Antonio Guiteras, uno dei fondatori del comunismo cubano

 Il pensiero e le azioni di Antonio Guiteras hanno plasmato il tipo di comunismo cubano risultante dall’incontro delle lotte di liberazione nazionale con il socialismo, nelle nuove condizioni create dalla crisi della prima repubblica e dalla Rivoluzione del 1930.

Fernando Martínez Heredia

La Rivoluzione del 1930 fu molto profonda e completa e generò trasformazioni molto importanti, ma non poté porre fine al sistema di dominio e creare un nuovo ordine liberato. In termini di coscienza politica ed esperienze pratiche, nella Rivoluzione del 1995 il lato radicale all’interno degli indipendentisti avanzò molto più di quanto sembrava possibile, prospettò la repubblica democratica con liberazione nazionale e giustizia sociale e produsse il progetto di José Martí.

Il radicalismo all’interno della Rivoluzione del 1930 partì da quei progressi e dalla cultura politica più avanzata, e prospettò che a Cuba era obbligatorio essere antimperialisti per essere rivoluzionari e che il carattere del processo doveva essere socialista per la liberazione nazionale.

Julio Antonio Mella e Antonio Guiteras furono i due principali dirigenti in quel momento. Mella conseguì essere il pioniere di questa nuova posizione a Cuba, quando non era ancora tra i possibili pensieri né tra le opzioni pratiche. Sebbene sia stato assassinato all’età di 25 anni, aprì il nuovo percorso e si guadagnò essere il simbolo della gioventù ribelle.

Antonio Guiteras visse la fase della crisi rivoluzionaria –dai primi mesi del 1933 al marzo 1935–, in cui questa soluzione più radicale era concepibile, e si lanciò nel tentativo di realizzarla.

Dapprima fondò e diresse un’organizzazione politica insurrezionale indipendente da ogni politica borghese, l’Unione Rivoluzionaria, nel 1932-1933, che combatté soprattutto in Oriente, con un progetto di liberazione nazionale e sociale.

In seguito guidò una formidabile direzione pratica, come principale ministro del Governo Rivoluzionario Provvisorio che esistette tra settembre 1933 e gennaio 1934, sotto l’incessante attacco USA e della controrivoluzione cubana.

Guiteras attuò misure e intraprese azioni molto radicali di giustizia sociale, sovranità nazionale, lotta frontale contro l’imperialismo e i suoi complici autoctoni, cercando di dare basi al socialismo di liberazione nazionale a Cuba, attraverso l’esempio dei fatti e la creazione di motivazioni che portassero il popolo a livelli elevati di mobilitazione e coscienza.

E in una terza fase, di nuovo in clandestinità, creò e diresse una grande organizzazione politica di lotta armata su scala nazionale, la Joven Cuba, che cercava di prendere il potere mediante l’insurrezione armata, e da essa liberare Cuba ed impiantare il socialismo.

I nemici di quella rivoluzione avevano molte forze a loro favore, ed i gradi di coscienza e di organizzazione autonoma del popolo cubano erano ancora molto insufficienti per l’adempimento di tale compito.

Il vecchio nazionalismo era patriottico, ma i limiti posti alla Rivoluzione del 1995 e tre decenni di logoramento liberal-conservatore non gli consentivano più di affrontare nuove sfide e superarle. Il liberalismo democratico aveva la malattia incurabile di temere gli USA e di richiedere il suo tutoraggio, e di non vedere al di là di un buon ordinamento borghese.

Tra le ideologie e i movimenti del XX secolo, il comunismo nato dall’espansione internazionale del bolscevismo e dall’influenza dell’Unione Sovietica era il più promettente per le rivoluzioni di cui le colonie e le neocolonie del mondo cominciavano ad aver bisogno per liberarsi realmente. Ma ciò che accadde dalla seconda metà degli anni ’20, soprattutto dopo il 1928, risultò negativo in pratica per la corretta comprensione, la strategia e la tattica delle organizzazioni e le idee dei seguaci dell’Internazionale Comunista.

