Mella: assassinio di un leader dell’America Latina

mellaIl 10 gennaio 1929 in Messico, mentre camminava con Tina Modotti, fu assassinato per ordine del dittatore Gerardo Machado una delle principali figure della storia di Cuba

R. Rodriguez http://www.granma.cu

Dopo lo sciopero della fame, Mella dovette fuggire da Cuba e rifugiarsi in Messico. Machado lo avrebbe fatto assassinare.

In Messico il cubano s’unì alla sezione messicana della Lega Antimperialista delle Americhe, ed entrò a far parte del suo comitato esecutivo. Nel frattempo, i suoi amici venezuelani Gustavo e Eduardo Machado e Salvador de la Plaza, sarebbero stati ammessi come membri del Partito Comunista Messicano, sezione della III Internazionale. Mella non avrebbe potuto farlo subito perché, a causa della sciopero della fame, il Partito Comunista cubano lo aveva separato dai suoi ranghi per indisciplina e solo un appello all’Internazionale gli permise, in seguito, di rientrare nel Partito Comunista di Cuba e integrare il Partito messicano. Il cubano entrò anche nella Lega Pro Combattenti Perseguitati e nella Lega Anticlericale.

I venezuelani crearono, in terra azteca, il Partito Rivoluzionario Venezuelano (PRV) e Mella vi entrò. L’idea concepita dai venezuelani e Mella per distruggere la dittatura di Juan Vicente Gomez era di organizzare la lotta con la forza delle armi, ma non si fermava lì: il cubano non abbandonava un secondo progetto di lanciarsi in combattimento diretto contro Gerardo Machado, e se prima non si presentasse altra opportunità di entrare in lizza contro questo, una volta eliminata la dittatura di Caracas tutti sarebbero andati a liberare Cuba dal suo regime obbrobrioso.

Poco dopo Mella entrò a far parte del Comitato Centrale Esecutivo del PRV. In linea con le idee del tempo, il Partito Comunista messicano approvava la doppia militanza, nei suoi ranghi ed in un partito nazionale rivoluzionario. Così quel giovane, carismatico e di una poco comune lucidità, sarebbe diventato non solo un membro del comitato centrale del PRV, ma anche del Burò Politico del Partito Comunista del Messico, e quando Rafael Carrillo Azpeitia, il segretario generale di quel partito, si recò a Mosca per partecipare al VI Congresso dell’Internazionale Comunista, Mella lo sostituì per diversi mesi.

Sempre più la figura del leader cubano si andava elevando oltre i confini nazionali e si delineva sul continente. Nel luglio dello stesso anno Sandino aveva sfidato le forze d’invasione yankee che aveva calpestato la terra nicaraguense al fine d’imporre lì l’avida volontà dell’impero. Mella, dalla Lega Antimperialista, di cui era Segretario Continentale, e il Soccorso Rosso Internazionale, partecipò alla fondazione e direzione del Comitato Mani Fuori dal Nicaragua (MAFUENIC).

Tuttavia, abbattere Gomez continuava a costituire l’obiettivo cardine del PRV, e per far ciò necessitavano le armi. Una volta ottenute, i venezuelani e Mella avrebbero noleggiato un’imbarcazione e con essa si sarebbero diretti in Venezuela e, una volta caduta la dittatura, avrebbero fatto rotta verso Cuba al fine di spodestare Machado. “Noi eravamo tanto cubani come Mella” avrebbe dichiarato molti anni dopo Eduardo Machado.

Con lo scopo di raccogliere le armi i suoi dirigenti avevano contatto con il generale Alvaro Obregón, ex presidente della Repubblica Messicana e sicuramente, presidente del Messico in una seconda occasione. Agli incontri con Obregon assistette Mella. Lasciando l’ultimo incontro, in cui Obregon mostrò loro le armi, Mella abbracciò Eduardo Machado. “Ora abbiamo le armi”, gli disse, “Il Venezuela sarà libero”. Tuttavia, un errore del generale venezuelano Emilio Arévalo Cedeño fece fallire i piani.

Poco dopo, nel febbraio 1927, Mella giunse in Belgio per partecipare al Congresso Mondiale contro l’Imperialismo e l’Oppressione Coloniale, che si sarebbe celebrato tra il 10 e il 15 di quel mese a Bruxelles. Al termine del congresso Mella fu invitato a recarsi a Mosca. Rimase diverse settimane nel paese sovietico. A Mosca ebbe contatti con i rappresentanti del Comintern, dell’Internazionale Sindacale Rossa (partecipando al suo IV Congresso), e dell’Internazionale Contadina e del Soccorso Rosso Internazionale.

