Vzla: l’Assemblea Nazionale rinnova la sua giunta direttiva senza Juan Guaidò

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Il Venezuela inizia l’anno parlamentare, corrispondente a questo 2020, con l’elezione della Giunta Direttiva dell’Assemblea Nazionale (AN), che continua a rimanere in ribellione ed il non riconoscimento di fronte agli altri poteri dello Stato venezuelano.

Tuttavia e, nonostante il suo status giuridico di nullità dei suoi atti, gli eventi intorno a detto parlamento non smettono di essere rilevanti per la politica venezuelana. Questa domenica, 5 gennaio, si è consolidata una significativa rottura nella sua struttura con l’elezione di Luis Parra, che fa parte del partito di opposizione della Primero Justicia, come presidente di questo organismo.

Franklin Duarte, del partito social-cristiano COPEI, ha anche prestato giuramento come primo vice presidente, seguito da José Gregorio Noriega, di Voluntad Popular, nella seconda vice presidenza. Come Segretario del Parlamento, è rimasto Negal Morales del partito Azione Democratica.

Attraverso questa elezione, almeno in termini amministrativi, presuppone la fine della gestione del deputato Juan Guaidó, che si aspettava di essere ratificato nell’incarico e che, a scapito di ciò, si è autoproclamato “presidente ad interim” del Venezuela nel gennaio 2019, convertendosi quindi in un fattore chiave per il consolidamento di un governo parallelo, apertamente sostenuto dagli USA e da altri paesi allineati a Washington.

L’elezione di Luis Parra neppure è stata esente da polemiche. Segnalata la sua legittimità da diverse parti, la sua elezione è il risultato di eventi che hanno avuto luogo il 5 gennaio, ma anche da altri che andavano consumandosi da mesi e che erano ampiamente conosciuti nella vita politica venezuelana; uno di questi, l’innegabile frattura tra partiti e figure dell’opposizione venezuelana, un processo che si sarebbe accelerato dall’ascesa di Guaidó.

IL QUORUM PARLAMENTARE, LE PORTE DELL’EMICICOLO E L’ELEZIONE DI PARRA

 

Dall’alba di questa domenica 5, le porte della sede parlamentare venezuelana erano sorvegliate da funzionari della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB), organismo incaricato di fornire sicurezza a detta sede di fronte alla probabile eventualità di eventi shock.

Tuttavia, l’accesso all’emiciclo è stato limitato mediante l’applicazione da parte della GNB dei criteri di inabilitazione politica diretta contro diversi funzionari deputati dell’opposizione che negli ultimi anni sono stati segnalati dal Controllore Generale della Repubblica per essere incorsi in atti di presunta corruzione, ed anche per istigare ingerenze esterne in Venezuela, crimine pienamente tipificato nella Costituzione venezuelana.

Per un evento così significativo, come l’elezione della direzione parlamentare, si è disposta l’applicazione della inabilitazione nei confronti di alcuni di questi deputati e la richiesta di credenziali ai parlamentari presenti.

Tuttavia, hanno trasceso le parole del deputato antichavista Williams Dávila, che è entrato nell’emiciclo. Il parlamentare è apparso in un video affermando che “solo al deputato Calzadilla ed al deputato di Amazonas (Romel Guzamana) non li hanno lasciati entrare, il resto siamo tutti entrati. Ci sono i rispettivi supplenti dei deputati…Abbiamo tutto ben precisato”, ha indicato.

Nel frattempo, il deputato Juan Guaidó è stato filmato all’esterno, ma nell’area dell’emiciclo, dall’altro lato del picchetto di sicurezza, senza entrare nella sessione parlamentare. Secondo il deputato Francisco Torrealba del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), Guaidó ha resistito all’ingresso nella sede per non installare la sessione, “vista la mancanza di voti” per essere rieletto.

Secondo Luis Parra, 140 deputati erano nella sede parlamentare al momento della sua elezione ed inoltre ha dichiarato che 81 deputati hanno approvato la sua nomina.

La composizione politica che ha plasmato a questa nuova dirigenza ha deputati antichavisti, molti dei quali deputati supplenti, membri dei principali partiti di opposizione, nonché altri deputati oppositori indipendenti e di piccoli partiti, che si sono ribellati a Juan Guaidó ed alle cupole delle loro organizzazioni negli ultimi mesi.