Il caso cubano ne fu un chiaro esempio. La teoria di Marx e le idee e la pratica politica di Lenin, l’esempio e la speranza di una grande rivoluzione trionfante, l’arrivo del marxismo come strumento con potenzialità di gran lunga superiori, propiziarono un grande balzo in avanti della cultura della liberazione a Cuba. Ma fu un tragico paradosso che i comunisti cubani obbedissero agli orientamenti e avessero convinzioni emanate da una cultura politica manifestamente inferiore a quella che Cuba aveva conquistato nei precedenti 60 anni.

Da parte sua, Guiteras era già in grado di assumere il socialismo anticapitalista e utilizzare le idee più avanzate senza appartenere a quel movimento comunista. Alla fine del 1932 scrisse il manifesto programmatico dell’Unione Rivoluzionaria, in cui riconosceva che c’erano varie ideologie tra gli oppositori di Machado e aspirava che unissero i loro sforzi, presentando allo stesso tempo una proposta “che serva da aspirazione comune per il popolo di Cuba”.

Ma nello spiegare con molti dettagli tutto ciò che l’organizzazione voleva, risulta chiaro che la sua realizzazione richiedeva tutto il potere per i rivoluzionari e che, benché non usasse la parola socialismo, per la sua portata non rientrava nel capitalismo neocoloniale, e avrebbe dato luogo ad una rivoluzione socialista di liberazione nazionale.

Questo rivoluzionario andava alla radice dei mali di Cuba e proponeva l’unico rimedio efficace per loro, che implicava che i cubani s’impossessassero del loro paese, liquidassero lo sfruttamento e si andassero trasformando loro stessi. L’agire di Guiteras lo ratificava come un coraggioso ed un essere umano fraterno e molto austero, ma le sue idee andavano ben oltre ciò che sembrava possibile fare a Cuba, potevano sembrare folli anche alle persone più giudiziose. Condivideva già le qualità e la sorte di Céspedes, Maceo, Martí, Mella, e quella che avrebbero poi avuto Fidel e il Che.

Ci sono molte espressioni della sua posizione socialista cubana antimperialista durante i quattro mesi in cui fece parte del governo rivoluzionario. Aggiungo quanto egli esprime, secondo il verbale di una riunione del Governo Rivoluzionario: «Che in diverse occasioni aveva parlato di tale necessità, che il governo elaborasse un programma e che questo programma fosse esaurientemente spiegato all’Esercito e al popolo, perché sapessero che cosa stavano difendendo, poiché altrimenti crederebbero che tutto si riducesse a cambiare un governo con un altro».

Alla caduta di quel governo, Guiteras dichiarò dalla clandestinità: “Attualmente sono all’opposizione e lotterò per l’istituzione di un Governo in cui i diritti degli Operai e dei Contadini siano al di sopra dei desideri di profitto dei Capitalisti Nazionali e stranieri”.

Studiare il suo articolo Septebrismo è fondamentale per conoscere le sue idee. La sua analisi degli eventi e delle forze in conflitto, e gli strumenti di azione politica che propone, sono marxisti; ma il punto di partenza per Guiteras e il suo linguaggio è il suo paese, neocolonizzato ma detentore di una meravigliosa epopea nazionale e in preda a un immenso desiderio di giustizia sociale.

In altre parole, Guiteras parte dal potenziale rivoluzionario della cultura nazionale. Riesce a fare il bilancio più accurato di una rivoluzione che non è ancora finita: “mostrò un mondo di possibilità al popolo di Cuba (…), quella posizione eretta mostrò la via ai rivoluzionari”.

Conclude con una profezia che è al tempo stesso una definizione: «Questa fase della nostra Storia è la genesi della rivoluzione che si sta preparando, che non costituirà un movimento politico con più o meno colpi di cannone, bensì una profonda trasformazione della nostra struttura economico-politico-sociale». La rivoluzione sarà il grande cambiamento di tutte le strutture fondamentali del paese, comporterà la liquidazione di tutto il potere della borghesia e dell’imperialismo, e delle relazioni sociali su cui si basa quel potere. Meno non sarebbe sufficiente.

