Le fallite aspettative dell’opposizione con l’intervento militare

misionverdad.com

L’intervento militare in Venezuela è stato un tema ricorrente negli ultimi anni e sono molti i dirigenti politici dell’opposizione che hanno apertamente promosso questa opzione.

Si sono sforzati di applicare il Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR) e il ricorso alla “dottrina” della Responsabilità di Proteggere (R2P), con l’obiettivo di ottenere il sostegno internazionale per l’intervento straniero nel Paese, nel secondo caso con coperture “umanitarie” e “preventiva”.

Prima di ricordare come e in quali momenti questi dirigenti politici hanno invocato questi meccanismi di intervento, dobbiamo fare un ripasso degli stessi per conoscere il grado di minaccia a cui l’opposizione ha cercato di sottomettere l’intera nazione.

IL DISCORSO BELLICO DEL TIAR

 

Il TIAR, firmato nel 1947, è considerato essenzialmente un documento della Guerra Fredda perché la sua giustificazione ideologica era che bisognasse porre l’America Latina ed i Caraibi lontani dalla minaccia del comunismo, rappresentato a quel tempo dall’Unione Sovietica.

È stato creato alla Conferenza Interamericana per il Mantenimento della Pace e della Sicurezza Continentale, che ha avuto luogo a Rio de Janeiro, Brasile, nel settembre 1947 (da qui il suo nome come Trattato di Rio). Il suggerimento di creare il trattato è stato fatto nella risoluzione VIII della Conferenza Interamericana sui Problemi della Guerra e della Pace a Città del Messico, nel 1945, dopo l’approvazione della Carta dell’ONU.

Il TIAR è stato istituito sotto il principio guida di prevenire e respingere minacce e atti di aggressione contro qualsiasi paese delle Americhe, in linea con i principi della Dottrina Monroe, e in risposta all’influenza sovietica, concentrandosi sulla “Dottrina della Sicurezza Nazionale” stabilita nell’ “Internazionale delle Spade” del 1954 a Caracas.

La “Dottrina della Sicurezza Nazionale” ha giocato un ruolo fondamentale nella lotta contro l’influenza comunista in America Latina e nei Caraibi e nella protezione degli interessi USA. È importante segnalare che il termine “comunista” è stato usato come scusa per giustificare qualsiasi approccio politico-economico diverso, incluso quelli che si situavano su una linea neutrale. Vale la pena notare che, in questo contesto, l’operazione Condor li considerava come i più pericolosi.

Formulata dal Dipartimento di Stato, si è concentrata sul concetto di contro-insurrezione e sulla necessità di proteggere gli interessi economici e politici USA in America Latina, creando unità specializzate e addestrando militari latinoamericani alle tecniche di guerra contro la guerriglia. È stata applicata in molti paesi dell’America Latina, inclusa la Repubblica Dominicana nel 1965, che è anche un caso illustrativo dell’applicazione del Trattato di Rio.

Gli USA hanno invaso la Repubblica Dominicana il 28 aprile 1965 con una forza di 42000 soldati, sostenuti dall’OSA e da una forza brasiliana, per sconfiggere un’insurrezione popolare guidata dal colonnello Francisco Caamaño. L’intervento militare USA è iniziato con lo sbarco dei Marines, il 28 aprile, utilizzando un gran numero di aerei da trasporto e navi da guerra. L’operazione ha provocato la morte di oltre 6000 civili dominicani.

Il TIAR è stato utilizzato come giustificazione per adottare misure di autodifesa collettiva contro il “rischio” della presenza comunista nei movimenti popolari. Tuttavia, l’articolo 3(2), del Trattato di Rio stabilisce che l’azione unilaterale può essere intrapresa solo dopo una richiesta di assistenza da parte dello Stato attaccato. Secondo l’accademico Ved Prakash Nanda, l’intervento USA nella crisi della Repubblica Dominicana del 1965 non soddisfa queste norme, poiché non esisteva un governo in grado di richiedere aiuto e la petizione iniziale di forze armate era stata fatta per proteggere i cittadini USA.

È importante sottolineare che, in realtà, c’era un governo eletto guidato da Juan Bosch che è stato rovesciato e, successivamente, reintegrato da Bosch, delegando il comando a Caamaño. D’altra parte, Nanda afferma che la presenza comunista nel movimento popolare non aveva basi chiare, il ruolo di protagonista era svolto dalla fazione patriottica dell’esercito dominicano e la Repubblica Dominicana non poteva essere considerata vittima di un’aggressione secondo il TIAR.

