Sul risultato delle elezioni parlamentari; una prima analisi

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All’alba di questo lunedì 7 dicembre, le autorità del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) del Venezuela hanno diffuso una prima parte dei risultati delle elezioni parlamentari tenutesi questa domenica, che fornisce i dati essenziali che hanno chiuso questa importante tornata elettorale nel paese.

Il primo bollettino dell’ente elettorale indicava che con l’82,35% della trasmissione dei verbali e 5264104 voti scrutinati, si contava una partecipazione del 31% degli/lle elettori iscritti.

In questa competizione elettorale, il Gran Polo Patriottico (GPP, alleanza che raggruppa il Partito Socialista Unito del Venezuela -PSUV- ed altri partiti del chavismo) ha ottenuto 3558320 voti (67,6% del totale).

Al contempo, l’Alleanza Democratica, composta dai partiti di opposizione Acción Democrática (AD), Copei, Cambiemos Movimiento Ciudadano (CMC), Avanzada Progresista (AP) ed El Cambio (partito di Javier Bertucci), ha ottenuto 944665 voti, pari a 17,95% del totale.

La coalizione Venezuela Unida, alleanza composta dal partito Primero Venezuela (PV, scissione di Primero Justicia), Voluntad Popular (VP) e Venezuela Unida, ha ottenuto 220502 voti (4,19% del totale).

Si è verificato anche il caso del Partito Comunista del Venezuela (PCV) e dell’Alternativa Popolare Rivoluzionaria (APR), episodio di divisione di un frammento del GPP, per il quale hanno votato 143917 elettori (2,73%).

Nel caso si mantenessero le tendenze riportate e dopo completarsi il processo di totalizzazione, la coalizione GPP potrebbe raggiungere una maggioranza superiore ai due terzi nei seggi parlamentari, il che rivestirebbe una vittoria indiscussa per il chavismo, chiudendo così il precedente ciclo politico dell’uscente Assemblea Nazionale (AN).

Infatti, alle 8 del mattino di questo lunedì il CNE ha diffuso nuovi dati ed in essi i voti del GPP hanno raggiunto i 4820083, che rappresentano il 68,94% del totale.

In dettaglio, il capo del comando della campagna del chavismo, Jorge Rodríguez, ha anche spiegato, questo lunedì, che il Gran Polo Patriótico ha ottenuto 34 dei 44 deputati della lista nazionale ed ha vinto le 24 liste e 87 circoscrizioni, che senza dubbio consolida il nuovo ciclo politico della Rivoluzione Bolivariana.

PRINCIPALI ELEMENTI DI ANALISI ELETTORALE

La partecipazione alle elezioni di questo 6 dicembre può definirsi in termini puramente matematici e comparativi, come bassa, rispetto al livello di altre elezioni in Venezuela. Tuttavia, le elezioni parlamentari con la minore partecipazione nel ciclo chavista della politica venezuelana è quella del 2005, con il 25,3%, cifra evidentemente superata questo 6 dicembre.

Tuttavia, il livello registrato di partecipazione ha un valore oltre il matematico. Per le istituzioni venezuelane, questo risultato acquista un valore simbolico ed emblematico per il contesto che attraversa il paese.

La coerenza del blocco economico contro la Repubblica Bolivariana; detonante di un malcontento economico generalizzato; il danno ai servizi pubblici del paese; la caduta dell’inventario nazionale di combustibili, che colpisce gravemente la mobilità e si aggiunge al contesto di pandemia; la migrazione fuori dal paese stimata in milioni di iscritti al registro elettorale; così come l’appello all’astensione che hanno fatto alcuni importanti portavoce dell’opposizione venezuelana (del settore ultra e visibilmente allineato agli USA) e che, chiaramente, sono penetrati in parte dell’elettorato, sono, simultaneamente, fattori di grande peso che hanno inciso su questo indice di partecipazione.