Il 29 agosto, Mella andò negli USA, coll’apparente intenzione di stabilizzare la sua situazione economica e una volta avviato portare con sé la moglie. Ma, in realtà, i suoi piani consistevano nella continuazione della lotta contro Machado e, a tal fine, guidato dal suo robusto pensiero rivoluzionario, andò a New York e cercò la collaborazione dell’Unione Nazionalista, anche se sapeva che questa organizzazione non trascendeva gli orizzonti liberal-borghesi, ma questa era una forza potente che avrebbe servito da leva per far cadere il regime di Machado.

A tal fine, incontrò Carlos Mendieta.

Quella vasta coalizione che Mella pensava unire per attaccare il regime era perfettamente collegata, a quella data, con la posizione che ancora sosteneva il Comintern. L’incontro con il grande colono di Cunagua sarebbe costata a Mella, poco più tardi, un atto d’accusa dell’italiano Vittorio Codovilla, rappresentante del Comintern in Argentina, davanti al Partito Comunista del Messico, che egli aveva agito senza consultazione, senza autorizzazione del partito e che era un indisciplinato. Ma il partito messicano aveva un’ eccellente opinione di Mella, al punto che, all’essere attaccato da Codovilla per il suo viaggio negli USA, e aver scritto, l’anno precedente, una favorevole recensione su Trotsky in un articolo sulla crisi in Inghilterra; il partito messicano disse che Mella aveva viaggiato con la sua autorizzazione e nel partito non c’era alcuna corrente trotskista.

Nel frattempo, la situazione a Cuba stava diventando critica, e già allora il giovane antillano, in cui l’idea di lotta contro Machado non cessava, pose al primo punto il combattere per la liberazione dell’isola. Nei primi mesi del 1928 Mella fondò l’Associazione dei Nuovi Emigrati Rivoluzionari Cubani (ANERC), un’organizzazione di carattere democratico e ampia nella quale c’era spazio per tutti coloro che avevano deciso di ribellarsi contro la dittatura cubana, trasformare radicalmente la condizione semi coloniale di Cuba e realizzare molte riforme sociali.

Mella, nell’aprile dello stesso anno, nel suo articolo “Verso dove va Cuba?” Pubblicato in Cuba Libre… aveva esplicitato la sua opinione che il rovesciamento del governo machadista sarebbe avvenuto attraverso la via armata e nello scontro -secondo come proiettava riuscirci- avrebbero partecipato, insieme, i membri dell’Unione Nazionalista e gli operai. Secondo le sue parole, bisognava portare Cuba lungo la strada di una “rivoluzione democratica, liberale e nazionalista, già latente nei fatti”.

Mella, più che talentuoso pensatore e teorico, fu senza dubbio uno dei primi a mettere da parte le visioni eurocentriche, che all’epoca sosteneva l’Internazionale Comunista, e concludere che nel continente non ci sarebbe stata liberazione sociale senza liberazione nazionale.

Quando Machado, nel luglio 1928, si proclamò unico candidato alle elezioni del novembre dello stesso anno, Mella vide giunto il tempo di attuare i suoi piani. A quel punto, aveva già ottenuto che le armi che Obregon aveva, inizialmente, disposto di consegnare al PRV finissero alla lotta contro Machado. Leonardo Fernández Sánchez, il suo secondo, molti anni più tardi avrebbe affermato che possedevano le armi di una scorta originariamente destinata a combattere Juan Vicente Gomez.

Nel frattempo, in agosto, Mella si era recato, con la massima segretezza, al porto di Veracruz per procurarsi i mezzi con cui trasportare la spedizione a Cuba. Poi decise inviare Fernandez Sanchez a Cuba. Il 10 ottobre questi giunse nell’isola con la missione, che Mella gli aveva affidato, di contattare Martinez Villena, il leader del Partito Comunista di Cuba, per ottenere la partecipazione di quell’organizzazione nella battaglia a venire. Primario scopo era anche quello di incontrarsi con Mendieta, la figura centrale dei Nazionalisti, al fine di allineare queste forze in una carica compatta contro la dittatura.

