I limiti della libertà di espressione li determina il sistema politico

Arthur González https://heraldocubano.wordpress.com

Non c’è dubbio, il termine libertà di espressione lo stabilisce il sistema politico che ha il paese, cosa che si è svelata in questi giorni con l’arresto e la condanna a cinque anni di carcere del rapper catalano Pablo Hasel, accusato di “esaltazione del terrorismo, ingiurie alla monarchia ed alle istituzioni dello Stato”.

Di fronte ai massicci reclami popolari, coloro che difendono ad oltranza il sistema capitalisti, affermano che Hasel ha precedenti penali per altri crimini, qualcosa di cui la corte ha tenuto conto, ma quando Cuba, Venezuela o Iran giudicano persone che violano le leggi, sotto la vesta fabbricata di “oppositori”, ma finanziati dagli yankee, allora sì ci sono violazioni dei diritti umani ed immediatamente gli organismi  internazionali accusano e puniscono.

Ad oggi il Parlamento Europeo non si è riunito per analizzare e condannare la Spagna per l’arresto del rapper catalano, situazione ben diversa da quella assunta quando il criminale cubano José Daniel Ferrer, al servizio degli USA, ha sequestrato, picchiato e minacciato. diverse persone. In quel caso, rapidamente, si sono mobilitati i lacchè di Washington per condannare Cuba, con una serie di menzogne per demonizzare la Rivoluzione e le sue storiche menzogne.

Per Cuba la maltrattata libertà di espressione non ha limiti: qualsiasi “oppositore” può muovere false accuse ed offendere alti funzionari governativi, benché i loro atti siano considerati crimini ai sensi del codice penale vigente.

Quando José Daniel Ferrer è stato arrestato, nell’ottobre 2019, per le accuse di cui sopra, nessuno in Europa o negli USA lo ha qualificato come un criminale, come fanno ora in Spagna con il rapper catalano, nonostante siano molteplici i crimini comuni accumulati dal cubano, supportati dalle dichiarazioni di diversi testimoni che lo accusano di aggressioni e ricatti.

Per i parlamentari europei, è una “vittima” del regime comunista, come si evince dalla risoluzione approvata il 28 novembre 2019 (2019/2929 (RSP)), che è afflitta da falsità inventate dagli yankee, tra cui: “Essere arbitrariamente detenuto senza accuse”. “Imprigionato, vessato e intimidito per più di un decennio a causa del suo pacifico attivismo politico”. “Essere torturato e maltrattato, essendo la sua vita in pericolo durante la detenzione e gli è stata negata un’adeguata assistenza medica”. “Avere uno stato di salute critico e perdita di peso corporeo a causa del suo sciopero della fame”.

Di fronte a queste menzogne, la summenzionata risoluzione che dimostra la sua ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano “ha chiesto con urgenza alle autorità cubane il suo rilascio immediato; che gli sia consentito l’accesso ad un avvocato di sua scelta, porsi in contatto con la sua famiglia e  avere accesso a tutta la documentazione relativa alla sua detenzione e ai motivi su cui si basa”.

Inoltre, senza alcuna prova legale, la risoluzione accusa Cuba di “torturarlo e  maltrattarlo, ciò che José Daniel Ferrer ha riferito di aver sofferto; ricorda alle autorità cubane che hanno il dovere di evitare torture e maltrattamenti, di fornirgli assistenza medica e garantirgli cibo e acqua in buone condizioni igieniche”.

Cuba ha esibito in TV registrazioni di José Daniel che si auto aggrediva, incontrava i suoi parenti e la consegna di cibo da parte loro durante le visite, comprovandosi il suo ottimo stato di salute e il suo peso corporeo, essendo a torso nudo, smantellando tutte le menzogne.

Questo “dissidente”, fabbricato su misura dagli yankee, non è un criminale primario, il suo fascicolo di atti che violano la legge è ampio e se è libero è perché il governo cubano non cadrà nel gioco che gli USA intendono giocare per, una volta arrestato, vittimizzare il criminale, qualcosa di cui Cuba accumula sufficienti esperienze.