Diversi paesi caraibici che hanno ottenuto la loro indipendenza dopo il 1947 (escluse le Bahamas, Trinidad e Tobago e le Guyane) non hanno ancora aderito al TIAR. Il Perù ha denunciato il trattato nel 1990, benché abbia ritirato la sua denuncia l’anno successivo. Il Messico si è ritirato nel 2001, sostenendo che era di scarsa utilità e ostacolava la creazione di un’adeguata nozione di sicurezza emisferica.

Nel 2012, Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua, tutti paesi appartenenti, in quell’epoca, all’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA), hanno deciso di ritirarsi congiuntamente dal Trattato, sostenendo la politicizzazione e inefficacia di esso, e citando la Guerra delle Malvinas come prova di ciò.

Attualmente, contro il Venezuela, sono stati fatti tentativi per rispolverare il TIAR unicamente per il suo valore militare, e con ciò si cerca far rivivere qualsiasi reliquia che serva a tale scopo. Nonostante gli sforzi per utilizzare il Trattato come una forma per intervenire negli affari interni del Venezuela e promuovere un cambio di governo, questa strategia si è dimostrata un clamoroso fallimento ed è stata rifiutata da gran parte della comunità internazionale per essere una flagrante violazione della sovranità nazionale.

INTERVENTI MILITARI CHE SI CAMUFFANO DA UMANITARISMO

 

La Responsabilità di Proteggere (R2P) è sorta all’inizio del XXI secolo come una nuova forma per coprire interventi militari diretti. La promozione di questa idea si è concentrata sulle grandi potenze occidentali, utilizzata come giustificazione per l’intervento in Libia nel 2011. In questo caso, la Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza è stata la prima a dare via libera all’idea dell’R2P, essendo la più riuscita espressione delle potenze atlantiche in questo senso. L’intervento è stato disastroso per il Paese nordafricano.

È stata formulata per la prima volta nel rapporto del Gruppo di Alto Livello sulle Minacce, Sfide e Cambio convocato dal Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan, nel 2000. Gareth Evans, ex presidente dell’International Crisis Group e autore del libro ‘La Responsabilità di Proteggere. Porre fine, una volta per tutte, ai crimini atroci di massa’, e Mohamed Sahnoun, ex consigliere speciale per l’Africa del Segretario Generale dell’ONU ed ex alto diplomatico algerino, gli autori del rapporto, sono stati i primi a usare il termine “responsabilità di proteggere” per descrivere l’obbligo degli Stati e della comunità internazionale di proteggere le popolazioni vulnerabili.

Sia il R2P che TIAR, sebbene l’una abbia una portata globale e l’altra sia circoscritta all’emisfero, si inquadrano nell’apparente intenzione di intervenire per proteggere la popolazione nei casi in cui uno Stato non sia capace o non voglia garantire la sicurezza. In questo senso, la R2P si avvicina alla tesi degli Stati falliti, mentre il TIAR fa riferimento alla minaccia del comunismo internazionale.

Durante gli anni ’90 c’è stato un cambiamento epocale nei conflitti internazionali che hanno avuto luogo in aree come Ruanda, Somalia, Bosnia e il Kosovo. A differenza dei conflitti precedenti, questi sono stati caratterizzati da un’elevata intensità, come è avvenuto in Rwanda, e per essere causati da divisioni interne o dalla disgregazione dello Stato.

In tutti questi casi emerge la presunzione che “nessuno abbia fatto nulla” per prevenire o intervenire in queste crisi, favorendo così l’idea che fosse necessario l’agire della comunità internazionale come “buon samaritano” per risolvere i conflitti.

La polemica su questa azione ha raggiunto il suo apice con la guerra del Kosovo. Nel 1999, la NATO guidata dagli USA ha bombardato la Repubblica Federale di Jugoslavia con la scusa di prevenire una catastrofe umanitaria. Questo attacco è stato illegale, poiché ha aggirato il Consiglio di Sicurezza ONU e ha causato la morte di oltre 2000 civili innocenti e lo sfollamento di quasi un milione di persone. Questi precedenti di “intervento umanitario” sono serviti a formulare la dottrina R2P.