Quindi, la partecipazione registrata contiene un significato in cui un importante segmento della popolazione ha mantenuto una chiara posizione di resistenza ai fattori generatori di apatia ed astensione. Si tratta di un gruppo multiverso del paese che non ha ceduto alle azioni di “massima pressione” straniera, e questo rende queste cifre significative e soddisfacenti oltre il meramente matematico.

Per il sistema politico venezuelano, non riveste maggior significato il risultato statistico della partecipazione ai fini dell’esercizio e della legalità della nuova AN. Non ci sono cifre riferite nella Costituzione nazionale che indichino un fattore di legittimità, e questo implica che il prossimo parlamento sarà autorizzato ad esercitare.

Sebbene le indicazioni alle elezioni si riferiscano alla parola “legittimità”, la verità è che l’anti-chavismo venezuelano e straniero che promuove questo falso dilemma è lo stesso che ha promosso la “presidenza ad interim” di Juan Guaidó senza un solo voto elettorale e completamente fuori dalla Costituzione venezuelana.

Quindi, le istituzioni venezuelane non cederanno a questi falsi dilemmi, tanto meno quando l’esercizio del voto di coloro che non si sono astenuti hanno ora abilitato le vie politiche per reistituzionalizzare il Parlamento e superare il prolungato stallo politico che divora il paese.

Forse il successo più importante risolto, in questa competizione elettorale, è proprio l’organizzazione e il lieto fine di essa. A scapito di una evidente pressione contro il paese, provenienti da USA ed Unione Europea (UE), le elezioni si sono svolte sotto molti segnali di ignoranza, è stata proposta la loro dilazione fuori dal periodo costituzionale che governa il periodo parlamentare e si sono puntati contro Miraflores tutte le pressioni, criminalizzando il paese per organizzare le elezioni.

Ora tutta questa impalcatura è stata travolta dalla giornata di ieri. Il paese guadagna nel recupero dall’interno, del suo istituzionalismo e stabilità politica, chiudendo il nefasto ciclo parlamentare che precede, per essere stato funzionale secondo un programma di tentata distruzione del potere pubblico venezuelano durante questi cinque anni.

Il paese ha superato tutti i nodi critici di “massima pressione” orchestrata dalla ora uscente amministrazione Trump, il che implica che le elezioni hanno posto un punto fermo al periodo di assedio più duro che il paese ha sofferto nella sua storia repubblicana di oltre 200 anni.

Non si era conosciuto, in Venezuela, che una tabella di marcia destituente dei poteri nazionali acquisisse la consistenza che hanno avuto gli sforzi del governo USA e dei suoi alleati nello smembrare il paese. Adesso hanno fallito.

D’altra parte, il presidente Nicolás Maduro, che aveva messo la sua carica a disposizione alla fine della campagna elettorale e che ha convertito le parlamentarie in un plebiscito affermando che avrebbe lasciato l’incarico se l’opposizione avesse vinto, è stato legittimato dal risultato e si è innalzata, ancora una volta, come la figura politicamente ed elettoralmente più solida del paese.

In termini strettamente simbolici, il 2020 si chiude per il Venezuela come l’anno in cui Trump ha promesso di rimuovere Maduro dall’incarico, ma è Trump che se ne va.

SUI RISULTATI ELETTORALI

Il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) come principale forza del GPP si è innalzato con una netta e consistente maggioranza sulle altre organizzazioni politiche, chiudendo il 2020 con l’evento politico più importante per il paese nella vittoria elettorale e con l’aspirazione di allineare il Parlamento alla stabilità nazionale a partire dal prossimo anno.

Ciò implica nuove possibilità per il chavismo nell’esercizio del governo, in un nuovo quadro di realtà chiaramente diverse da quelle del gennaio 2016. Il chavismo, allo stesso modo, ha proseguito sulla via elettorale vittoriosa e aggiunge una nuova conquista al ciclo elettorale iniziato dal 2017 con l’elezione dell’Assemblea Nazionale Costituente di quell’anno e le cariche raggiunte, con schiacciante maggioranza, in governatorati, municipi, e poi nella stessa presidenza nel 2018.