E si congeda con la professione di fede del rivoluzionario comunista, nella lingua nazionale: “aspetto fiducioso il momento opportuno per la nostra liberazione assoluta, che è quella che risponde al grido delle masse che tutto soffrono, che tutto patiscoono».

L’accurato ed esteso Programa de la Joven Cuba, pubblicato nel quotidiano Ahora, nell’agosto 1934, è uno dei documenti politici trascendentali del XX secolo a Cuba. Afferma che Cuba dovrà assumere il socialismo per completarsi come nazione.

Guiteras si comporta come un comunista, anche se non si identifica come tale. A quei tempi, a Cuba quell’ appellativo si applicava solo ai membri del Partito Comunista.

Se oggi può sembrare insolito chiamarlo così, è solo perché dopo la trionfante rivoluzione socialista di liberazione nazionale a Cuba, nel 1959, convertì in qualcosa di naturale comprendere cos’è un comunista e come questo proviene da una lotta e da idee comuniste, e non da una determinata organizzazione, la questione è stata nuovamente oscurata nell’ideologia strutturata per un lungo periodo, ed i suoi effetti si fanno ancora sentire.

Il pensiero e le azioni di Antonio Guiteras hanno plasmato il tipo di comunismo cubano risultante dall’incontro delle lotte di liberazione nazionale con il socialismo, nelle nuove condizioni create dalla crisi della prima repubblica e dalla Rivoluzione del 1930.

Guiteras fu uno di quelli che  contribuì maggiormente all’eredità rivoluzionaria che essa lasciò e, inoltre, aggiunse un simbolo e un ingrediente di sintesi delle ideologie e delle esigenze cubane che soffrirono abbandoni o furono molto discordanti durante i due decenni successivi: la personalità più trascendente di quell’evento si rivelò essere un giovane combattente coraggioso e carismatico, portatore di idee chiare e molto radicali, antimperialista, socialista e insurrezionalista. Non sorprende che il movimento giovanile del centenario martiano che scatenò l’insurrezione degli umili, dagli umili e per gli umili, negli anni 50, si affidasse anche ad Antonio Guiteras, quando andò all’assalto del Moncada.

(Estratto dall’articolo originariamente pubblicato sul blog La pupila insomne).


Antonio Guiteras, un fundador del comunismo cubano

El pensamiento y la actuación de Antonio Guiteras configuraron el tipo de comunismo cubano procedente del encuentro de las luchas de liberación nacional con el socialismo, en las nuevas condiciones creadas por la crisis de la primera república y por la Revolución del 30

Autor: Fernando Martínez Heredia

La Revolución del 30 fue muy profunda y abarcadora, y generó transformaciones muy importantes, pero no pudo acabar con el sistema de dominación y crear un orden nuevo liberado. En cuanto a conciencia política y experiencias prácticas, en la Revolución del 95 la vertiente radical dentro de los independentistas avanzó mucho más de lo que parecía posible, planteó la república democrática con liberación nacional y justicia social, y produjo el proyecto de José Martí.

El radicalismo dentro de la Revolución del 30 partió de aquellos avances y de la cultura política más avanzada, y planteó que en Cuba era obligatorio ser antimperialista para ser revolucionario y que el carácter del proceso debía ser socialista de liberación nacional.

Julio Antonio Mella y Antonio Guiteras fueron los dos líderes principales en aquella época. Mella logró ser el pionero de esa nueva posición en Cuba, cuando no estaba todavía entre los pensamientos posibles ni entre las opciones prácticas. Aunque fue asesinado a los 25 años de edad, abrió el nuevo camino y se ganó ser el símbolo del joven rebelde.

Antonio Guiteras sí llegó a vivir la etapa de la crisis revolucionaria –de los primeros meses de 1933 a marzo de 1935–, en que esa solución más radical era planteable, y se lanzó a tratar de hacerla realidad.