L’articolo di Anne Marie Slaughter, “A duty to prevent” (Un dovere di prevenzione), ha svolto un ruolo significativo nella (ulteriore) militarizzazione della dottrina R2P sotto il paradigma della Guerra Globale al Terrorismo. Nel suo articolo (co-firmato da Lee Feinstein, ex diplomatico e alto funzionario dei Dipartimenti di Stato e della Difesa USA), Slaughter sosteneva che gli USA avevano il dovere di prevenire attacchi terroristici contro i propri cittadini, persino se ciò significasse prendere misure militari contro i paesi che ospiteranno terroristi.

La R2P è stata successivamente inclusa nel documento finale del Vertice Mondiale del 2005 e nella Risoluzione 1674 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU adottata nel 2006. Questi documenti ne hanno riconosciuto l’importanza e hanno stabilito i criteri per giustificare interventi esterni “morbidi” e umanitari sotto mandato dell’ONU.

Effettivamente, è stato utilizzato come strumento di intervento. Il dibattito sulla R2P si è concentrato principalmente in Occidente, mentre la posizione dei 120 Paesi membri del Movimento dei Paesi Non Allineati difende il principio di non intervento come fondamento degli Stati-nazione.

Si noti che la R2P non modifica la Carta dell’ONU, che nel suo articolo 2.4 stabilisce che “i membri dell’Organizzazione (…) si asterranno dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale o la indipendenza politica di qualsiasi Stato, o in qualsiasi altra forma incompatibile con i fini delle Nazioni Unite”. Inoltre, all’articolo 2.7 segnala che “nessuna disposizione di questa Carta autorizzerà le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che siano essenzialmente di giurisdizione interna degli Stati”.

Tuttavia, questo concetto è stato utilizzato come giustificazione per l’interferenza negli affari interni dei paesi in nome della prevenzione di “grandi crimini imminenti”, incluso quando le grandi potenze che attuano la R2P hanno un curriculum di crimini su larga scala, come la colonizzazione, schiavitù e genocidio.

Nel 2011, gli USA e i loro alleati europei hanno preso la decisione di intervenire in Libia con la premessa della R2P, che non era stata applicata in precedenza nel modo promosso dall’autrice di “A duty to prevent” e altre influenti figure USA come Susan Rice, Samantha Power, Hillary Clinton.

L’intervento ha avuto come presunto scopo proteggere la popolazione civile libica dal governo di Gheddafi, ma invece ha portato a una massiccia crisi umanitaria. Il professor Alan Cooperman afferma che la NATO ha causato almeno 10000 morti in più rispetto a prima del suo intervento. Da allora, la Libia è precipitata nella confusione e nel caos, con un collasso economico e sociale, lotta tra signori della guerra locali, estremismo violento e una crisi di rifugiati e immigrazione clandestina.

CHI HA INVOCATO IL TIAR E LA R2P?

 

Nel settembre 2019, il governo USA ha guidato la convocazione di una riunione straordinaria dei paesi membri del TIAR, in cui è stata discussa l’applicazione dell’articolo 187 del TIAR, che consente l’adozione di misure collettive da parte degli Stati membri contro una nazione in caso si produca una “rottura dell’ordine democratico” senza l’applicazione della Carta democratica dell’OSA in Venezuela.

Il Dipartimento di Stato ha affermato in una dichiarazione che l’invocazione del meccanismo aveva l’obiettivo di “facilitare più azioni collettive per affrontare la minaccia rappresentata dall’ex regime di Nicolás Maduro”. Nella riunione, Washington e altri paesi membri hanno concordato di imporre sanzioni economiche e politiche al Venezuela. Un totale di 11 paesi dei 19 membri del TIAR hanno votato a favore dell’attivazione del Trattato contro il Venezuela: Argentina, Brasile, Cile, Colombia, El Salvador, USA, Guatemala, Haiti, Honduras, Paraguay e Repubblica Dominicana.

L’iniziativa guidata dagli USA, oltre ad applicare specifiche misure economiche che avrebbero colpito l’economia venezuelana in punti chiave come la vendita di petrolio, oltre all’acquisizione di alimenti e medicine, includeva anche una dichiarazione di guerra politica volta a perturbare il processo di dialogo che si stava svolgendo con diversi settori politici del paese, e dal quale si era ritirato il gruppo che rappresentava Juan Guaidó. Per Washington il sostegno a questa figura era una condizione imperativa per qualsiasi tipo di trattativa.

