Cuba nell’Asse del bene

Il nostro paese è, insieme a Venezuela e Nicaragua, tra le nazioni con il più basso indice di mortalità da COVID-19 nel continente

Michel E. Torres Corona  www.granma.cu

Ogni morte ci fa male. Non importa se è solo una persona, non importa l’età: ogni morto fa male. È come una ferita che non si rimargina, che uno sopporta da tempo ma che continua a far male. Ogni mattina assistiamo al rapporto del dottor Durán e piangiamo con lui quando una famiglia perde una nonna, un figlio, una moglie. Giungiamo persino a sentir nostalgia, come si desiderano le tregue in tempo di guerra, quei giorni in cui la morte era un episodio raro e, tuttavia, faceva scattare tutti gli allarmi.

Ogni morte ci fa male perché sappiamo che, dietro quel freddo numero della statistica, si nasconde un cubano che non potrà assistere alla celebrazione del trionfo sulla pandemia. E ci sforziamo ogni giorno per continuare a rispettare le misure sanitarie, benché abbiamo troppi mesi di fatica; rimproveriamo chi pecca di irresponsabilità, abbiamo messo in guardia sul possibile crollo della “percezione del rischio” che potrebbe verificarsi con la vaccinazione graduale in tutto il paese. Stiamo ancora lottando.

Ogni morte ci ferisce. Sono colpi forti che ci dà la vita, colpi come quello dell’odio di Dio (direbbe il poeta). Ma siamo ancora qui. E, naturalmente, al carattere del cubano, forgiato dopo decenni di lotta contro ogni tipo di avversità, si aggiunge un portentoso sistema sanitario pubblico e gratuito, ad accesso universale, che è riuscito a contenere l’assalto di questa iniqua pandemia: uomini e donne, donne, eroi in camice bianco che solo si sono conosciuti in questo fatidico periodo di sacrifici e dedizione senza misura.

Inoltre, ovviamente, brilla la speranza nelle siringhe che immunizzano, quotidianamente, migliaia di compatrioti, speranza forgiata da scienziati che hanno trovato nel socialismo e nell’economia della conoscenza una piattaforma per realizzarsi come professionisti, generare introiti al paese e, soprattutto, rendere omaggio alla salute del popolo. Questo sistema di medici e scienziati, forgiato durante la Rivoluzione, è stata l’arma fondamentale dei cubani contro il COVID-19.

Ogni morte ci ferisce, ma quante morti sono state evitate?

Basta guardare un grafico che è circolato copiosamente nelle reti sociali, tratto da uno studio dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IMHE) dell’Università di Washington. Cuba è, insieme a Venezuela e Nicaragua, tra le nazioni con il più basso tasso di mortalità per COVID-19 nel continente.

Non molto tempo fa, questi tre paesi sono stati accusati, da un funzionario USA, di essere “l’Asse del male” in America Latina. Cuba, in particolare, è stata bollata come “la madre di tutti i mali”, una specie di isola satanica che esportava solo odio e morte. Tuttavia, la caparbia realtà ha contraddetto gli USA: il nostro piccolo paese si è dedicato a inviare collaboratori medici in diverse parti del pianeta, mentre i paesi ricchi si sono rifiutati di aiutare e si sono solo sforzati ad accaparrare vaccini.

Ogni morte ci lacera, ogni morte è una sconfitta. Ma a Cuba, per ogni sconfitta, ci sono milioni di vittorie da raccontare. Non viviamo in una società perfetta, ma sì possiamo sentirci orgogliosi di vivere in una società che sfida la morte ogni giorno e la sconfigge.


Cuba en el Eje del bien

Nuestro país se encuentra, junto a Venezuela y Nicaragua, entre las naciones con menor índice de mortalidad por COVID-19 en el continente

Autor: Michel E. Torres Corona

Cada muerte nos hace daño. No importa si es solo una persona, no importa la edad: cada fallecido duele. Es como una herida que no se acaba de curar, que uno lleva tolerando un buen tiempo pero que sigue lastimando. Todas las mañanas asistimos al parte del doctor Durán y lamentamos junto a él cuando una familia pierde a una abuela, a un hijo, a una esposa. Llegamos incluso a añorar, como se añoran las treguas en tiempo de guerra, aquellos días en los que la muerte era un raro episodio y, sin embargo, hacía saltar todas las alarmas.

Cada muerte nos duele porque sabemos que, tras ese frío número en la estadística, se esconde un cubano que no podrá asistir a la fiesta del triunfo sobre la pandemia. Y nos esforzamos cada día para seguir cumpliendo con las medidas sanitarias, aunque ya llevamos demasiados meses de fatiga; reprochamos al que peca de irresponsable, advertimos sobre el posible desplome de la «percepción de riesgo» que pudiera producirse con la vacunación paulatina en todo el país. Seguimos luchando.

Cada muerte nos lastima. Son golpes fuertes que nos da la vida, golpes como del odio de Dios (diría el poeta). Pero seguimos en pie. Y, por supuesto, al carácter del cubano, forjado tras décadas de lucha contra todo tipo de adversidades, se le suma un portentoso sistema de Salud público y gratuito, de acceso universal, que ha logrado contener los embates de esta inicua pandemia: hombres y mujeres, héroes de batas blancas que solo han conocido en este fatídico lapso de sacrificio y entrega desmedida.

También, claro está, brilla la esperanza en las jeringuillas que a diario inmunizan a miles de compatriotas, esperanza forjada por científicos que han hallado en el socialismo y en la economía del conocimiento una plataforma para realizarse como profesionales, generar ingresos al país y, lo más importante, tributar a la sa lud del pueblo. Ese sistema de médicos y científicos, forjado en Revolución, ha sido el arma fundamental de los cubanos contra la COVID-19.

Cada muerte nos hiere, pero ¿cuántas muertes se han evitado?

Basta con mirar un gráfico que ha circulado con profusión en redes sociales, elaborado a partir de un estudio del Instituto de Métricas y Evaluación de la Salud (IMHE, por su sigla en inglés) de la Universidad de Washington. Cuba se encuentra, junto a Venezuela y Nicaragua, entre las naciones con menor índice de mortalidad por COVID-19 en el continente.

No hace mucho, estos tres países eran acusados, por un funcionario estadounidense, de ser «el Eje del mal» en América Latina. Cuba, en particular, era tildada de ser «la madre de todos los males», una suerte de isla satánica que solo exportaba odio y muerte. Sin embargo, la realidad, tozuda, le llevó la contraria a Estados Unidos: nuestro pequeño país se ha dedicado a enviar colaboradores médicos a distintos lugares del planeta, mientras que países ricos se negaban a ayudar y solo se esforzaban en acaparar vacunas.

Cada muerte nos lacera, cada muerte es una derrota. Pero en Cuba, por cada derrota, hay millones de victorias que narrar. No vivimos en una sociedad perfecta, pero sí podemos sentirnos orgullosos de vivir en una sociedad que desafía a la muerte a diario, y la vence.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.