Per rendere effettiva l’elezione di Parra, lui ha anche avuti i voti dei deputati chavisti. Il segnale dei deputati chavisti di dare il loro voto ad una dirigenza dell’opposizione si basava sul fatto che questo gruppo di deputati, “sebbene siano oppositori, non sono sotto il comando USA”, ha detto Francisco Torrealba.

Durante il giuramento, Juan Guaidó si è reso protagonista di una scena che ha immediatamente fatto il giro del mondo. È stato visto vestito con un abito blu cercando di arrampicarsi sulla recinzione, dopo essere uscito, nuovamente, fuori dall’area dell’emiciclo per rientrare, ma passando sopra il picchetto.

Il ministro delle Comunicazioni venezuelano, Jorge Rodríguez, ha ridicolizzato il fallito salto di Guaidó ed ha riferito che oppositori come Stalin González, primo vicepresidente uscente del parlamento ed altri noti deputati, tra questi l’ex presidente dell’AN Henry Ramos Allup, sono entrati dalla porta.

Secondo Luis Parra, “a Guaidó nessuno gli ha impedito di entrare nell’emiciclo delle sessioni” ed ha assicurato che la presunta maggioranza che avrebbe sostenuto la rielezione di Guaidó, gran parte di loro “non hanno fatto atto di presenza nell’emiciclo” ma è rimasta fuori, il che chiarisce che l’argomento dell’ingresso “non permesso” era una farsa dell’uscente presidente del parlamento e di alcuni dei suoi deputati accoliti.

Sul meccanismo elettorale in assenza di Juan Guaidó, il deputato Francisco Torrealba ha spiegato: “Oggi siamo stati testimoni di unn fatto insolito, ma che era prevedibile. Guaidó non aveva i voti necessari ed è per questo che ha rifiutato di installare la sessione. Noi applichiamo in forma analogica ciò che dice il Regolamento dell’Interno e dei Dibattiti … È stato votato separatamente e Luis Parra è stato eletto…È la prima volta che nell’opposizione venezuelana si evidenzia una frattura, e con tale frattura crediamo di poter parlare…” .

LA FRATTURA PROFONDA DELL’OPPOSIZIONE VENEZUELANA COME CAUSA

 

L’elezione di Luis Parra approfondisce e dà una sfumatura esatta alla divisione tra gli antichavisti, che può considerarsi profonda e trasversale. Non si tratta più solo delle differenze tra partiti, ora sono assaliti da controversie tra membri degli stessi partiti politici, come possono essere definiti dagli eventi che hanno portato all’elezione di Luis Parra e dei deputati che lo accompagnano nel direttivo. Sono stati eletti dai membri dei principali partiti antichavisti, che in teoria sostenevano Guaidó.

Il punto di svolta che ha portato all’emergere di questa frattura è l’ascesa stessa di Guaidó, attraverso gli auspici USA ed a pieno favore del partito Voluntad Popular a detrimento delle altre fazioni. Questo evento ha comportato, nel 2019, l’impetuosità di pressioni economiche contro il Venezuela, l’usura della legittimità dell’opposizione e, allo stesso tempo, il flusso di ingenti quantità di denaro USA destinato a questi dirigenti, denaro che ha scatenato un’euforia corrotta che è stata sottolineata da diversi gruppi all’interno della stessa opposizione venezuelana.

I famosi casi di corruzione di Guaidó e dei suoi accoliti sugli “aiuti umanitari”, sui beni confiscati alla Repubblica all’estero con Citgo Petroleum al primo posto ed il noto evento della destituzione di Humberto Calderón Berti dal suo incarico come “ambasciatore” in Colombia, hanno dato luogo che si facessero evidenti le profonde rotture.

Contemporaneamente allo spostamento dell’opposizione venezuelana verso l’estero, alla perdita di legittimità di Guaidó, all’usura di altri dirigenti di spicco, è andato prendendo corpo sempre più una dissidenza oppositrice che ora, insieme ai voti chavisti, hanno preso la dirigenza del parlamento.