Primero fundó y dirigió una organización política insurreccional independiente de toda política burguesa, Unión Revolucionaria, en 1932-1933, que combatió sobre todo en Oriente, con un proyecto de liberación nacional y social.

Después encabezó una gestión práctica formidable, como ministro principal del Gobierno Revolucionario Provisional que existió entre septiembre de 1933 y enero de 1934, bajo el ataque incesante de Estados Unidos y de la contrarrevolución cubana.

Guiteras implantó medidas y emprendió actuaciones muy radicales de justicia social, soberanía nacional, pelea frontal contra el imperialismo y sus cómplices nativos, tratando de darle bases al socialismo de liberación nacional en Cuba, mediante el ejemplo de los hechos y la creación de motivaciones que llevaran al pueblo a grados altos de movilización y de conciencia.

Y en una tercera fase, otra vez en la clandestinidad, creó y dirigió una gran organización política de lucha armada a escala nacional, la Joven Cuba, que intentaba tomar el poder mediante la insurrección armada, y desde él liberar a Cuba e implantar el socialismo.

Los enemigos de esa revolución tuvieron muchas fuerzas a su favor, y los grados de conciencia y organización independientes del pueblo de Cuba eran todavía muy insuficientes para que se pudiese llevar a cabo aquella tarea.

El viejo nacionalismo era patriótico, pero los límites puestos a la Revolución del 95 y tres décadas de desgaste liberal-conservador ya no le permitían enfrentar nuevos desafíos y vencerlos. El liberalismo democrático tenía la enfermedad incurable de temerle a Estados Unidos y requerir su tutoría, y de no ver más allá de un buen ordenamiento burgués.

Entre las ideologías y los movimientos del siglo XX, el comunismo nacido de la expansión internacional del bolchevismo y de la influencia de la Unión Soviética era lo más prometedor para las revoluciones que comenzaban a necesitar las colonias y neocolonias del mundo para liberarse realmente. Pero lo que sucedió desde la segunda mitad de los años 20, sobre todo a partir de 1928, resultó negativo en la práctica para la comprensión acertada, la estrategia y la táctica de las organizaciones, y las ideas de los seguidores de la Internacional Comunista.

El caso cubano fue un ejemplo claro de esto. La teoría de Marx y las ideas y la práctica política de Lenin, el ejemplo y la esperanza de una gran revolución triunfante, la llegada del marxismo como un instrumento de potencialidades muy superiores, propiciaron un gran salto hacia delante de la cultura de liberación en Cuba. Pero fue una paradoja trágica que los comunistas cubanos obedecieran orientaciones y tuvieran creencias emanadas de una cultura política manifiestamente inferior a la que había ganado Cuba en los 60 años previos.

Por su parte, Guiteras ya pudo asumir el socialismo anticapitalista y utilizar las ideas más avanzadas sin pertenecer a aquel movimiento comunista. A fines de 1932 escribió el manifiesto programa de Unión Revolucionaria, en el que reconocía que había varias ideologías entre los opositores a Machado y aspiraba a que unieran sus esfuerzos, al mismo tiempo que presentaba una propuesta «que sirva de aspiración común al pueblo de Cuba».

Pero al explicar con muchos detalles todo lo que pretendía la organización, queda claro que llevarlo a cabo exigía todo el poder para los revolucionarios, y que, aunque no usara la palabra socialismo, por su alcance no cabía dentro del capitalismo neocolonial, y daría lugar a una revolución socialista de liberación nacional.

Este revolucionario iba a la raíz de los males de Cuba y proponía el único remedio eficaz a ellos, que implicaba que los cubanos se apoderaran de su país, liquidaran la explotación y se fueran transformando a sí mismos.

La actuación de Guiteras lo ratificaba como un valiente y un ser humano fraternal y muy austero, pero sus ideas iban mucho más allá de lo que parecía posible hacer en Cuba, inclusive podían parecerles una locura a las personas más juiciosas. Ya estaba compartiendo las cualidades y el destino de Céspedes, Maceo, Martí, Mella, y el que tendrían después Fidel y el Che.