Tutto ciò è avvenuto dopo che l’Assemblea Nazionale eletta nel 2015, controllata dal blocco dei partiti di opposizione, prendesse la decisione di votare a favore della reintegrazione del Paese nel TIAR, il che ha chiaramente esacerbato la situazione politica e diplomatica in Venezuela.

Uno dei tanti elementi criminali che costituivano l’estinto falso governo di Juan Guaidó è stato promuovere l’invocazione della R2P come motivo per un possibile intervento militare in Venezuela da parte USA e dei suoi alleati. Guaidó ha continuamente sollecitato l’applicazione di questa risorsa e, inoltre, una delegazione da lui nominata ha tentato senza successo di processare il presidente Maduro davanti alla Corte Penale Internazionale.

Nel rapporto 2020 della Missione “Indipendente” per la Determinazione dei Fatti in Venezuela del Consiglio per i Diritti Umani – ONU, sono state segnalate presunte violazioni dei diritti umani da parte del governo di Nicolás Maduro Moros, con il quale si cercava sostenere un possibile intervento sotto la premessa di proteggere il popolo venezuelano. Questo rapporto si è convertito in uno strumento per sostenere l’invocazione della R2P, tra le altre tattiche destabilizzanti.

Quando Guaidó ha richiesto all’Assemblea Generale ONU l’impiego della R2P, c’era ancora un’unificazione nei criteri con altri partiti di opposizione, in particolare il G4, che raggruppava Acción Democrática, Primero Justicia, Un Nuevo Tiempo e Voluntad Popular. Quindi il supporto è implicito.

Il presidente Nicolás Maduro ha pubblicamente denunciato la sua convinzione che ci fosse una collusione nel G4 per promuovere un possibile intervento militare nel paese usando la  R2P come scusa. Nell’ottobre 2020, Maduro ha dichiarato che “R2P è l’intervento militare. La scusa? I diritti umani in Venezuela, che usano come arma per giustificare il peggio contro il Paese”.

Il latitante Leopoldo López ha parlato dell'”importanza della R2P” per usarla sul Venezuela.

“Già varie fasi della responsabilità di proteggere sono attivi grazie agli sforzi del presidente Juan Guaidó e al sostegno della comunità internazionale. Un esempio delle misure adottate nell’ambito della responsabilità di proteggere sono le sanzioni individuali contro i violatori dei diritti umani e l’attivazione della giustizia internazionale”, ha affermato nel dicembre 2020 partecipando a una consultazione popolare, pratica che diversi volte ha utilizzato il gruppo di Guaidó per cercare di ottenere sostegno dalla popolazione.

Altri settori dell’opposizione, che ormai nelle campagne delle primarie si avvicinano alla popolazione con un discorso più moderato, hanno sollecitato queste azioni di intervento militare straniero. Tra questi spicca María Corina Machado, che in diverse occasioni ha raccomandato l’attivazione del TIAR e della R2P, l’interruzione dei canali di dialogo con il governo venezuelano ed il rifiuto del percorso elettorale come soluzione al conflitto.

Ha anche inviato una lettera, insieme ad Antonio Ledezma Diego Arria, Humberto Calderón Berti, Carlos Ortega, Enrique Aristeguieta Gramcko e Asdrúbal Aguiar, chiedendo alla “comunità internazionale” di intervenire in Venezuela, secondo i principi del TIAR e della R2P.

Da parte sua, Copei si è unito a Primero Justicia nell’esprimere il suo “sostegno illimitato” all’inclusione del Venezuela nel TIAR, assicurando che questa non contenesse scopi bellici, ma fosse uno strumento necessario per raggiungere la pace.

Sia il TIAR che l’R2P rappresentano meccanismi che hanno messo sul tavolo la possibilità di un’escalation del conflitto contro il Venezuela e la minaccia di un intervento militare in detto paese. Sostenere questi meccanismi significava soddisfare l’amministrazione Trump.

La possibilità che si utilizzasse la forza militare avrebbe ulteriormente aggravato una situazione che si stava già deteriorando nella sfera economica e sociale a causa delle misure coercitive unilaterali, e nella sfera politica regionale a causa delle pressioni di vari governi per aumentare le tensioni con il Venezuela e tentare di isolarlo.

La dirigenza dell’opposizione venezuelana che ha aderito all’appello di intervento contro il Venezuela deve ora affrontare le conseguenze delle sue azioni. La richiesta di portare il Paese all’epilogo di un conflitto militare ha aumentato la sfiducia della popolazione venezuelana nei confronti di detta dirigenza.