Il deputato José Brito, membro della “ribellione dei supplenti”, che ha denunciato Guaidó di corruzione ed è stato proscritto dal suo partito per questo, ha dichiarato la mattina di domenica 5 che “quest’anno (2019) è stato un fallimento per l’AN come potere legislativo autonomo. Guaidó ha completamente abbandonato l’autorità parlamentare per consolidare una struttura di potere personale”.

Il chavismo, d’altra parte, ha approfittato della diatriba votando per oppositori, per anche tentare politicamente di sbloccare la mancanza di dialogo politico e lo stallo istituzionale in Venezuela, che è stato approfondito dalla direzione di Guaidó, che è stata caratterizzata dalla sua gestione baldanzosa e perturbatrice, a causa della sua posizione subordinata a Washington.

LE REAZIONI ED IL VICOLO CIECO

 

L’ascesa di questa nuova dirigenza parlamentare pone in un vicolo cieco l’agenda dell’amministrazione Trump per il Venezuela, o almeno riveste una biforcazione della politica interna che sarà complicata da gestire per i falchi di Washington.

Michael Kozak, sotto segretario ad interim degli Affari dell’Emisfero Occidentale USA, ha condannato domenica la nomina di Luis Parra a nuovo presidente dell’AN. Secondo l’opinione del burocrate USA, “Juan Guaidó permane come il presidente ad interim del Venezuela ai sensi della sua costituzione”, qualificando l’elezione di Parra come una “farsa” che inoltre “manca di quorum e non soddisfa gli standard costituzionali minimi”.

Nel frattempo, il senatore USA Marco Rubio, uno dei principali articolatori della strategia “Guaidó” per il Venezuela, ha indicato che “in Venezuela, il regime di Maduro ha preso d’assalto l’edificio dell’AN, impedendo l’entrata a Juan Guaidó ed ai legislatori dell’opposizione al fine di evitare che il voto di oggi rieleggesse Guaidó come presidente”, ha pubblicato su Twitter.

All’unisono di queste dichiarazioni, il Gruppo di Lima ha rilasciato una dichiarazione in cui ha respinto l’elezione di Parra e segnalando il mancato riconoscimento della presenza parlamentare nell’emiciclo, questa domenica, in un chiaro allineamento con la burocrazia USA. Una posizione simile ha assunto l’Unione Europea.

In effetti, per settori specifici della congiura contro il Venezuela, la cessazione della “era Guaidó” significherebbe un rovescio importante per la rete di relazioni che sono state intessute attorno al deputato come figura chiave per il flusso di risorse e l’imposizione di lobby.

Alla fine del 2019, Namita Biggins, portavoce del Dipartimento di Stato USA, ha ratificato la posizione dell’amministrazione Trump. “Guidiamo gli sforzi della comunità internazionale e ora ci sono più di 60 paesi che riconoscono Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela”, ed ha aggiunto che nel corso del 2019 “il governo USA ha fornito oltre 650 milioni di dollari all’assistenza umanitaria, non solo all’interno del Venezuela, ma anche a sostegno di 16 paesi vicini”.

Quindi, ciò che è in discussione in Venezuela non è esclusivamente la dirigenza del parlamento, ma il nucleo di una strategia politica di romozione del chavismo e di un cumulo di interessi sulle criticate risorse che gli USA hanno stanziato per il Venezuela.

GUAIDÓ SI AUTOGIURA, NUOVAMENTE

 

La giornata del 5 gennaio non si è conclusa nell’emiciclo venezuelano, di fatto si è trasferita nella sede del quotidiano antichavista venezuelano, El Nacional, dove Juan Guaidó ha convocato una sessione in cui è terminato, nuovamente, l’autoproclamato presidente del parlamento e per l’investitura di tale carica, di conseguenza, “presidente ad interim del Venezuela”.

Al di fuori della sede del parlamento, senza quorum e con la “presenza” di deputati online, ovvero in piena contraddizione con il Regolamento Interno e dei Dibattiti dell’AN, Guaidó ha rilanciato il suo nome nell’incarico e si è autoproclamato presidente del parlamento unicamerale e della presidenza venezuelana, lasciando nuovamente nell’incertezza i destini istituzionali del paese, ora, essendo anche presidente parallelo del parlamento, un fatto che, come la sua “presidenza ad interim” irrita, non ha precedenti nella vita politica venezuelana.