Questa elezione ha lasciato dati rilevanti dal punto di vista elettorale. Il primo di essi è l’emergere di nuove forze di opposizione, con nuovi partiti, che hanno esordito nella politica nazionale, conquistando seggi in Parlamento.

Alcuni di questi partiti, sebbene provengano da divisioni di altre organizzazioni anti-chaviste, hanno assunto nell’ambito elettorale il ruolo di capitalizzare gli spazi che gli astensionisti hanno lasciato vuoti. Si sono proposto di guidare gli oppositori scontenti e politicamente orfani ed hanno previsto incorporarsi all’AN insieme al chavismo su alcuni punti fondamentali, come il rifiuto del blocco economico e delle minacce militari contro il paese.

L’opposizione ha anche il ritorno di AD e Copei che fanno presenza come forza politica elettorale. Si è registrato: AD con 419088 voti, 7,08%, essendo il partito del cosiddetto G4 che più nell’arena elettorale, ha sostenuto il suo capitale politico. Mentre Copei con 170589 voti, il 2,88%.

Questa giornata elettorale ha segnato un nuovo traguardo: il deludente saldo per il PCV, con appena il 2,74% dei voti, ottenendo persino meno voti di Copei. Il PCV ha allineato sotto la sua scheda l’alleanza chiamata APR e si preparava a rompere il chavismo ufficiale da sinistra. Ma la sua separazione dal GPP ha solo rivelato la dimensione reale del suo volume di seguaci.

Addirittura gli elettori del PCV potrebbero essere inferiori ai 162mila votanti registrati, visto che all’APR hanno partecipato ali dissidenti di Tupamaros e PPT. Tutto ciò suppone la tesi più volte affermata, anche dallo stesso deputato eletto Diosdado Cabello, che i voti storici del PCV provenivano dai chavisti che li votavano per simpatia, ma non per militanza.

Il PCV ha dimostrato, ora in cifre, che poteva ottenere più seggi se continuava in alleanza con il GPP. È anche registrata che è falsa la credenza della rottura della polarizzazione, meno da sinistra. È anche chiaro che le sedizioni elettorali del chavismo sono destinate al fallimento.

Allo stesso modo, il PCV ha dimostrato di non avere “organico”, che è inteso in Venezuela come lavoro politico di base. La loro campagna non aveva neppure una offerta elettorale solida, non aveva una narrazione coerente, era incentrata sul vittimismo ed al fine di alimentare il malcontento sociale a loro favore, hanno dirottato le loro narrazioni verso un feroce attacco alla dirigenza del PSUV e uno stigma dei loro seguaci ai chavisti.

Tutto si è trasformato in uno scarso risultato, che si supponeva sarebbe stato maggiore, questo dato per lla buona rotazione dei loro slogan e campagna nelle reti sociali da parte di alcuni account chavista con molti seguaci, elettoralmente dissidenti, che hanno dato loro molta presenza. Ma il risultato reale rispetto a quanto previsto in ambito digitale è finito per essere abissale, replicandosi il fenomeno di Eduardo Samán disputando il municipio di Caracas in dissenso e con il sostegno di PCV e PPT nel 2017.

IL NUOVO CICLO PARLAMENTARE

La nuova AN si fa strada nella politica venezuelana, dando luogo ad un nuovo spazio di distensione nazionale. Ora avrà tra le sue principali sfide il ritorno al primo spazio di dibattito del paese, l’Emiciclo, ed, in tal modo, inizierà a riprendere il suo posto tra i poteri nazionali.

Tuttavia, nuove sfide si aprono per il Venezuela. La prima di queste sarà quella di intraprendere nuove lotte sul fronte esterno per degradare l’applicazione del ferreo blocco economico contro il paese, principale nodo critico del clima nazionale.