Ora che l’opposizione vuole partecipare alle elezioni presidenziali e misurarsi contro il governo nazionale attraverso i canali ordinari, parla di riconciliazione, recupero dei diritti umani e percorso democratico, quando è sommamente nota la sua adesione a una strategia di intervento diretto promossa dagli USA.


LAS FALLIDAS EXPECTATIVAS DE LA OPOSICIÓN CON LA INTERVENCIÓN MILITAR

 

La intervención militar en Venezuela ha sido un tema recurrente en los últimos años, y son muchos los dirigentes políticos de oposición que han promovido abiertamente esta opción.

Se esforzaron por aplicar el Tratado Interamericano de Asistencia Recíproca (TIAR) y el recurso de la “doctrina” de la Responsabilidad para Proteger (R2P), con el objetivo de obtener apoyo internacional para la intervención extranjera en el país, en el caso del segundo con cobertura “humanitaria” y “preventiva”.

Antes de recordar cómo y en qué momentos estos líderes políticos invocaron estos mecanismos de intervención, tenemos que hacer un repaso por los mismos para conocer el grado de amenaza al que la oposición intentó someter a toda la nación.

EL DISCURSO BÉLICO DEL TIAR

El TIAR, firmado en 1947, se considera esencialmente un documento de la Guerra Fría debido a que su justificación ideológica era que había que situar a América Latina y el Caribe lejos de la amenaza del comunismo, representado en ese momento por la Unión Soviética.

Fue creado en la Conferencia Interamericana para el Mantenimiento de la Paz y la Seguridad Continental, que tuvo lugar en Río de Janeiro, Brasil, en septiembre de 1947 (de ahí su denominación como Tratado de Río). La sugerencia para crear el tratado se hizo en la Resolución VIII de la Conferencia Interamericana sobre Problemas de la Guerra y la Paz en Ciudad de México en 1945, después de la aprobación de la Carta de la ONU.

El TIAR se estableció bajo el principio rector de prevenir y repeler amenazas y actos de agresión contra cualquier país en las Américas, en línea con los principios de la Doctrina Monroe, y en respuesta a la influencia soviética, centrándose en la “Doctrina de Seguridad Nacional” establecida en la “Internacional de las Espadas” de 1954 en Caracas.

La “Doctrina de Seguridad Nacional” jugó un papel fundamental en la lucha contra la influencia comunista en América Latina y el Caribe, y en la protección de los intereses de Estados Unidos. Es importante señalar que el término “comunista” se utilizó como una excusa para justificar cualquier planteamiento político-económico distinto, incluso aquellos que se situaban en una línea neutral. Vale la pena destacar que, en este contexto, la operación Cóndor consideraba a estos como los más peligrosos.

Formulada por el Departamento de Estado, se centró en el concepto de contrainsurgencia y en la necesidad de proteger los intereses económicos y políticos de Estados Unidos en América Latina, creando unidades especializadas y formando militares latinoamericanos en técnicas de guerra contra guerrilla. Fue aplicada en muchos países de América Latina, incluyendo República Dominicana en 1965, que también es un caso ilustrativo de la aplicación del Tratado de Río.

Estados Unidos invadió República Dominicana el 28 de abril de 1965 con una fuerza de 42 mil soldados, respaldados por la OEA y una fuerza brasileña, para derrotar una insurrección popular liderada por el coronel Francisco Caamaño. La intervención militar estadounidense comenzó con el desembarco de la Infantería de Marina el 28 de abril y se utilizó una gran cantidad de aviones de transporte y buques de guerra. La operación resultó en la muerte de más de 6 mil civiles dominicanos.

Se utilizó el TIAR como justificación para tomar medidas de autodefensa colectiva ante el “riesgo” de la presencia comunista en los movimientos populares. Sin embargo, el artículo 3(2) del Tratado de Río establece que la acción unilateral sólo puede ser emprendida tras una petición de ayuda del Estado atacado. Según el académico Ved Prakash Nanda, la intervención de Estados Unidos en la crisis de la República Dominicana de 1965 no cumple con estas normas, ya que no había un gobierno establecido para solicitar ayuda, y la petición inicial de fuerzas armadas se hizo para proteger a ciudadanos estadounidenses.