Il trattamento riservato dalla Spagna al rapper catalano non deve affrontare le campagne mediatiche né le sanzioni di organismi internazionali. Contro quel paese non esiste un Osservatorio dei Diritti Umani, come quello ubicato a Madrid solo per Cuba; il Dipartimento di Stato yankee non prende nemmeno atto del caso e l’ambasciata di Washington non s’immischia negli affari interni spagnoli. Tace, come quando gli indipendentisti catalani sono stati puniti per crimini comuni, quando in realtà sono prigionieri politici.

Per coloro che affrontano il sistema capitalista e la monarchia, non esiste il diritto di pensare liberamente, né è tollerata una singola azione. Là, la Chiesa cattolica guarda dall’altra parte e non è capace di criticare le violazioni dei diritti umani.

Di fronte alla prigionia di Hasel, neppure si ascoltano i reclami di Isabel Díaz Ayuso, presidentessa della Comunità Autonoma di Madrid, Fernando Adolfo Gutiérrez Díaz de Otazu, deputato del Partito Popolare e diversi eurodeputati come Joseph Borrell e Leopoldo Lopez Gil, che sono i primi a condannare Cuba, Venezuela e Russia per il processo contro Navalni, il blogger al servizio dell’Occidente.

Accusano Hasel di aver affermato tra le altre cose: “La cosa più disgustosa della monarchia è che i milionari per la miseria altrui, fingono di preoccuparsi del popolo”.

Ferrer, che accusa, falsamente, il governo cubano di averlo torturato, molestato e maltrattato, è un semplice “dissidente”, come il russo Navalni, che sostiene di essere stato vittima di un “avvelenamento”.

La differenza sta nel fatto che José Daniel Ferrer riceve quasi 100000 $ all’anno, stanziati dal Dipartimento di Stato per “il progresso della democrazia e dei diritti umani sull’isola”, mentre Pablo Hasel è un artista indipendente con dignità, ma senza risorse monetarie né Organizzazioni Non Governative che supportino le sue idee.

Ricordiamo José Martí quando ha espresso: “La dignità è come la spugna: è oppressa, ma conserva sempre la sua forza di tensione”.


Los límites de la libertad de expresión los determina el sistema político

Por Arthur González

No hay dudas, el término libertad de expresión lo establece el sistema político que tenga el país, algo puesto de manifiesto en estos días con la detención y condena a cinco años de cárcel, del rapero catalán Pablo Hasel, acusado de “enaltecimiento del terrorismo, injurias a la monarquía y a las instituciones del Estado”.

Ante los masivos reclamos populares, quienes defienden el sistema capitalista a ultranza, afirman que Hasel tiene antecedentes penales por otros delitos, algo que el tribunal tomó en cuenta, pero cuando Cuba, Venezuela o Irán enjuician a personas que violan las leyes, bajo el ropaje fabricado de “opositores”, pero financiados por los yanquis, entonces si hay violaciones a los derechos humanos y de inmediato los organismos internacionales les acusan y sancionan.

Hasta la fecha el Parlamento Europeo no se ha reunido para analizar y condenar a España por la detención del rapero catalán, situación bien diferente a la asumida cuando el delincuente cubano José Daniel Ferrer, al servicio de Estados Unidos, secuestró, golpeó y amenazó a varias personas. En ese caso, rápidamente se movilizaron los lacayos de Washington para condenar a Cuba, con una sarta de mentiras para satanizar a la Revolución y sus históricas patrañas.

Para Cuba la mal traída libertad de expresión no tiene límites, cualquier “opositor” puede realizar falsas acusaciones y ofender a altos funcionarios del gobierno, aunque sus actos sean considerados delitos recogidos en el código penal vigente.

Cuando en octubre del 2019 José Daniel Ferrer fue detenido por las acusaciones mencionadas, nadie en Europa o en los Estados Unidos lo calificó de delincuente, como hacen ahora en España con el rapero catalán, a pesar de que son múltiples los delitos comunes que acumula el cubano, sustentado por declaraciones de varios testigos que lo acusan de agresiones y chantajes.