Hay muchas expresiones de su posición socialista cubana antimperialista durante los cuatro meses en que formó parte del gobierno revolucionario. Añado lo que expresa, según el acta de una reunión del Gobierno Revolucionario: «Que en distintas ocasiones había hablado de tal necesidad, de que el gobierno se trazara un programa y que ese programa fuese explicado ampliamente al Ejército y al pueblo, para que supieran qué era lo que estaban defendiendo, pues de lo contrario iban a creer que todo se reducía a cambiar un gobierno por otro».

A la caída de aquel gobierno, Guiteras declaró desde la clandestinidad: «Actualmente estoy en la oposición y lucharé por el establecimiento de un Gobierno donde los derechos de los Obreros y Campesinos estén por encima de los deseos de lucro de los Capitalistas Nacionales y extranjeros».

Estudiar su artículo Septembrismo es fundamental para conocer sus ideas. Son marxistas su análisis de los acontecimientos y las fuerzas en pugna, y los instrumentos de acción política que propone; pero el punto de partida de Guiteras y su lenguaje es su país, neocolonizado pero dueño de una maravillosa epopeya nacional y presa de un ansia inmensa de justicia social.

Es decir, Guiteras parte del potencial revolucionario de la cultura nacional. Logra hacer la valoración más atinada de una revolución que no ha terminado todavía: «mostró un mundo de posibilidades al pueblo de Cuba (…), esa posición erguida mostró a los revolucionarios el camino».

Concluye con una profecía que es a la vez una definición: «Esa fase de nuestra Historia es la génesis de la revolución que se prepara, que no constituirá un movimiento político con más o menos disparos de cañón, sino una profunda transformación de nuestra estructura económico-político-social». La revolución será el gran cambio de todas las estructuras fundamentales del país, implicará liquidar todo el poder de la burguesía y el imperialismo, y las relaciones sociales en las que ese poder se basa. Menos, no sería suficiente.

Y se despide con la profesión de fe del revolucionario comunista, en la lengua nacional: «espero confiado el momento oportuno para nuestra liberación absoluta, que es la que responde al clamor de las masas que todo lo sufren, que todo lo padecen».

El fundamentado y extenso Programa de la Joven Cuba, publicado en el diario Ahora, en agosto de 1934, es uno de los documentos políticos trascendentales del siglo XX en Cuba. En él se afirma que Cuba tendrá que asumir el socialismo para lograr completarse como nación.

Guiteras se comporta como un comunista, aunque no se identifique como tal. En aquellos tiempos, en Cuba ese apelativo solo se aplicaba a los miembros del Partido Comunista.

Si hoy puede resultar inusual llamarle así es solamente porque después que la revolución socialista de liberación nacional triunfante en Cuba, en 1959, convirtió en algo natural comprender qué es un comunista y cómo este proviene de una lucha y unas ideas comunistas, y no de una organización determinada, la cuestión volvió a oscurecerse en la ideología estructurada durante una etapa prolongada, y sus efectos se sienten todavía.

El pensamiento y la actuación de Antonio Guiteras configuraron el tipo de comunismo cubano procedente del encuentro de las luchas de liberación nacional con el socialismo, en las nuevas condiciones creadas por la crisis de la primera república y por la Revolución del 30.

Guiteras fue de los que más aportó al legado revolucionario que ella dejó y, además, le añadió un símbolo y un ingrediente sintetizador de ideologías, y de las necesidades cubanas que padecieron abandonos o anduvieron muy discordes durante las dos décadas siguientes: la personalidad más trascendente de aquel evento resultó ser un joven combatiente, valeroso y carismático, dueño de ideas claras y muy radicales, antimperialista, socialista e insurreccionalista. No es asombroso que el movimiento de jóvenes del centenario martiano que desató la insurrección de los humildes, por los humildes y para los humildes en los años 50 se encomendara, también a Antonio Guiteras, cuando fue al asalto del Moncada.

(Fragmento del artículo publicado originalmente en el blog La pupila insomne).

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