Es importante señalar que, en realidad, había un gobierno electo liderado por Juan Bosch que fue derrocado y, posteriormente, reinstaurado por Bosch delegando el mando en Caamaño. Por otro lado, Nanda dice que la presencia comunista en el movimiento popular no tenía fundamentos claros, el papel estelar lo tenía la facción patriótica del ejército dominicano, y República Dominicana no podía ser considerada víctima de una agresión según el TIAR.

Varios países del Caribe que obtuvieron su independencia después de 1947 (excluyendo a Bahamas, Trinidad y Tobago y las Guyanas) aún no se han incorporado al TIAR. Perú denunció el tratado en 1990, aunque retiró su denuncia al año siguiente. México se retiró en 2001, argumentando que era poco útil y obstaculizaba la creación de una noción adecuada de seguridad hemisférica.

En 2012, Venezuela, Bolivia, Ecuador y Nicaragua, países todos pertenecientes a la Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América (ALBA) en ese momento, decidieron retirarse conjuntamente del Tratado, argumentando la politización e ineficacia de este, y citando la Guerra de las Malvinas como muestra de eso.

En la actualidad, contra Venezuela se ha intentado desempolvar el TIAR sólo por su valor militar, y así como con eso, se busca revivir cualquier reliquia que sirva para ese propósito. A pesar de los esfuerzos por utilizar el Tratado como una forma de intervenir en los asuntos internos de Venezuela y promover un cambio de gobierno, esta estrategia ha demostrado ser un rotundo fracaso y ha sido rechazada por gran parte de la comunidad internacional por ser una violación flagrante de la soberanía nacional.

INTERVENCIONES MILITARES QUE SE DISFRAZAN DE HUMANITARISMO

La Responsabilidad para Proteger (R2P) surgió a principios del siglo XXI como una nueva forma de encubrir intervenciones militares directas. La promoción de esta idea se centró en las grandes potencias occidentales, siendo empleada como justificación para intervenir en Libia en 2011. En ese caso, la Resolución 1973 del Consejo de Seguridad fue la primera en dar vía libre a la idea de la R2P, siendo la expresión más lograda de los poderes atlánticos en este sentido. La intervención fue desastrosa para el país del norte africano.

Se formuló por primera vez en el informe del Grupo de Alto Nivel sobre Amenazas, Desafíos y Cambio convocado por el secretario general de la ONU, Kofi Annan, en 2000. Gareth Evans, expresidente de International Crisis Group y autor del libro La responsabilidad de proteger. Acabar de una vez por todas con los crímenes atroces masivos, y Mohamed Sahnoun, exasesor especial para África del Secretario General de la ONU y antiguo alto diplomático argelino, los autores del informe, fueron los primeros en utilizar el término “responsabilidad de proteger” para describir la obligación de los Estados y la comunidad internacional de proteger a las poblaciones vulnerables.

Tanto la Responsabilidad para Proteger (R2P) como el Tratado Interamericano de Asistencia Recíproca (TIAR), si bien uno tiene alcance global y el otro se limita al hemisferio, se enmarcan en las intenciones aparentes de intervenir para proteger a la población en casos en los que un Estado no sea capaz o no quiera garantizar la seguridad. En ese sentido, la R2P se acerca a la tesis de Estados fallidos, mientras que el TIAR hace referencia a la amenaza del comunismo internacional.

Durante la década de 1990 se produjo un cambio trascendental en los conflictos internacionales que tuvieron lugar en zonas como Ruanda, Somalia, Bosnia y Kosovo. A diferencia de conflictos anteriores, estos se caracterizaron por una alta intensidad, como fue el caso de Ruanda, y por ser originados por divisiones internas o la ruptura del Estado.

En todos estos casos, se desprende la presunción de que “nadie hizo nada” para prevenir o intervenir en estas crisis, por lo que favorecía la idea de que era necesario la actuación de la comunidad internacional como “buen samaritano” para resolver los conflictos.

La polémica sobre esta actuación alcanzó su punto álgido con la guerra de Kosovo. En 1999, la OTAN liderada por Estados Unidos bombardeó la República Federativa de Yugoslavia bajo la excusa de prevenir una catástrofe humanitaria. Este ataque fue ilegal, ya que se saltaron el Consejo de Seguridad de la ONU, y causó la muerte de más de 2 mil civiles inocentes y el desplazamiento de casi un millón de personas. Dichos precedentes de “intervención humanitaria” sirvieron para formular la doctrina R2P.