Quest’ultimo evento sembra indicare che la continuità dell’agenda di Trump per il Venezuela attraverso la presidenza artificiale di Guaidó si consolidata come l’unica strategia nonostante i suoi risultati falliti nel 2019.


ASAMBLEA NACIONAL DE VENEZUELA RENUEVA SU DIRECTIVA SIN JUAN GUAIDÓ

 

Venezuela inicia el año parlamentario correspondiente a este 2020 con la elección de la Junta Directiva de la Asamblea Nacional (AN), la cual aún permanece en desacato y desconocimiento frente a los demás poderes del Estado venezolano.

Sin embargo y pese a su status jurídico de nulidad de sus actos, los eventos alrededor de dicho parlamento no dejan de ser relevantes para la política venezolana. Este domingo 5 de enero se ha consolidado un quiebre significativo en su estructura mediante la elección de Luis Parra, quien formara parte del partido opositor Primero Justicia, como presidente de esta instancia.

Franklin Duarte, del partido socialcristiano Copei, fue también juramentado como primer vicepresidente, seguido de José Gregorio Noriega, de Voluntad Popular, en la segunda vicepresidencia. Como Secretario del parlamento quedó Negal Morales del partido Acción Democrática.

Mediante esta elección, al menos en términos administrativos, concurre el fin de la gestión del diputado Juan Guaidó, quien esperaba ser ratificado en el cargo y que, a expensas de este, se autoproclamó “presidente interino” de Venezuela en enero de 2019, convirtiéndose así en un factor clave para la consolidación de un gobierno paralelo, abiertamente apoyado por Estados Unidos y otros países alineados a Washington.

La elección de Luis Parra tampoco ha estado exenta de polémicas. Señalada su legitimidad desde varias direcciones, su elección es resultado de eventos que tuvieron lugar este 5 de enero, pero también por otros que tenían meses consumándose y que eran ampliamente conocidos en la vida política venezolana; uno de ellos, la inocultable fractura entre partidos y figuras de la oposición venezolana, proceso que se aceleraría desde el ascenso de Guaidó.

EL QUÓRUM PARLAMENTARIO, LAS PUERTAS DEL HEMICICLO Y LA ELECCIÓN DE PARRA

Desde la madrugada de este domingo 5, las puertas de la sede parlamentaria venezolana se encontraban custodiadas por funcionarios de la Guardia Nacional Bolivariana (GNB), instancia encargada de brindar seguridad a dicha sede ante la probable eventualidad de hechos de conmoción.

Sin embargo, el acceso al hemiciclo fue restringido mediante la aplicación de la GNB de los criterios de inhabilitación política dirigida contra varios funcionarios diputados opositores que en los últimos años han sido señalados por la Contraloría General de la República de estar incursos en actos de presunta corrupción, y también por instigar la injerencia externa en Venezuela, delito plenamente tipificado en la Constitución venezolana.

Para un evento tan significativo, como sería la elección de la directiva parlamentaria, se dispuso la aplicación de la inhabilitación contra algunos de estos diputados y la solicitud de credenciales a los parlamentarios asistentes.

Sin embargo, trascendieron palabras del diputado antichavista Williams Dávila, quien sí entró al hemiciclo. El parlamentario apareció en un video afirmando que “solamente al diputado Calzadilla y al diputado de Amazonas (Romel Guzamana) no los dejaron entrar, del resto todos hemos entrado. Están los respectivos suplentes de los diputados… Tenemos todo bien precisado”, indicó.

Entretanto, el diputado Juan Guaidó fue grabado en las afueras, pero dentro del área del hemiciclo, del otro lado del piquete de seguridad, sin entrar a la sesión parlamentaria. Según el diputado Francisco Torrealba del Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV), Guaidó se resistió a entrar a la sede para no instalar la sesión, “dada la falta de votos” para ser reelecto.

Según Luis Parra, 140 diputados estaban en la sede parlamentaria al producirse su elección y además declaró que 81 diputados aprobaron su nombramiento.