Para los parlamentarios europeos él es una “victima” del régimen comunista, como se refleja en la resolución aprobada 28 de noviembre de 2019, (2019/2929(RSP)), la cual está plagada de falsedades inventadas por los yanquis, entre ellas: “Ser detenido arbitrariamente sin cargos”. “Encarcelado, acosado e intimidado durante más de una década debido a su activismo político pacífico”. “Ser torturado y recibir malos tratos, estando en peligro su vida durante la detención y negársele una debida atención médica”. “Tener un crítico estado de salud y pérdida de peso corporal a consecuencias de su huelga de hambre”.

Ante estas mentiras, la susodicha resolución en demostración de su injerencia en los asuntos internos de un Estado soberano, “solicitó con urgencia a las autoridades cubanas su liberación inmediata; que se le permita acceder a un abogado de su elección, ponerse en contacto con su familia y tener acceso a toda la documentación relacionada con su detención y los motivos en los que esta se basa”.

Además, sin prueba legal alguna, la resolución acusa a Cuba de “tortúralo y darle malos tratos, los que José Daniel Ferrer denunció haber sufrido; les recuerda a las autoridades cubanas que tienen el deber de evitar la tortura y los malos tratos, prestarle atención médica, garantizarle alimentos y agua en buenas condiciones de higiene”.

Cuba expuso por la TV grabaciones de José Daniel auto agrediéndose, reunido con sus familiares y la entrega de alimentos por estos durante las visitas, comprobándose su excelente estado de salud y peso corporal, al estar sin camisa, desmontando todas las mentiras.

Este “disidente”, fabricado a la medida de los yanquis, no es un delincuente primario, su expediente de actos violatorios de la ley es amplio y si está en libertad es porque el gobierno cubano no caerá en el juego que pretende hacer Estados Unidos, para una vez detenido victimizar al criminal, algo de lo que Cuba acumula suficientes experiencias.

El tratamiento de España al rapero catalán, no tiene que enfrentarse a las campañas mediáticas, ni a sanciones de organismos internacionales. Contra ese país no existe un Observatorio de los Derechos humanos, como el que radica en Madrid solo para Cuba; el Departamento de Estado yanqui ni se da por enterado del caso y la embajada de Washington no se inmiscuye en los asuntos internos españoles. Guarda silencio, lo mismo que cuando los independentistas catalanes fueron sancionados por delitos comunes, cuando realmente son presos políticos.

Para los que se enfrentan al sistema capitalista y a la monarquía, no existe el derecho a pensar libremente, ni se les tolera una sola acción. Ahí la Iglesia Católica mira hacia otro lado y no es capaz de criticar las violaciones a los derechos humanos.

Ante el encarcelamiento de Hasel, tampoco se escuchan los reclamos de Isabel Díaz Ayuso, presidenta de la Comunidad Autónoma de Madrid, Fernando Adolfo Gutiérrez Díaz de Otazu, diputado del Partido Popular y varios eurodiputados como Joseph Borrell y Leopoldo López Gil, quienes son los primeros en condenar a Cuba, Venezuela, y a Rusia por el juicio contra Navalni, el bloguero al servicio de occidente.

A Hasel lo acusan por afirmar entre otras cosas: “Lo más asqueroso de la monarquía es que millonarios por la miseria ajena, finjan preocuparse por el pueblo”.

Ferrer, que acusa falsamente al gobierno cubano de ser torturado, acosado y maltratado, es un simple “disidente”, lo mismo que el ruso Navalni, quien alega haber sido víctima de un “envenenamiento”.

La diferencia radica en que José Daniel Ferrer recibe anualmente cerca de 100 mil dólares, asignados por el Departamento de Estado para “el avance de la democracia y los derechos humanos en la Isla”, mientras Pablo Hasel es un artista independiente con dignidad, pero sin recursos monetarios ni Organizaciones No Gubernamentales que respalden sus ideas.

Recordemos a José Martí cuando expresó: “La dignidad es como la esponja: se le oprime, pero conserva siempre su fuerza de tensión”.

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