Un’altra importante sfida per la nuova AN sarà quella di minare la pretesa continuità, artificiale e falsa, di Juan Guaidó e del suo seguito di deputati che, sotto gli auspici USA, pretenderanno sostenersi a tempo indefinito ed al di fuori del lasso costituzionale come una “AN legittima”, appoggiata essenzialmente sulla base USA. Questo punto sarà per gli aggressori del Venezuela un pezzo chiaramente strumentale e tema per un’analisi più approfondita.


SOBRE EL RESULTADO DE LAS ELECCIONES PARLAMENTARIAS: UN PRIMER ANÁLISIS

En la madrugada de este lunes 7 de diciembre, las autoridades del Consejo Nacional Electoral (CNE) de Venezuela dieron a conocer un primer parte de los resultados de las elecciones parlamentarias efectuadas este domingo, el cual arroja los datos esenciales que saldaron esta importante justa electoral en el país.

El primer boletín del ente electoral indicó que con el 82,35% de transmisión de las actas y 5 millones 264 mil 104 votos escrutados, se contabilizó una participación de 31% de las y los electores inscrito.

En esta contienda electoral el Gran Polo Patriótico (GPP, alianza que agrupa al Partido Socialista Unido de Venezuela -PSUV- y otros partidos del chavismo) obtuvo 3 millones 558 mil 320 votos (un 67,6% del total).

Entretanto, la Alianza Democrática, conformada por los partidos opositores Acción Democrática (AD), Copei, Cambiemos Movimiento Ciudadano (CMC), Avanzada Progresista (AP) y El Cambio (partido de Javier Bertucci), sacó 944 mil 665 votos, equivalente al 17,95% del total.

La coalición Venezuela Unida, alianza conformada por el partido Primero Venezuela (PV, escisión de Primero Justicia), Voluntad Popular (VP) y Venezuela Unida, obtuvo 220 mil 502 votos (4,19% del total).

También tuvo lugar el caso del Partido Comunista de Venezuela (PCV) y la Alternativa Popular Revolucionaria (APR), un episodio de división de un fragmento del GPP, por quienes votaron 143 mil 917 electores (2,73%).

De mantenerse las tendencias arrojadas y luego de culminarse el proceso de totalización, la coalición GPP podría alcanzar una mayoría superior a dos tercios en escaños parlamentarios, lo que revestiría en una victoria indiscutida para el chavismo, cerrando con ello el precedente ciclo político de la saliente Asamblea Nacional (AN).

En efecto, a las 8 a.m. de este lunes el CNE arrojó nuevos datos y en ellos los votos del GPP alcanzaron los 4 millones 82 mil 83, lo que representa un 68.94% del total.

En detalle, el jefe del comando de campaña del chavismo, Jorge Rodríguez, también detalló este lunes que el Gran Polo Patriótico logró 34 de los 44 diputados de la lista nacional y ganó las 24 listas y 87 circunscripciones, lo que sin duda consolida el nuevo ciclo político de la Revolución Bolivariana.

PRINCIPALES ELEMENTOS DE ANÁLISIS ELECTORAL

La participación en la elección de este 6 de diciembre puede definirse en términos meramente matemáticos y comparativos, como baja, con respecto al nivel de otras elecciones en Venezuela. Sin embargo, las elecciones parlamentarias con participación más baja en el ciclo chavista de la política venezolana es la de 2005, con 25,3%, cifra evidentemente superada este 6 de diciembre.

No obstante, el nivel registrado de participación tiene un valor más allá de lo matemático. Para las instituciones venezolanas, este resultado adquiere un valor simbólico y emblemático por el contexto que atraviesa el país.

La consistencia del bloqueo económico contra la República Bolivariana; detonante de un descontento económico generalizado; el daño a los servicios públicos del país; la caída en el inventario nacional de combustibles, que afecta severamente la movilidad y se suma al contexto de pandemia; la migración fuera del país estimada en millones de inscritos en el registro electoral; así como el llamado a la abstención que hicieran algunos voceros importantes de la oposición venezolana (del sector ultra y alineado visiblemente a Estados Unidos) y que claramente calaron entre parte del electorado, son, simultáneamente, factores de gran peso que incidieron en este índice de participación.

