómica, y dedicado a la mejora de la vida de sus ciudadanos.

Como argumenta el economista Ha-Joon Chang, experto en temas del desarrollo, ningún estado ha tenido éxito en la reducción de la pobreza y la desigualdad sin ser activamente desarrollista, o sea, sin involucrarse.

El Estado no necesita planificar todo, pero sin duda debe intentar impulsar el desarrollo mediante el apoyo estratégico e inversiones cuidadosas en áreas clave como la tecnología, las finanzas, la innovación, la educación y la infraestructura empresarial.

La propiedad pública de muchas de las empresas más grandes seguirá siendo imprescindible para Cuba si se quiere asegurar que se realicen el tipo y el nivel adecuado de inversiones estratégicas y evitar el despojo de activos. Los mayores ingresos de las más innovadoras de estas empresas estatales podrían respaldar la rápida expansión de las instituciones clave que Cuba necesita para avanzar más a lo largo de la frontera tecnológica y crear los muy necesitados empleos profesionales.

El sector biotecnológico de nivel mundial de Cuba , creado después de muchos años de paciente inversión, es un candidato obvio para tomar la iniciativa en este sentido. Al igual que en Chile la minera estatal de cobre Codelco, este sector biotecnológico debe ser usado para apoyar el desarrollo más amplio de la economía cubana, en lugar de ser vendido a bajo precio a las compañías farmacéuticas estadounidenses y europeos.

Se requerirán bancos de desarrollo y una variedad de instituciones financieras locales. A pesar de la reciente agitación, los brasileños han conseguido un montón con su propio banco estatal de desarrollo, BNDES (Banco Nacional de Desarrollo Económico y Social), y sus muchas operaciones subsidiarias. En China, las redes de cooperativas de crédito rural hicieron mucho para apoyar a las empresas municipales y locales, la raíz del milagro económico del país.

El gobierno cubano debería resistirse a las llamadas recalcitrantes para desplegar el modelo de microcrédito como parte importante de su estrategia de transición. Las microfinanzas no han tenido éxito en la generación de una trayectoria de desarrollo sostenible, “de abajo hacia arriba” en ninguna parte del mundo (y para obtener lecciones claras solo hay que mirar el desastre que ha tenido lugar en Bosnia y Herzegovina ).

La buena noticia es que en los últimos años Cuba ha encontrado una estructura organizacional mucho mejor para asegurar niveles de vida crecientes, manteniendo el énfasis en la justicia social y la solidaridad: el modelo cooperativo . Formas pioneras de cooperativas agrícolas han estado haciendo incursiones importantes en Cuba, contribuyendo a elevar la productividad y la producción.

El gobierno cubano está comenzando a convertir las pequeñas y medianas empresas estatales en verdaderas cooperativas de trabajadores. El acomodar los activos estatales en propiedad de cooperativas que involucra a los empleados actuales, en lugar de ponerlos en manos de una élite estrecha a través de una privatización más tradicional al estilo de Europa del Este, tiene mucho sentido. Se mantendrá la solidaridad, las habilidades y el conocimiento, mientras que la especulación y la eliminación de activos es mantenida a un mínimo.

Las decisiones de Cuba en los próximos años no sólo determinarán su propia historia y su éxito económico, sino que también repercutirán en el sur global, donde muchos países en desarrollo se encuentran en una situación económica similar y buscan una salida que equilibre la eficiencia económica con la dignidad, la igualdad y la justicia social.

Traducción de Juan Fernández Alfonso para La pupila insomne.

Texto original en The Guardian: https://www.theguardian.com

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