La composición política que dio forma a esta nueva directiva tiene a diputados antichavistas, gran parte de ellos diputados suplentes, integrantes de los principales partidos de la oposición, así como a otros diputados opositores independientes y de pequeños partidos, los cuales se sublevaron contra Juan Guaidó y las cúpulas de sus organizaciones en los últimos meses.

Para hacer efectiva la elección de Parra, este también contó con los votos de los diputados chavistas. El señalamiento de los diputados chavistas para dar su voto a una directiva opositora, se basó en que este grupo de diputados, “aunque son opositores, no están bajo el mando de Estados Unidos”, dijo Francisco Torrealba.

Durante la juramentación, Juan Guaidó protagonizó una escena que inmediatamente dio la vuelta al mundo. Se le vio vestido con un traje azul intentando trepar sobre un enrejado, luego de que saliera nuevamente a las afueras del área del hemiciclo para entrar, pero pasando sobre el piquete.

El ministro de Comunicación de Venezuela, Jorge Rodríguez, ridiculizó el fallido salto de Guaidó y refirió cómo opositores como Stalin González, primer vicepresidente saliente del parlamento y otros conocidos diputados, entre ellos el expresidente de la AN Henry Ramos Allup, sí entraron por la puerta.

Según Luis Parra, “a Guaidó nadie le impidió entrar al hemiciclo de sesiones” y aseguró que la supuesta mayoría que apoyaría la reelección de Guaidó, gran parte de ellos “no hicieron acto de presencia en el hemiciclo” sino que permanecieron en sus afueras, lo cual deja claro que el argumento del ingreso “no permitido” se trató de una farsa del saliente presidente del parlamento y algunos de sus diputados acólitos.

Sobre el mecanismo de elección ante la ausencia de Juan Guaidó, el diputado Francisco Torrealba explicó: “Hoy fuimos testigos de un hecho inusual, pero que era previsible. Guaidó no tenía los votos necesarios y por eso se negaba a instalar la sesión. Nosotros aplicamos en forma analógica lo que dice el Reglamento de Interior y Debates… Se votó por separado y resultó electo Luis Parra… Es la primera vez que en la oposición venezolana se evidencia la fractura que existe, y con esa fractura nosotros creemos que podemos hablar…”.

LA FRACTURA PROFUNDA DE LA OPOSICIÓN VENEZOLANA COMO CAUSA

La elección de Luis Parra profundiza y da un matiz exacto a la división entre los antichavistas, la cual puede considerarse profunda y transversal. Ya no se trata solo de las diferencias entre partidos, ahora les asaltan las disputas entre integrantes de los mismos partidos políticos, tal como puede definirse mediante los eventos que desembocaron en la elección de Luis Parra y a los diputados que le acompañan en la directiva. Fueron electos por integrantes de las principales toldas antichavistas, las cuales en teoría apoyaban a Guaidó.

El punto de inflexión que signó el surgimiento de esta fractura es el propio ascenso de Guaidó, mediante auspicios estadounidenses y en pleno favor al partido Voluntad Popular en detrimento de las demás facciones. Dicho evento significó en 2019 el apresuramiento de presiones económicas contra Venezuela, el desgaste de la legitimidad opositora y, al mismo tiempo, el flujo de ingentes cantidades de dinero estadounidense con destino a dichos dirigentes, dinero que desató una euforia corrupta que fue señalada por varios grupos dentro de la propia oposición venezolana.

Los sonados casos de corrupción de Guaidó y sus acólitos sobre la “ayuda humanitaria”, sobre los bienes confiscados a la República en el extranjero con Citgo Petroleum en primer orden y el conocido evento de destitución de Humberto Calderón Berti de su cargo de “embajador” en Colombia, dieron pie a que se hicieran evidentes las rupturas profundas.

En simultáneo al desplazamiento de la oposición venezolana hacia el extranjero, a la pérdida de legitimidad de Guaidó, al desgaste de otros cabecillas dirigentes, fue tomando cuerpo cada vez una disidencia opositora que ahora, conjuntamente con votos chavistas, han tomado la directiva del parlamento.

