Fallita la provocazione degli USA contro Cuba all’ONU

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«Cuba si, bloqueo no» è stato il coro che si è alzato tra i banchi della sala del Consiglio Economico e Sociale (Ecosoc) delle Nazioni Unite, durante l’evento anticubano organizzato dagli Stati Uniti questo martedì per il lancio della campagna denominata Jailed for what (In carcere per cosa?) con l’obiettivo di promuovere una immagine di Cuba come presunta violatrice dei diritti umani per giustificare il prolungamento del bloqueo economico e commerciale su cui l’Assemblea Generale dell’ONU sarà chiamata ancora una volta al voto il prossimo 31 ottobre.

La giustificazione di questa farsa è l’accusa da parte degli USA dell’esistenza di quelli che chiamano prigionieri politici e le presunte violazioni dei loro diritti umani. Il teatrino messo in scena martedì nell’organismo internazionale, carente di spettatori, ha visto come protagonista l’ambasciatrice Kelley E. Currie, rappresentante degli Stati Uniti nel Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, che è stata incaricata di pronunciare il discorso centrale dell’attacco, e Michael Kozak, alto funzionario dell’Ufficio di Democrazia, Diritti Umani e Lavoro del Dipartimento di Stato, una delle entità che più denaro riceve e redistribuisce per le azioni sovversive contro Cuba. Al loro fianco, come è sua abitudine, Luis Almagro, segretario generale dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani) e il Direttore Esecutivo dell’Istituto Internazionale sulla Razza, Uguaglianza e Diritti Umani, Carlos Quesada (che riceve dagli USA un finanziamento di 290 mil dollari), insieme al controrivoluzionario Alejandro González Raga.

Durante l’assise è stata ripetutamente negata la parola alla rappresentante cubana, S.ra Anayansi Rodríguez Camejo, con la rappresentante USA che si è rifiutata di accendergli il microfono mentre la sicurezza dell’ONU ha portato in fondo alla sala dell’Ecosoc coloro che rifiutano la campagna degli USA contro Cuba. La reazione dell’ambasciatrice cubana è stata di pronunciare il suo discorso senza microfono affermando che l’azione degli USA stava contravvenendo ai propositi e principi della Carta dell’ONU. In fondo alla sala dove gli USA spargevano le loro menzogne si sono così sollevate le urla della delegazione cubana accompagnati dalle proteste di tante altre persone presenti nella sala scandendo lo slogan «Cuba si, bloqueo no» insieme a colpi sui tavoli. Il ministero degli Esteri cubano ha anche denunciato che membri della solidarietà con Cuba sono stati espulsi dalla riunione mentre è stato impedito di assistere ai rappresentanti di 9 organizzazioni non governative statunitensi che sostengono la fine del bloqueo e la normalizzazione delle relazioni con Cuba.

"Cuba sí; bloqueo no", coreado en evento anticubano en ONU

“Cuba sí; bloqueo no” fue el coro que resonó en un evento anticubano organizado este martes por los Estados Unidos en la sede de las Naciones Unidas en Nueva York como parte de una campaña previa a la votación del próximo 31 de octubre, cuando los países del orbe se pronunciarán una vez más sobre la política de agresión norteamericana contra la mayor de las Antillas.

Pubblicato da Cubadebate su Martedì 16 ottobre 2018

«Questa azione si inscrive nella sequenza di dichiarazioni contro il nostro paese realizzate durante le ultime settimane da funzionari di alto livello del governo degli Stati Uniti, che mostrano una ostilità crescente verso Cuba e la Rivoluzione Cubana», afferma in un comunicato il MinRex.

L’obiettivo – prosegue – è quello della «fabbricazione di pretesti per mantenere e intensificare il bloqueo, che costituisce una violazione massiccia, flagrante e sistematica dei diritti umani dei cubani e delle cubane. Il governo degli Stati Uniti non ha alcuna autorità morale per criticare Cuba». Rigettando l’accusa sui presunti 130 prigionieri politici esistenti a Cuba, l’istituzione cubana rilancia affermando che gli USA farebbero bene a preoccuparsi invece «delle violazioni dei diritti umani che si producono nel loro territorio». «Non può parlare di diritti umani e democrazia un paese il cui sistema elettorale è corrotto per natura ed ha un governo di miliardari, destinato ad applicare misure selvagge contro le famiglie meno abbienti, i poveri, le minoranze e gli immigrati. […] In cui il denaro e gli interessi corporativi sono quelli che definiscono chi sarà eletto», è stata la dura replica.