Ma Fernandez Sanchez potè solo incontrarsi con il vecchio e nobile generale indipendentista Fermín Peraza, nel locale del giornale Unione Nazionalista. Tragicamente, all’incontro partecipò Rey Merodio, amministratore del giornale e informatore, sotto copertura, della polizia. Il capo della polizia segreta, Santiago Trujillo, seppe il fatto e subito informò il dittatore Machado dei piani di Mella. La notizia confermò la determinazione finale del despota: Mella doveva morire.

Machado cercò un delinquente conservatore per armare l’assassinio del leader. Di persona avrebbe spiegato la missione a José Magriñat. Doveva approfittare del contatto, che a titolo di oppositore, aveva avuto con Mella in Messico e dirigere l’azione di due sicari, Arturo Sanabria e Agustin Lopez Valiñas, che sarebbero stati mandati in Messico per la missione.

Nel frattempo, era giunta notizie degli agenti di Machado in terra azteca che Fernandez Sanchez era sparito da lì e doveva essere a Cuba. Leonardo fu catturato il 1 novembre. A l’Avana passarono giorni fino a quando, finalmente, Fernández Sánchez, il 27 novembre, dopo molti sforzi di famigliari e influenti figure del regime, fu espulso a New York, ciò che gli salvò la vita quasi miracolosamente. Nelle sue note segnalò che la polizia lo portò alla barca e qualcuno delle guardie gli parlò di un piano per assassinare Mella. Tali informazioni venivano dallo stesso palazzo presidenziale. Immediatamente, scrisse a Mella per avvisarlo. Ancora Leonardo tornò a scrivere a Mella per dirgli che Magriñat era andato in Messico per ucciderlo. Questa lettera avrebbe raggiunto D.F. l’ 11 gennaio 1929, troppo tardi.

Nella notte del 10 gennaio 1929, il giovane cubano andò in una taverna all’angolo di Bolivar e Repubblica di El Salvador, in cui aveva appuntamento con Magriñat perché questi gli aveva mandato un messaggio che voleva informarlo di una questione che aveva saputo a Cuba. Fino ad allora Mella lo aveva eluso, poiché il leader aveva detto a Fernandez Sanchez, a New York, che Magriñat gli sembrava sospetto. Tuttavia, in quell’occasione acettò di vederlo forse per sapere cosa avrebbe potuto dirgli. Mella non si era reso conto che l’incontro era parte della trappola.

Come col bacio di Giuda, la compagnia del delinquente aveva lo scopo di identificarlo agli assassini. Mella lasciò il posto e incontrò Tina Modotti, la moglie, presso gli uffici del Comercial Cable Co., in San Juan de Letrán, in cui per sue istruzioni la fotografa aveva impostato un dispaccio diretto a Sergio Carbò, direttore de La semana, unico organo della stampa cubana non ancora sottomesso a Machado, in cui Mella gli chiedeva di smentire un presunto oltraggio alla bandiera cubana con cui avevano cercato di macchiarlo e lo informava che inviava per posta i dettagli dell’incidente.

Mella, quando ancora non aveva compiuto 26 anni, intorno alle 11:00 pm raccontava a Tina la conversazione con Magriñat, mentre camminavano lungo l’Avenida Morelos, e le faceva conoscere i suoi sospetti su quell’individuo, quando presero per via Abraham Gonzalez, dove era il domicilio della coppia. Avevano camminato pochi metri al momento in cui, alle loro spalle, da dietro un recinto che racchiudeva, all’angolo, una proprietà deserta, emersero due ombre armate e si sentitono due spari. Sembra che fu unicamente Valiñas che sparò entrambe le volte perché l’altro assassino, Sanabria, non riuscì a trovare il coraggio di farlo.

Ferito a morte il leader cubano, istintivamente, in cerca di riparo cercò di attraversare la strada che non era troppo larga e raggiungere l’altro lato, ma non riuscì ad attraversarla, crollò sul marciapiede, mentre i sicari fuggivano verso Morelos e Tina cominciava a chiedere aiuto. Al suolo Mella iniziò le sue accuse: Machado e l’ambasciata avevano a che fare con l’aggressione; affermarono i testimoni quanto aveva detto. Inoltre, aveva dichiarato: “Muoio per la Rivoluzione”. Fu trasportato alla Croce Verde, e prima di essere operato ripeté le accuse contro Machado e segnalò che Magriñat aveva a che fare con l’attentato. Mella non potè sopravvivere alle ferite riportate. Dopo la mezzanotte del 10 gennaio, quel precoce giovane, a soli 25 anni, spirò. Con il suo martirio Cuba aveva perso, prematuramente, il più straordinario campione sorto dopo José Martí.

