La protesta di alcune decine di persone a Caimanera, Cuba, per i blackout e la mancanza di alimenti, ha ridato speranza a chi sogna la caduta della Rivoluzione cubana. Ma rivediamo le chiavi mediatiche degli eventi.
Loro, che parlano tanto di “lavaggio del cervello”, lo fanno a pezzi e lo fanno in modo tale da privare gli esseri umani del loro più grande tesoro: la capacità di pensare.
La menzogna viaggia su un deltaplano da Cuba a Miami
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación
È il telegiornale sportivo di un canale spagnolo, Antena 3: “Hanno scelto il giorno perfetto per compiere la loro missione: fuggire da Cuba. Sono scappati su un deltaplano motorizzato. (…) Il loro modo di guadagnarsi da vivere si è convertito nella loro via di fuga” (1).
Tre mesi dopo il trionfo della Rivoluzione cubana, la registrazione dello Statuto di Prensa Latina ha segnato la nascita di questa agenzia, creata per rompere il monopolio mediatico delle grandi corporazioni.
Il grande Alberto Corazón diceva che, in questo tempo di baccano, ci sono stati silenzi e anche grandi voci che offuscano i sensi con un rumore atroce di gesti vuoti. Il problema in tempi di crisi sistemica come quella che stiamo vivendo è che, invece della necessaria riflessione e deliberazione pubblica, se non il silenzio, si impongono il rumore e il furore mediatico.
A nessuno sfugge che uno dei metodi per informare o disinformare è la scelta degli argomenti da trattare da parte di un media. Durante la scorsa settimana sono accaduti alcuni eventi o sono state conosciute alcune cose che non sono state diffuse affatto o molto poco nei media spagnoli. Li esamineremo e verificheremo anche i motivi che possono spiegare questi silenzi.
Dall’Iraq a Cuba: dalla propaganda di guerra al giornalismo sovvenzionato
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación
A vent’anni dall’invasione dell’Iraq, Wikileaks ricorda il suo famoso video dell’“assassinio collaterale” di “civili, compresi due giornalisti della Reuters” da parte dell’esercito USA (1).
È stato “un momento decisivo per la nostra comprensione” di ciò, afferma l’organizzazione, perché oggi, chi “rischia una condanna a 175 anni se è estradato” è il giornalista che ha pubblicato il video, Julian Assange, e non gli autori del crimine né i loro comandi (2) (3).
Proponiamo di seguito un articolo sulla manipolazione mediatica occidentale contro Cuba. Apparentemente può sembrare fuorviante rispetto ai temi riguardanti la Palestina, ma in realtà, esattamente come la resistenza palestinese, anche quella anti-imperialista di Cuba contro il blocco economico è: vittima dello sguardo colonialista occidentale; dell’informazione prettamente eurocentrica che rappresenta come “Paradiso liberale” mentre tutto il mondo sembra nel caos; del ribaltamento delle dinamiche oppresso-oppressore; della manipolazione di fatti ed eventi; delle notizie filtrate dalle veline e dalle agenzia stampa all’apparato e del doppio standard internazionale nell’informazione embedded.
Uno dei temi dove con maggior forza si riflette il consenso di giornalisti, dirigenti e specialisti è quello della potenzialità della proprietà sociale dei mezzi stampa, come presupposto fondamentale per un giornalismo che non sia soggetto a interessi commerciali o privati e che possa svolgere un’ opera di autentico servizio sociale (…)
Non è altro che un eufemismo per un tipo di guerra imperialista, che cerca applicare una nuova forma di aggressione con il minor costo possibile in risorse umane e materiali.
Alcuni dubitano che siamo nell’epicentro di una “guerra mediatica” ibrida. Non vedono che tutte le armi ideologiche, finanziarie e militari del capitalismo sono dispiegate. Alcuni non si rendono conto che parliamo i linguaggi colonizzanti che ci impongono; che acquistiamo compulsivamente le sue tecnologie; che raccontiamo la storia con le sue premesse logiche; che finanziamo i suoi monopoli mediatici; che governiamo le nostre vite con “valori” e “cultura” che ci infiltrano. Pensano che sia cospiranoia. In quale guerra le vittime finanziano i loro carnefici?
L’ambiente è molto scandalizzato perché il multimilionario Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, con 247000 milioni di dollari, è diventato il proprietario di Twitter. Si dice che ora questa rete sociale sarà meno libero sotto il ferreo controllo di Musk, ma non credo che con il cambio di proprietà perderemo molta democrazia. Come se prima Twitter non fosse anche di milionari. Concretamente era dei fondi di investimento Vanguard Group, Morgan Stanley, BlackRock e StateStreet.
The Intercept ha fornito, questo martedì prove sulla relazione incestuosa e di lunga data tra la rete sociale Twitter e il Pentagono.
La piattaforma non solo ha aiutato ad “amplificare determinati messaggi” in paesi segnalati come nemici dal governo USA, ma anche che i dirigenti della rete del passero blu hanno concesso al Dipartimento della Difesa USA privilegi speciali per campagne segrete su Internet, per almeno cinque anni.
Lo si reclama, con molta frequenza, alla stampa cubana, ma nessuno dei media pubblici stranieri, che di solito sono unanimi e danno un solo punto di vista nel parlare di quest’isola, ha raccolto le denunce dei giornalisti cubani sulla più recente aggressione contro di loro