«Negli Stati Uniti, si nega il diritto di voto a centinaia di migliaia di statunitensi per il fatto di esser poveri […], i mezzi d’informazione sono in mano a élite corporative, un gruppo estremamente piccolo di società controlla i contenuti che il pubblico consuma, mentre si annulla o si marginalizza qualsiasi versione o opinione discrepante. […] È una vergogna che nel paese più ricco del mondo circa 40 milioni di persone vivano in povertà, 18.5 milioni in povertà estrema e 5.3 milioni in condizioni di povertà assoluta. La vita dei “senza casa” è miserabile: nel 2016, 553.742 persone hanno passato la notte in balia delle intemperie negli USA». Il lungo elenco di accuse che smascherano il sistema vigente negli USA prosegue identificando la «mancanza di garanzie per l’istruzione, la sanità e la sicurezza sociale, le restrizioni alla sindacalizzazione e la discriminazione terribile di genere» come frutto degli “interessi speciali” ossia del denaro delle grandi società.

Il Ministero degli Esteri cubano si concentra inoltre anche sulla discriminazione di genere, di orientamento sessuale e razziale presente negli USA affermando che le «donne statunitensi sono chiaramente discriminate nel lavoro e ricevono salari inferiori a quelli degli uomini per la realizzazione di uguale lavoro. La povertà, salute e problemi di sicurezza dei bambini sono preoccupanti». «Negli USA – prosegue – la ricchezza media delle famiglie bianche è sette volte superiore alla ricchezza delle famiglie nere. Più di una famiglia nera su quattro ha un patrimonio netto di zero o negativo. Il tasso di disoccupazione dei neri è quasi il doppio dei bianchi». «Il governo degli Stati Uniti dovrebbe rispondere per le 987 persone morte nel 2017 per mano di agenti incaricati di far rispettare la legge usando le armi da fuoco. Secondo questi dati, le persone afroamericane, che costituiscono un 13% della popolazione, rappresentano quasi il 23% delle vittime», concludendo che «esiste una discriminazione razziale sistematica nell’applicazione della legge e negli organismi giudiziari», portando come esempio il dato che i neri vengono condannati a pene superiori del 19% rispetto ai bianchi per casi simili.

«Gli Stati Uniti, che hanno promosso e sostenuto le sanguinose dittature militari nella nostra regione, con la complicità della OEA, hanno dichiarato la vigenza e l’applicabilità della Dottrina Monroe come strumento di politica estera, in totale disprezzo del Proclama dell’America Latina e Caraibi come Zona di Pace» accusa Cuba, precisando infine che nell’Isola «gli unici prigionieri che sono privati dei loro diritti e dignità, torturati e confinati per lunghi periodi, senza base legale, tribunali di giustizia né adeguato processo, sono quelli che il governo degli Stati Uniti mantiene nel centro di detenzioni arbitrarie e torture nella Base Navale di Guantanamo che occupa illegalmente parte del nostro territorio».

Si è quindi trasformata in un completo fallimento la provocazione degli USA che si sono ritrovati a parlare in assoluto isolamento. Ben 11 paesi avevano già espresso il loro rifiuto mentre altri 17, in rappresentanza di 91 delegazioni del Movimento dei Paesi Non Allineati, si sono espressi in opposizione alla calunniosa manovra. Le Missioni Permanenti di Bolivia, Nicaragua e Venezuela hanno presenziato in solidarietà con Cuba. Come evidenziano le immagini televisive gli Stati membri e altri invitati, quasi senza eccezione, non hanno partecipato lasciando gli anfitrioni da soli con i “rappresentanti” di presunte organizzazioni “non governative” finanziate dal Dipartimento di Stato degli USA, con il loro seguito di giornalisti che erano la maggioranza dei presenti.

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