* Professore titolare di Storia di Cuba dell’Università dell’Avana e membro attivo dell’Accademia di Storia di Cuba.

Mella: asesinato de un líder de América Latina

El 10 de enero de 1929 en México, mientras caminaba junto a Tina Modotti, fue asesinado por órdenes del dictador Gerardo Machado una de las figuras cimeras de la historia cubana

Rolando Rodríguez

Después de la huelga de hambre, Mella tuvo que escapar de Cuba y refugiarse en México. Machado lo hubiera mandado a asesinar. En México el cubano se integró a la sección mexicana de la Liga Antimperialista de las Américas, y entró a formar parte de su comité ejecutivo. Entretanto, sus amigos venezolanos Gustavo y Eduardo Machado y Salvador de la Plaza, serían admitidos como integrantes del Partido Comunista mexicano, sección de la III Internacional. Mella no lo podría hacer de inmediato, porque a raíz de la huelga de hambre el Partido Co­mu­nista cubano lo había separado de sus filas por indisciplina, y solo una apelación a la Internacional le permitió más adelante reingresar en el Partido Comunista de Cuba e integrar el Partido mexicano. También el cubano entró en la Liga Pro Luchadores Perseguidos, y en la Liga Anticlerical.

Los venezolanos crearon en tierra azteca el Partido Revo­lucionario Venezolano (PRV) y Mella ingresó en este. La idea concebida por los venezolanos y Mella para dar al traste con la dictadura de Juan Vicente Gómez era organizar la lucha por la vía armada, pero no quedaba ahí: el cubano no abandonaba un segundo el proyecto de lanzarse al combate directo contra Gerardo Machado, y si antes no se le presentara otra oportunidad de entrar en liza contra este, una vez eliminada la dictadura de Caracas todos irían a liberar a Cuba de su régimen oprobioso.

Poco después Mella pasó a formar parte del Comité Central Ejecutivo del PRV. Acorde con las concepciones de la época, el Partido Comunista mexicano aprobaba la doble militancia, en sus filas y en un partido nacional revolucionario. De esa forma aquel joven, carismático y de una lucidez poco común, llegaría a ser no solo miembro del comité central del PRV, sino también del Buró Político del Partido Comunista de México, y cuando Rafael Carrillo Azpeitía, el secretario general de ese partido, tomó rumbo a Moscú para participar en el Sexto Congreso de la Internacional Comunista, Mella lo sustituyó durante varios meses.

A cada momento la figura del líder cubano se iba elevando sobre las fronteras nacionales y se dibujaba en el continente. En julio de ese año, Sandino había retado a las fuerzas invasoras yanquis que habían hollado el suelo nicaragüense con el fin de imponer allí la voluntad golosa del imperio. Mella, desde la Liga Antimperialista, de la que era Secretario Continental, y el So­corro Rojo Internacional, participó en la fundación y dirección del Comité Manos Fuera de Nicaragua (MAFUENIC).

No obstante, derrocar a Gómez continuaba constituyendo el objetivo cardinal del PRV, y para eso se necesitaban armas. Una vez obtenidas, los venezolanos y Mella contratarían una em­barcación y con ellas marcharían a Venezuela, y una vez derrocada la dictadura emproarían rumbo a Cuba con el propósito de echar a Machado del poder. “Nosotros éramos tan cubanos como Mella”, declararía muchos años después Eduardo Ma­chado.

Con el propósito de allegar las armas sus dirigentes tenían contacto con el general Álvaro Obregón, expresidente de la re­pública mexicana y, con toda seguridad, presidente de México en una segunda ocasión. A las entrevistas con Obregón asistió Mella. Al salir de la última entrevista, en la que Obregón les mostró las armas, Mella abrazó a Eduardo Machado. “Ya tenemos las armas”, le dijo, “Venezuela será libre”. Sin embargo, un error del general venezolano Emilio Arévalo Cedeño frustró los planes.