El artículo de Anne Marie Slaughter, “A duty to prevent”, desempeñó un papel importante en la militarización (aún mayor) de la doctrina R2P bajo el paradigma de la Guerra Global contra el Terrorismo. En su artículo (co-firmado por Lee Feinstein, antiguo diplomático y alto funcionario de los Departamentos de Estado y Defensa de Estados Unidos), Slaughter argumentó que Estados Unidos tenía el deber de prevenir ataques terroristas contra sus ciudadanos, incluso si eso significaba tomar medidas militares contra países que albergaran terroristas.

La R2P se incluyó después en el documento final de la Cumbre Mundial de 2005 y en la Resolución 1674 del Consejo de Seguridad de la ONU adoptada en 2006. Estos documentos reconocieron su importancia y establecieron los criterios para justificar las intervenciones externas “blandas” y humanitarias bajo un mandato de la ONU.

Efectivamente, ha sido utilizada como una herramienta de intervención. El debate sobre la R2P se ha centrado principalmente en Occidente, mientras que la postura de los 120 países miembros del Movimiento de Países No Alineados defienden el principio de no intervención como base de los Estados-nación.

Cabe destacar que la R2P no cambia la carta de la ONU, que en su artículo 2.4, estipula que “los miembros de la Organización (…) se abstendrán de recurrir a la amenaza o al uso de la fuerza contra la integridad territorial o la independencia política de cualquier Estado, o en cualquier otra forma incompatible con los propósitos de las Naciones Unidas”. Además, en el artículo 2.7 señala que “ninguna disposición de esta Carta autorizará a las Naciones Unidas a intervenir en los asuntos que sean esencialmente de la jurisdicción interna de los Estados”.

Sin embargo, este concepto ha sido utilizado como justificación para la interferencia en los asuntos internos de los países en nombre de la prevención de “grandes crímenes inminentes”, incluso cuando las grandes potencias que implementan la R2P sí llevan un historial de crímenes a gran escala, como colonización, esclavitud y genocidio.

En 2011, Estados Unidos y sus aliados europeos tomaron la decisión de intervenir en Libia bajo la premisa de la responsabilidad de proteger (R2P), la cual no había sido aplicada previamente de la forma en que fue promovida por la autora de “A duty to prevent” y otras figuras influyentes estadounidenses como Susan Rice, Samantha Power, Hillary Clinton.

La intervención tuvo como supuesto objetivo proteger a la población civil libia del gobierno de Gadafi, pero en cambio condujo a una crisis humanitaria masiva. El profesor Alan Cooperman afirma que la OTAN provocó al menos 10 mil muertes adicionales a las que había antes de su intervención. Desde entonces, Libia ha caído en la confusión y el caos, con un colapso económico y social, luchas entre señores de la guerra locales, extremismo violento y una crisis de refugiados e inmigración ilegal.

¿QUIÉNES INVOCARON EL TIAR Y LA R2P?

En septiembre de 2019, el gobierno de Estados Unidos lideró la convocatoria de una reunión extraordinaria de los países miembros del TIAR, en la que se discutió la aplicación del Artículo 187 del TIAR, que permite la adopción de medidas colectivas por parte de los Estados miembros contra una nación en caso de que se produzca una “ruptura del orden democrático”, sin aplicar la Carta Democrática de la OEA en Venezuela.

El Departamento de Estado dijo en un comunicado que la invocación del mecanismo tenía el objetivo de “facilitar más acciones colectivas para enfrentar la amenaza que representa el antiguo régimen de Nicolás Maduro”. En la reunión, Washington y otros países miembros acordaron imponer sanciones económicas y políticas a Venezuela. Un total de 11 países de los 19 miembros del TIAR votaron a favor de la activación del Tratado contra Venezuela: Argentina, Brasil, Chile, Colombia, El Salvador, Estados Unidos, Guatemala, Haití, Honduras, Paraguay y República Dominica.

La iniciativa liderada por Estados Unidos, además de aplicar medidas económicas específicas que afectarían a la economía de Venezuela en puntos claves como la venta de petróleo, además de la adquisición de alimentos y medicinas, también incluyó una declaración de guerra política diseñada para perturbar el proceso de diálogo que se estaba llevando a cabo con distintos sectores políticos del país, y del cual se había retirado el grupo que representaba a Juan Guaidó. Para Washington, el respaldo a esta figura era una condición imperativa para cualquier tipo de negociación.

