Chi è Luis Camacho

il fondamentalista religioso che guida il golpe in Bolivia

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A capo dell’ala più dura del golpisti dei golpisti boliviani c’è un personaggio forse poco conosciuto alle nostre latitudini, quanto cinico e inquietante. Parliamo di Luis Camacho. Cattolico però anche molto vicino alle chiese evangeliche, l’estremista che ha promesso di «riportare Dio nel Palacio Quemado».

Presidente del Comité Cívico della città di Santa Cruz, Camacho è stato il primo a convocare uno sciopero regionale, basato su quella che considerava una “enorme frode” nelle elezioni, ma le sue iniziative hanno iniziato rapidamente a svolgersi a livello nazionale.

Camacho è il proprietario del Grupo Empresarial Nacional Vida S.A., che possiede investimenti diretti o indiretti in società come Conecta, Tecorp, Xperience, Fenix ??Seguros, nonché Nacional Seguros Vida, della Metropolitan Clinic of the Americas project. È stato documentato che alcuni di quegli investimenti sono coinvolti nello scandalo dei cosiddetti “Panama Papers”, dove sono raccolti i dati sull’evasione valutaria nei paradisi fiscali centroamericani.

Oltre ad essere un uomo d’affari e un leader politico, è anche un avvocato, ha 40 anni e si vanta del suo fondamentalismo religioso. Sembra voler imitare il presidente brasiliano Jair Bolsonaro – fascioliberista come lui – un cattolico che è riuscito a stringere un’alleanza con i settori evangelici fondamentalisti – infatti, ha avuto un incontro a maggio di quest’anno con il ministro degli esteri brasiliano Ernesto Araújo a Brasilia, secondo quanto racconta il magazine brasiliano Revista Fórum.

I Camacho hanno legami politici con il fuggitivo Branko Marinkovic, che si rifugiò in Brasile nel 2010, dopo aver ricevuto accuse di sedizione e separatismo a Santa Cruz per aver organizzato e finanziato una banda armata che cercava l’indipendenza dei dipartimenti di Santa Cruz, Beni, Pando e Tarija. Comandata da un altro croato-boliviano: Eduardo Rózsa Flores.

Camacho rappresenta quei settori che vogliono aumentare i loro privilegi in Bolivia e sono andati troppo oltre. Il colpo di Stato contro Evo Morales è un viaggio di sola andata nel peggio del passato, in quei tempi, che si sperava superati, della dottrina della sicurezza nazionale emisferica.

Le sue dichiarazioni denotano sete di vendetta, incitando a «annotare i nomi dei traditori del popolo perché vogliamo che vadano in galera ma non per il risentimento e l’odio, per la giustizia».

Anche se dice che non c’è risentimento e odio, le pratiche dei suoi seguaci lo negano, come è stato visto nell’azione barbara contro il sindaco Patricia Arce, della città di Vinto, che è stata attaccata e umiliata in una piazza pubblica.

Vi sono anche testimonianze di attacchi simili contro la gente comune, come una donna che è stata costretta a scusarsi in ginocchio per aver espresso il proprio disaccordo con lo sciopero indetto dal leader di destra.

Azioni che abbiamo già visto in Venezuela, dove l’opposizione fascioliberista ha mostrato al pari della destra venezuelana di essere mossa da razzismo e classismo, un vero odio contro le classi più umili.

Infine, ama definirsi “Macho Camacho”, un soprannome che viene anche usato dai suoi seguaci.

Fonte: Pagina 12 – El Desconcierto
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