A poco, en febrero de 1927 Mella llegó a Bélgica para participar en el Congreso Mundial contra el Imperialismo y la Opre­sión Colonial, que se celebraría entre los días 10 y 15 de ese mes en Bruselas. Al terminar el congreso Mella fue invitado a viajar a Moscú. Permaneció varias semanas en el país soviético. En Moscú tuvo contactos con representantes de la KOMINTERN, de la Internacional Sindical Roja (participó en su IV Congreso), y de la Internacional Campesina y del Socorro Rojo Inter­na­cional.

El 29 de agosto Mella viajó a Estados Unidos, con la aparente intención de estabilizar su situación económica y una vez encaminado poder llevar junto a él a su esposa. Pero, en realidad, sus planes estribaban en la prosecución de la lucha contra Machado y, para ese fin, guiado por su robusto pensamiento revolucionario, pasó a Nueva York y buscó la colaboración con Unión Nacionalista, aunque supiera que esta organización no trascendía los horizontes liberal-burgueses, pero esta era una fuerza poderosa que hubiera servido de trinquete para hacer caer al régimen de Machado.

Para ese fin, se entrevistó con Carlos Mendieta.

Aquella amplia coalición que Mella pensaba atar para atacar al régimen, estaba perfectamente enlazada en esa fecha con la postura que todavía sostenía la KOMINTERN. La entrevista con el gran colono de Cunagua le costaría a Mella, pocos después, una acusación del italiano Vittorio Codovilla, representante de la KOMINTERN en Argentina, ante el Partido Comunista de México, de que había actuado inconsultamente, sin autorización del partido y era un indisciplinado. Pero el partido mexicano tenía una excelente opinión de Mella, al extremo de que, al ser atacado por Codovilla por su viaje a Estados Unidos, y haber escrito el año anterior la crítica favorable a Trotski en un artículo sobre la crisis de Inglaterra; el partido mexicano dijo que Mella había viajado con su autorización y en el partido no había ninguna corriente trotskista.

Entretanto, la situación en Cuba se iba tornando crítica, y ya entonces el joven antillano, en el que la idea de la lucha contra Machado no cejaba, puso en primer orden el combate por la liberación de la Isla. En los primeros meses de 1928, Mella fundó la Asociación de Nuevos Emigrados Revolucionarios Cubanos (ANERC), una organización de carácter democrático y amplio en la cual tuvieron cabida todos los que decidieron plantarle cara a la dictadura cubana, transformar radicalmente la condición semicolonial de Cuba y llevar adelante numerosas reformas sociales.

Mella, en abril de ese año, en su artículo “¿Hacia dónde va Cuba?” publicado en Cuba Libre…, hizo explícita su concepción de que el derrocamiento del gobierno machadista sería por la vía armada y en el enfrentamiento —según proyectaba lo­grarlo— participarían unidos los integrantes de Unión Na­cio­nalista y los obreros. Según sus palabras, había que llevar a Cu­ba por el camino de una “revolución democrática, liberal y nacionalista, ya latente en los hechos”.

Mella, más que talentoso pensador y teórico, fue indiscutiblemente uno de los primeros en echar a un lado las visiones eurocentristas que en ese momento sostenía la Internacional Comunista, y concluir que en el continente no habría liberación social sin liberación nacional.

Cuando Machado en julio de 1928 se proclamó candidato único a las elecciones de noviembre de ese año, Mella vio llegado el momento de poner definitivamente en marcha sus planes. A esa altura, ya había logrado que las armas que Obregón había dispuesto inicialmente entregar al PRV fueran a parar a la lucha contra Machado. Leonardo Fernández Sánchez, su segundo, mu­chos años después afirmaría que disponían de las armas de un alijo primitivamente destinado a la lucha contra Juan Vicente Gómez.

Mientras, en agosto, Mella había viajado en el mayor de los secretos, al puerto de Veracruz para tratar de hacerse de los medios con que transportar la expedición a Cuba. Entonces decidió enviar a Fernández Sánchez a Cuba. El 10 de octubre este llegó a la Isla, con la misión que Mella le había encomendado de establecer contacto con Martínez Villena, el líder del Partido Comunista de Cuba, para lograr la participación de esa organización en el combate venidero. Objetivo primado era también entrevistarse con Mendieta, la figura central de los Nacionalistas, para alinear por fin a esas fuerzas en una carga compacta contra la dictadura.

