Leopoldo Lopez, il fattore Madrid ed il fallimento della “strategia di Guaidò”

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Leopoldo López è il principale protagonista del complotto dell’opposizione estremista in Venezuela, facendo del partito da lui fondato, Voluntad Popular (VP), un’organizzazione terroristica, responsabile di molteplici offensive antipolitiche lesive dell’essenza della Repubblica Bolivariana.

Formatosi al Kennedy College dell’Università di Harvard, era lo scelto da un certo settore interessato dell’establishment USA per gestire un ipotetico Venezuela inginocchiato ai piedi di Washington.

Questo centro di formazione, nel cuore dell’accademia d’élite USA, raccoglie e prepara le figure che in seguito organizzeranno e dirigeranno istanze ed istituzioni di controllo globale, dietro il capitalismo neoliberale globalizzato, che modellano il totalitarismo finanziario che opera da Wall Street, il complesso militare-industriali e le società petrolifere USA. Da lì escono i dirigenti della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, dell’ONU, Goldman Sachs, dei principali studi legali, delle banche più importanti, delle primarie compagnie petrolifere, dell’industria degli armamenti.

Il suo partito Voluntad Popular (VP), fondato nel 2011, è un’espressione della strategia delineata dal circolo di López, sponsorizzata dal National Endowment for Democracy (NED), un’organizzazione dipendente dal Dipartimento di Stato USA (curiosità: López ha ricevuto il ‘2015 Democracy Award’ della NED). Si potrebbe dire che VP è figlio della politica estera USA, e così lo stesso Lopez.

La sua gestione come sindaco di Chacao (2000-2008) avalla la forma di fare politica all’americana. Quelle agenzie pubblicitarie, chiamate media indipendenti, hanno venduto un giovane sindaco, laureato ad Harvard, e lo hanno convertito in un candidato presidenziale, che fa “attivismo di strada” e si mostra dirigente nella difesa della democrazia e dei diritti dei cittadini.

Il suo appello per “La Salida”, nel 2014, pochi mesi dopo la prima elezione di Nicolás Maduro, ha dato luogo a scenari di violenza organizzata in nugoli ed escalation, che si sono nuovamente manifestati con maggiore forza nel 2017.

Il modello di rivoluzione colorata violenta era stato disegnato dalla macchina di VP, nota per un manuale terroristico, per usare le poche quote del potere pubblico a favore dei blocchi rivoltosi e della destabilizzazione istituzionale, con collegamenti narco-paramilitari, mentre i suoi dirigenti sono i più vicini all’establishment USA.

La sua prigione voleva essere venduta come una sorta di “Mandela venezuelano”, tuttavia è stato un feticcio mai raggiunto mediaticamente, tranne che per la ripetizione dei media cartellizzati nell’esaltazione della sua figura immacolata.

Già 49enne, si era nascosto nella residenza dell’ambasciatore dopo il completo fallimento di un tentato golpe militare condotto da lui stesso e Guaidó, nell’aprile 2019, contro il presidente Nicolás Maduro. Negli ultimi sei anni è stato incarcerato a Ramo Verde (stato di Miranda), agli arresti domiciliari ed in un’ambasciata straniera.

La sua rilevanza mediatica è solo momentanea, tuttavia è il referente diretto di Guaidó; il suo principale consigliere e burattinaio.

López, a quanto pare, gode del favoritismo di un settore neoliberale e neoconservatore dell’establishment USA, ma forse non lo considera come il modello presidenziale per un ipotetico Venezuela senza chavismo al potere. Trump, per quanto si sa, non sembra molto interessato personalmente a lui (tanto meno per Guaidó).

È possibile che la “consultazione popolare” che VP convoca sia stata idea di López, come un modo per continuare ad attrarre risorse e supremazia nella strategia degli USA.

Ma non è più possibile reggere quel parapetto ancora a lungo. La fuga di López, pianificata da USA e Spagna, costituisce un sintomo importante e forse la ciliegina sulla torta del fallimento dell’agenda dell’opposizione guidata da VP. Tanto è vero che ci sono anche settori venezuelani, negli USA, che vogliono strappargli l’iniziativa al bimbo di Harvard.

Che López reincontri la sua privilegiata famiglia, a Madrid, sia uno specchio della situazione in cui si trova l’opposizione venezuelana non è solo opinione di gran parte del chavismo e di questa piattaforma, ma anche di altri come Raúl Gallegos, analista della società di consulenza Control Risks in Colombia: “Probabilmente è il segnale più chiaro che il continuo sforzo dell’opposizione di rovesciare Maduro è fallito il fatto che un dirigente impegnato a restare in Venezuela, come López, abbia finalmente deciso di andarsene”.