El diputado José Brito, integrante de “la rebelión de los suplentes”, quien denunciara a Guaidó de corrupción y fuera proscrito de su partido por ello, declaró en la mañana del domingo 5 que “este año (2019) ha sido un fracaso para la AN como poder legislativo autónomo. Guaidó abandonó por completo la autoridad parlamentaria para consolidar una estructura de poder personal”.

El chavismo, por su parte, aprovechó la diatriba votando por opositores, para también intentar políticamente desbloquear la falta de interlocución política y el encallo institucional en Venezuela, que se profundizó mediante la directiva de Guaidó, la cual se caracterizó por su gestión envalentonada y perturbadora, a causa de su posición subordinada a Washington.

LAS REACCIONES Y EL CALLEJÓN SIN SALIDA

El ascenso de esta nueva directiva parlamentaria pone en un callejón sin salida a la agenda de la Administración Trump para Venezuela, o al menos reviste una bifurcación de la política interna que será complicada de gestionar para los halcones de Washington.

Michael Kozak, Subsecretario Interino para Asuntos del Hemisferio Occidental de Estados Unidos, condenó este domingo el nombramiento de Luis Parra como el nuevo presidente de la AN. A juicio del burócrata estadounidense, “Juan Guaidó permanece como presidente interino de Venezuela bajo su constitución”, calificando la elección de Parra como una “farsa” que además “carece de quórum y no cumple con los estándares constitucionales mínimos”.

Entretanto el senador estadounidense Marco Rubio, uno de los principales articuladores de la estrategia “Guaidó” para Venezuela indicó que “en Venezuela, el régimen de Maduro ha asaltado el edificio de la AN, impidiendo la entrada de Juan Guaidó y legisladores de la oposición para evitar que el voto de hoy reelegía a Guaidó como Presidente”, publicó en Twitter.

Al unísono de estos pronunciamientos, el Grupo de Lima emitió una declaración desestimando la elección de Parra y señalando el desconocimiento a la presencia parlamentaria en el hemiciclo este domingo, en una clara alineación con la burocracia estadounidense. Una posición similar tomó la Unión Europea.

En efecto, para sectores específicos de la conjura contra Venezuela, el cese de la “era Guaidó” significaría un revés importante para el entramado de relaciones que se han tejido alrededor del diputado como figura clave para el flujo de recursos e imposición de lobbys.

A finales de 2019, Namita Biggins, vocera del Departamento de Estado estadounidense, ratificó la postura de la Administración Trump. “Lideramos el esfuerzo para la comunidad internacional y ahora hay más de 60 países que reconocen a Juan Guaidó como el presidente interino de Venezuela”, y agregó que durante 2019 “el gobierno de Estados Unidos ha dado más de 650 millones de dólares hacia la asistencia humanitaria, no solo dentro de Venezuela sino también para apoyar a 16 países vecinos”.

De allí que lo que se encuentra en discusión en Venezuela no es exclusivamente la directiva del parlamento, sino el punto medular de una estrategia política de desplazamiento del chavismo y cúmulo de intereses sobre los cuestionados recursos que Estados Unidos ha destinado para Venezuela.

GUAIDÓ SE AUTOJURAMENTA, NUEVAMENTE

La jornada del 5 de enero no terminó en el hemiciclo venezolano, de hecho se trasladó a la sede del diario antichavista venezolano El Nacional, adonde Juan Guaidó convocó una sesión donde terminó, nuevamente, autoproclamado presidente del parlamento y por la investidura de ese cargo, en consecuencia, “presidente interino de Venezuela”.

Fuera de la sede del parlamento, sin quórum y con la “presencia” de diputados vía online, es decir, en plena contradicción con el Reglamento de Interior y Debates de la AN, Guaidó relanzó su nombre al cargo y se autoproclamó presidente del parlamento unicameral y de la presidencia venezolana, dejando nuevamente en incertidumbre los destinos institucionales del país, ahora, siendo también presidente paralelo del parlamento, un hecho que, tal como su “presidencia interina” írrita, no tiene precedentes en la vida política venezolana.

Este último evento parece indicar que la continuidad de la agenda de Trump para Venezuela mediante la presidencia artificial de Guaidó se consolida como única estrategia pese a sus fallidos resultados durante 2019.

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