Pero Fernández Sánchez solo pudo encontrarse con el viejo y noble general independentista Fermín Peraza, en el local del periódico Unión Nacionalista. Trágicamente, en la entrevista participó Rey Merodio, administrador del rotativo y soplón encubierto de la policía. El jefe de la policía secreta, Santiago Trujillo, conoció del hecho y de inmediato puso en conocimiento del dictador Machado los planes de Mella. La noticia selló la determinación definitiva del déspota: Mella debía morir.

Machado buscó a un hampón conservador para armar el asesinato del líder. En persona le explicaría la misión a José Magriñat. Debía aprovechar el contacto que a título de oposicionista había hecho con Mella en México y dirigir la acción de dos sicarios, Arturo Sanabria y Agustín López Valiñas, que serían enviados a México con la misión.

Entretanto, habían llegado noticias de los agentes de Ma­chado en tierra azteca de que Fernández Sánchez había desaparecido de allí y debía estar en Cuba. Leonardo fue capturado el 1ro. de noviembre. En La Habana pasaron días hasta que, por fin, Fernández Sánchez, el 27 de noviembre, luego de múltiples gestiones de familiares con personajes influyentes del régimen, fue expulsado hacia Nueva York, con lo que salvó la vida casi de milagro. En sus apuntes señaló que la policía lo llevó al barco y alguien del propio cuerpo le comentó de un plan para asesinar a Mella. Esa información venía del mismo palacio presidencial. De inmediato, le escribió a Mella para alertarlo. Todavía Leo­nardo volvió a escribir a Mella para decirle que Magriñat había ido a México a matarlo. Esta carta llegaría al D.F. el 11 de enero de 1929, demasiado tarde.

En la noche del 10 de enero de 1929, el joven cubano concurrió a una cantina en la esquina de Bolívar y República de El Salvador, en la que se había citado con Magriñat, porque este le había hecho llegar un mensaje de que quería informarle de un asunto que había conocido en Cuba. Hasta ahí Mella lo había eludido, pues el líder le había comunicado a Fernández Sán­chez, en Nueva York, que Magriñat le parecía sospechoso. Sin embargo, en esa ocasión transigió con verlo quizá para conocer qué podía decirle. Mella no había comprendido que la entrevista era parte de la trampa.

Como Judas con el beso, la compañía del hampón tenía el propósito de identificarlo a los asesinos. Mella salió del lugar y recogió a Tina Modotti, su mujer, en las oficinas del Comercial Cable Co., en San Juan de Letrán, en la que por sus instrucciones la fotógrafa había impuesto un despacho dirigido a Sergio Carbó, director de La Semana, único órgano de la prensa cubana todavía no sometido a Machado, en el que le pedía desmintiese un supuesto ultraje a la bandera cubana con el que habían tratado de mancharle, y le informaba que enviaba por correo los detalles del incidente.

Mella, cuando aún no había cumplido 26 años, cerca de las 11:00 p.m. le relataba a Tina la conversación con Magriñat, mientras caminaban por Avenida Morelos, y le hacía conocer sus suspicacias hacia ese individuo, cuando tomaron por la calle Abra­ham González, donde estaba el domicilio de la pareja. Habían caminado solo unos cuantos metros en los momentos en que a sus espaldas, desde detrás de un vallado que cercaba en la esquina un solar yermo, emergieron dos sombras armadas y se escucharon dos disparos. Al parecer fue únicamente López Valiñas quien disparó en ambas ocasiones, porque el otro asesino, Sa­nabria, no consiguió reunir el valor para hacerlo.

Herido de muerte el líder cubano, instintivamente, en busca de amparo, trató de atravesar la calle que no era demasiado ancha y llegar a la otra acera, pero no llegó a cruzarla, se derrumbó junto al contén, en tanto los sicarios huían hacia Morelos, y Tina comenzaba a pedir ayuda. En el suelo Mella comenzó sus acusaciones: Machado y la embajada tenían que ver con la agresión, afirmaron los testigos que había señalado. También, que había declarado: “Muero por la Revolución”. Fue transportado a la Cruz Verde, y antes de ser intervenido quirúrgicamente repitió las acusaciones contra Machado y apuntó que Ma­griñat tenía que ver con el atentado. Mella no pudo sobrevivir a sus heridas. Después de la medianoche del 10 de enero, aquel joven precoz, de solo 25 años, expiró. Con su holocausto Cuba había perdido en ciernes al más extraordinario paladín surgido después de José Martí.

*Profesor titular de Historia de Cuba de la Universidad de La Habana y miembro de número de la Academia de la Historia de Cuba.

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