In effetti, è molto ben documentato come la figura di López era inquadrata nella “lotta per il Venezuela dal Venezuela”, con i suoi subordinati di VP in varie istanze strategiche a Washington (Carlos Vecchio) o in America Latina (Lester Toledo), ma lui sempre controllando tutto dal Venezuela.

Un’altra menzogna di Tintori che nasconderebbe la vera manovra che era quella di allontanare Leopoldo López dal Venezuela e portarlo a Madrid dove avrebbe potuto avere “un altro impatto” dall’Unione Europea. Concertato con gli USA (il transito attraverso la Colombia era un’ovvietà, tenendo conto che il paese vicino è una piattaforma per il rilancio della Dottrina Monroe).

ORA IL FATTORE MADRID

Suo padre Leopoldo López Gil è la chiave per comprendere l’intera trama, che da quando è arrivato a Madrid è stato festeggiato, a cui il governo di Mariano Rajoy ha concesso la nazionalità spagnola per lettera di naturalizzazione, nel dicembre 2015, che è stata sufficiente per l’istituzionalità spagnola per essere incorporato dal Partito Popolare (PP) come candidato numero 12 nella sua lista per le elezioni del Parlamento Europeo, nel maggio 2019, occupando un posto vacante all’interno della lista PP.

López Gil è stato eletto deputato, ottenendo 12 scranni la candidatura del partito. Da allora López Gil è stato coinvolto nella Commissione per i Diritti Umani del Parlamento Europeo, occupandosi dei temi di Venezuela, Nicaragua e Cuba.

È molto probabile che López assuma un qualche ruolo nella nomenclatura del partito PP, almeno in modo nascosto, essendo il PP un’organizzazione collegata con il più neoconservatore dell’establishment USA ed europeo: il sostegno di Aznar all’invasione dell’Iraq è la prova più chiara.

Senza dubbio, continuerà a comandare tutto ciò in cui Guaidó si cimenti (con incarico fake incluso) ed avrà risorse per vivere in modo privilegiato e cospirare contro il Venezuela bolivariano all’estero. Quello che non avrà è l’appoggio definitivo di una dirigenza dell’opposizione che ha deciso di restare nel paese e partecipare in campo politico, tanto meno di una popolazione che resiste all’assalto del blocco da lui stesso proposto, e che vede nel chavismo un chiaro vittorioso fronte alla debacle della strategia USA.


LEOPOLDO LÓPEZ, EL FACTOR MADRID Y EL FRACASO DE LA “ESTRATEGIA GUAIDÓ”

 

Leopoldo López es el principal protagonista de la trama opositora extremista en Venezuela, haciendo del partido que fundó, Voluntad Popular (VP), una organización terrorista, gestora de múltiples ofensivas antipolíticas lesivas a la esencia de la República Bolivariana.

Formado en la Kennedy College de la Universidad de Harvard, era el elegido por cierto sector interesado del establishment de los Estados Unidos para gestionar a una hipotética Venezuela arrodillada a los pies de Washington.

Este centro formativo en el corazón de la academia de élite norteamericana reúne y prepara a las figuras que luego agenciarán y dirigirán instancias e instituciones de control global, detrás del capitalismo neoliberal globalizado, que modelan el totalitarismo financierista que opera desde Wall Street, el complejo militar-industrial y las firmas petroleras estadounidenses. De ahí salen los directivos del Banco Mundial, del Fondo Monetario Internacional, la ONU, Goldman Sachs, los principales bufetes, los bancos más importantes, las primeras compañías petroleras, la industria armamentista.

Su partido Voluntad Popular (VP), fundado en 2011, es una expresión de la estrategia trazada por el círculo de López, auspiciada por la National Endowment for Democracy (NED), organización dependiente del Departamento de Estado norteamericano (curiosidad: López recibió el 2015 Democracy Award de la NED). Se podría decir que VP es hijo de la política exterior estadounidense, y asimismo López.

Su gestión como alcalde de Chacao (2000-2008) avala la forma de hacer política a la americana. Esas agencias de publicidad llamadas medios de comunicación independientes vendieron a un joven alcalde graduado en Harvard y lo convirtieron en un candidato presidenciable, que hace “activismo de calle” y se muestra líder en defensa de la democracia y los derechos ciudadanos.

Su convocatoria de “La Salida” en 2014, a sólo meses de la primera elección de Nicolás Maduro, dio pie a escenarios de violencia organizada en enjambre y en escalada, que volvió a manifestarse con mayor fuerza en 2017.