Todo esto se produjo después de que la Asamblea Nacional elegida en 2015, controlada por el bloque de partidos de oposición, tomara la decisión de votar a favor de la reincorporación del país al TIAR, lo que claramente exacerbó la situación política y diplomática de Venezuela.

Uno de los tantos elementos criminales que constituyó al extinto falso gobierno de Juan Guaidó fue impulsar la invocación de la R2P como razón para una posible intervención militar en Venezuela por parte de Estados Unidos y sus aliados. Guaidó instó continuamente a la aplicación de este recurso y, además, una delegación nombrada por él intentó fallidamente procesar al presidente Maduro ante la Corte Penal Internacional.

En el informe de 2020 de la Misión “Independiente” de Determinación de los Hechos en Venezuela del Consejo de Derechos Humanos-ONU, se señalaron supuestas violaciones a los derechos humanos por parte del gobierno de Nicolás Maduro Moros, con los que se buscaba respaldar una posible intervención bajo la premisa de proteger al pueblo venezolano. Este informe se convirtió en un instrumento para apoyar la invocación de la R2P, entre otras tácticas desestabilizadoras.

Cuando Guaidó solicitó a la Asamblea General de la ONU el empleo de la R2P, todavía existía una unificación en los criterios con otros partidos opositores, en especial del G4, que agrupaba a Acción Democrática, Primero Justicia, Un Nuevo Tiempo y Voluntad Popular. Por lo que el apoyo es implícito.

El presidente Nicolás Maduro denunció públicamente su convicción de que existía connivencia en el G4 para la promoción de una posible intervención militar en el país usando la R2P como excusa. En octubre de 2020, Maduro declaró que la “R2P es la intervención militar ya. ¿La excusa? Los derechos humanos en Venezuela, que lo utilizan como arma para justificar lo peor contra el país”.

El fugitivo Leopoldo López habló de la “importancia del R2P” para emplearlo sobre Venezuela.

“Ya varias etapas de la responsabilidad de proteger están activas gracias a los esfuerzos del presidente Juan Guaidó y al apoyo de la comunidad internacional. Un ejemplo de las medidas tomadas en el marco de la responsabilidad de proteger son las sanciones individuales contra violadores de derechos humanos y la activación de la justicia internacional”, dijo en diciembre de 2020 cuando participaba en una consulta popular, práctica que varias veces utilizó el grupo de Guaidó para tratar de conseguir apoyo de la población.

Otros sectores de la oposición, que ahora en las campañas a las primarias se acercan a la población con un discurso más moderado, instaron a estas acciones de intervención militar extranjera. Entre ellos destaca María Corina Machado, quien en varias ocasiones recomendó la activación del TIAR y la R2P, la interrupción de los canales de diálogo con el gobierno venezolano y el rechazo de la vía electoral como solución al conflicto.

También envió una carta, junto a Antonio Ledezma Diego Arria, Humberto Calderón Berti, Carlos Ortega, Enrique Aristeguieta Gramcko y Asdrúbal Aguiar, pidiendo a la “comunidad internacional” intervenir en Venezuela, bajo los principios del TIAR y la R2P.

Por su parte, Copei se unió a Primero Justicia en la manifestación de su “apoyo irrestricto” a la inclusión de Venezuela en el TIAR, asegurando que esto no contenía fines bélicos, sino que era una herramienta necesaria para conseguir la paz.

Tanto el TIAR como el R2P representan mecanismos que han puesto sobre la mesa la posibilidad de una escalada en el conflicto contra Venezuela y la amenaza de intervención militar en dicho país. Abogar por estos mecanismos era satisfacer a la administración Trump.

La posibilidad de que se utilizara la fuerza militar habría agravado aún más una situación que ya estaba deteriorada en los ámbitos económico y social debido a las medidas coercitivas unilaterales, y en el ámbito político regional por la presión de varios gobiernos para elevar las tensiones con Venezuela e intentar aislarla.

La dirigencia opositora venezolana que se sumó al llamado de intervención contra Venezuela ahora enfrenta las consecuencias de sus acciones. La exigencia de llevar al país a un desenlace de conflicto militar ha aumentado la desconfianza de la población venezolana hacia dicha dirigencia.

Ahora, que la oposición quiere participar en las elecciones presidenciales y medirse contra el gobierno nacional por los canales regulares, habla de reconciliación, recuperación de los derechos humanos y del camino democrático, cuando es sobradamente conocido su afiliación a una estrategia de intervención directa promovida por Estados Unidos.

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