De ahí que la participación registrada contiene un significado en el cual un segmento importante de la población mantuvo una clara posición de resistencia a los factores generadores de apatía y abstención. Se trata de un grupo pluriverso del país que no cedió a las acciones de “máxima presión” foránea, y ello hace de estas cifras significativas y satisfactorias más allá de lo meramente matemático.

Para el sistema político de Venezuela no reviste mayor significado el resultado estadístico en participación para efectos del ejercicio y legalidad de la nueva AN. No hay cifras referidas en la Constitución nacional que indiquen un factor de legitimidad, y ello implica que el próximo parlamento estará habilitado para ejercer.

Aunque los señalamientos a las elecciones refieran a la palabra “legitimidad”, lo cierto es que el antichavismo venezolano y extranjero que promueve este falso dilema es el mismo que promovió la “presidencia interina” de Juan Guaidó sin un solo voto electoral y plenamente fuera de la Constitución venezolana.

De ahí que las instituciones venezolanas no cederán ante estos falsos dilemas, mucho menos cuando el ejercicio del voto de quienes no se abstuvieron han habilitado ahora las vías políticas para reinstitucionalizar el Parlamento y superar el prolongado encallo político que carcome al país.

Quizá el éxito más importante saldado en esta contienda electoral es precisamente la organización y feliz término de la misma. A expensas de una clara presión contra el país, proveniente desde Estados Unidos y la Unión Europea (UE), las elecciones se realizaron bajo muchos señalamientos de desconocimiento, se propuso su dilación fuera del lapso constitucional que rige al periodo parlamentario y se apuntaron contra Miraflores todas las presiones, criminalizando al país por organizar las elecciones.

Ahora todo este andamiaje quedó avasallado por la jornada de ayer. El país gana en recuperación desde adentro, de su institucionalidad y estabilidad política cerrando el nefasto ciclo parlamentario que precede, por haber sido funcional acorde a una agenda de intento de destrucción del poder público venezolano durante estos cinco años.

El país superó todos los nudos críticos de “máxima presión” orquestada por la ahora saliente Administración Trump, lo cual implica que la elección puso un punto y aparte al periodo de asedio más duro que ha sufrido el país en su historia republicana de más de 200 años.

No se había conocido en Venezuela que una hoja de ruta destituyente de los poderes nacionales adquiriera la consistencia que tuvieron los esfuerzos del gobierno estadounidense y sus aliados en desmembrar al país. Ahora han fracasado.

Por otro lado, el presidente Nicolás Maduro, quien había puesto su cargo a la orden al final de la campaña y quien convirtió a las parlamentarias en un plebiscito al señalar que dejaría su cargo si la oposición ganaba, resultó legitimado por el resultado y se alzó, nuevamente, como la figura política y electoralmente más sólida del país.

En términos estrictamente simbólicos, el 2020 termina para Venezuela como el año en que Trump prometió sacar a Maduro del cargo, pero es Trump quien se va.

SOBRE LOS RESULTADOS ELECTORALES

El Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) como principal fuerza del GPP se ha alzado con una mayoría clara y consistente sobre las demás organizaciones políticas, cerrando el año 2020 con el evento político más importante para el país en victoria electoral y con la aspiración de alinear al Parlamento a la estabilidad nacional al iniciarse el próximo año.

Ello implica nuevas posibilidades para el chavismo en el ejercicio de la gobernanza, en un nuevo cuadro de realidades que claramente se distancian de las de enero de 2016. El chavismo igualmente continuó en la senda electoral victoriosa y suma una nueva conquista al ciclo electoral iniciado desde 2017 con la elección de la Asamblea Nacional Constituyente ese año y los cargos logrados por mayoría abrumadora en gobernaciones, alcaldías, y luego en la propia presidencia en 2018.