El modelo de revolución de color violenta había sido trazado por la maquinaria de VP, conocida por un prontuario terrorista, por usar las pocas cuotas de poder público a favor de los bloqueos guarimberos y la desestabilización institucional, con vínculos narco-paramilitares, al mismo tiempo que sus dirigentes son los más cercanos al establishment estadounidense.

Su prisión quiso venderse como una especie de “Mandela venezolano”, sin embargo fue un fetiche nunca logrado mediáticamente, salvo para la repetición de los medios cartelizados en la exaltación de su figura impoluta.

Ya con 49 años, había estado escondido en la residencia del embajador luego de que fracasara rotundamente un intento de golpe militar liderado por él mismo y Guaidó en abril de 2019 contra el presidente Nicolás Maduro. Ha estado encarcelado en Ramo Verde (estado Miranda), bajo arresto domiciliario y en una embajada extranjera durante los últimos seis años.

Su relevancia mediática sólo es momentánea, sin embargo es el referente directo de Guaidó, su principal consejero y titiritero.

López, al parecer, goza del favoritismo de un sector neoliberal y neoconservador del establishment estadounidense, pero quizás no teniéndolo en cuenta como el modelo presidencial para una hipótetica Venezuela sin el chavismo en el poder. Trump, hasta donde se sabe, no parece muy interesado personalmente por él (menos por Guaidó).

Es posible que la “consulta popular” a la que llama VP haya sido idea de López, como una manera de seguir captando recursos y estelaridad en la estrategia estadounidense.

Pero ya no es posible sostener por mucho tiempo más ese parapeto. La huida de López, planificada por Estados Unidos y España, constituye un síntoma mayor y quizás la cereza sobre el postre al fracaso de la agenda opositora liderada por VP. Es tanto así que también hay sectores venezolanos en Estados Unidos que quieren arrebatarle el protagonismo al niño de Harvard.

Que López reencontrado con su privilegiada familia en Madrid sea un espejo de la situación en la que se encuentra la oposición venezolana no es sólo opinión de buena parte del chavismo y de esta tribuna, sino también de otros como Raúl Gallegos, analista de la consultora Control Risks en Colombia: “Probablemente sea la señal más clara de que el esfuerzo continuo de la oposición para derrocar a Maduro ha fracasado que un líder comprometido en la permanencia en Venezuela como López haya decidido irse finalmente”.

De hecho, está muy bien documentado cómo la figura de López estaba enmarcada en la “lucha por Venezuela desde Venezuela”, con sus subordinados de VP en diversas instancias estratégicas en Washington (Carlos Vecchio) o en Latinoamérica (Lester Toledo), pero él siempre controlando todo desde Venezuela.

Otra mentira de Tintori que encubría la verdadera maniobra que era sacar a Leopoldo López de Venezuela y llevarlo a Madrid donde podría tener “otro impacto” desde la Unión Europea. Concertado con Estados Unidos (el tránsito por Colombia era una obviedad, tomando en cuenta que el vecino país es una plataforma para el relanzamiento de la Doctrina Monroe).

AHORA EL FACTOR MADRID

Su padre Leopoldo López Gil es clave para entender la trama completa, quien desde que llegó a Madrid ha sido agazajado, a quien el gobierno de Mariano Rajoy concedió en diciembre de 2015 la nacionalidad española por carta de naturaleza, lo que fue suficiente para la institucionalidad española para ser incorporado por el Partido Popular (PP) como candidato número 12 de su lista para las elecciones al Parlamento Europeo de mayo de 2019, ocupando una vacante dentro de la lista del PP.​

López Gil resultó elegido diputado, obteniendo 12 escaños la candidatura del partido.​ Desde entonces López Gil ha estado involucrado en la Comisión de Derechos Humanos del Parlamento Europeo, tratando los temas de Venezuela, Nicaragua y Cuba.

Es muy posible que López asuma algún papel en la nomenclatura partidista del PP, al menos de manera encubierta, siendo el PP una organización conectada con lo más neoconservador del establishment estadounidense y europeo: el apoyo de Aznar a la invasión de Irak es la evidencia más clara.

Sin duda seguirá al mando de lo que Guaidó se involucre (con cargo fake incluido), y tendrá recursos para vivir privilegiadamente y conspirar contra Venezuela Bolivariana en el exterior. Lo que no tendrá es el apoyo definitivo de una dirigencia opositora que decidió quedarse en el país y participar en el campo político, mucho menos de una población que resiste los embates del bloqueo que él mismo propuso, y que ve en el chavismo a un claro victorioso frente a la debacle de la estrategia estadounidense.

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