Esta elección dejó datos electoralmente relevantes. El primero de ellos es el surgimiento de nuevas fuerzas opositoras, con partidos noveles, que se estrenaron en la política nacional ganando curules en el Parlamento.

Varios de estos partidos, aunque provienen de divisiones de otras organizaciones antichavistas, han asumido en lo electoral el rol de capitalizar los espacios que los abstencionistas han dejado cautivos. Se han propuesto a liderar a opositores en descontento y políticamente huérfanos, y han previsto incorporarse a la AN en coincidencia con el chavismo en algunos puntos básicos, como el rechazo al bloqueo económico y a las amenazas militares contra el país.

La oposición tiene también el regreso de AD y Copei haciendo presencia como fuerza política electoral. Quedó registrado: AD con 419 mil 88 votos para un 7.08%, siendo el partido del llamado G4 que más se ha mantenido en el ruedo electoral sosteniendo su capital político. Entretanto, Copei con 170 mil 589 votos, para un 2.88%.

Esta jornada electoral tuvo un nuevo hito: el decepcionante saldo para el PCV, con apenas 2,74% de los votos, logrando incluso menos votos que Copei. El PCV alineó bajo su tarjeta a la alianza llamada APR y se disponía a quebrar al chavismo oficial desde la izquierda. Pero su separación del GPP solo expuso la dimensión real de su volumen de seguidores.

Incluso, los electores del PCV podrían ser menos que los 162 mil votantes contabilizados, dado que en la APR participaron alas disidentes de Tupamaros y PPT. Todo ello supone la tesis muchas veces afirmada, incluso por el propio diputado electo Diosdado Cabello, que los votos históricos del PCV provenían de chavistas que les votaban por simpatías, pero no por militancia.

El PCV demostró, ahora en cifras, que pudo conseguir más curules si seguía en alianza con el GPP. Queda registrado también que es falsa la creencia de la ruptura de la polarización, menos desde la izquierda. También queda en evidencia que las sediciones electorales desde el chavismo están condenadas al fracaso.

Asimismo, el PCV demostró no tener “orgánica”, lo que se entiende en Venezuela como trabajo político de base. Su campaña tampoco tuvo una oferta electoral sólida, no tuvo un relato consistente, estuvo centrada en el victimismo y con el fin de atizar al descontento social a su favor, desviaron sus narrativas a un férreo ataque a la dirigencia del PSUV y un estigma de sus seguidores a los chavistas.

Todo devino en un resultado pobre, que se suponía sería mayor, esto dado por la buena rotación de sus consignas y campaña en las redes sociales por algunas cuentas chavistas con muchos seguidores, electoralmente disidentes, quienes les dieron mucha presencia. Pero el resultado real frente a lo previsto en lo digital terminó siendo abismal, replicándose el fenómeno de Eduardo Samán disputando la Alcaldía de Caracas en disidencia y con apoyo del PCV y PPT en 2017.

EL NUEVO CICLO PARLAMENTARIO

La nueva AN se abre paso en la política venezolana dando lugar a un nuevo espacio de distensión nacional. Tendrá ahora entre sus principales desafíos el regreso al primer espacio de debate del país, el Hemiciclo, y de esa manera comenzar a retomar su lugar entre los poderes nacionales.

Sin embargo, para Venezuela se abren nuevos desafíos. El primero de ellos será el de emprender nuevas luchas en el frente externo para degradar la aplicación del férreo bloqueo económico contra el país, principal nudo crítico en el clima nacional.

Otro reto importante para la nueva AN será el de socavar la pretendida continuidad artificial y espuria de Juan Guaidó y su séquito de diputados, quienes con auspicio estadounidense pretenderán sostenerse de manera indefinida y fuera del lapso constitucional como una “AN legítima”, apoyada esencialmente sobre la base estadounidense. Este punto será para los agresores de Venezuela una pieza claramente instrumental, y tema para un análisis más profundo.

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